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Autore: chiaki89    14/02/2013    1 recensioni
Le nostre mani nascondono segreti che neppure immaginiamo. Ogni segno ha un significato nascosto che in pochi possono interpretare: Sofia è una di quei pochi.
Sofia è un'appassionata di lettura della mano, Vittorio non ne sa nulla.
Sofia è timida, Vittorio è estroverso.
Sofia ha un segreto che custodisce da anni, Vittorio è un libro aperto.
Due mondi vicini e paralleli, che forse troveranno l'incontro in un paio di mani intrecciate.
Una storia romantica e semplice, come il primo amore.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dedicato a chi ama, non solo a San Valentino, ma durante tutto l’anno.

Dedicato alle persone a cui voglio bene, vi auguro tutto l’amore che meritate. Ed è tanto.

 

 

QUELLO CHE LE MANI NASCONDONO

 

 

 

È passato troppo tempo dall’ultima uscita tutti insieme. Lei, Vittorio, e i suoi amici di una vita.

Si sono separati, nel corso degli anni, per colpa di impegni, imprevisti e trasferimenti in città lontane. Però ce l’hanno fatta, sono riusciti a organizzare la rimpatriata tanto desiderata.

È strano ritrovarsi così, uguali e diversi allo stesso tempo. Sofia è felice, anche se non hanno organizzato niente di speciale. Si limitano a rifugiarsi in un bar per sfuggire al gelo invernale e per bere della cioccolata calda accompagnata da chiacchiere, risate e racconti. Sofia non parla molto, in realtà. Si gode l’atmosfera e s’immerge in quel calore che non è causato dai termosifoni che funzionano a pieno regime, ma dal piacere di ritrovarsi. Nessuno chiede a Sofia se ci sia qualcosa che non va, se il suo silenzio abbia un motivo particolare: la capiscono e la accettano, completa di timidezza galoppante e di quell’interesse quasi ridicolo per tutto ciò che è alternativo. Quando escono dal bar, ore dopo –e in parte a causa delle occhiatacce dei proprietari-, non ci vuole molto perché si riducano a mocciosi ridacchianti. Improvvisano una battaglia di palle di neve che minaccia di coinvolgere passanti innocenti, ma davvero non riescono a curarsene. Sofia strilla quando Vittorio le infila la neve nel colletto, gesto fin troppo presto replicato da altri ragazzi ai danni delle povere fanciulle. Se solo tutti i giorni potessero essere così…

Ma come tutte le belle giornate, anche quella deve finire. E nel modo peggiore, tra l’altro: glielo dice un piccolo presentimento che l’ha punzecchiata nel momento in cui è entrata nella stazione degli autobus insieme a Vittorio.

“Tra quanto arriva il bus?”, gli chiede, già timorosa della risposta. Lui le rivolge un sorriso che sembra quasi di scuse.

“Poco meno di un’ora, penso. Abbiamo perso quello prima per un soffio”.

Sofia si siede con uno sbuffo sulla panchina sgangherata dell’autostazione e impreca a mezza voce. Vittorio le si accosta e le tocca una spalla. “Ti dà così fastidio rimanere da sola con me?”, domanda fingendo un’espressione offesa.

“Io… macché… certo che no! È solo che non mi va di restare ad aspettare al freddo, tutto qui”.

Bugia. Sofia sta mentendo e se solo Vittorio avesse migliori capacità di osservazione si accorgerebbe che il lieve rossore apparso sulle sue guance non è dovuto al freddo.

Sofia ha una cotta per Vittorio da una vita, ormai. Si sono conosciuti alle elementari e negli anni quell’amicizia infantile –totalizzante e ingenua- si è trasformata: sono sempre amici, ma il carattere solare ed estroverso di Vittorio l'ha trasformato lentamente in una calamita per il suo cuore.

Sofia si strofina le dita fredde, cercando di creare un po’ di calore in questa gelida giornata di febbraio. Vittorio la guarda assorto, poi si toglie i guanti e le porge una mano.

“Sbaglio o tu sei un’appassionata di lettura della mano?”, dice allegramente. “Hai un cliente, zingara”.

