Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Ricorda la storia  |      
Autore: Lelaiah    15/02/2013    6 recensioni
Ryan è sicuramente un bel ragazzo, un eccellente studioso ed è... finalmente impegnato sentimentalmente con Strawberry. Ma a Lucas non importa: anche se sa che il suo è un amore a senso unico, deve assolutamente concludere la propria dichiarazione.
Come tutte le cose fatte dal dampyr, anche questa metterà in imbarazzo diverse persone, lui per primo.
Come andrà a finire? Seguitelo nella sua personale avventura alla conquista del cuore di Shirogane!
Primo missing moment di "Un angelo a scuola", buona lettura! :)
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Love has may faces
I personaggi di Ryan, Kyle e Strawberry non mi appartengono, ma fanno parte del manga "Tokyo Mew Mew" di Mia Ikumi. La storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


Come promesso sono tornata con un missing su Lucas!!
Sono stra contenta di esser riuscita a scriverlo :) anche se, a dir la verità, ho lasciato il finale aperto per un possibile seguito... ci ragionerò!
Spero veramente che vi piaccia. Lucas è rimasto fedele a se stesso e ha fatto le cose a modo suo. Quando è nei paraggi sicuramente qualcuno finisce col ritrovarsi rosso d'imbarazzo XD
Non mi sono dimenticata della nostra coppia preferita e tornerò, appena l'idea sarà pronta, con un missing su di loro :)
Per ora, godetevi questa chicca.
Buona lettura!



L
ove has many faces



   Nonostante avesse deciso di non tornare in quella stupida accademia, Lucas vi aveva fatto ritorno. Non avendo nessuno dei genitori ancora al mondo, quella si poteva considerare la sua famiglia, in un certo qual modo.
Nessuno sapeva di quello che era successo a Tokyo e non lo avrebbe mai rivelato. Agli altri sarebbe bastato sapere che il vampiro a cui stava dando la caccia era morto.
Punto.
  Nessuna parola circa l’invasione aliena o il suo legame di sangue col suddetto non morto.
Sarebbe stato un grande proposito, se solo fosse riuscito a mettere un freno alla sua curiosità, al suo bisogno di sapere.
Era venuto a conoscenza di Revenge per puro caso e aveva scoperto della paternità in modo ancora più fortuito.
Sospirò, ripensando a quei giorni. A quanto si fosse sentito felice dopo aver scoperto di avere un padre e di come si fosse sentito uno schifo, subito dopo. La domanda che aveva iniziato a frullargli per la testa da allora era stata sempre la stessa: perché mi hai abbandonato?
Se ne stava appollaiato sul ballatoio di pietra del corridoio, quando un ragazzo gli si avvicinò.
-Ehi, Michelangelo, come mai quell’aria pensierosa?- gli chiese.
Lucas roteò gli occhi, tentando di non sorridere. –Ti ho già ripetuto mille volte di non chiamarmi Michelangelo.
-Ma come? Sei identico al suo David, così.- replicò l’altro.
Il dampyr si voltò a fissarlo, gettando le gambe all’interno ed incrociando le braccia. –Brett, smettila.- lo rimproverò. Brett ridacchiò, lasciando che i suoi occhi di un grigio profondo s’illuminassero. Da quando si era tagliato i capelli, due settimane prima, il ragazzo aveva iniziato a dire che assomigliava molto alla scultura del David e lui non era riuscito a farlo smettere.
Si concesse il tempo di osservarlo attentamente e si chiese, per l’ennesima volta, perché stesse flirtando con lui. Non assomigliava a Ryan, nemmeno un po’.
A quel pensiero si bloccò. “Già… Ryan. Chissà come stanno lui e gli altri…”, abbassò leggermente il capo.
-Tutto ok?- domandò il suo interlocutore, avvicinandosi leggermente.
Fece per rispondere quando captò un odore sconosciuto, ma allo stesso tempo con un che di familiare. Sollevò la testa di scatto, voltandosi verso destra: davanti a lui c’era una donna, i cui occhi gli ricordavano terribilmente quelli di sua madre.
