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Autore: ELY215    13/02/2013    2 recensioni
"Non ci siamo capiti, il fatto che io sia gentile con te non vuol dire che tu possa alzare i toni con me!”
mi urlò contro
Feci un passo indietro, nuovamente terrorizzata.
Mi afferrò per un braccio e mi riportò nella stanza dove mi trovavo prima, spingendomi con irruenza sul letto,tanto che pensai al peggio, poi sparì dalla mia vista.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Ashley,alzati,sono le sette!" era un lunedì mattina di metà settembre e mia madre urlava nel tentativo di svegliarmi.
Di malavoglia mi alzai e presi dal mio armadio una minigonna di jeans,una maglietta a mezze maniche, delle ballerine e mi infilai nel bagno.
Mi guardai allo specchio, i miei capelli erano decisamente troppo arruffati quindi decisi di raccoglierli in una coda alta.
"Oh finalmente sei scesa!Vuoi arrivare in ritardo il primo giorno di scuola?"
"Ciao cuginetta!" disse una voce dietro di me che non avrei potuto confondere con altre,mi voltai e vidi quel ragazzo con cui ero cresciuta, con cui avevo passato molte estati in Italia, la mia mente si riempì di immagini: il mare, le tavolate con i parenti, le merende preparate dalla nonna e i due cugini inseparabili che ne combinavano di tutti i colori.
“Pensavo che tu avessi il volo per Roma!”
“Ho deciso di passare questo semestre nella tua scuola! Sorpresa!”
I suoi occhi azzurri sorrisero insieme alla sua bocca e non potei fare a meno di sorridere a mia volta.
Così, dopo aver salutato mia mamma salimmo sulla sua BMW e ci avviammo verso la scuola.
Il sole splendeva nel cielo e l’aria ancora tiepida che entrava dal finestrino aperto mi accarezzava la pelle.
Il “piede pesante” di mio cugino ci fece arrivare in breve tempo a scuola, dove mi aspettava la mia migliore amica Veronica nonchè la ragazza che aveva rubato il cuore a mio cugino.
Si erano piaciuti dal primo momento, l’avevo capito dai loro sguardi, ma non si erano mai dichiarati, pur avendo avuto molte occasioni.
Appena scesi dalla macchina la mia amica ci venne incontro
“Ehi Ash, visto che bella sorpresa?”
“Tu lo sapevi?”
“Ovvio!” mi fece l’occhiolino, forse qualcosa stava per accadere tra loro e avevo bisogno di ottere più informazioni quindi, dopo aver indirizzato mio cugino verso la sua aula, presi Veronica da parte e la costrinsi a raccontarmi tutto.
Era una cosa programmata dall’inizio dell’estate, lei aveva avuto la brillante idea di far rimanere Luca per un semestre e ovviamente lui non aveva avuto obiezioni. La giornata procedeva sempre meglio, ero soddisfatta.
Un semestre intero passato insieme avrebbe potuto cambiare molte cose tra loro, quelle cose che non erano cambiate durante l’estate.
Non era il primo anno che Luca passava da noi, ma è stato l’anno in cui noi tre avevamo passato i momenti migliori, tre buoni amici, anche se spesso mi sentivo di troppo e probabilmente era quello il motivo che impediva alle due persone a cui più volevo bene di creare un vero rapporto tra di loro, un rapporto di cui io non dovevo far parte. Entrambi però, non capivano che per me sarebbe stata una gran cosa vederli insieme e felici.
Terminate le lezioni, io, Luca e Veronica decidemmo di andare a vedere un film a casa mia dato che sarebbe stata libera per tutta la sera e i due giorni seguenti, i miei genitori erano in viaggio per lavoro all’estero, cosa che succedeva spesso e che adoravo, quando loro non c’erano la mia migliore amica soggiornava da me per non farmi stare a casa da sola.
Appena arrivati nel salone, mio cugino accese il televisore e il lettore dvd e Veronica iniziò a cercare un film che potesse piacere a tutti.
“Vado a preparare i pop corn!” esclamai e mi diressi in cucina,dove poco dopo mi raggiunse la mia amica
“Ti dispiace se vediamo il film un altro giorno?”
“Chè è successo?” Sussurai
“Mi ha baciata!”
Rimasi a bocca aperta, era successo finalmente quello che entrambi aspettavano da molto tempo
“Vai pure! Però stasera esigo una chiamata!” le diedi un bacio sulla guancia e la guardai mentre usciva.
