Reverberation
Nota:
La seguente fan fiction appartiene a Neztir,
una bravissima fanwriter del
fandom di Gintama. Purtroppo solo di recente ha deciso di smettere di
scrivere,
eliminando tutte le sue fan fiction dall’archivio;
ciononostante mi ha
gentilmente passato il pdf con questa fan fiction – che
personalmente ho amato
– e mi ha dato il permesso di tradurla.
Gintama
e tutti i suoi personaggi appartengono a Sorachi Hideaki.
Buona
lettura!
Lo
schermo centrale nella stanza del pannello di controllo lampeggia,
mentre
ritaglia all’interno della mappa del radar
l’immagine di un pianeta blu pallido,
all’esterno della navicella spaziale, su uno sfondo di
tenebre.
Un
ingegnere s’avvicina di lato ed inclina la testa con fare
cortese.
“Shinsuke-sama,
ci troviamo nell’orbita attorno alla Terra e siamo pronti per
atterrare in
qualsiasi momento.” Dice, Takasugi non reagisce
immediatamente alla
segnalazione dell’ingegnere; il suo sguardo è
invece fisso sul display
principale. Per la prima volta nella sua vita, nota quanto blu
è il pianeta in
contrasto con l’opaco smog arancione che circonda il pianeta
Shinra, o la
mistura a macchie nere – gialle – verdi sulla
superficie del pianeta Dakini, o
le nuvole grigie che ricadono su Yato.
Ci sono anche sistemi molto più grandi di
quello nell’universo, ma
proprio lì, in quel momento, lui vede solo innumerevoli
sfumature di blu, dalle
più scure alle più chiare, sfumare verso
l’oscurità, nessuna di loro è
scintillante, nessuna è viva.
-x-
“Cosa
significa questo?” chiese Kamui, in
piedi di fronte alla pergamena posta sulla parete.
“Potresti
imparare a leggerlo.” Osservò
Takasugi mentre continuava a
strimpellare lo shamisen*, senza interrompersi. L’aria
soffiò quando Kamui
sedette di fianco a lui.
“Ma
non sarei libero di venire qui quando
voglio, se imparassi a leggerlo.”
Un
lieve sorriso tirò gli angoli della sua
bocca quando Takasugi passò ad una diversa melodia dello
strumento a corda.
Tutto
ciò che avviene in questo mondo …
“Tutto
ciò che suoni ha una melodia
così triste.”
La
musica s’interruppe, Takasugi guardò
Kamui, che piegò il capo in risposta mentre sul suo volto
balenò un sorriso
enigmatico.
Takasugi
sorrise e porse lo shamisen a
Kamui. “Se hai da ridire, perché non mi rendi
partecipe di qualche canzone
Yato?”
Il
sorriso del rosso vacillò leggermente.
“Non posso.” Replicò.
“Forse
Bansai potrebbe insegnarti.”
Kamui
guardò altrove, dirigendo il suo
sguardo al rotolo di pergamena. “Non si tratta di
questo.” Disse, un accenno di
disprezzo era visibile nel suo sorriso. “Le canzoni Yato
hanno un suono
peggiore.”
-x-
Era
stato scettico inizialmente quando Kamui aveva fatto irruzione nella
sua
stanza, non invitato, portando con sé mille domande,
riguardo a quante spade
c’erano nella sua stanza, o se aveva un servizio da tea in
porcellana, o una
pietra da inchiostro*. Non ci mise troppo a realizzare, tuttavia, che
non c’era
nascosto nulla dietro quelle domande, ad eccezione di semplice
curiosità e
forse un desiderio di ammazzare la noia durante quel lungo viaggio. Era
tutto
molto semplice.
Ma
forse un po’ troppo semplice.
Fumo
rosa uscì dalla sua pipa mentre guardava il ragazzino Yato
staccare un ramo
secco di un ciliegio da una pila sottile di carta di riso piegata.
Qualcosa
sulla carta attirò l’attenzione di Kamui, e il suo
sguardo indugiò su di esso.
“Ti devono davvero piacere questi fiori.”
Sottolineò.
Takasugi
soffiò nella pipa, consapevole che la maggior parte delle
stampe erano vecchi
dipinti di ciliegi in fiore. In quel momento ricordò le
pennellate irregolari,
l’inchiostro versato e le macchie sgradevoli provenienti dal
pennello di
Gintoki.
