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Autore: elisabieb    13/02/2013    1 recensioni
Rivedeva i suoi occhi; quel verde nel quale si specchiava ogni volta, nel quale ogni volta cercava conforto. Li vedeva mentre si spegnevano piano piano e la guardavano per l’ultima volta.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, prima che a qualcuno prenda un colpo lo dico sin da subito. Questa è veramente tragica, per cui se dopo le prime due righe vi rifiutate di leggerla io non me la prendo :') L'ho iniziata a scrivere un anno e mezzo fa, in un periodo abbastanza difficile e sono riuscita a finirla soltanto in questi giorni. E' scritta sulle note di una canzone del mio cantante preferito, a mio modesto parere una delle più belle che abbia mai scritto: Per dirti ciao.
Il titolo invece è una citazione dal film 'Io e Marilyn' di Leonardo Pieraccioni.
Canzone:
http://www.youtube.com/watch?v=M3STj8zlQw4


Nessuno muore mai davvero.
Tutti riviviamo nella mente di chi ci ha voluto bene. Nessuno se ne va via per sempre.

 
Se chiudeva gli occhi, aveva di nuovo davanti quella scena. Irremovibile. Il suono sordo dello sparo e Andrea davanti a lei che si accasciava a terra, con una mano sul petto. Lo rivedeva mentre lo teneva tra le braccia. Rivedeva i suoi occhi; quel verde nel quale si specchiava ogni volta, nel quale ogni volta cercava conforto. Li vedeva mentre si spegnevano piano piano e la guardavano per l’ultima volta.
Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò in quella chiesa affollata. La bara al centro, davanti all’altare. Miriadi di mazzi di fiori. E poi un susseguirsi di persone, che porgevano il loro ultimo saluto.
 

Magari un giorno avremo un posto
anche nascosto oppur distante,
dalle tante astanterie.
In cui riposano gli amori ormai in disuso,
quelli non storici, di cui nessuno parlerà.

 
Se n’era andato. Andrea, il suo Andrea, era riuscito a proteggerla fino alla fine. Quella pallottola avrebbe dovuto colpire lei, non lui. Non lui. Scuoteva la testa, mentre le lacrime scendevano pungenti sulle sue guance. Non voleva crederci, non riusciva ancora a crederci. Non poteva essere vero. Come poteva un semplice posto di blocco rivelarsi fatale? Tutto quello che si ricordava era una macchina passare a forte velocità accanto alla pattuglia. Si ricordava di Andrea che tutt’ a un tratto le si era parato davanti. Non ne capì subito le motivazioni. Lo sparo che sentì un istante dopo, rispose ad ogni sua domanda. Voleva portarla a Torino. Voleva farla conoscere ai suoi genitori, con la gioia di sua madre che non vedeva l’ora di conoscere la donna di cui suo figlio parlava tanto. Adesso, però, a Torino si trovava da sola, e poteva vedere i suoi genitori soltanto a distanza. Cosa avrebbe dovuto fare? Andare a presentarsi da sua madre e dire “Ero la fidanzata di suo figlio” ? No. Non poteva. Non voleva. Non era il momento adatto. Forse si sarebbe fatta conoscere più in là, forse. Adesso il suo cuore, talmente oppresso da tutto quel dolore, non avrebbe saputo reggere oltre. Sentì una mano sulla spalla e si voltò improvvisamente.
“Leo..” sussurrò tra le lacrime.
Lui non disse niente ma semplicemente si avvicinò all’amica e la strinse forte, rimanendo in silenzio per qualche minuto.  Paola continuava a piangere, stretta all’amico che non vedeva da anni. “Sarà sempre vicino a te, capito? Lui non ti abbandonerà mai..”
“Io.. senza di lui.. io.. non ce la faccio..” balbettava lei.
“Tu non sei senza di lui” sussurrò Leo, staccandosi un attimo per guardarla negli occhi “E’ con te. Anche adesso”
“Non è vero, io lo voglio qui. Mi basterebbe abbracciarlo l’ultima volta, sentire la sua voce; voglio dirgli tutto quello che non gli ho detto in questi anni, lo voglio qui con me e basta” rispose lei con la voce rotta dai singhiozzi. Leo le accarezzò una guancia e l’abbracciò di nuovo, incapace di fare altro.