Ero rimasta sola. Io, dei pop corn e un mancato film. Accesi la tv e iniziai a fare zapping, ovviamente non c’era nulla di interessante quindi decisi di mettere un po’ di buona musica in sottofondo e mangiare il contenuto della mia ciotola.
Stravaccata sul divano finii per addormentarmi.
Venni svegliata da dei rumori, non feci in tempo ad alzarmi che due braccia mi avevano già bloccata, una presa forte, soffocante. Una mano sulla bocca.
“Zitta!”
Il terrore si impossessò di me, cercavo di liberarmi da quella morsa senza però riuscirci. Iniziai a tremare a chiedermi chi ci potesse essere alle mie spalle e le sue intenzioni quali fossero cosi che i peggiori pensieri attraversarono la mia mente. L’uomo improvvisamente gridò “Abbiamo un problema!”
Ci fu un attimo di silenzio e poi un suono di passi che veloci si avvicinavano. Il mio cuore stava esplodendo, le lacrime iniziarono a scendere lungo le mie guance fino ad arrivare alla mano che la persona dietro di me mi teneva sulla bocca.
All’improvviso, un uomo incappucciato mi apparve davanti
“Ma non era uscita di casa?” disse, rimasi sorpresa dalla sua voce che sembrava essere giovane
“Non so, hai trovato quello di cui abbiamo bisogno?”
“No, ho cercato ovunque!”
“Beh, adesso abbiamo lei!”
“Ma…”
“Niente ma!” poi si rivolse a me “Muoviti!” e mi trascinò nel giardino dove era parcheggiato il furgone del nostro giardiniere, aprì il portellone e vidi Frank, il nostro giardiniere steso sul retro con del sangue sulla fronte, ebbi un sussulto. L’uomo col cappuccio lo tirò giù dal furgone e lo mise seduto, appoggiato al muro esterno della casa. Il tizio alle mie spalle allora, puntandomi un coltello sulla schiena, mi fece salire sul retro del mezzo e ordinò all’altro
“Tu stai dietro con lei, io sto davanti! Tieni questi!” e gli porse il coltello e una torcia che lui subito accese. Lui salì e il portellone venne chiuso alle sue spalle.
La torcia era l’unica fonte di luce. L’uomo mi fece sedere e si posizionò dietro di me. Mi accarezzò i capelli, d’istinto cercai di allontanarmi, ma lui mi cinse la vita e mi riportò nella posizione iniziale. Nuove lacrime iniziarono a inumidire il mio viso
“Tranquilla, non ti succederà nulla!” mi sussurrò all’improvviso
“Frank è morto?” gli chiesi tutto d’un fiato, e nell’attesa della sua risposta trattenni il respiro
“Il giardiniere? Starà bene!” lasciai uscire tutta l’aria accumulata e ripresi a respirare regolarmente
“Come mai eri in casa? Ti abbiamo vista uscire con il ragazzo!” aggiunse
“Non ero io”
“E chi era?”
“Un’amica” Più volte avevano scambiato Veronica per me, avevamo i lineamenti e la corporatura molto simili, ma non avevo mai pensato di trovarmi in una situazione del genere grazie a questa somiglianza.
“Sei Ashley, giusto?” annuii
“Voltati!” appoggiando le mani sulle pareti del furgone mi voltai piano, e, nel mentre vidi nella penombra un rastrello che subito,senza pensarci troppo, afferrai e puntai contro il ragazzo
“Cosa diavolo stai facendo?”
“Lasciami andare!” la mia voce apparve stridula e il mio respiro si fece più irregolare
“Non posso, mi dispiace!”
Una curva improvvisa mi fece cadere all’indietro e il mio rapitore colse l’occasione per disarmarmi. Ero sdraiata e lui si trovava a cavalcioni sopra di me e con le mani mi bloccava i polsi.
“Tutto bene là dietro?” chiese l’individuo che stava seduto davanti
“Sì, non ti preoccupare!” gridò voltandosi verso la finestrella oscurata che dava sulla cabina del guidatore, poi tornò a me
“Non farlo mai più!” sussurrò “Non voglio farti del male!”
“E allora perché mi fai questo?”
Non rispose, mi tirò su e mi mise a sedere poi fece lo stesso e si posizionò davanti a me.
“Ti prometto che non ti succederà nulla!”
“Come potrei crederti, hai una maschera per nascondere la tua identità e un coltello tra le mani!”