Sofia s’irrigidisce mentre cerca tracce di sarcasmo nella sua voce: è ormai abituata a dover difendere quella sua piccola passione e non vede perché dovrebbe essere presa in giro per questo. Vittorio sembra capire i suoi pensieri, in qualche modo, e sorride.

“Niente d’impegnativo, sono solo curioso e potremmo ingannare la lunga attesa, non trovi?”. Lei si stringe nel cappotto, dubbiosa. Toccare le mani di Vittorio, sentire il loro calore e la loro consistenza potrebbe portare alla luce quei sentimenti che tanto insistentemente ha cercato di nascondergli. Ma sa già che accetterà.

Impossibile rifiutare un’occasione simile.

Annuisce e gli fa cenno di porgerle la mano, invito che lui accetta prontamente. Lei ridacchia.

“L’altra mano, Vittorio”.

“Ehi, che ne posso sapere io? Sei tu l’esperta!”. Le loro risate si fondono mentre Sofia inizia a studiare quella mano con il batticuore.

“Dunque… hai una mano conica, con una lieve componente affusolata. Significa che sei ottimista, apprezzi i piaceri della vita e al tempo stesso il tuo carattere è così particolare da sfuggire alla comune comprensione”. Lo dice quasi con un sussurro, perché sta imbrogliando un pochino: è così bello confessare quello che pensa di lui, pur utilizzando la chiromanzia come scusa.

“Troppo facile dire che ‘sfugge alla comune comprensione’. È un modo come un altro per dire che non si sa che pesci pigliare”, chiosa lui, subito critico. Ha la fronte aggrottata e non fissa la mano stretta tra le sue, ma lei.

“Vuoi che smetta?”, domanda Sofia, punta sul vivo.

“No no, continua”. Poi aggiunge: “Scusami”.

Sofia scrolla le spalle e giocherella con le sue dita, tentando di trattenere un sorriso estatico non troppo adatto alla situazione. “Hai dita lunghe, sinonimo di pazienza e meticolosità”.

“Io, paziente? Stai scherzando, spero!”. Lei alza gli occhi al cielo, esasperata. “Ti prego, ricordami chi è stato a passare ore al telefono per convincermi ad andare a quella festa l’anno scorso”. La sua prima, indimenticabile, festa. Bellissima e stupefacente, decisamente diversa da quello che si aspettava: era convinta che eventi del genere non facessero per lei, ma Vittorio era riuscito a strapparla dal suo guscio e l’aveva lanciata in quell’esperienza nuova, senza mai lasciarla sola. Non le era stato possibile pentirsi, per molti motivi.

“Quella serata incredibile in cui ci siamo divertiti come matti? Ma io avevo un secondo fine! È per questo che ho continuato a insistere! Non c’entra niente con la pazienza”.

Sofia solleva lo sguardo dal suo palmo, che aveva ripreso a studiare. “Secondo fine? Quale?”. Non può trattenersi dal chiederlo, così come non può pretendere che il suo cuore fermi la rincorsa che ha preso.

Vittorio esita un istante e fissa distrattamente le persone imbacuccate che ciondolano intorno a un distributore automatico di bevande calde. “Volevo vederti ubriaca almeno una volta nella vita”, dice senza guardarla. “Sei sempre così… impassibile!”. Sofia ride, cercando freneticamente di capire come deve prendere questa dichiarazione. È positiva? Vuol dire che a Vittorio interessa qualcosa di lei, giusto? Ma sa già che Vittorio le vuole bene come un fratello: sono amici, da tanto tempo, solo che l’affetto che la lega a lui si è trasformato in qualcosa di più. Qualcosa che in questo momento le fa battere il cuore, le fa venire voglia di intrecciare le dita con le sue, le fa desiderare un bacio che non avrebbe nulla di fraterno.

Tentando di ignorare i pensieri tumultuosi, lei si limita a seguire con l’indice una linea sul suo palmo, fino ad arrivare al polso. “Linea della vita lunga, vuol dire che sei fisicamente resistente e… guarda!”, dice toccando un punto leggermente sporgente accanto alla linea della vita. “Sul monte di Venere, quello che rappresenta l’amore, c’è una croce: vuol dire che vivrai un amore profondo che influenzerà tutta la tua vita. È un ottimo segno, sai?”. Sofia cerca di essere entusiasta, perché è davvero un buon segno, ma d’altro canto non riesce a soffocare quella domanda che è esplosa nel suo cervello in una frazione di secondo.