-Lucas Dryden?- chiese.
Deglutì, sentendo un improvviso nodo alla gola. Annuì, scambiando un’occhiata con Brett. –Chi siete?
-Emily… Dryden.- sussurrò, avanzando di un passo. Nel suo sguardo c’erano uno stupore ed una meraviglia spiazzanti. –Sono tua zia.
All’udire quelle parole il giovane sbiancò. D’improvviso gli sembrò di non sentire più la terra sotto i piedi e dovette appoggiarsi alla balaustra per non cadere. Sentì i passi di quella che diceva essere la sorella di sua madre raggiungerlo e poco dopo percepì il suo corpo a contatto col proprio.
Venne investito in pieno dal suo sentore e il calore della nuova arrivata gli entrò dentro. Zia… quella era sua zia. Quindi… quindi non era solo.
-Come… io…- balbettò.
-C’è un posto in cui possiamo parlare in privato?- gli sussurrò lei. Annuì e si staccò per poterla guardare in volto. –Hai gli occhi di Cecily.- gli sfiorò una guancia, leggera.
Rimase a fissare quel verde intenso, così conosciuto ma in quel momento quasi alieno. Dopo un attimo d’esitazione sciolse il contatto e le fece segno di seguirlo.
-Brett, coprimi tu all’allenamento.- disse prima di sparire dietro l’angolo.

  Si sedettero in prossimità della scala di pietra che portava alla chiesa dell’accademia. Dato che non la usava quasi nessuno, era improbabile che qualcuno venisse a disturbarli.
Emily si accomodò su un sasso senza esibirsi in smorfie o dicendo di non poter rovinare il suo costoso vestito.
  Ora che la guardava meglio notò come i suoi abiti fossero molto semplici: un paio di jeans, sandali ed una maglietta con le maniche a farfalla. Niente di sofisticato, ma non per questo la sua bellezza risultava meno evidente.
-Immagino sia stato un bello shock…- iniziò.
-Sicuramente. Credevo che la mia famiglia fosse morta con mia madre.- rispose, calmo. Era vero, ne era stato convinto fin da quando aveva scoperto di Revenge. E aveva iniziato ad odiarlo.
Sua zia lo fissò, confusa. -In verità ci sarebbe tuo padre…
Lucas non riuscì a trattenere un sorrisetto. –Oh, no. Non c’è nessun padre.- replicò.
-No, Lucas, ascoltami… tuo padre è un vampiro. È questo il motivo per cui sei qui.- tentò di spiegarsi lei. Nulla che non sapesse già.
-Mi dispiace, ma sei arrivata tardi. So cos’era mio padre.- si alzò di scatto, infastidito dall’argomento della discussione.
-Cos’era?
Annuì distrattamente. –E’ morto. L’ho ucciso io.
Emily rimase a fissarlo con la bocca spalancata, troppo sconvolta per dire qualsiasi cosa. –Lo hai… un attimo. Cosa?
-Sì. Sono stato mandato a Tokyo per uccidere un vampiro e, guarda caso, era lui. Non che me ne penta: ha cercato di uccidermi dalla prima volta che ci siamo visti.- spiegò con noncuranza. Era trascorso abbastanza tempo e quella brutta ferita ora non sanguinava più, limitandosi a pulsare fastidiosamente.
Senza esitare, sua zia si alzò e lo abbracciò. Era la seconda volta da quando si erano conosciuti ed era passata meno di mezz’ora.
Lucas rimase immobile, non sapendo bene come reagire.
-Devi sapere che… tuo padre non ti odiava. Non sapeva di te.- sussurrò lei.
“Cosa? A me sembrava ne fosse pienamente cosciente.”, pensò, stupito. –In che senso?- domandò.
La sua interlocutrice si scostò, lo scrutò in volto e poi si frugò nella tasca posteriore dei jeans, estraendone un piccolo portafogli. Lo apri e ne estrasse una piccola foto. –Ecco.- gliela porse.