“Poco fa ho avuto l’occasione di ucciderti e non l’ho fatto!”
“Probabilmente perché hai bisogno di me!”
All’improvviso fece un gesto che non mi sarei mai aspettata, si sfilò il passamontagna lasciando scoperto il suo viso.
I suoi occhi color ghiaccio, i suoi capelli biondo cenere leggermente scompigliati, i suoi zigomi, la sua bocca perfetta mi lasciarono a bocca aperta.
“Ora ti fidi?”
Non risposi.
“Io mi chiamo David e non ho intenzione di farti del male! Credimi!”
L’intensità del suo sguardo mi obbligò a guardare altrove.
“Dove mi portate?”
“Non posso dirtelo!”
In quel momento il furgone si fermò e un brivido attraversò tutto il mio corpo.
David , che nel frattempo si era rimesso il passamontagna, si avvicinò a me e mi mise una fascia sugli occhi
“Che stai facendo?”
“Shh!”
Il portellone venne aperto, una sensazione di freddo invase il mio corpo, ma subito fui trascinata in un altro luogo, più caldo, dove mi venne tolta la benda dagli occhi. Era una stanza senza finestre,spoglia, con un letto, una scrivania e una valigia sul pavimento.
“Stai qui!”
La porta venne chiusa alle mie spalle e rimasi sola.
Subito iniziai a cercare qualcosa con cui potermi difendere, sebbene le parole di David mi avessero un minimo tranquillizzata, volevo sentirmi più sicura. Guardai sotto il letto, aprii tutti i cassetti della scrivania e la valigia ma non trovai altro che pennarelli in una e vestiti nell’altra.
Allora mi sedetti in un angolo della stanza, per terra, esattamente dalla parte opposta alla porta e rimasi raggomitolata per un tempo che mi sembrava interminabile e, più tempo avevo a disposizione per pensare, più la paura si impadroniva di me, fino a divorare totalmente quel senso di semisicurezza che mi aveva trasmesso David. Infine la porta si spalancò, era David.
“Cosa ci fai seduta lì per terra? C’è il letto!”
“Voglio stare qua!”
“Come vuoi… siamo rimasti soli, gli altri sono andati via!”
“Quindi mi lascerai tornare a casa?”
“No, non posso!”
“Allora perché me lo fai credere? Ti prendi gioco di me?”
Mi venne incontro e mi tirò su di peso, poi mi costrinse a guardarlo
“No, tu tornerai a casa!” il suo sguardo era penetrante, i muscoli del suo volto tesi
“Ora vado!” si voltò
“Non lasciarmi da sola!” lo afferrai per un braccio “Ti prego!”
“Va bene, vieni con me!” mi guidò verso una stanza, era un bagno
“Sciacquati la faccia!” mi avvicinai al lavandino e mi guardai allo specchio, l’immagine riflessa era totalmente diversa da quella che avevo visto la mattina,i miei occhi erano gonfi e arrossati e avevo tutto il viso sporco di mascara, quindi aprii il rubinetto e mi tolsi tutte le tracce del pianto, o quasi.
David era rimasto tutto il tempo a guardare il pavimento e alzò gli occhi solo quando arrivai davanti a lui.
“Vuoi un po’ d’acqua?” mi chiese ma a quel punto avevo bisogno di sapere il perché della mia presenza in quel luogo a me sconosciuto
“Voglio delle risposte!”
“Ti prendo una bottiglietta!” disse facendo finta di nulla
“Non voglio nessuna bottiglietta, voglio sapere perché sono qui e cosa avete intenzione di fare con me!”
Rimase spiazzato dal mio comportamento
“Non ci siamo capiti, il fatto che io sia gentile con te non vuol dire che tu possa alzare i toni con me!” mi urlò contro
Feci un passo indietro, nuovamente terrorizzata.
Mi afferrò per un braccio e mi riportò nella stanza dove mi trovavo prima, spingendomi con irruenza sul letto,tanto che pensai al peggio, poi sparì dalla mia vista. Al suo ritorno, David aveva in mano una bottiglietta d’acqua che mi porse, la presi e iniziai a bere, un sorso alla volta quasi gustandola.
Si sedette sul letto accanto a me. Se fosse stato necessario sarei stata pronta a fare un balzo per scendere dal letto, ma lui non si mosse e pian piano la stanchezza si fece sentire finchè non mi addormentai.