E rivela il tuo sorriso in una stella, se vorrai.
Per stasera andrebbe bene anche così.
E non servirà più a niente la felicità,
più a niente anche la fantasia
mi accontenterò del tempo andato...

 
Videro le persone alzarsi e si prepararono a fare altrettanto. Rimase abbracciata all’amico, mentre ascoltava le parole del sacerdote. Anzi, nemmeno stava ad ascoltarlo. Davanti a sé, c’era solo il volto di lui. Andrea che le sorrideva, Andrea che l’abbracciava, Andrea che la baciava, Andrea che le diceva che l’amava, Andrea che si arrabbiava e che faceva pace con lei; In quel momento giurò a se stessa che avrebbe trovato a qualsiasi costo il responsabile di tutto ciò. Era l’unico responsabile della sua infelicità, perché con quella pallottola le aveva portato via la persona più importante della sua vita.
Troppo immersa in quei pensieri, ancora tra le braccia dell’amico, nemmeno si accorse che tutte le persone si stavano già avviando per il corteo funebre. Abbassò la testa, quando vide i suoi genitori e sua sorella. Non voleva farsi vedere. Non adesso.
Volle restare in disparte anche durante la sepoltura. Vide la bara sparire lentamente sotto il suolo e non riuscì a trattenere le lacrime, che ormai inondavano da giorni il pallore del suo viso.
Leo continuò a tenerla stretta tra le braccia. Non aveva la capacità di fare nulla. Ma in realtà non c’era davvero a fare niente. Nulla si può fare in questi casi.
Pian piano vide le persone diminuire, e fu allora che vide anche gli altri colleghi.
Li vide avvicinarsi a lei e a Leo e poi fu un susseguirsi di lacrime e di abbracci.
A lei continuava a sembrare solo un sogno. Un brutto sogno dal quale si sarebbe svegliata presto. Vide Luigi in lontananza allontanarsi pian piano da Alessandra in lacrime, che quando vide Paola le corse incontro abbracciandola fortemente.
“Ale io.. mi dispiace..” rispose lei.
Alessandra si staccò “Non è colpa tua.. non è assolutamente colpa tua” disse tra le lacrime “Non devi incolparti, Paola..” Alessandra la prese per mano “Vieni con me..” sussurrò, accennando a volersi incamminare verso i suoi genitori che in lacrime osservavano la sepoltura del figlio.
Paola scattò subito con un balzo indietro e scosse la testa intimorita “No. Io.. no..” abbassò la testa “Dopo..” sussurrò mentre fissava la coppia poco distante “Non ce la faccio” aggiunse dopo.
Luigi prese per mano Ale sospirando, mentre lei si appoggiava nuovamente alla sua spalla e osservava a distanza di pochi metri i due uomini completare la sepoltura e adagiare una corona di fiori.
Paola restò dov’era, accanto a Leo, a fissare quello che accadeva intorno a sé. Le sembrava tutto surreale.

Soffierà nel vento una lacrima
che tornerà da te...
per dirti ciao, ciao!

Mio piccolo ricordo in cui
nascosi anni di felicità, ciao.
E guardami affrontare questa vita
come fossi ancora qui.