E se non fossi io quell’amore?

Perché, nonostante tutto, Sofia non ha mai smesso di sperare in un futuro accanto a lui; un futuro in cui il tenersi per mano non sarebbe strano, ma normale, in cui un bacio sarebbe un gesto quotidiano.

È Vittorio a riscuoterla da quel momento di distrazione borbottando qualcosa. “Scusa?”.

“Dicevo che è strano”.

“Cosa? L’amore che influenzerà la tua intera vita?”.

“No! Il fatto che la linea della vita –è questa, giusto?- è attaccata al monte di Venere, quello dell’amore. È… strano”.

Non ci aveva mai pensato: Vittorio è sveglio, ha notato una cosa a cui neppure lei aveva fatto caso. Eppure non trova questa scoperta così strana.

“In fondo l’amore è sempre parte della nostra vita, anche se in forme diverse”, ribatte convinta. Poi fa spallucce. “D’altro canto sai perfettamente che sono una sentimentale”.

Vittorio ridacchia e le stringe la mano, quasi inconsapevolmente. Poi la fissa negli occhi con uno sguardo aperto e… tenero, direbbe Sofia. Ma non vuole illudersi, farebbe troppo male. “Sai, è anche per questo che sei adorabile”.

Lei sente immediatamente le guance andare a fuoco. Odia quando Vittorio fa così: dice cose troppo carine, che generano speranze e rossori che non hanno senso di esistere; quello lì è solo un maledetto opportunista che si diverte a mettermi in imbarazzo, pensa. Per vendetta passa un’unghia su un’altra linea, invece di procedere delicata come aveva fatto fino ad allora; in questo modo riesce anche a uscire da quella delicata foschia di beatitudine che avvolgeva i suoi pensieri. E tutto perché sta toccando la mano di Vittorio!

Si può essere più patetici? Si chiede debolmente.

“La linea della testa lunga, regolare e poco marcata mi dice che sei intelligente…”.

“Ah, ma quello già si sapeva!”, sghignazza Vittorio con una punta di giocosa presunzione.

“… ma che sei anche troppo distratto e hai problemi di concentrazione”.

“Uh, touché”, ammette incassando la testa tra le spalle.

Sofia continua la sua lettura, dicendogli cose che non ha mai potuto confessargli: che è una persona altruista, in grado di migliorare il mondo –e l’umore di chiunque- con le sue parole, che è coraggioso e determinato e che le sue qualità lo porteranno lontano. Non smette neanche un istante di sfiorare delicatamente quella mano bollente che vorrebbe sentire sulla guancia. Le basterebbe una carezza, davvero, solo un contatto spontaneo e senza scuse. Fa così freddo oggi, ma la presenza di Vittorio la tiene calda dentro, come un letto di braci pronto a infiammarsi al minimo soffio.

E quel soffio arriva quando lui prende una mano di lei tra le sue.

“Che fai?”, chiede Sofia, leggermente allarmata.

“Adesso tocca a me leggerti la mano”, replica con calma, voltando l’oggetto delle sue attenzioni da una parte all’altra. Se va avanti così probabilmente le romperà qualche osso: Vittorio non ha ben presente il concetto di “delicatezza”.

“Ma non ne sei capace!”.

“Ssh, silenzio. L’esperto sta analizzando”. Sofia si arrende, si siede più comoda sulla panchina e si concede il lusso di contemplarlo da vicino, come non ha mai potuto fare. Lui è troppo assorto per accorgersene.

