Salve, gente!
Allora, questa “cosa” non so esattamente cosa sia e
da dove sia uscita; posso
solo dire che l’ispirazione mi è venuta leggendo
un po’ di storie sul sito
fanfiction.net
Non credo che sia un “biglietto di presentazione”
molto degno, ma lascio a voi
il giudizio.
TRAPPED
Peter
strizzò le palpebre un paio di volte, portando
istintivamente una mano alla
testa dolorante. Aprì gli occhi a fatica, dopo un paio di
tentativi, tastando
il pavimento sotto di sé e cercando di ricordare cosa fosse
successo e
soprattutto dove si trovasse.
Era sotto
copertura, stava lavorando per un’agenzia assicurativa ed era
lì che si
trovava, tentando di carpire informazioni dai clienti, o al limite dai
colleghi.
Era in
corridoio, ascoltava la conversazione di una coppia, poco distante da
lui e
sorrideva per il modo buffo in cui la ragazza teneva le mani sui
fianchi,
sbuffando furente all’indirizzo del compagno, marito o
fidanzato che fosse.
Poi
c’era
stata un’esplosione e si era risvegliato così,
improvvisamente, nella quasi
totale oscurità e con la testa che pulsava dolorosamente.
Un lampo
gli attraversò la mente e ricordò di non essere
solo: era con Neal. Stavano
ridendo, il proprio consulente aveva appena fatto una battuta
inopportuna sul
pantalone troppo aderente del ragazzo e sulla sua andatura goffa.
Dov’era
Neal?
Ignorando
il formicolio che gli avvolgeva tutto il corpo, Peter voltò
la testa sia a
destra che a sinistra. Man mano che il tempo passava, i suoi occhi si
abituavano alla semioscurità e il suo corpo riacquistava
sensibilità. Il che
era un bene perché, nonostante il dolore sempre
più forte, poteva azzardare a
mettersi seduto.
La prima
sagoma che distinse fu quella della ragazza, una testa bionda che
vagava
confusa, alla ricerca di qualcuno.
-Cos’è
successo?- domandò Peter, la voce innaturalmente roca.
Lei lo
fissò disorientata: - è crollato tutto-
Peter
annuì
piano, continuando a guardarsi intorno e constatando che era rimasto
ben poco
dell’edificio.
-Bryce,
Bryce dove sei?- la voce della ragazza lo distolse dai propri pensieri
circa
l’architettura del posto.
-NEAL!-
urlò senza rendersene conto e muovendosi bruscamente,
ignorando il dolore.
La ragazza
piangeva, Peter, nel silenzio più totale, avvertiva
distintamente il suo
singhiozzare sommesso.
-Mi chiamo
Peter- tentò, sistemandosi meglio, con la schiena contro un
blocco di cemento:
-tu?-
Non era
addestrato a situazioni del genere, ma qualche regola base di soccorso
ed un
po’ di buon senso gli bastarono per capire come comportarsi.
-Elize-
rispose lei in lacrime: -Mi chiamo Elize. Peter,
dov’è Bryce?-
Peter
scrollò le spalle: -Non lo so, Elize. Non lo so- lo sguardo
che continuava a
vagare per la stanza, alla ricerca di Neal. O di Bryce.
-Elize,
stai bene?- domandò, quando sentì la ragazza
gemere.
-Io…
io
credo di avere un braccio incastrato da qualche parte-
Peter si
mosse piano, gattonando fino a lei ed aiutandola a liberare il braccio.
-Grazie!
Tu? Stai bene?-
-Bene-
rispose semplicemente, considerandosi fortunato per essere tutto
intero, fatta
eccezione per qualche ammaccatura superficiale.
-Elize,
devi aiutarmi. Dobbiamo trovare Neal e Bryce-
-Chi
è
Neal?-
-P’ter-
l’agente sentì a malapena la voce che lo chiamava;
senza curarsi di rispondere
ad Elize, si voltò in direzione del suono appena avvertito,
trovandosi a
fissare il buio.
