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Autore: Horrorealumna    13/02/2013    2 recensioni
Sussulto, ma lei mi tiene l’indice affusolato premuto sulle mie labbra, intimandomi quindi il silenzio.
Non riesco a definirne i lineamenti, nell’ombra della notte, ma i suoi occhi sono vivi e quasi luminosi. Non hanno più il bel colore azzurro che li caratterizza: sono scarlatti, rossi come il sangue.
Involontariamente sento il mio corpo tremare.
Paura.
Timore.
Posa lo sguardo sul medaglione d’argento per un secondo, poi sussurra:
- Zitta. Resta zitta e non fiatare. Muoviti il più lentamente possibile.
Rimango immobile come ha detto.
- Non muovere gli occhi - mi rimprovera - Chiudili. Ci osserva...
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Ragazzo Della Festa

Non so come, non so il perché, ma quando corro fuori da casa di Alicia e dei gemelli e arrivo nella mia, col fiatone e col cuore martellante, e attraverso con sguardo basso il soggiorno, i miei genitori sono ancora a dormire. In punta di piedi mi avvicino alla loro camera da letto, per sentire mio padre russare forte come un vulcano in eruzione. Sorrido fiduciosa; poi mi precipito nella mia stanza per darmi una pulita e per cambiarmi.
Finalmente riesco a respirare a pieni polmoni: mi tolgo il vestito velocemente, mentre l’occhio mi cade su quella che ieri sera era una gamba ferita e sanguinante. Un grosso pezzo di stoffa è stretto attorno al mio polpaccio; lo sento aderire bene e capisco che probabilmente la cicatrice si è già formata. Riesco a camminare bene, grazie al cielo.
Cambiata, pulita e sistemata, aspetto che i miei decidano di svegliarsi buttandomi sul letto e chiudendo gli occhi. Ieri sembra così lontano, visto che quasi non ricordo bene il perché della fasciatura sul polpaccio. Poi l’immagine del mio nastro per capelli appeso al candelabro appeso al soffitto, che precipita sui ragazzi, schiacciandoli sul pavimento, riaffiora nella mia testa, tanto che quasi mi sembra di sentire la puzza di sangue e di paura nell’aria. Rivedo quel giovane dai capelli scuri, che mi scambia per un’altra ragazza, e Jason che mi invita a ballare con lui. E anche Marisol che mi viene a parlare da amica nel gazebo.
Troppa confusione.
Perché il mio nastrino era finito là sopra? Non poteva sicuramente essere una coincidenza.
Il medaglione preme, freddo e liscio, sul mio petto. Non l’ho tolto. Mi ci sono un po’ affezionata, e poi mi sta anche bene.
Respiro profondamente e riapro gli occhi, godendomi dei primi veri raggi di sole che filtrano dalla tenda della mia finestra. Un’ombra proiettata sul muro giallo mi ricorda l’esile figura di Alicia. E il cinguettare degli uccellini sembra essere la sua voce.
Chissà chi era il padre di Jason e Marisol. Doveva essere biondo, visto che i gemelli lo erano, a differenza di Alicia. Probabilmente affascinate, di bell’aspetto. Non avevo mai visto un uomo del genere nel vicinato, quindi non lo nascondevano in casa; forse era morto...
Lascio quei tristi pensieri e sbadiglio senza far rumore, riabbandonandomi al dolce far niente. La scuola è finita. Mi sarei dovuta preoccupare del mio futuro, adesso. Non ero più una bambina.
Un rumore sordo ferma il mio flusso di considerazioni e mi mette all’erta. La fonte, come immaginavo, si rivela essere mia madre, che si affaccia nella mia camera mezza addormentata; i capelli sono arruffati e in disordine e porta gli stessi vestiti di ieri sera. Mi sorride dolcemente e dice, appoggiandosi allo stipite:
- Com’è andata alla festa, tesoro?
Mi metto a sedere, senza smettere di fissarla:
- Bene. Ma che ti è successo?
Dietro di lei, scorgo mio padre... nelle stesse pietose condizioni.
- Perché? - chiede mia madre aprendo le braccia, come per fare vedere che stava bene.
- Non avete indossato il pigiama? Quando siete andati a dormire?
Mi sembra di essere la loro baby-sitter ora.
Si guarda dubbiosa, poi sorride:
- Credevo di averlo addosso - risponde - Io e tuo padre non siamo stati bene ieri sera. Abbiamo chiuso la porta a chiave e siamo andati subito a letto.
Mi tranquillizzo. Dopo quello che è successo a casa di Tom niente sembra impossibile.
Il suo sguardo cade sulla gamba fasciata.
- E quello cos’è? - chiede preoccupata.
Sono costretta a mentirle, non voglio far agitare nessuno; avvertire lei significava farlo sapere anche a papà.
- Sono caduta sul vialetto -mento passandomi una mano sulle morbide bende - E... ho trovato delle bende, in un cassetta di pronto soccorso, e mi sono fasciata il graffio.
Fasci di stoffa per un graffio... come fa a bersela?
Annuisce sorridente e tranquilla:
- Meglio così. Non ti fa male, vero? Altrimenti come farai a provare il nostro regalo?
Spalanco gli occhi, sorpresa, mentre lei mi fa cenno di vestirmi e seguirla.
 