“Non
è nient’altro che un ossimoro.” Disse
Takasugi, ricevendo in risposta
un’occhiata di traverso.
“Un
momento eterno?” chiese Kamui prima di mettere i fiori a
parte, guardandolo
come se avesse di più da dire, ma distraendosi srotolando un
altro rotolo di
pergamena.
Era
un altro dipinto, non di fiori, ma di un fiume che scorreva sotto un
cielo
rosso, senza luna. Lanterne galleggiavano sul fiume e un bambino era
posto
sulla riva, fissando il divario che divideva il cielo
dall’acqua, come se
volesse trovarsi lì.
“Questo
non l’hai disegnato tu.” Dichiarò Kamui.
“Cosa
ti fa pensare che io abbia disegnato uno di quelli?”
Mettendo
via il rotolo, Kamui prese un libro ridotto a brandelli dal tavolo e lo
mostrò
a Takasugi. Un familiare libro verde, stracciato e ricoperto di sangue
secco.
“Per
lo stesso motivo che so che questo ti appartiene.” Disse
Kamui.
E
poi era proprio lì, occhi blu accessi e brillanti, per nulla
simili al mondo
incolore da cui proveniva.
Il
libro cadde sul pavimento, nello stesso istante in cui lui strinse le
dita
attorno al polso di Takasugi. “Chi vedi quando guardi al
mondo?”
L’espressione
di Takasugi rimase stoica, ma il suo polso stava bruciando. I loro
respiri
caldi si mescolarono, e poté avvertire un lieve profumo di
shampoo oltre
all’odore di tabacco.
“E
chi – o cosa – stai evitando?”
Poté
sentire il sorriso di Kamui contro la sua pelle.
“E’ una domanda assurda,
samurai.”
Il
citofono suonò, Kamui voltò il capo, e la voce di
Matako seguì. “Shinsuke-sama,
la Settima Squadra sta cercando il suo Capitano –“
“Ammiraglio”
la voce di Abuto interruppe.
“A-Ammiraglio.
Hey! Non puoi entrare!”
Il
citofono tacque con un click, ma la urla di Matako crebbero sempre di
più
mentre si avvicinava, protestando qualsiasi cosa Abuto stesse dicendo.
Il
sorriso sul volto di Kamui s’assottigliò, si
alzò sui propri piedi, lasciando
un freddo, vuoto, spazio.
-x-
Quando
Takasugi vide Abuto in attesa in corridoio al posto di Kamui il giorno
dopo che
le navi avevano sostato al pianeta Yato, a stento gli rivolse lo
sguardo,
sorpassando lo Yato più alto in silenzio.
Abuto
parlò. “A differenza di un certo idiota, non
confondo il lavoro con gli affari
personali. Il debito sarà ripagato, ma non considerarci
alleati. Noi abbiamo le
nostre questioni da risolvere sulla Terra.”
Takasugi
si fermò. “Yoshiwara?”
Domandò.
“Non
sono affari tuoi.”
“Sta
adempiendo ai suoi doveri da Ammiraglio, oggi?”
“Nemmeno
questi sono affari tuoi.”
Takasugi
guardò al di là della sua spalla, occhi
incuriositi incontrarono quelli
guardinghi dell’altro, per poi guardare Abuto congedarsi.
Guardando lontano,
colse il suo riflesso sulla finestra, in sovrapposizione con le stelle
e le
nebulose all’esterno.
Il
motore della nave ronzava in sottofondo, ma poté sentire le
gocce di piaggia
battere improvvisamente sul suo ombrello viola, al di sopra della sua
testa;
aveva deciso di andare a fare una passeggiata il giorno prima nella
città che
giace nella notte eterna.
Non
avevi detto che saresti rimasto sulla
nave?
Morirai
se andrai in città senza un
ombrello, e non posso permettere che accada. Sei mio.
-x-
Takasugi
si fermò quando la porta della stanza di Kamui si
aprì automaticamente, l’odore
amaro di erbe medicinali raggiunse le sue narici, e poi ancora e ancora
quando
camminò nella grande stanza vuota.
C’erano
dei vestiti e ciotole sparse sul pavimento e sul tavolo, e
nient’altro, quasi
come se il ragazzo Yato non avesse nulla da nascondere.
