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Autore: Etteim    15/02/2013    2 recensioni
Il contenuto di questa storia è molto personale. Una storia che vi farà capire, o meglio che non vi farà capire cosa sono, se qualcuno lo scopre che batta un colpo. Intanto non ne sono al corrente neanche io.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il display del cellulare che si illumina per una chiamata in arrivo e la vibrazione mi svegliano, mi accorgo che ancora una volta sono senza forze a dormire sul freddo pavimento del bagno, quelle mattonelle fredde dal colore delle viole che a furia di guardarle erano diventate nauseanti, attaccata alla tazza del cesso con la paura di non far in tempo a vomitare quei pochi succhi gastrigi che mi sono rimasti, eccomi qui. Mi siedo, prendo il cellulare, ho paura di leggere quel nome sul display, ho paura di lui, ma ho più paura di non rispondergli. Rispondo al cellulare. Pochi minuti, tra un litigio, parolacce ormai da routine, stacco la chiamata, il pianto, il mio pianto silenzioso fatto di singhiozzi. Il cellulare si illumina uovamente, un sms: "voglio sentirti, voglio sentirti piangere". Mi richiama, il pianto silenzioso e la persona dall'altro lato che, quasi con gusto, ascolta. Fine della chiamata. Vomito. Ritorna fnalmente il sonno.

 

 

 Inizia un nuovo giorno, vorrei che il sole rimanesse nascosto un altro po, anche un solo minuto in più poteva darmi quel minimo di conforto che mi serviva; ma purtroppo il sole proseguiva il suociclo, e anche io dovevo proseguire il mio.

Squilla il cellulare, gli rispondo nuovamente, era venerdì, stava per iniziare il fine settimana, come al solito il sabato decidiamo di vederci. Il giorno seguente eravamo sotto il suo portone, mi dice di aver dimenticato una cosa sopra. Intanto pensavo, volevo farla finita, mi sentivo quasi soffocare dalla sua presenza ultimamente, è bastato solo un attimo, uno sguardo a far crollare tutte le mie convinzioni, una ad una. Eravamo in ascensore, mi bacia passionalmente, cado ormai schiava nelle sue braccia. Mi ritrovo nella sua stanza, capisco le sue intenzioni e cerco di farlo smettere, ma mi stringe imponendo la sua forza su di me, dicendomi di stare zitta e che questa sarebbe stata la volta buona. Inizia a spogliarmi, pietrificata, impaurita, indifesa. Le lacrime, lo sguardo agghiacciante che si faceva spazio sul mio corpo orma completamente nudo, quelle labbra ruvide che mentre mi sfioravano, mi facevano male, quasi mi graffiavano, mi mordevano, mi mordevano ovunque. Le sue dita raggiungono il mio ano, provo dolore, quasi urlo, ma quell'unico gemito che riesce ad uscire mi venne soffocato dalle sue mani. Intanto lui cercava qualcosa anche da parte mia, mentre si faceva spazio tra le mie cosce calde, mi prendeva le mani, le stringeva, mi faceva toccare il suo pene, ma a quel punto ero bloccata, e non sapendo cosa fare avevo paura di una qualsiasi sua reazione. Un altro morso, questa volta era giu.. Urlo, questa volta ci riesco, sentii il sangue ribollirmi nelle vene, acquistare calore, e dimenandomi riuscii ad allontanarmi da lui, che passivamente mi guardava piangere, cercare i vestiti e andare via.

Dopo quel pomeriggio tante cose cambiarono, mi guardavo allo specchio, notavo lividi, morsi, così violenti, quasi simili a cicatrici.. non mi riconoscevo più in quel corpo. Avevo paura anche se era finita.

Quella notte non chiusi occhio.
   
 
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