Silenzio.
Vetri frantumati.
Grida.
Oscurità.
Luce accecante.
Occhi rossi.
Ululati.
Artigli conficcati nella mia pelle.
Denti affilati.
Un mostro a caccia della sua preda: me.

  

  Scattai a sedere a occhi sbarrati, ansimante, stringendo convulsamente le lenzuola con le dita, reduce dall’ennesimo incubo: flash di ricordi mixati a scherzi della mia immaginazione... perché mi rifiutavo di accettare, sia consciamente che inconsciamente, la veridicità di quelle immagini a cui ero sottoposta ogni qual volta chiudessi gli occhi, quel mondo dove realtà e illusione si fondevano rendendo impossibile percepire un qualsivoglia confine. Mondo ove ero costretta a subire quel dolore atroce, a rivivere continuamente -seppur in maniera distorta- la situazione che mi aveva vista finire in ospedale.
 
Le ferite di quella notte erano ormai segni pressoché invisibili, rimarginate quasi del tutto…a livello fisico, perlomeno. Perché psicologicamente ero distrutta; tormentata dalle allucinazioni, di giorno, e dagli incubi, di notte…ormai totalmente incapace di distinguere la realtà dalla fantasia.
Avevo perso ogni logica, avevo perso me stessa. Per una qualche strana ragione, però, ero riuscita a rimanere intera, ad evitare di frantumarmi in mille pezzi, esattamente come la vetrata del videonoleggio nella sera in cui le fiamme di quell'inferno privato avevano iniziato ad avvolgermi. L'unica cosa che mi teneva insieme era la consapevolezza che, se mi fossi lasciata andare, avrei sprecato tempo per rimettere insieme i cocci, per poi trovarmi nuovamente al punto in cui ero adesso.
Le medicine e la terapia non avevano ancora dato nessun frutto, ma ero consapevole che servisse del tempo per superare un trauma come quello da me vissuto. Sapevo anche che, a volte, neanche il tempo riusciva a sanare la psiche.
Ero una ragazza forte, lo ero sempre stata; e per questo venivo considerata fredda, insensibile, arrivista e calcolatrice, superficiale e pure sciocca, ma quella non era altro che una stupida facciata che mi ero costruita, una maschera che mi aveva permesso di raggiungere l'apice della scala sociale perdendo però, gradino dopo gradino, una parte di me stessa.
Contrariamente all’immagine che davo di me, infatti, possedevo un Q.I. superiore alla media che riservavo per le lezioni e per il college, sapevo di avere le capacità per fare grandi cose nel mio futuro… e le avrei fatte, dovevo "solo" ritrovare il senso della ragione che, evidentemente, mi aveva abbandonato.
 
Riempii i polmoni d'aria cercando di riacquistare una normale respirazione, allontanando quella sensazione di soffocamento che mi attanagliava ogni notte, non appena abbassavo le difese per riposarmi. A poco a poco smisi di boccheggiare, allentai la presa sulla stoffa sentendo le dita indolenzite, mi scostai quindi la coperta di dosso liberando le gambe che subito scivolarono all'esterno del materasso mentre i piedi nudi cercavano il pavimento freddo. Mossi qualche passo incerto nel buio della mia stanza fino a raggiungere la finestra socchiusa, i cui vetri riflessero la mia immagine flebilmente illuminata dalla luna che regnava sovrana nella notte.






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Note dell'autrice (se così mi si può definire xD): finalmente ho deciso di fare il grande passo, di pubblicare la mia primissima fanfiction...quindi, vi prego, siate clementi >< Ma le critiche costruttive sono ben accette u.u
Btw Lydia è il mio personaggio preferito di TW, adoro il suo personaggio così pieno di sfaccettature e ho voluto provare a raccontarlo anche se forse ci sono riuscita solo in piccola parte...

Beh, grazie in ogni caso per aver letto questo mio primo esperimento di scrittura in questo mondo così pieno di bravissimi scrittori (che continuerò a invidiare profondamente mentre leggo le loro ff u.u), spero vi sia piaciuta e, magari, di migliorare da qui in avanti :)
E grazie a Nicole che me l'ha betata..

xoxo Giulia