La sorpresa si rivela essere una macchina, tutta mia, finalmente. Allora non mi considerano ancora una bambina; è quello il mio vero regalo di compleanno.
Il regalo in sé per sé non mi entusiasma: dove dovrei andare con l’auto? Allontanarsi... sì, ma per dove? Accetto il gradevole pensiero, comunque, con un grandissimo sorriso e una marea di ringraziamenti.
Giro intorno alla vettura, giro e continuo senza fermarmi... solo per calmarmi e cercare di pensare ad altro, quando sento una voce familiare alle mie spalle:
- Hai trovato le chiavi?
Può essere solo lui, il mio nuovo stalker, Jason.
Proprio come ieri è poggiato al cancello e mi guarda sorridente. Perché ho l’impressione che lo faccia apposta?
Non sono braccata dai miei, così gli vado incontro.
Eppure non riesco ad odiarlo, e non riesco a capire come avrei potuto odiarlo dopo tutto quello che lui aveva fatto per me, seppure con un briciolo di egoismo.
- Non le ho con me - rispondo piano fissandolo - Devo averle perse da Tom.
Annuisce lentamente:
- Vedrò se riesco a trovartele, allora - dice.
- No - scuoto la testa velocemente mentre quella sillaba mi scappa e si infrange davanti a lui - Hai già fatto troppo per me. Andrò io.
- Ah, nessuno ti può contraddire? - ridacchia divertito dalla mia ostinazione - E se ti dicessi l’ingresso alla villa non è più possibile?
Sgrano gli occhi, sorpresa:
- Cosa significa... ?
- Significa che qualcos’altro è successo ieri notte, dopo la nostra fuga. Non mi stupirei se ne parlassero anche in televisione.
- Portami tu, allora! - insisto.
- Per delle chiavi? Chissà dove saranno...
Rimango zitta questa volta; costringo la mia mente a non pensare a cosa potrebbe accadere se mamma e papà sapessero che ho smarrito il mio mazzo di chiavi mentre cammino mi dirigo verso la macchina.
-  Posso andarci da sola, se non te la senti - dico forte, puntando l’auto.
I suoi occhi luccicano:
- E’ tua?
Annuisco divertita; di solito i maschi adorano questo genere di cose... macchine, moto, motori, cavalli... credo sia pane anche per i suoi denti.
- E tu andresti sola nella villa? - ride appoggiandosi alle fredde sbarre del cancello.
- Perché no...
- Potrei mandarti mia sorella, visto che ieri sera andavate d’amore e d’accordo - osa sussurrare.
E’ una sfida? O sta solo scherzando?
Lo sguardo male. Molto male.
- Scherzo - dice senza smettere di ghignare divertito - Posso lasciarti da sola?
Non capisco il senso di quelle sue ultime parole:
- Intendi dire che non ti fidi di me? - chiedo dubbiosa.
- Non completamente. Perché ricorda che senza di me saresti morta - continua lui.
- Ti devo la vita.
Rimaniamo in silenzio: io per la colpa, lui sicuramente per il peso enorme che sa di dover trasportare, nascosto nell’anima. Salvare una vita umana era un gesto nobile, in ogni caso, ma lui faceva sembrare tutto questo ancora più angelico... divino.
- Lo so - si limita a sussurrarmi - Quindi non rischiarla di nuovo: non andare in quella villa. Non ci sarò sempre. E mentiresti a te stessa se pensi di riuscire a cavartela senza di me ancora una volta.
Un dubbio sorge. Chi o cosa aveva scatenato quel putiferio? E perché?
- Tu non hai idea, del perché, vero? - chiedo ancora cercando di liberare la mente dalla visione della marea di cristalli e di luci di ieri sera sopra di noi - E’ impossibile che cada un candelabro, sopra una folla di ragazzi, mentre ci sono dei cadaveri in bagno.
Mette la mani in tasca, guarda per pochi secondi al cielo e dichiara:
- No. E non credo siano coincidenza. Ma fa fare ai poliziotti il loro mestiere e preoccupati di stare a casa.
 