Vittorio non è bello, non dal punto di vista oggettivo: ha una gobba sul naso impossibile da ignorare, gli occhi un po’ troppo grandi, qualche segno sulle guance di un’acne adolescenziale che ha colpito anche lui. Ma Sofia nota soltanto un mento volitivo che le ricorda tutti i momenti in cui l’ha visto prendere le difese di qualcuno a cui teneva, dei denti bianchi spesso scoperti dal suo adorabile sorriso, i capelli arruffati e leggermente crespi in cui fin troppe volte avrebbe voluto passare le mani. E poi c’è un qualcosa, del viso di Vittorio, che è al di là delle definizioni fisiche: è come se fosse illuminato da dentro. La sua presenza, il suo carattere spigliato e il suo buon cuore sono capaci di migliorare la giornata di chiunque. I pensieri di Sofia sono forse esagerati, eppure non può fare a meno di vederlo così. Si sa, l’amore rende ciechi. E stupidi.

Vittorio si schiarisce la voce e inizia la sua lettura con un tono mistico chiaramente impostato.

“Bene, bene. Vedo delle mani affusolate. Significa che hai un carattere così particolare che sfugge alla comune comprensione”. La guarda negli occhi, sorridendo, mentre dice l’ultima parte. Sofia recepisce il tono canzonatorio e gli molla uno schiaffo sul braccio con la mano libera, troppo delicata perché possa fare davvero male. Lui ride e continua; Sofia però non sa quanto potrà resistere al suo tocco. Perché se prima, mentre lei leggeva la mano a lui, sentiva un calore assurdo considerate le temperature rigide della giornata, con i ruoli ribaltati sembra che le abbiano appiccato fuoco. Le mani accennano a sudare e deve assolutamente evitarlo: che figura ci farebbe?

“Dunque, la linea dell’intelligenza…”.

“È quella della testa…”, sussurra lei, soffocando a stento una risatina.

“La linea della testa, dicevo,” continua lui imperterrito, “è lunga e quindi dice che sei intelligente”.

“E anche questo si sapeva”, risponde Sofia, tentando per la prima volta una battuta del genere. Lui sembra apprezzare, anche se l’apostrofa con uno “spiritosa” che non ha esattamente i toni di un complimento. Poi lo vede abbassare la testa, come immerso in pensieri troppo privati e profondi per essere espressi ad alta voce, e un lieve sorriso si apre sul suo volto mentre le accarezza la mano. Apre e chiude la bocca un paio di volte e infine sembra decidersi.

“Riguardo alle tue dita…”, le afferra l’indice e gli dà uno strattone amichevole. “questo è quello che sventoli in faccia a chiunque si azzardi a commettere qualche ingiustizia in tua presenza. Perché, anche se sei timida, certe cose non riesci proprio a sopportarle”. Sofia trattiene bruscamente il fiato, il cuore che sembra essersi incastrato in un punto imprecisato della gola.

Vittorio abbassa un poco la voce, per la prima volta un’ombra di timidezza offusca il suo atteggiamento. Le sfiora il mignolo, senza guardarla in faccia. “Questo invece te lo sei rotto due anni fa mentre tentavi di inseguire la tua amica Manuela, che era ben decisa a chiudere fuori chiunque dalla sua vita. Ti ha letteralmente chiuso il dito nella porta, ma non ti sei arresa. Non sei capace di lasciare qualcuno in difficoltà e ti fai in quattro per chi ha bisogno. Ti ho sempre ammirata per questo, lo sai? E ho sempre cercato di seguire il tuo esempio”.

“Vittorio, questa non è chiromanzia…”, tenta di protestare Sofia, ma con poca convinzione. Le piace fin troppo quello che lui le sta dicendo. In questi anni l’ha davvero osservata, molto più di quanto non immaginasse. Non riesce ancora a capire se la cosa le piace o la fa sentire a disagio.

Vittorio la ignora –di nuovo- e non smette di toccarle la mano in quel modo delicato che non si sarebbe mai aspettata da lui, da quel ragazzo estroverso e ottimista –e anche un po’ grezzo. La sua voce si alza e si fa più sicura, mentre continua quella personalissima lettura della mano. La guarda di sottecchi, come a valutare le sue reazioni.