Lui la prese con attenzione e la studiò attentamente: ritraeva sua madre abbracciata a quello che, senza ombra di dubbio, era suo padre.
Si sorridevano, complici.
Quell’immagine lo svuotò, lasciandolo smarrito. I suoi genitori si amavano?
-Io…- iniziò.
-Con quale nome hai conosciuto tuo padre?- si sentì chiedere.
Le lanciò un’occhiata, perplesso. –Revenge.
Emily sorrise distrattamente. –Tipico. Era solito cambiare nome, quando si spostava da una città ad un’altra. Il suo nome di battesimo era Lorcan.
-Come lo sai?
-Me lo ha detto Cecily. Lui si era confidato con lei, si fidava.- rispose con voce calma e melodiosa. Lucas immaginò che quella di sua madre fosse stata simile: gli piaceva molto, lo rilassava.
-D’accordo… ma sapere il suo vero nome non cambia le cose.- ribattè.
La vide scuotere la testa. –No, ascolta. Quando mia sorella è rimasta incinta di te, ha deciso di allontanare Lorcan per non vincolarlo a sé. Sapeva che lui non avrebbe potuto viverle accanto, non come una persona normale, e quindi lo ha spinto ad odiarla.- raccontò. Ricordava perfettamente la lunga discussione che aveva portato alla loro rottura, il vaso di cristallo andato in mille pezzi e le lacrime di Cecily.
Lucas non seppe cosa replicare a quella rivelazione. Lui che aveva sempre la battuta pronta, era rimasto senza parole. Se non aveva capito male suo padre non sapeva della sua esistenza perché era stato allontanato prima che lui potesse nascere.
“Perché, mamma?”, alzò gli occhi al cielo, cercandovi una risposta.
-Cecily sapeva che darti alla luce l’avrebbe quasi sicuramente uccisa. E non voleva che tuo padre si ritrovasse...
-A fare il padre? È così innaturale, per un vampiro? In fondo anche lui era un essere umano, una volta.- la interruppe.
Emily lesse rabbia nei suoi occhi e non poté biasimarlo. Decise comunque di porgli una domanda. –Secondo te ci sarebbe riuscito?
Si fissarono per qualche istante, poi il dampyr chinò il capo, prendendosi la testa tra le mani. –Se sapeva che non sarebbe stata in grado di prendersi cura di me, perché non ha abortito?- chiese, più a se stesso che a lei.
-Ti amava.- fu la semplice ed immediata risposta.
Lui sentì il suo cuore perdere un battito e poco dopo una lacrima solitaria gli scese lungo la guancia. La guardò cadere nell’erba, stupito, poi si sfregò gli occhi, tentando di scacciare quell’improvvisa tristezza che provava dentro di sé.
Sua zia tentò di lasciargli un po’ di privacy, ma a vederlo così le faceva tanta tenerezza. Certo, nessuno avrebbe mai associato quella parola a suo nipote, ma in quel momento era fragile come un pezzo di vetro. Dopo un’ultima esitazione si sporse verso di lui e lo trasse al proprio petto, accarezzandogli i capelli.
Lo sentì irrigidirsi e, pian piano, rilassarsi, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso.
Era da tanto, troppo tempo che non piangeva e scoprì che farlo gli provocava un piacevole senso di svuotamento.
  Rimasero così, immobili, per tutto il tempo necessario.


  Dopo aver scoperto dell’esistenza di sua zia e la verità sulla propria nascita, Lucas aveva sentito il bisogno di cambiare aria.
Così aveva salutato Emily e, in quattro e quattr’otto, aveva gettato le sue cose in un borsone, imbarcandosi poco dopo su un aereo per Tokyo. Non sapeva esattamente perché, ma sentiva l’urgenza di tornare da quella che, nei mesi passati, aveva iniziato a considerare come la sua famiglia alternativa.
E, come se non bastasse, aveva una confessione in sospeso. Quello sembrava il momento giusto per concluderla.