-Neal,
continua a parlare, dimmi dove sei-
Guizzava
con lo sguardo da una parte all’altra, alla ricerca di Neal,
quando una luce
fioca invase quel che restava del corridoio, permettendogli di
distinguere
tutto più chiaramente. Con la coda dell’occhio
vide appena Elize che gettava
luce su di lui e su Neal con una torcia; sussultò
riconoscendo il profilo
dell’ex truffatore e lo raggiunse.
-Neal, va
tutto bene. Sono qui- mormorò, passandogli una mano tra i
capelli.
In
realtà
non era per niente certo di ciò che aveva appena detto: la
luce si era spostata
e lui riusciva appena a vedere il viso spaventato di Neal, un rivolo di
sangue
che colava giù da una tempia; non aveva idea di come
andassero effettivamente
le cose.
-AAAH!- la
torcia cadde dalle mani di Elize e Peter la raggiunse immediatamente,
riconoscendo ai suoi piedi la camicia a quadri di Bryce.
-Elize-
mormorò, poggiandole una mano sulla spalla.
-è…
è
morto?- domandò, la voce rotta dal pianto.
Peter
oscillava con lo sguardo da lei a lui. Posò due dita appena
sotto il collo del
ragazzo immobile, in cerca della giugulare, poi annuì piano.
-P’ter-
il
mormorio agonizzante di Neal riscosse Peter dai propri pensieri.
Mentre
Elize si lasciava cadere accanto a Bryce, accarezzando la sua guancia
fredda,
Peter tornò accanto a Neal, inginocchiandosi al suo fianco
ed inclinando la
testa per guardarlo negli occhi.
-Cosa
c’è
che non va?- domandò spaventato, osservando il suo viso
pallido nella penombra.
-Fa male-
-Cosa? Cosa
fa male, Neal?-
Elize,
mossa a pietà dalla voce spaventata di Peter,
agguantò con la mano sana la
torcia, facendo luce sui due.
Peter
riuscì a distinguere meglio il volto terrorizzato di Neal,
steso a terra prono,
con un braccio sotto la testa e l’altro abbandonato lungo un
fianco, le gambe
completamente schiacciate da quelle che sembravano essere travi del
soffitto
venute giù.
-La testa.
E le gambe-
Quando Neal
iniziò a dimenarsi, probabilmente in cerca di una posizione
più comoda, Peter
lo ammonì, suggerendo di stare fermo e, siccome il ragazzo
non sembrava
intenzionato ad ubbidire, si ritrovò ad alzare la voce,
colto dal panico.
Neal si
bloccò subito, i muscoli in tensione,
l’aria da cucciolo ferito.
-Ok, scusa
Neal, non volevo spaventarti- l’altro annuì piano,
rilassando i muscoli: -Non
devi avere paura, ok?-
Elize sorrise,
mentre una mano ancora stringeva quella di Bryce, colpita
dall’improvvisa
dolcezza di Peter.
-Neal, hai
le gambe incastrate, è per questo che fanno male- Neal
sgranò gli occhi,
improvvisamente liquidi.
-Neal…-
Peter non sapeva esattamente cosa altro dirgli; si sedette accanto a
lui,
avvertendo improvvisamente tutto il dolore che fino a quel momento si
era
assopito.
-Ho paura-
-Andrà
tutto bene. Elize, dico anche a te: andrà tutto bene-
-Peter, ti
prego, puoi liberarmi le gambe?-
Ignorando
il tono supplichevole di Neal, Peter stava per rispondere di no:
probabilmente,
anzi, quasi sicuramente, doveva avere qualcosa di rotto e muoverlo era
pericoloso.
-Fa male
così. Ed è scomodo- continuò
l’altro.
Fu Elize a
decidere per lui, allontanandosi dal corpo freddo di Bryce e
raggiungendoli.
-Peter,
vieni qui- ordinò.
-Elize, non
credo che…-
-Ti prego,
Peter-
Con uno
sbuffo Peter alla fine si decise ad alzarsi, raggiungendo Elize e
provando a
spingere via dalle gambe di Neal le travi.
-Neal,
farà
male comunque- lo avvertì, prima di procedere, strappandogli
un gemito.
Dopo essere
riusciti nel proprio intento, Peter ed Elize si lasciarono cadere
accanto al
muro con un gemito.