Dopo un breve congedo, mi trovo a pensarlo per davvero: quel ragazzo è unico. Speciale. Ed è la prima volta che provo qualcosa del genere per un uomo visto che di relazioni ne ho avute davvero poche. Basta guardare i miei pochi amici.
Tra cui spiccava Tom. Tom che aveva visto la festa dell’anno andare a rotoli. Stava bene? Non riuscivo ad immaginarmelo, ma speravo che non fosse ferito... o morto. Nello stato in cui l’avevamo trovato, non ero nemmeno sicura avesse capito cosa era effettivamente successo.
Lucy.
L’avevo tirata in ballo senza il suo consenso. Ora i miei genitori pensavano che fosse stata lei a riaccompagnarmi a casa dopo la festa. L’avevano chiamata, per ringraziarla, e lei era stata al gioco per fortuna. La mia migliore amica... mi capì al volo e sapeva della festa. E mi mancava terribilmente, visto che in quel periodo usciva raramente di casa. Naturalmente si era presentata alla consegna del diploma, ma si era limitata a sparire dopo la cerimonia, senza farmi gli auguri e soprattutto senza avvicinarsi a me. Un compostamente davvero fuori dal comune per lei, una delle ragazze più solari e vivaci che avessi mai conosciuto.
Quella sera, la contattai. Chiacchierammo come solo due amiche sanno fare, parlando del più e del meno. Trovai la sua voce squillante e cristallina come al solito. Doveva essere guarita.
Non le parlai di Jason, né della festa. Doveva guardarla negli occhi nel riferirle quelle cose. Così ci lasciammo con la promessa di vederci il giorno dopo, a casa sua, di sera.
 
Sono passati due giorni dal mio compleanno e dall’incidente della villa.
E’ sera.
Passo il pettine a sistemare l’ultimo ciuffo di capelli sfuggito alla mia ispezione e chiudo gli occhi, tranquilla e rilassata. Un giorno senza i fratelli è un giorno normale. Non credevo potesse più capitarmi una situazione di tanta normalità, pure a semplice come solo la mia vita può essere.
Sono pronta per uscire, finalmente, col mio nuovo mezzo di trasporto. Avevo già avvertito i miei, solo pochi minuti fa, che avrei fatto visita a Lucy. Tutto era a posto.
Scivolo come una saetta giù per le scale, coi capelli che svolazzano veloci e vivaci attorno al mio viso sorridente. Passo accanto al soggiorno per salutarli... ma lo trovo vuoto mentre un brusio divertito arriva dalla cucina.
Affacciandomi trovo i miei genitori, seduti ai lati di un ragazzo.
Lo sconosciuto ride spensierato rivolto a mia madre che intanto le offre dei cioccolatini, che lui rifiuta cordialmente... prima di rivolgere i due grandi occhi scuri su di me. Sembra sia sulla ventina, alto e bellissimo. I capelli neri sono pettinati all’indietro...
 