  Gettò uno sguardo fuori dall’oblò, ascoltando distrattamente le note di un brano metal che venivano diffuse con violenza dagli auricolari. Il cielo era terso e stavano volando ben al di sopra delle nuvole.
Sospirò, cercando di pensare a quello che avrebbe detto una volta ritrovatosi al Cafè Mew Mew. Sarebbe stato facile, con le ragazze e Kyle, un po’ meno con Ryan.
Anzi, no, sarebbe stato un disastro, con lui.
Scosse la testa, mettendosi una mano sugli occhi. “Sono un emerito idiota.”, si disse. Perché stava andando da loro? Perché, dannazione?
“Riceverai solo un rifiuto. Lo sai.”, continuò la sua coscienza. Si appoggiò pesantemente al sedile. –Devo sbatterci la testa…- sussurrò, prima di concentrarsi sulle parole della canzone successiva.
Il segreto era distrarsi: le parole sarebbero venute al momento opportuno. E, se così non fosse stato, avrebbe improvvisato.
Con quei pensieri in testa piano piano si addormentò.


  Ed eccolo lì, fermo davanti a quella grande costruzione rosa, così inusuale che sembrava una meringa sbocciata tra gli alberi del parco.
Alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Aveva fatto male i suoi conti ed era arrivato molto prima che facesse giorno. Si guardò intorno, indeciso se aspettare all’esterno o tentare di entrare.
Alla fine optò per un ingresso furtivo.
  Si gettò in spalla il suo borsone e balzò su un grosso ciliegio. Si issò fin quasi in cima e poi si mise in ascolto: Kyle stava rovistando in cucina, già preso dalla preparazione di un nuovo dolce, mentre Ryan stava dormendo.
Si lasciò sfuggire un sorriso e poi si slanciò sull’albero davanti a sé, atterrando silenzioso come solo un dampyr poteva esserlo. Se gli fosse andata male, come cacciatore di vampiri, avrebbe sempre potuto diventare un ladro… almeno era quello che si ripeteva sempre quando temeva di non poter portare a termine un incarico.
Si arrampicò fino alla finestra della camera del biondo, sbirciò all’interno e poi forzò la serratura. Depositò il suo bagaglio e scivolò dentro, richiudendosela alle spalle.
Non appena ebbe messo piede nella stanza si bloccò: l’odore di Ryan era dappertutto. E gli stava dando alla testa dopo solo cinque secondi da che era entrato.
“Lucas, datti un contegno!”, scosse energicamente la testa per liberarla dai pensieri inopportuni.
Chiuse gli occhi e serrò i pugni, restando immobile accanto all’infisso. Gli ci volle molto autocontrollo per evitarsi di fare qualcosa di stupido. Quando si sentì abbastanza padrone di se stesso si sedette sull’unica sedia presente e si voltò a guardarlo.
Una volta aveva sentito Strawberry dire alle ragazze che Shirogane era completamente diverso quando dormiva, perché le sue barriere cadevano e si mostrava per quello che era. In quel momento Lucas si trovò perfettamente d’accordo con lei.
  Sembrava quasi innocuo, disteso su un fianco e con un braccio gettato oltre il bordo del letto.   Il suo respiro era lento e regolare.
Il ragazzo inclinò la testa, seguendo la linea del suo viso e poi fermandosi ad osservare la sua mano, dalle dita lunghe e affusolate. Il suo corpo si tese, in risposta a quello stimolo visivo.
S’irrigidì, digrignando i denti.
“Credevo mi fosse passata…”, pensò, stupito dalla propria reazione. Evidentemente si era sbagliato e non era bastato un Brett qualunque per farglielo dimenticare.
In un certo senso era il suo primo amore e il primo amore non si scorda mai, giusto?
“Peccato che sia completamente etero e anche impegnato.”, ricordò. E come se non bastasse, una foto del biondo e di Strawberry faceva timidamente mostra di sé accanto a quella di famiglia.