 
Fu dopo aver preso un po’ di coraggio ed essersi calmata un po’ che si avvicinò alla tomba lentamente, quasi con timore e si accucciò, per osservare la sua foto che era stata adagiata sopra la corona di fiori. Sfiorò quell’immagine e sorrise tristemente “Sei bellissimo, amore..”
I genitori di lui, la videro da poco lontano e, per qualche minuto la osservarono soltanto.
Poi, improvvisamente, la donna si avvicinò lentamente a Paola, che stava accarezzando i fiori.
“Tu sei Paola, vero?”
Lei si alzò di scatto, e si girò quasi con timore, osservando la madre dell’uomo che amava davanti a sé.
Senza ricevere risposta, la donna continuò “Ti ho riconosciuta subito, sai? Sei proprio come Andrea ti descriveva..”
“Mi sento così in colpa” disse a singhiozzi “Quella pallottola era indirizzata a me. Non certo a lui. Dovevo esserci io lì, doveva essere il mio funerale. Andrea è morto per me”
“Andrea ti amava tanto” disse la donna mentre le si avvicinava.
“Anche io lo amavo..” rispose lei guardando la sua foto.
“L’ho visto l’ultima volta un mese fa, quando era venuto a trovarci. Parlava di te con gli occhi che brillavano..”
“Stava andando tutto bene” rispose lei “ci amavamo, eravamo riusciti a fidarci l’uno dell’altra dopo tanto tempo, dopo una marea di incomprensioni.. stavamo bene! Forse troppo..”
La donna le accarezzò una guancia. Paola sentì un magone crescerle dentro. Avere la madre di Andrea era proprio come avere lui lì e non era sicura di riuscire a reggere oltre. Quanto si somigliavano, oddio.
“Ci vieni a casa nostra? Mi farebbe piacere..” d’istinto Paola si voltò verso Luigi e Alessandra, che se ne stavano abbracciati qualche metro più distante. Alessandra piangeva contro la spalla di lui, che le accarezzava i capelli. Sentì Leo stringerle una mano, come per darle forza e fu allora che si voltò a guardarlo. Gli sorrise e si voltò nuovamente verso la donna e la guardò in silenzio per qualche istante, poi annuì. La vide sorridere, mentre le lacrime le rigavano il volto. Si presero per mano e poi si abbracciarono di scatto, rimanendo in silenzio per qualche minuto.
 
---
 
Paola entrò in quella casa e si sentì quasi morire.
Non sapeva il perché ma si sentiva un’estranea lì dentro. Si guardò intorno e vide alcune cornici. Si avvicinò e istintivamente ne prese una in mano. La foto raffigurava un Andrea di cinque anni che soffiava felice sulle candeline di una torta al cioccolato.
Sorrise e accarezzò la foto con un dito.
“Era così contento quel giorno! Gli avevamo regalato la sua prima palla da basket e cominciò subito a giocarci..” disse la madre, mentre le si avvicinava.
Paola sorrise, mordendosi il labbro inferiore e continuò a guardare le foto.
“Puoi tenerla, se vuoi..” disse, mentre li invitava a sedersi.
“Oh..” riuscì a dire soltanto mentre sfiorava la cornice “Io..”
La donna mise le sue mani su quelle di Paola e sorrise “Va bene così..” disse con gli occhi lucidi.
“Andrea voleva portarmi qui” disse con la voce tremante davanti ai genitori di lui dopo che si erano seduti “e mi aveva chiesto di volere un bambino da me” aggiunse con la voce strozzata “non arriverà..”
Sentì la madre stringere ancora di più le sue mani ma non riuscì a guardarla. Si limitò a ricambiare la stretta prima di lasciarsi abbracciare da entrambi, sentendosi libera per la prima volta in tutti quei terribili giorni di sfogarsi completamente.
 