Una
ciotola mezza vuota di porridge era poggiata di fianco al letto, vicino
ad una
ciotola più piccola contenente dei residui marrone scuro. I
suoi occhi si
assottigliarono quando trovò Kamui disteso sotto una coperta
spessa.
“In
questo momento per chiunque sarebbe facile ucciderti.”Disse
Takasugi.
“Se
è tutto…” bobottò Kamui
“Probabilmente dovrei essere morto.”
Le
lenzuola frusciarono quando cambiò posizione per spiare
Takasugi al di sopra
della spalla; ciocche di capelli rossi erano appiccicate ai lati del
suo viso.
“Cosa ci fai qui?”
“Pensavo
che finalmente volessi essere responsabile nei confronti della tua
squadra.”
Disse Takasugi mentre si sedeva sul bordo del letto di Kamui.
“Ma
mi risulta che tu sia troppo malato persino per finire il
cibo.”
“Devono
essere stati quei ravioli che ho mangiato in
città.” Momorò Kamui per poi
rivolgere a Takasugi uno sguardo intenso. “Sei qui per qualcos’altro.
Abuto ha detto
qualcosa?”
Quando Takasugi non rispose, aggiunse
“Ignoralo.
A
lui importa solo di se stesso.”
“Ha
tutto il diritto di essere preoccupato.” Disse tardivamente
Takasugi.
“Vivrà
più a lungo se –“
La
voce di Kamui fu interrotta quando Takasugi si piegò in
avanti,sovrapponendo la
sua bocca alla propria, assaporando il sapore amaro delle erbe
nell’ istante
prima che una mano lo afferrasse per la spalla, capovolgendo le loro
posizioni.
Questo
se lo aspettava. Di avere un braccio bloccato da Kamui, che sedeva a
cavalcioni
su di lui, mentre
l’altro era sollevato
verso il proprio collo nel tentativo di bloccare il braccio di Kamui
intenzionato a rompergli la trachea; lo aveva previsto.
Ma
se inizialmente, in quell’attimo fuggente, aveva visto un
debole sorriso sul
volto di Kamui, dopo notò qualcosa di diverso: una maschera
mista ad esitazione
e confusione che sembrò sul punto di sgretolarsi, lo stesso
sentimento nascosto
dietro l’espressione addolorata di Gintoki che aveva avuto
modo di vedere
innumerevoli volte, durante la guerra.
La
pressione sul suo petto diminuì improvvisamente quando Kamui
si allontanò,
balzando sul terreno e lasciando la stanza senza fare parola.
-x-
Takasugi
strizzò il suo occhio come se lo sguardo vagasse attraverso
la stanza buia,
alla ricerca di qualcosa. A un lato di essa, Takechi stava gesticolando
di
fronte all’ologramma della mappa di Edo, trasmettendo gli
ordini all’unità.
Verso il centro, Matako e Bansai stavano conversando con la squadra
aerea,
tutti posizionati attorno ad una fila di monitor lampeggianti.
Le
conversazioni delle persone si mischiarono con il rumore del motore
della nave,
che diventava gradatamente sempre più rumoroso. Il suo
sguardo cadde sull’ingegnere
in piedi al suo fianco, in attesa di ordini.
“Scenderemo
stanotte” Disse Takasugi “Con o senza la Settima
Squadra.”
-x-
La
strada per l’Inferno è lunga e solitaria.
Ci
vediamo laggiù.
Note
informative:
Shamisen:
(da wikipedia) è
uno strumento
musicale giapponese a tre corde, della famiglia dei liuti, utilizzato per l'accompagnamento
durante le
rappresentazioni del teatro.
Pietra da inchiostro (Grazie a Shichan per la traduzione
del termine in italiano <3) :
Secondo la tradizione
i principali strumenti usati in calligrafia sono:
- il pennello
- la barretta d'inchiostro
- la pietra per sciogliere e
contenere l'inchiostro
- la carta
Essi vengono
generalmente definiti i
"Quattro tesori" del calligrafo perché il loro impiego
è
indispensabile e corrispondono agli strumenti usati nella pittura
tradizionale
cinese e giapponese. Da ciò deriva una stretta unione tra le
due arti che
vennero frequentemente praticate in parallelo da molti artisti.