Riusciva a distinguere le loro espressioni anche nell’oscurità e gli sfuggì un sorriso, leggendo imbarazzo in quella di Ryan. Non gli dava l’impressione di essere una persona che ammicca all’obbiettivo, tutt’altro.
  Sembrava fossero felici insieme e lui non aveva motivo di intromettersi nella loro relazione, non quando avevano iniziato ad ingranare. Però c’era una parte di lui che non voleva lasciar perdere, non senza aver prima messo tutte le carte in tavola.
Era consapevole del fatto che il suo era un amore a senso unico, ma aveva bisogno di essere sincero. Con Ryan e con se stesso.
“Aspetterò che si svegli.”, decise e si mise comodo.

  Ryan si mosse e vide le sue palpebre fremere leggermente.
Mugugnò qualcosa e si girò sulla schiena, passandosi le mani sul viso. La sveglia non era ancora suonata, quindi qualcosa doveva averlo svegliato.
-Mi sento osservato…- mormorò.
Lucas ridacchiò. –Lo sei.- confermò con tranquillità.
Al che il biondo si mise a sedere di scatto, tastando alla cieca per accendere la luce. Quando trovò l’interruttore, un fastidioso cono luminoso rischiarò la stanza. L’americano mise a fuoco e poi esclamò:-Lucas?!
L’europeo allargò le braccia. –Sì, sono io.
-Che diavolo ci fai qui?- chiese, fissandolo letteralmente confuso.
“Mi piacciono queste reazioni!”, pensò. Distese le lunghe gambe in avanti. –Con qui intendi in camera tua o a Tokyo?- s’informò.
Al che il biondo realizzò completamente la cosa ed arrossì. Se non fosse stato sicuro di ricevere un pugno, gli avrebbe detto che quella reazione lo faceva impazzire. –Lucas, che cosa fai nella mia stanza alle sei di mattina?- domandò di nuovo, scandendo bene le parole.
-Sono passato per fare un saluto.- fece spallucce, non curante.
-Sei… no… sei serio?
Annuì. D’accordo, la situazione era un po’ strana, ma non aveva fatto niente di male. –Dimmi di te, vai ancora a scuola?- chiese, cambiando argomento.
Ryan appoggiò i gomiti alle ginocchia e si prese la testa tra le mani. Al che Lucas si preoccupò di averlo fatto arrabbiare.
-Ryan…?
-Tu sei pazzo. Sei venuto dalla Germania solo per “fare un saluto”?- e senza poterselo impedire scoppiò a ridere.
Il dampyr rimase a fissarlo interdetto, poi si lasciò contagiare e lo seguì a ruota. Che bella sensazione!
Risero per un bel po’, cercando di non far troppo rumore, fino a quando Lucas se ne uscì con:-Come va con Strawberry?
Il biondo lo fulminò coi suoi occhi azzurri, gettò di lato le coperte e si chiuse in bagno, sbattendo la porta.
Restò a fissare il vuoto davanti a sé, interdetto. “Cos’ho detto?”, si chiese, tornando ad osservare la foto sulla testiera del letto.
Dalla reazione dell’americano sembrava che le cose non stessero andando bene. Non si chiese il motivo di quello scatto né quanta colpa ne avesse la rossa, decise solo che la ragazza aveva tradito la promessa che si erano scambiati.
Si morse il labbro inferiore e poi si avvicinò al suo borsone.

“Forse ho esagerato. Lui non c’entra nulla… e non dovrei nemmeno arrabbiarmi con Strawberry… ma, dannazione, è così difficile! Perché l’ha fatto? Proprio quando ero riuscito a controllarmi!”, Ryan sbatté il capo contro la superficie in legno della porta.
Una settimana prima, lui e Strawberry si erano pericolosamente avvicinati ad un punto di non ritorno, proprio là nel suo letto, ma si era fermato quando si era reso conto che lei non era veramente pronta. Tremava da capo a piedi ed era rigida come un blocco di pietra.
