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Autore: JoeyCe    03/09/2007    1 recensioni
...era lì, disarmato, solo con la verità del suo cuore. Davanti a lei. Era un regalo che sicuramente non meritava ma che accoglieva, e che avrebbe custodito come la cosa più preziosa che le fosse mai stata data.
Fiducia.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton, Tassorosso
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Different ways'
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FIDUCIA

PREMESSA: seguito de "Il bivio", a sua volta seguito de "L'alleanza", il tutto prequel di "Broken road".
Ehm, non spaventatevi...seguire il filo cronologico è più semplice di quello che sembra!


"Comunque credo che sia tu quella che è stata smistata nella Casa sbagliata." esclamò Severus un pomeriggio in cui la primavera era già alle porte.
Il sole aveva fatto timidamente capolino per tutta la mattina tra nuvoloni grigi, finché nel pomeriggio una brezza leggera li aveva spazzati via mostrando un cielo terso e limpido. Marlene e Severus avevano chiuso i libri contemporaneamente e si erano alzati dalla sedia.
Sotto alla betulla nel parco si stava decisamente meglio, l'erba era soffice e le foglie sopra la loro testa impedivano al sole di battere sulle pergamene e abbagliarli.
Marlene seduta a gambe incrociate ripeteva a bassa voce la lezione che doveva studiare per il lunedì, nonostante sapesse che a Severus quella sua abitudine desse molto fastidio, ma confidava nelle capacità di concentrazione del ragazzo, e di sopportazione, anche.
"Comunque credo che sia tu quella che è stata smistata nella Casa sbagliata."
"Che?" rispose lei alzando la testa dal libro.
"Guardati Marlene, sei capace di studiare un intero pomeriggio con gioia come un Corvonero, hai l'assurda testardaggine di un Grifondoro e, cosa più importante di tutte, sei stata capace di ideare uno scherzo assolutamente diabolico e geniale solo perché un ragazzo ha preferito un'altra a te. Non ti sembra molto Serpeverde questa cosa?"
Marlene lo scrutò per qualche istante prima di rispondere sorridendo: "La parte in cui dici che sono diabolica sembrerebbe quasi un complimento. Se non ti conoscesse bene, naturalmente!"
"Attenta Marlene, posso ritirare tutto in qualsiasi momento!" rispose Severus ridendo.
Le loro teste tornarono sui libri.
Fu dopo alcuni minuti che Marlene parlò di nuovo, senza alzare il volto.
"Sono Purosangue, lo sapevi questo?"
Severus tacque, credeva di sapere dove lei voleva arrivare.
"Si, naturale che lo sapevi. Lo sanno tutti. Come sanno tutti che discendo da una linea di purissimi Grifondoro da generazioni. Non credo esista un McKinnon che non sia stato Prefetto di Grifondoro, che non abbia ricevuto qualche Ordine di Merlino, o non abbia lavorato al Ministero e cose del genere. E poi, ta-dan, sono arrivata io.
L'ho sempre saputo che non sarei mai stata brava, e sveglia, e intelligente, come mio fratello e mia sorella, per tutta la vita non ho sentito altro che questo ritornello in casa. Ma, finché quell'idiota di Cappello Parlante non si è pronunciato, io avevo continuato a sperare. Tu non sai quanto ho pregato mentre aspettavo il mio turno, mentre me lo poggiavano sulla testa - ti prego, ti prego, non fare scherzi, Grifondoro, Grifondoro, Grifondoro, Grifondoro - e invece quella specie di oracolo cencioso non si è preso nemmeno un secondo per pensarci! Tassorosso! L'ha gridato davanti a tutti, subito, come se addirittura fosse infastidito dallo stare sulla mia testa! Tassorosso, ma ti rendi conto?! E mia sorella quell'anno era ancora a scuola. Così non ho potuto neppure mentire ai miei genitori, dicendo loro che il cappello aveva avuto tantissimi dubbi..."
Lo disse d'un fiato, come se per uscire le parole avessero a lungo aspettato esattamente quel momento.
Severus fece per replicare ma subito tacque, rendendosi conto che le frasi di circostanza non erano la sua specialità e non erano nemmeno quello che Marlene aveva bisogno di sentire.
Si alzò e si appoggiò al tronco dell'albero, le braccia conserte e lo sguardo rivolto lontano.
Forse era lui che aveva bisogno di dire qualcosa.
"Sapevo che sarei stato Serpeverde. Non avevo il minimo dubbio. Mia madre lo era e tutto quello che so è stata lei ad insegnarmelo. Credo che anche lei se lo aspettasse e che ne sarebbe stata fiera. Ma non l'ha mai saputo. Non ho mai potuto dirglielo perché quando sono arrivato ad Hogwarts lei era già morta." Aveva parlato a Marlene, ma forse solo a se stesso, guardando fisso davanti a sé.
Marlene sapeva che non era un "mi dispiace" quello che doveva dire. Fu il suo turno per tacere.
"Ma l'ho detto a mio padre." continuò Severus, e la sua voce sembrava provenire da molto lontano. "Immediatamente. Non che lui sappia di preciso che valore abbiano le Case, ma so che ha capito perfettamente cosa significa il fatto che io e mia madre apparteniamo alla stessa. E' una sconfitta per lui. Sono figlio di mia madre, nonostante tutti gli sforzi che lui ha fatto per dimenticarlo.
Non credo di averli mai visti felici insieme."
Severus tacque. Marlene lo vide serrare i pugni, e trattenne il fiato.