 Al mio risveglio, David era sdraiato accanto a me e mi guardava.
Subito scattai e mi alzai in piedi, lui mi imitò, ma al contrario di me lo fece con molta calma.
“Hai fame?”
Annuii
“Un croissant e un caffè vanno bene?”
“Sì!” David tirò fuori dalla tasca un cellulare e ordinò la colazione, dopodiché si rivolse a me
“Più tardi torneranno gli altri!”
Vedendo il mio sguardo terrorizzato mi si avvicinò e mi accarezzò la guancia, alzai gli occhi verso il suo viso e quasi supplicando gli chiesi cosa avessero intenzione di fare con me
“Penso vogliano chiedere un riscatto alla tua famiglia, una volta avuto quello che vogliono ti lasceranno andare!”
In quel momento un campanello suonò
“Aspettami qui, adesso arrivo!”
Quando tornò da me aveva in mano due sacchetti e due bicchieroni da caffè fumanti.
Mi porse uno dei due sacchetti  e iniziammo a mangiare. Avevo una fame da lupi e finii il mio croissant velocemente poi presi il mio caffè bollente e iniziai a sorseggiarlo.
“Non ti fai più problemi eh!” sorrise.
Aveva un sorriso bellissimo,di quelli che ti lasciano a bocca aperta, lui era bellissimo.
La situazione in cui mi trovavo era assurda, mi ritrovavo ad ammirare uno dei miei rapitori seduta sopra un letto, in una stanza, in chissà quale luogo.
“Posso chiederti una cosa?” mi disse all’improvviso
“Ah, adesso ho la facoltà di scegliere cosa fare?” gli risposi acida
David rimase in silenzio, sembrava ferito, ma in fin dei conti avevo avuto tutti i diritti per rispondere in malo modo. Non riuscivo a capire i suoi comportamenti, la sua gentilezza nei miei confronti da una parte mi confortava, dall’altra mi preoccupava; mille quesiti si formulavano nella mia testa ogni qualvolta notavo un suo gesto di cortesia.
“Posso fartela io una domanda?” dissi
“Non ora, se devi andare in bagno ti accompagno poi starai qui per un po’ da sola!”
I suoi cambi repentini d’umore mi facevano saltare i nervi.
“Cosa fai? Mi metti in punizione perché ti ho risposto male?” sbottai
Lui si alzò in piedi velocemente e afferandomi un braccio mi fece fare altrettanto
“Pensi che sia un gioco? Pensi di essere in vacanza con le tue amiche? Non hai capito proprio nulla, Ashley!”
“Lasciami!” gli gridai allontanandolo da me con uno spintone, lui allora mi squadrò da testa a piedi, sprezzante, poi si voltò e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Sentii girare la chiave nella toppa.
Allora iniziai a tirare pugni  alla porta urlando, piangendo e supplicando David di lasciarmi uscire, fino a che non sentii delle voci nell’altra stanza, ero quasi sicura di aver riconosciuto quella dell’uomo che per primo mi aveva immobilizzata in casa mia, ripensando a quel momento il terrore si impossessò nuovamente di me, mi allontanai dall’uscio e mi accucciai sul pavimento, in attesa, perché sapevo che sarebbero venuti da me.
Non aspettai molto, la porta si spalancò ed entrarono due uomini incappucciati, alla loro vista iniziai a tremare. Mi ordinarono di alzarmi e mi trascinarono in una stanza che ancora non avevo visto, all’interno di questa c’era una sedia, nient’altro. Mi obbligarono a sedermi e mi legarono le mani dietro la schiena con una corda, a quel punto avevo iniziato a temere seriamente per la mia vita e a dubitare di quel che mi aveva detto David e che non sarei tornata a casa e non avrei mai più rivisto la mia famiglia e i miei amici. Le lacrime scesero a fiotti mentre pensavo al fatto che non avrei mai visto la mia migliore amica e mio cugino stare insieme come una vera coppia.
Uno degli uomini mi sciolse la coda, che era rimasta quasi intatta e mi scompigliò  i capelli, poi mi mise un pezzo di scotch sulla bocca, nel frattempo l’altro tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una macchina fotografica.
Iniziò a scattarmi delle foto e quando ebbe finito uscì, seguito dall’altro uomo.
Rimasi lì, legata a quella sedia per delle ore. Ore interminabili, ore in cui mi chiesi che fine avesse fatto David e che fine avrei fatto io. 
  
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