---
 
Uscì dalla sua stanza mentre si aggiustava la giacca e si fermò a metà corridoio. Si girò verso la porta alla sua destra. La porta della sua stanza. La targhetta era stata tolta. Tra qualche giorno sarebbe arrivato il nuovo sostituto. Sospirò e si avvicinò alla maniglia, sfiorandola con la punta delle dita. Il rumore di una porta che si apriva di scatto la fece allontanare subito, mentre ritornava ad abbottonarsi la giacca.
Luigi comparve da dietro la porta, la vide e le sorrise “Ehi, buongiorno..”
Lei ostentò un sorriso “Ciao..”
“Oggi è il tuo compleanno. Dai, vieni che andiamo a fare colazione..” disse allungando una mano.
Lei indietreggiò “Veramente io non ho molta fame.. e poi, devo finire del lavoro che ho lasciato arretrato e..”
“Avanti Paola, una mezz’oretta! Che ti costa.. e poi dovresti mangiare. Sono tre giorni che non tocchi cibo..”
“E va bene..” si arrese lei mostrandogli un sorriso.
“Brava, così ti voglio..”
Lei gli sorrise e insieme arrivarono in cucina. Lei tirò un sospiro di sollievo quando vide che non c’era nessuno. Odiava le domande che doveva sentire ogni santo benedetto giorno. Stava male ed era l’unica cosa che sapeva. Luigi la fece sedere e poi si mise ai fornelli.
“Caffelatte?” domandò con un sorriso.
Paola annuì e lui iniziò a preparare la moka e mise un pentolino con del latte sul fuoco a scaldare.
“Quindi fette biscottate, marmellata, biscotti” esclamò dopo aprendo la dispensa “Vuoi anche un po’ di succo d’arancia?”
Paola sorrise “Troppe cose. Non sono sicura di riuscire a mangiare tutto..”
Luigi la guardò “E invece sì. Devi!” replicò lui poggiando sul tavolo davanti a lei un pacco di biscotti, il vasetto di marmellata e le fette biscottate.
Luigi cercava di farla parlare per distrarsi, ma lei pensava totalmente a tutt’altro; fu proprio quando lui le porse la tazza di caffelatte che Carlo entrò in cucina con in mano un mazzo di rose rosse e un pacchettino. “Paola..” riuscì solo a dire mentre lei lo fissava. Le porse il mazzo di fiori e il pacchetto e poi le accarezzò una spalla. C’era anche una busta con il suo nome. Riconobbe la scrittura e quasi le si gelò il sangue. La calligrafia di Andrea. Deglutì mentre pian piano apriva la busta e tirava fuori un foglio.
Con un lieve cenno del capo Luigi fece segno a Carlo di uscire dalla stanza e quello annuì silenziosamente. Paola aspettò di essere sola, poi spiegò il foglio e iniziò a leggere.
 
Ciao, amore mio.
Lo sai, non sono molto bravo con le parole, ma questa volta ci devo riuscire. Devo riuscire a scrivere tutto quello che volevo dirti. Hai visto che non mi sono dimenticato del tuo compleanno, nonostante le tue ripetute minacce? Auguri, tesoro. Sono otto rose rosse. Otto come 8 giugno, perché ci siamo conosciuti proprio quel giorno, quando mi hai arrestato. Otto come le ore che abbiamo passato insieme quella sera al casale; la nostra prima volta. Sai, non te l’ho mai detto, ma quando ti sei addormentata ho passato tutta la notte a osservarti mentre dormivi. Eri bellissima, mentre ogni tanto arricciavi il naso e cercavi di coprirti con le coperte. Non avrei mai voluto andarmene quella mattina, avrei voluto restare con te, svegliarmi insieme a te, fare colazione con te e passare addirittura tutta la giornata insieme a te. Otto come i mesi che abbiamo passato quasi senza parlarci. Che stupidi che siamo, vero? Arriviamo a litigare per un nonnulla, a causa della nostra stupida gelosia. E pensa che io sono talmente geloso ed presuntuoso che non riesco a pensare a qualcun altro accanto a te, non riesco nemmeno a pensare che esista qualcuno che possa amarti più di me. Voglio che tu rimanga accanto a me, per sempre, voglio il tuo appoggio in ogni scelta che faccio. Voglio avere la certezza di trovarti accanto a me ogni mattina, perché non riuscirei a vivere un attimo senza di te. Adoro il tuo sorriso, adoro quando, ogni mattina, di nascosto da tutti, entri nella mia stanza a rubarmi un bacio. Adoro abbracciarti; potrei tenerti tra le braccia ore intere, respirando il tuo profumo. Adoro osservarti mentre ti concentri sul lavoro, sempre così scrupolosa e attenta ad ogni dettaglio. Adoro anche vederti arrabbiata, lo ammetto. Il tuo modo di infuriarti mi fa innamorare di te ancora di più.
Scusami per tutte le volte che ti ho fatto soffrire, scusami per quando ti ho fatto arrabbiare, scusami per tutto. A volte non sono quello che vorresti, lo so. Faccio miliardi di casini senza neanche rendermene  conto.  Però volevo dirti una cosa, adesso. Non faccio come nei film, però. Non ci sono i violini che creano l’atmosfera, non siamo davanti un tramonto o in riva al mare e non mi metto in ginocchio. Mi accontenterò di osservarti da lontano, mentre leggi queste parole. Mi accontenterò di osservare il tuo sorriso che si dipinge pian piano sulle tue labbra, mi accontenterò di osservare i tuoi occhi illuminarsi.
 