Così si era ripromesso di non metterle fretta e di evitare di fare qualsiasi cosa che potesse metterla a disagio.
La rossa, però, era andata all’attacco pochi giorni dopo. Le aveva detto di no e lei gli aveva urlato in faccia come un’ossessa, dicendogli che si sentiva rifiutata senza un valido motivo.
Non c’era stato verso di spiegarsi: l’aveva cacciato. E da allora non si parlavano, se non quando dovevano comunicarsi ordinazioni.
“Che situazione assurda.”, sospirò. “Non dovevo prendermela con Lucas.”, si staccò dal suo supporto, deciso ad uscire e scusarsi.
Prese un respiro profondo ed aprì. Fece in tempo a mettere un piede oltre la soglia prima di bloccarsi.
Gli ci volle qualche secondo per realizzare che Lucas se ne stava placidamente disteso sul suo letto, con nulla a coprirlo se non un cuscino. I suoi occhi verdi lo fissavano, seri.
-Are you fucking kidding me?!- urlò, gettandogli i suoi vestiti. –Cover yourself!
Solo Kyle sapeva che quando era veramente in imbarazzo, Ryan tornava a parlare la sua madre lingua senza rendersene conto.
Capendo di aver sbagliato completamente approccio, Lucas abbassò il capo. –Ok, ok… però ascoltami, per favore!
-Ascoltarti? E cosa dovresti dirmi?!- sbottò, mantenendosi a debita distanza.
L’altro si affrettò ad indossare i boxer e poi scese dal letto. –Ryan… c’è un motivo per cui sono qui. Io e te abbiamo una questione in sospeso.- gli ricordò.
-Non mi sembra proprio il momento.- tagliò corto.
-Certo che lo è! Io… mi sono innamorato di te. Lo so che questo non significa nulla, per te, perché non ti piaccio da quel punto di vista, ma era assolutamente necessario che tu lo sapessi. Mi ero ripromesso di non rifarmi avanti, ma Strawberry…- fece per continuare, ma fu interrotto.
Ryan lo fissò confuso. –Cosa c’entra Strawberry?
-Be’, mi pare chiaro che ne abbia combinata una delle sue no? È tornata con Mark?- lo guardò, in attesa.
Al che il biondo gli si avvicinò, minaccioso e disse:-Se non la smetti di comportarti da idiota giuro che ti prendo a pugni.
-Non mi sto comportando da idiota, ti sto confessando i miei sentimenti! Ti sembra tanto stupido?- anche Lucas finì per alzare la voce.
-Stai dicendo che Strawberry mi tradisce!- il pugno arrivò dritto nel suo stomaco.
Il riccio si mantenne ritto, stoico. –E allora perché hai reagito male, prima?- volle sapere, confuso.
Il suo interlocutore lo fissò per qualche istante in silenzio, poi scosse la testa e gli diede le spalle. –Sei uno stupido, Lucas. Non mi sta tradendo… c’è stato solo un problema di incomprensioni di cui non voglio parlare.-
-Ah. Fantastico, ho fatto la figura dell’idiota.- commentò, imbarazzato.
-Oh, no, la figura dell’idiota la farai se non ti sbrigherai a vestirti. Kyle sta salendo le scale.- gli fece notare.
Al che il dampyr si affrettò ad indossare i propri abiti e a darsi un contegno, brontolando. Fece appena in tempo a chiudere la lampo dei jeans che la porta della camera si spalancò e il cuoco chiese:-Che sta succedendo, qui?
Quando vide Lucas guardò prima lui e poi Ryan, in cerca di spiegazioni.
-Ciao Kyle. Me ne stavo andando, sono passato solo per fare un saluto…- disse, gettandosi il borsone su una spalla.
-Un saluto? Ma…- iniziò il moro.
-Non ti preoccupare. Rimarrò in zona per qualche tempo, vi devo raccontare un po’ di cose. Ryan, so che la tua risposta è no, lo sapevo dall’inizio, ma ho voluto dirtelo per bene. Anche se non sono stato molto bravo.- si bloccò, prendendo fiato. –Un’ultima cosa…
Entrambi gli americani lo stavano fissando ammutoliti, così lui ne approfittò per avvicinarsi al biondo e rubargli un ultimo bacio.