"Forse lo sono stati, un tempo, ma io ero troppo piccolo per poterlo ricordare," continuò lui dopo qualche istante, la voce bassa ma ferma. "Tutto quello che ho sempre visto e sentito erano lunghi silenzi o litigi furiosi. E dopo, lei che veniva nella mia camera e mi diceva che sarebbe andato tutto bene.
Ha continuato a ripetermelo, sono le ultime parole che le ho sentito dire. Non credo immaginasse che per mio padre non era più possibile tornare indietro. Da allora l'ha cancellata, completamente. Si è risposato quasi subito e l'ha fatta scomparire dalla nostra vita. Ha fatto in modo che non esistesse, che non rimanesse nulla di lei. Ha fatto in modo di vedere in me solo suo figlio e non il figlio di Eileen. Ma non poteva. Per anni io l'ho odiato. L'ho disprezzato per non aver saputo accettare tutto di mia madre e per avermi lasciato da solo a pensare a lei. Non ho mai potuto condividere il dolore della sua perdita con nessuno. Se fosse stato per lui, non avrei mai avuto la possibilità di capire chi ero veramente. Ma il testamento di mia madre parlava chiaro: i soldi che ci aveva lasciato, pochi in verità, erano vincolati al fatto che io frequentassi Hogwarts. E alla moglie di mio padre non sembrava vero di potermi mandare in un collegio lontano da casa, per parecchi mesi l'anno, visto che, lo ammetto, non ho mai nemmeno cercato di renderle la vita facile.
E così sono arrivato qui. Dove pensavo di poter trovare il mio posto, trovare persone uguali a me. E invece ho capito che Hogwarts è uguale a tutti gli altri luoghi.
Anche qui, come ovunque, non importa a nessuno chi sei ma solo che cosa rappresenti. L'ho capito. E ho capito che cosa voglio rappresentare. Non un Serpeverde, non un Prince, né un Babbano, ma solo Severus Piton. E Severus Piton deve essere qualcuno, qualcuno diverso dagli altri, che si distingua, per poter essere degno di essere ricordato e non restare solo uno dei tanti Serpeverde della scuola, e del mondo.
Come vedi, tutto sommato importa davvero poco quale sia la Casa alla quale siamo stati destinati.
Credi di poter capire qualcosa di tutto questo?" terminò osservandola dall'alto.
Marlene lo fissò.
A lungo.
Aveva compreso quanto a nudo lui avesse messo la sua anima, davanti a lei. Si era mostrato spoglio di tutte le convenzioni e i comportamenti predeterminati che quotidianamente ognuno di loro utilizzava per manifestare agli altri solo una parte di quello che era davvero, solo la parte che in quel momento c'era bisogno o desiderio di rivelare. Ora invece era lì, disarmato, solo con la verità del suo cuore. Davanti a lei. Era un regalo che sicuramente non meritava ma che accoglieva, e che avrebbe custodito come la cosa più preziosa che le fosse mai stata data.
Fiducia.
"Credo che ci sia qualcosa di Tassorosso in te," continuò Severus ricambiando lo sguardo di Marlene con occhi scuri e accesi. "Come credo che ci sia anche qualcosa di Grifondoro, o Serpeverde, o quello che vuoi. E lo stesso è per me. C'è tutto. Solo che per molti è più facile credere che le persone siano solo in un modo, perché così è più semplice riuscire ad inquadrarle, così non si deve temere che si comportino diversamente da come devono comportarsi. Ma sbagliano. C'è tutto, e credo si tratti solo di decidere quale è la parte che vogliamo che prevalga, e in quale situazione."
"E' così," rispose infine Marlene stringendosi le ginocchia al petto e tenendo il volto sollevato per guardarlo. "Non siamo obbligati a seguire una strada già tracciata. Nessuno può obbligarci a farlo. Anche se pensano che un Tassorosso debba comportarsi in un certo modo e un Serpeverde debba per forza essere ambizioso e smaliziato, non possono decidere chi siamo e dove arriveremo solo perché siamo finiti in una Casa invece di un'altra, perché siamo nati in una famiglia di un certo tipo piuttosto che altrove, perché qualcuno ha detto che siamo così e non cambieremo. Non posso credere che la nostra strada sia già stata decisa prima ancora che nascessimo."
Severus sorrise.
La tensione e la durezza erano sparite dal suo volto.
Tornò a sedere sul prato e lentamente cominciò a raccogliere le pergamene.
"Credo che sia abbastanza per oggi."
"Sono d'accordo. Ma non mi va di ritornare subito. Credi che potremmo restare ancora un po'? Non mi sento ancora pronta a dimostrare a tutta Hogwarts chi sono realmente..." concluse Marlene sorridendo.
Severus si stese sul prato, e allungò le gambe appoggiandole al tronco dell'albero.
"D'accordo. Qui non si sta poi così male."
La ragazza lo imitò, le braccia spalancate.
Sopra di loro la chioma verde della betulla e il cielo, che si faceva sempre più scuro e più vicino.
Soffiava un leggero alito di vento e l'erba alta sfiorava loro le mani quando veniva mossa dall'aria, solleticandole.
Per questo non si sentirono costretti a spostarsi quando si accorsero che erano anche le loro mani che si sfioravano impercetibilmente.
"Severus..?" sussurrò Marlene.
"Sì?" La voce di lui era calda e sicura.
"Non vorresti che a Hogwarts cambiassero le regole?"
"Marlene, io vorrei che nel mondo cambiassero le regole."
"Già."
"Già."

  
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