“La cicatrice te la sei fatta sette anni fa, quando stavi raccogliendo i pezzi di una palla di vetro che tu stessa avevi rotto. E pensare che avevi risparmiato per non so più quante settimane pur di riuscire a comprarla! Ti ho presa in giro per giorni. Questo mi ricorda che, per quanto tu sia intelligente e in gamba, in certi momenti sei un impiastro totale. E meno male! Almeno so che sei un essere umano!”, ride spensierato, mentre lei fatica a deglutire e deve tendere le orecchie per sentire le sue parole, quasi coperte dal martellare del suo cuore. Si ricorda di quella bellissima palla di vetro, che era riuscita a rompere dopo tanti sacrifici fatti per acquistarla. Ma si ricorda anche che Vittorio, un paio di settimane dopo, si era presentato trionfante con una palla di vetro praticamente identica a quella che aveva rotto. Forse era da allora che aveva iniziato ad amarlo.

Poi Vittorio le volta la mano, palmo in su, e ne sfiora il centro. “E qui…qui è dove voglio azzardare qualcosa che ti farà arrossire di sicuro”, dice malizioso, con una vena –non abbastanza nascosta- d’insicurezza. Prima che Sofia se ne renda conto, lui posa un bacio delicatissimo sulla pelle morbida del palmo. Succede esattamente come previsto da lui: Sofia avvampa e balbetta qualcosa d’incoerente mentre lui la guarda negli occhi. Lei non sa se il rossore sia contagioso, ma in qualche modo sa che non è un caso che la sua reazione sia quasi perfettamente replicata sul viso di Vittorio. Lui, uno dei ragazzi meno timidi del pianeta, per un istante soltanto condivide il pudore e l’insicurezza di Sofia: glielo legge in ogni tratto del volto, dalle pupille dilatate al sorriso imbarazzato di chi sa di aver fatto qualcosa di strano, fraintendibile.

Ma lui si riprende in fretta e quel qualcosa non è più fraintendibile; non più, quando lui si sporge e la bacia sulle labbra fredde e leggermente schiuse per la sorpresa.

***

Luigi fa l’autista da vent’anni. Ha visto tante persone passare: passeggeri abituali e casuali sono transitati davanti ai suoi occhi attenti e curiosi.

Ha visto bambini crescere fino a diventare adolescenti e poi uomini, ha visto coppie formarsi e lasciarsi; ha visto vecchiette vispe lottare con piglio severo per un posto a sedere e diventare sempre più anziane e sempre più stoiche, ha visto donne incinte tornare con i figli e poi ha visto crescere quei figli.

Luigi, ormai, si ritiene un po’ un “esperto” della vita. Perciò, quando vede due ragazzi tenersi per mano come se il lasciarsi dovesse costituire morte immediata, fa subito le sue ipotesi. Li guarda con discrezione, perché loro non se ne accorgano. Ma Luigi potrebbe saltare in piedi, improvvisare un balletto con la novantenne Brigida seduta lì vicino e loro non si renderebbero conto di nulla. Si siedono ai primi sedili liberi e si stringono forte, come a voler comunicare parole attraverso una stretta; le mani sono ancora unite. Si baciano, si guardano, poi ridono. Parlano e ridono ancora.

Luigi mette in moto l’ammasso di ferraglia, che sembra protestare infastidito alle sue manovre. Lancia un’ultima occhiata, dallo specchietto retrovisore, a quella nuova coppia. E sorride, perché sa che passerà molto tempo prima che quelle mani intrecciate si lascino.

 

Fine?

 

 

 

*Note dell’autrice*: È passato tipo un millennio dall’ultima volta che ho pubblicato. Va bene, forse non un millennio, ma di sicuro un anno. Come mai? Diciamo soltanto che sono l’esempio vivente dell’espressione “il 2012 è stato un anno di merda”, e perdonate la volgarità. Adesso siamo nel 2013 ed è San Valentino, quindi ho deciso di essere ottimista e di regalarvi una oneshot che trasuda zucchero, sperando che possa piacervi. Non vi preoccupate se i personaggi vi sembrano immaturi, è del tutto intenzionale: ho cercato di far rivivere l’atmosfera del primo amore, quello un po’ ingenuo, giovanile e immaturo che in tanti hanno provato (o almeno ve lo auguro). In ogni caso, commenti e critiche sono sempre ben accetti.

Buon San Valentino a tutti.

   
 
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