Il ragazzo non fece nemmeno in tempo a reagire che il dampyr era scomparso.
Dopo qualche istante di silenzio, Ryan minacciò:-Se osi dire qualcosa a Strawberry, ti strozzo.
-Non so cosa sia successo, ma dev’essere stato interessante. Ti ho sentito urlare in inglese.- lo guardò malizioso.
-Ho solo… ricevuto una dichiarazione.- borbottò, abbassando gli occhi acquamarina.
-Sono sicuro che, con Lucas in zona, ne vedremo delle belle. Eh, mi stavo giusto annoiando.- ridacchiò, avviandosi lungo le scale.
Ryan lo seguì. -Non dirlo nemmeno per scherzo!
-Ne sono certo.- gli sorrise l’altro.

  Era rimasto in ascolto, appollaiato tra i rami di un albero.
Sentire quei due battibeccare lo faceva tornare indietro a sei mesi prima. Se n’era andato con un rimpianto ed era tornato per sentirsi a posto con la propria coscienza.
Non aveva ottenuto il premio tanto ambito, ma aveva guadagnato una grande famiglia, allegra e chiassosa.
“Rimarrò qui per un po’, è deciso. Magari chiederò ad Emily di raggiungermi.”, pensò, prima di scendere e dirigersi verso il suo vecchio appartamento.
Mentre si trovava per strada, però, si ricordò di dover fare un’ultima cosa: parlare con Strawberry.
  Ryan lo avrebbe ucciso, se l’avesse saputo, ma voleva mettere in chiaro le cose anche con lei. Dopotutto faceva parte di quello strano triangolo, no?
Cambiò strada e si diresse verso la casa della rossa, attraversando la città ancora addormentata.
Una volta davanti all’abitazione restò un attimo in ascolto, poi raggiunse la finestra della camera della ragazza e si intrufolò all’interno, proprio come aveva fatto col suo fidanzato.
Depositò il suo bagaglio e si avvicinò al letto, dove lei se ne stava tutta rannicchiata su un lato, semisepolta sotto le coperte.
Sorrise, trovandola molto carina.
“Sembra un cucciolo.”, inclinò la testa, abbassandosi al livello del materasso. –Strawberry.- sussurrò.
La rossa brontolò e tentò di scacciarlo nel sonno. Ridacchiò, divertito e tentò nuovamente.
Gli ci volle un buon quarto d’ora per convincerla ad aprire gli occhi e, quando l’ebbe fatto, fu costretto a tapparle la bocca per evitare che si mettesse ad urlare.
-Sì, sono Lucas. Sono tornato a Tokyo e starò qui per un po’.- disse, rispondendo alle domande mugugnate dall’ex mew mew. –Se tolgo la mano prometti di non urlare?
Gli occhi castani di Strawberry si fissarono su di lui e poi la vide annuire lentamente.
-Perché sei entrato di nascosto in camera mia?- domandò, arrabbiata. Ecco, come non detto.
Lucas sospirò. –Siete identici.
-Identici? Chi?
-Tu e il tuo fidanzato.- spiegò, lanciandole un’occhiata.
Strawberry impallidì. –R-Ryan? Cosa c’entra lui?- chiese, allarmata.
-Vengo dal Cafè. Ricordi che avevo una dichiarazione in sospeso?- appoggiò i gomiti al materasso, fissandola dal basso coi suoi occhi verdi, resi più scuri dalla penombra.
-Ti sei… dichiarato?- domandò con un filo di voce. Le faceva ancora strano pensare che il ragazzo di cui era innamorata piacesse ad un altro.
Il dampyr si passò una mano tra i ricci, scompigliandoli. –Sì, anche se sapevo che mi avrebbe detto di no. Lui è innamorato di te.- sollevò un angolo della bocca.