Sposami, amore mio.
Ti amo,
Andrea.

 
 
Paola chiuse la lettera, mentre ormai le lacrime scendevano copiose sul suo volto. Sospirò quando vide che il pacchettino era ancora lì, accanto al mazzo di fiori abbandonato sul tavolo. Timorosamente, se lo rigirò fra le mani, osservandolo. Riuscì ad aprirlo solo qualche minuto dopo, quando era riuscita a calmarsi un po’. La carta da regalo nascondeva una scatolina di velluto blu. Al suo interno c’era l’anello che avevano visto pochi giorni prima in una vetrina e che a lei era piaciuto da morire. Semplice, con una piccola pietra verde smeraldo al centro. Adesso si ricordava di tutto quel mistero negli ultimi giorni, di quei fogli che nascondeva appena la vedeva, di quelle uscite straordinarie a metà mattina. Aveva organizzato tutto questo? Le rose, la lettera, l’anello. Stava ancora osservando quel piccolo e importantissimo oggetto, quando sentì qualcuno avvicinarsi a lei.
“Sandro..”
“Sai, Andrea mi aveva raccontato di questa sorpresa che voleva farti. Ha scritto milioni di volte quella lettera, pensando sempre che fosse sbagliata, pensando che non fosse riuscito a scriverti tutto quello che voleva.. Io, forse avrei dovuto disdire tutto.. ma poi, ho pensato che tu avessi il diritto di avere tutto. Forse non avrei dovuto impicciarmi..”
Paola lo bloccò “No, ma che dici?” disse con le lacrime che le pungevano gli occhi “Non hai fatto male, hai fatto solo quello che Andrea voleva. E io sono contenta, davvero. E’ riuscito a sorprendermi ancora.”
“Andrea stava chiedendo il trasferimento a Perugia. Diceva che così almeno potevate vivere la vostra storia alla luce del sole.”
Paola sorrise e continuò a fissare quelle rose rosse, così semplici ma così importanti per lei.
Andrea voleva sposarla. Andrea voleva passare il resto della sua vita insieme a lei.
E allora perché il destino aveva deciso di portarglielo via per sempre?
 
---
 

Magari un giorno l'universo accoglierà la mia richiesta
e ci riporterà vicini.
Tra l'aldilà e il mio nido di città c'è molta differenza
anche se provo a non vederla.

 
Era appena tornata dall’ospedale, dove era andata per ritirare le analisi. Quelle analisi che aveva fatto prima che una sparatoria le portasse via la persona più importante della sua vita. Con ancora il foglio stretto fra le mani, si introdusse nella sua stanza, silenziosamente.
La palla da basket poggiata sulla scrivania. Quel letto dove tante volte erano rimasti abbracciati notti intere. Il flusso di ricordi la sommerse completamente. Ricordava tutti i momenti passati insieme a lui; il bacio in macchina per non farsi scoprire da Jessica, il bacio davanti la pizzeria di Gemma, la notte al casale e poi un susseguirsi di errori, di litigate, di gelosie; se potesse tornare indietro cancellerebbe tutto. Ricordava gli appuntamenti di lui con la Morresi e ricordava anche il modo di ‘usare’ Luigi solo per farlo ingelosire. Ricordava il caso Dominici e ricordava di come lui le fosse stato vicino, rassicurandola. Ricordava quella sera in cortile, ricordava di come lui l’avesse confortata e di come, per la prima volta dopo tanto tempo, lui le avesse preso le mani, accarazzandole. Le sue mani tra le sue. Cosa darebbe, per riaverlo lì con lei. Ricordava quella sera sul divano e di lui che voleva baciarla. Non sapeva perché non l’aveva fatto, ma come lo avrebbe desiderato. Ricordava la festa dell’onorificenza a Capello e ricordava quella notte con lui, di come si fossero finalmente chiariti. Strinse istintivamente il ciondolo che teneva al collo. Era tutto perfetto. Era tutto dannatamente perfetto. Ma quella loro felicità era stata spazzata via in un attimo.
 