Io l’ho già visto!
E’ il ragazzo della festa!
Solo che questa volta era vestito normalmente.
 
Si illumina quando entro nella stanza. Io invece lo guardo per bene, senza sorridergli, ma sospettosa. Perché quel viso... quegli occhi... quelle labbra pallide e sottili...
E rivedo l’uomo che mi scambiò per una certa “Agnes” alla festa di Tom. Con gli occhi di brace sul ciondolo di Alicia. Intercetto il suo sguardo... osserva ancora il medaglione. E’ lui.
- Chi è lui? - chiedo scontrosa rivolta a mio padre.
- Oh, si chiama Claude. Si è trasferito da poco in città e dice di averti incontrato alla festa di avantieri - risponde lui.
Al suono del suo nome, lo sconosciuto si alza dalla comoda sedia e si avvicina a me con passi felpati. Mi afferra la mano e l’avvicina alle labbra per poi baciarla piano:
- Claude - sibila dolcemente - Ci siamo visti, come ha detto tuo padre, alla festa. Ricordi?
Ritraggo la mano, senza smettere di guardarlo:
- Ricordo, sì - dico - Mi avete scambiata per una certa Agnes. Cosa volete?
Sento lo sguardo arrabbiato di mia madre su di me, ma quel ragazzo non me la racconta giusta. Come se avesse letto nei miei pensieri, Claude aggiunge, accennando un sorriso:
- Non sono venuto a dare fastidio e mi scuso se... ho interrotto qualcosa. Volevo solo ridarle questo.
Mi porge un mazzo di chiavi. Il mio.
Non ci credo. Non riesco a crederci. Lo afferro tremante senza pensarci, né ringraziandolo.
- Devo proprio andare - sospira infine.
- Claude, per piacere, resta! - insiste mia madre, facendosi avanti a passetti veloci e decisi - Cena con noi, non hai interrotto niente di importante!
No, mi ha solo rovinato la serata!
Ma il ragazzo non vuole sentir ragione. Dice di dover fare visita a vecchi amici nei dintorni ma promette di tornare presto. Lo accompagno all’uscita, sotto ordine di mio padre; quasi brilla sotto la luce della luna, per una volta non coperta dalle nuvole, e ciò quasi mi lascia basita, perché sembrava quasi che i lineamenti giovanili e perfetti che avevo osservato sotto la luce della cucina avessero lasciato il posto ad un viso squadrato e marmoreo. Ho ancora il mazzo di chiavi in mano.
- Spero ancora di non averti disturbata - continua sui gradini esterni - E scusami... per la festa. Mi ricordavi tanto un’altra persona. Ma non importa.
Non so cosa rispondergli. Devo?
- Spero, comunque, di poterti conoscere meglio, Gabrielle. Non si incontrano tutti i giorni ragazze come te. E fa attenzione alle chiavi.
Sto per chiudere la porta ma non riesco a distogliere lo sguardo. I miei occhi sono “incollati” ai suoi. Non ci riesco.
- Buonanotte - sussurra infine, provocandomi strani brividi dappertutto. Ripete il mio nome.
E lo vedo sparire nella notte.
Anch’io esco fuori dal vialetto, senza altre parole o saluti, e arrivo alla macchina, stordita, come mai lo ero stata, scossa, forse non più pronta per incontrare Lucy.
 
 

ANGOLO AUTRICE:
Capitolo nuovo e nuove emozioni. Più nuovi imprevisti XD
Ma a noi piace così! Fatemi sapere che ne pensate e come sempre... al prossimo capitolo!
Baciii :D

 
 
   
 
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