-Grazie-
mormorò Neal, trattenendo a stento le lacrime.
-Va
meglio?- domandò Elize, scuotendolo per un braccio.
Neal
annuì
piano, ma appena provò a muoversi, si ritrovò ad
urlare, in preda al dolore.
-Neal,
sta’
un po’ fermo- ordinò Peter, ormai
sull’orlo di una crisi di nervi.
Neal lo
ignorò, facendo leva sulle braccia per staccare il viso dal
pavimento, poi
iniziò a tossire a causa della poca aria che arrivava ai
polmoni in quella
posizione.
-Neal?- la
voce di Elize tremava, spaventata all’idea di veder morire
un’altra persona.
Neal decisamente non aveva un bell’aspetto in quel momento.
-Fa male-
fu la risposta del ragazzo, indirizzata a Peter, piuttosto che a lei. E
alla
fine il federale sembrò ricevere il messaggio e, dopo averlo
aiutato a girarsi,
sedette di nuovo, tenendolo stretto nel suo abbraccio: la schiena di
Neal
poggiata contro il suo petto, la sua testa incastrata tra la spalla e
la
mascella di Peter.
-Andrà
tutto bene- mormorò il federale, accarezzandogli piano i
capelli.
Elize
continuava a guardarli con un pizzico di invidia: in fondo erano
lì, insieme;
feriti, certo, ma vivi. Lei invece era sola.
-Da quanto
vi conoscete?- domandò, solo per rompere il ghiaccio e
magari rilassare
l’atmosfera.
-4 anni -7
anni- si sovrapposero le due risposte.
Elize
ridacchiò di fronte alle loro espressioni accigliate.
-Io ti
conosco da sei anni, Peter, da quando ti vidi fuori la banca-
-Già,
ma ci
siamo presentati ufficialmente solo quando ti ho arrestato, quattro
anni fa-
Elize
sembrava confusa e, mentre Neal rideva della situazione, a Peter
toccarono le
spiegazioni: -Sono un agente FBI, Elize. E lui è il mio
consulente, uno pseudo
truffatore che mi ha fatto penare tre anni, prima di lasciarsi
arrestare-
Elize
annuì: -Beh, per essere un civile, mi sembravi troppo
preparato ad una situazione
come questa-
-Disse la
donna con una torcia nella borsa- replicò Neal.
-è
una storia
stupida- spiegò Elize, un sorriso triste sulle labbra: -da
giovane mio padre
non mi lasciava truccare, così io giravo il viale di casa e
mi truccavo, grazie
all’aiuto della torcia e di uno specchietto. Mi è
rimasta l’abitudine di tenere
in borsa queste cose-
Restarono
in silenzio per qualche minuto.
-Credete
che ci troveranno?- domandò Elize, la voce più
seria.
-Si, ci
troveranno- mormorò Neal, il viso premuto contro il petto di
Peter.
-Elize, la
vedi quella?- spiegò Peter, indicando la cavigliera di Neal:
-ha un GPS. Adesso
è rotta e quando ha smesso di funzionare i miei agenti sono
stati avvertiti.
Loro sanno esattamente dove si trovava Neal quando la cavigliera ha
smesso di
funzionare, quindi si, ci troveranno-
-Wow…
sembra… divertente?!-
-Fidati,
Elize: non lo è- sorrise Neal. Poi alzò lo
sguardo verso il federale: -Peter, a
proposito di Elize… tu credi che El lo sappia?-
-Spero di
no- fu la risposta malinconica di Peter, uno stanco sospiro
sfuggì dalle sue
labbra.
-Chi
è El?-
-Elizabeth
è mia moglie. Sai, le avevo detto che saremmo tornati per
pranzo. Che ore
sono?-
-Non ne ho
idea- Elize rispose meccanicamente, volgendo poi il proprio sguardo in
un punto
ben preciso: -Stavamo litigando-
-L’avevamo
notato- Peter si morse la lingua quando ormai era troppo tardi per
fermarsi.
-Per una
sciocchezza! Io dicevo che i suoi pantaloni erano troppo aderenti-
Peter
sorrise rivolgendo uno sguardo d’intesa a Neal, ma trovandolo
completamente
addormentato tra le sue braccia.