E giro il mondo, e chiamerò il tuo nome per millenni
e ti rivelerai quando non lo vorrò più.
E non adesso qui, su questo letto
in cui, tragico, mi accorgo
che il tuo odore sta svanendo lento.

 
Si sedette sul letto, accarezzando la coperta. C’era ancora il suo profumo in quella stanza. Nell’armadio c’erano ancora i suoi vestiti, che i suoi genitori sarebbero venuti a prendere a momenti. C’era ancora tutto di lui, lì dentro; e lei non se ne voleva staccare. Si stese sul letto, respirando il suo profumo mentre le lacrime cominciavano a scendere. Accartocciò il foglio che teneva ancora tra le mani gettandolo a terra, cominciando a piangere disperatamente “Non è giusto, non è giusto..” ripeteva mentre stringeva le lenzuola fra le mani “Non è giusto..”
Sentì la porta aprirsi ma non fece nulla per ricomporsi. Rimase lì, dov’era, mentre Luigi entrava pian piano nella stanza.
“Paola..” disse quando la vide distesa su quel letto, con il viso stravolto. Le si avvicinò, sedendosi accanto a lei “Ehi..”
Lei si limitò a scuotere la testa “Sono incinta, Lu’..” mormorò lei, mentre fissava, con gli occhi pieni di lacrime, il vuoto davanti a sé. “Io non sono sicura di volere questo bambino...”
Le spostò i capelli che le erano caduti sul viso “Paola, ma che dici? Andrea sarebbe stato felicissimo..”
“Lo so..” rispose lei “Ma mi ricorderebbe troppo Andrea, mi farebbe male.. capisci? Io non ce la farò senza di lui.. io.. basta, per favore..”
“E pensi che rinunciando a questa piccola creatura, tu riesca a dimenticarlo?”
Paola scosse la testa “Io non voglio dimenticarlo, io voglio.. io.. io voglio lui e basta”
Luigi sorrise tristemente “Paola” provò lui accarezzandole mani “è il vostro bambino. Solo vostro. Il frutto del vostro amore. E’ il suo ultimo regalo. Il suo ultimo dono per te..”
Paola lo guardò con gli occhi lucidi “Ma io ho paura. Non..”
“Non devi averne” la rassicurò lui “Ci sono qua io, c’è Leo.. ci siamo tutti noi. Ti aiuteremo noi. Non avere paura..”
“Tu mi aiuterai, vero?” disse appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Certo che ti aiuterò. Ci sarò sempre per te..” Luigi sentì le braccia di lei, circondarlo in un abbraccio e ricambiò il gesto, lasciandola libera di sfogarsi sopra la sua spalla.
 

Soffierà nel vento una lacrima
che tornerà da te...
per dirti ciao, ciao!
mio piccolo ricordo in cui
nascosi anni di felicità, ciao
e guarda con orgoglio chi sostiene
anche le guerre che non può.

E senza pace dentro al petto,
so che non posso fare tutto..
ma se tornassi farei tutto e basta.
E guardo fisso quella porta,
perché se entrassi un'altra volta
vorrebbe dire che anche io son morto già.

E tornerei da te, per dirti ciao, ciao!
mio piccolo miracolo
sceso dal cielo per amare me.