-Non è vero…- la rossa distolse lo sguardo.
-Ah, giusto. Il vostro stupido litigio. Secondo me è stata solo un’incomprensione.- commentò.
Lei tornò a voltarsi e sbottò:-Il nostro litigio non è stupido!
-Invece sì, ne sono quasi certo.- replicò. –Vedi di andare da lui e risolvere, se no giuro che la prossima volta me lo prenderò con la forza. A costo di legarlo.- la minacciò. ”Possibile che siate così scemi?”, si chiese.
-Vorresti aggredirlo?!- lo afferrò per la maglia, sconvolta. Lucas sbatté le palpebre qualche volta, poi scoppiò a ridere. Credeva davvero che avrebbe costretto Ryan ad avere un rapporto?
Oddio, ma che amici si era scelto?! Erano uno più fuori dell’altro!
Senza poterne fare a meno si liberò e scoppiò a ridere, cercando di soffocare le risate con la mano.
-Ma che ho detto…?- la sentì chiedere, confusa.
-Strawberry, non so cosa tu abbia pensato, ma non sono un maniaco. Non faccio nulla contro la volontà degli altri, soprattutto in quell’ambito.- le spiegò, ricomponendosi. La vide arrossire fino alla punta dei capelli e subito dopo iniziò a scusarsi come un’ossessa. –Tranquilla, ho capito. Smettila.- la fermò, divertito.
-Ok…- mormorò lei. –Posso farti una domanda?
-Certo.- sorrise.
-Cosa ti piace di Ryan?
A quelle parole Lucas rimase con la bocca aperta, preso in contropiede. Si schiarì la gola, tentando di mascherare il proprio imbarazzo. –Il fatto che sia una persona determinata e profondamente altruista. Fa tanto il duro, proprio come me, ma in fondo siamo simili. Be’, fisicamente non gli cambierei nulla… e adoro quei momenti in cui riesco a metterlo in imbarazzo: è come se lo disarmassi.- ammise.
-Ti piace quando si imbarazza? Quando è con me non succede mai.- ragionò Strawberry.
-Ovvio, perché nella coppia sei tu quella che viene stuzzicata e finisce per arrossire. Ryan è la parte… dominante, dato che è più grande di te e ha un po’ più esperienza. Nel mio caso, abbiamo la stessa età e abbiamo vissuto esperienze simili, quindi è un continuo braccio di ferro.- cercò di spiegarle.
-Quindi ti piace perché è una continua sfida?
Sorrise. –Anche… e a te, cosa piace di Ryan?- le chiese, curioso. Dato che aveva risposto non vedeva perché non dovesse farlo anche lei.
La rossa arrossì nuovamente. –Sai… lui all’apparenza sembra una persona fredda, che ignora i bisogni altrui. L’ho pensato per molto tempo, ma poi ho capito che è quello che si preoccupa di più per gli altri e le sue reazioni sono sincere. Credo sia la persona più intelligente che io abbia mai conosciuto, sa essere pungente quando vuole difendersi, ma è anche dolce. Ci sono state delle volte in cui mi ha trattata come se fossi…- si bloccò, cercando la parola esatta. –La cosa più preziosa che avesse al mondo. Non so se dipenda dal fatto che sono più piccola o da qualcos’altro, ma mi fa sentire desiderata, anche senza dirmi cose sdolcinate. E adoro i suoi occhi, sanno dire tanto anche quando lui tace.- concluse, abbassando lo sguardo sulle proprie mani.
-E allora vai a dirglielo, sciocca.- la strinse, intenerito. Lei provava qualcosa di veramente forte e lui non avrebbe potuto esser più felice per Ryan.
-Ma è imbarazzante!- protestò.
-Pensa quanto lo sarà per lui doverti rispondere.- le fece l’occhiolino. Lei ci pensò su un attimo, poi si mise a ridere.
-Sono contenta che tu sia tornato, Lucas.- lo abbracciò di slancio.
-Anche io.- ammise.
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Lelaiah