-Elize?- il
tono di Peter, improvvisamente preoccupato e meno rilassato rispetto a
prima,
la scosse –Credi che sia normale?-
Lei
scrollò
le spalle. Peter gli scosse dolcemente una spalla, riportandolo nel
mondo dei
vivi; lui lo guardò confuso.
-Neal, non
ti addormentare-
-Ho sonno-
-Lo so-
rispose, sfiorando con una mano la ferita alla testa, controllando che
avesse
smesso di sanguinare: -Ma è meglio se stiamo tutti svegli,
ok?-
Neal
annuì
appena, mentre Elize ricominciava a parlare: -Vi siete già
trovati in
situazioni simili? Voglio dire, col lavoro che fate…-
-Direi di
no-
-Diresti di
no? Peter, parla per te! Io sono stato drogato, sparato e quasi
soffocato-
-Ancora con
questa storia?- Elize guardava la strana coppia divertita dai loro
battibecchi
ed in parte rassicurata dall’atmosfera che si era creata;
Peter continuava a
parlare: -Sei andato di tua spontanea volontà e contro il
mio volere nello
studio di Powell, il medico che lo ha drogato- aggiunse per Elize
–Quello non
ha niente a che fare con il tuo lavoro. E non sei stato sparato! Avevi
un
giubbotto antiproiettili-
-Vero. Ma
stavo per soffocare-
-Già.
Ed io
ti ho salvato. E tu hai salvato me quando mi hanno avvelenato-
-Wow, che
vite emozionanti che avete!- mormorò Elize, improvvisamente
entusiasmata dalla
situazione: -Io sono solo una fotografa-
-Peter?- Neal
si sistemò meglio tra le sue braccia, socchiudendo gli occhi
per il dolore:
-Credi che siano rotte?- domandò, un leggero tremolio nella
voce.
-Non lo so,
riesci a muoverle?- Neal negò con la testa; Peter gli
passò una mano tra i
capelli, pettinandoli con le dita.
-Ho sete-
tossì Elize, fissando il vuoto.
-Da quanto
diavolo siamo qui?-
Il tempismo
di Peter era sempre stato impeccabile.
-Capo?-
urlò una voce, dietro la parete.
-Jones!-
-La tua
voce non è mai stata tanto piacevole, Jones-
-Bello
sentirti, Caffrey!-
-State
tutti bene, Capo?- Peter e Neal riconobbero con piacere anche la voce
di Diana
ed il trafficare di alcune persone proprio dietro la parete a cui erano
appoggiati.
Anche Elize
tirò finalmente un sospiro di sollievo.
-State
bene? Siete feriti?- domandò un’altra voce,
probabilmente qualche membro di
qualche squadra di soccorso.
-Siamo in 4
qui- cominciò Peter.
-Bryce
è
morto- sussurrò Elize, come se fosse improvvisamente tornata
alla realtà.
-Già.
Bryce
è… è
morto- riprese Peter, deglutendo:
-Io ed Elize stiamo bene, lei forse è ferita ad un braccio,
ma non è grave.
Neal non muove le gambe, era incastrato tra le travi-
-Ok, dovete
dirmi esattamente dove siete, così possiamo iniziare a
mandar giù la parete-
-è
finita-
mormorò Peter, uno sguardo compassionevole rivolto ad Elize
in lacrime, le
braccia strette con più forza intorno alle spalle di Neal: -è finita-
Mi
sembra giusto, se siete arrivati fin qui, chiarire una cosa:
normalmente io
odio gli OC! In qualsiasi fandom ci sono personaggi a sufficienza e
credo che a
volte creare un nuovo personaggio si superfluo. In questo caso
però Elize e
Bryce mi servivano proprio!
Mi servivano come
sconosciuti coinvolti nella faccenda perché sarebbe stato
poco realistico che
ci fossero solo Neal e Peter in quel corridoio, o che ci fossero altre
persone a
loro note.
Eh, beh… Ora
vi dedico una filastrocca trovata in rete [con tutti i dovuti
copyright per l’autore che sfortunatamente non ricordo]:
Roses are red
Violets are blue
If you review
I will love you
<3
Chiby’s