 
---Qualche anno dopo.
Varcò la soglia del grande cancello, tenendo la manina della bambina che le camminava a fianco, mentre con l’altra stringeva un mazzo di fiori. Si fermò davanti ad una lapide e sorrise debolmente, mentre una lacrima le rigava una guancia. Si accucciò all’altezza della bimba e le sistemò un ciuffo di capelli che era sfuggito dalla treccia “Lui è papà”
La vide sorridere e poi allontanarsi da lei, per avvicinarsi, quasi timorosamente alla foto. Ci posò un bacio sopra, come aveva visto fare mille volte a sua madre con altre fotografie.
“E’ bello..” osservò la bambina tornando tra le braccia della mamma.
“Sì” rispose Paola “Bellissimo..” si asciugò le lacrime con il dorso della mano e prese i fiori, che aveva poggiato in terra. “Vieni, aiutami a mettere questi..”
Si avvicinò al vaso di fiori, tolse quelli, che ormai erano appassiti e vi mise il mazzo di rose bianche che aveva appena comprato.
“Otto” sussurrò Paola con la voce che le tremava “otto rose bianche, amore” accarezzò con un dito il freddo marmo e sorrise, debolmente, con gli occhi lucidi “Scusa se non vengo mai a trovarti, il fatto è che ancora non ce la faccio. Non ce la faccio senza di te.” mormorò mentre osservava la foto, dove era raffigurato Andrea sorridente “Stammi vicino, Andrea”
Sentì sua figlia che la chiamava e si accucciò nuovamente alla sua altezza “Che c’è, tesoro?”
“Mi racconti quello che faceva papà? Non mi racconti mai nulla..” fece lei, con un velo di tristezza nelle voce.
“Hai ragione..” sospirò Paola avvicinandosi ad una panchina, pochi metri più distante. La fece sedere sulle sue ginocchia e cominciò a raccontarle del loro primo incontro, rispondendo ad ogni singola domanda che la sua bambina le faceva ad ogni frase che pronunciava.
“Lo hai arrestato? E perché?” domandò Cecilia, spalancando i suoi grandi occhioni verdi.
Paola rise “Perché papà faceva il cattivo..”
“Aah, ma lui faceva finta vero? Come nei film?”
“Certo, tesoro. Faceva finta, solo che noi non lo sapevamo mica..”
“E poi?”
“E poi quando ci ha detto che faceva il carabiniere come noi, ha cominciato a lavorare a Città della Pieve..”
“Che bello..” esclamò la bambina “e poi?”
“E poi ci siamo innamorati.. anche se c’è voluto un po’ di tempo prima che ce lo dicessimo..”
“E perché?”
Paola sorrise “Perché eravamo così scemi da litigare e metterci il muso per giorni e giorni..”
“però poi facevate pace, vero?”
Paola annuì, con gli occhi lucidi “Sì..”
“Ti manca papà?”
Paola continuò a tenere stretta la bambina e a guardare la lapide, poco distante da loro, prima di rispondere “Sì, amore..”
Cecilia si ammutolì e abbassò lo sguardo che prima teneva fisso sul volto della madre. Si lasciò cullare dalle braccia di lei “Anche a me..” rispose in un esitante sussurro “Ma gli somiglio un po’?”
Paola le sorrise tristemente, accarezzandole la testa “Sì, tesoro..” rispose tristemente “Gli somigli proprio tanto. Sei bellissima come lui”
“Anche tu sei bella, mamma!” esclamò Cecilia, mentre gli stampava un bacio sulla guancia e le buttava le braccia al collo. Rimasero qualche minuto così, abbracciate, mentre osservavano la lapide di marmo. Poi Paola, si asciugò con il dorso della mano le lacrime che le cadevano sulle guance e si girò verso la bambina. “Andiamo a salutare papà?”
“Poi andiamo da nonna?”
Annuì, mentre si chinava a prendere la borsa che aveva poggiato a terra. Osservò la bambina avvicinarsi alla tomba e sfiorare con le manine i fiori, per poi posare un altro bacio sulla foto del padre. Si girò verso la madre, che intanto l’aveva raggiunta. Guardò la lapide bianca e sorrise, un’ultima volta. Allungò una mano accarezzando quella foto e sorrise debolmente “Ciao Andrea..”, bisbigliò prima di prendere la mano della figlia e incamminarsi lungo il viale costellato di cipressi.
 

E cadono i ricordi e cade tutto l'universo e tu stai lì.
La vita come tu te la ricordi, un giorno se ne andò con te.
 

 
Fine.

  
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