Allora, questa è la mia è la mia prima fanfiction dedicata
ai libri di Stephenie Meyer. Non so che ne sia risultato fuori, si tratta di
una specie di esperimento. Non compare Edward, non compare Bella, i vampiri
sono appena nominati… questa è la storia di Sam Uley ed Emily Young.
SPOILER (anche se non pesanti, ma comunque sempre spoiler
sono…XD) SU ECLIPSE.
Buona lettura a chi sarà così coraggioso da imbarcarsi in
questa impresa!^^
Categoria: Twilight
Titolo: Iris
Autrice: Juliet
Beta: Fae
Personaggi&Pairing: Harry, Leah e Sue Clearwater, Sam Uley ed Emily Young.
Sam/Emily.
Rating: PG13 (per essere sicuri)
Avvertimenti: One – shot, Spoiler! su
Eclipse
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I supposed it was silly for me to
imagine that Sam had never loved anyone before Emily. Most people fall in and
out of love many times in their lives. It was just that I’d seen Sam with
Emily, and I couldn’t imagine him with someone else. The way he looked at her…
well, it reminded me of a look I’d seen sometimes in Edward’s eyes — when he
was looking at me.
[Eclipse, Chapter Five (Imprint)]
And I don't want the world to see
me
'Cause I don't think that they'd
understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am
Iris
“Era di nuovo Leah?”
La domanda strappò bruscamente Emily ai suoi pensieri.
Stringeva ancora il telefono in una mano, anche se la cugina aveva riattaccato
da qualche secondo ormai. Alzò lo sguardo. Sua madre riusciva a fissarla dalla
cucina nonostante si stesse allo stesso tempo dando energicamente da fare a
preparare la cena. Annuì.
“E come sta?”
Emily la raggiunse nella piccola ma luminosa stanza in cui
la donna stava mescolando il sugo al quale lavorava da tutta la mattina.
Le aveva insegnato la ricetta da diversi anni, ma la
ragazza era convinta di non averla mai eseguita alla perfezione… il risultato
che otteneva aveva avuto sempre un sapore diverso da quello di sua madre,
secondo la sua opinione, nonostante il resto della famiglia avesse dimostrato
di gradirlo alla stessa maniera.
“Hai bisogno di una mano? Posso fare un’insalata…”
“Non preoccuparti, è tutto pronto. Non sei stata al
telefono cinque minuti…”
Emily sorrise appena, lasciando che le lunghe ciocche color
ebano le nascondessero parzialmente l’espressione del viso.
“Che c’è che non va con Leah, Emily?”
La ragazza incontrò lo sguardo della madre. Poi scosse il
capo, spostando l’attenzione sul mestolo che maneggiava con gesti regolari.
“Ha qualche problema con il suo ragazzo. Il figlio degli
Uley, hai presente, no?”
La donna annuì.
“Sue mi aveva accennato qualcosa, l’ultima volta che l’ ho
vista. Lui era anche scomparso per un po’ di tempo… diceva che Leah soffriva
parecchio. Ma ora va meglio, stanno di nuovo insieme… o perlomeno questo è ciò
che dice la tua prozia…”
“Credo soffra ancora parecchio.”
Sua madre non rispose e per qualche minuto calò il silenzio
fra di loro. Poi Emily sospirò.
“Forse le farebbe piacere vedermi… parlare di persona, non
al telefono. Se ha bisogno di sfogarsi per stare meglio, se non altro…potrei
fare qualcosa.”
“Credi davvero di poter migliorare la situazione?”
Emily sostenne il suo sguardo.
“Posso provarci. Con me parlerebbe di certo più liberamente
che con Sue.”
“Non lo so, Emily.” Sospirò la madre, spegnendo il fuoco.
“Assaggia il sugo. Dovremmo esserci.”
La ragazza si lasciò portare il mestolo alle labbra.
“Allora?” sua madre attese il verdetto.
“Buono.”
“Bene” approvò la donna, voltandole le spalle e iniziando a
sistemare le pentole sporche che aveva ammucchiato nel lavello.
“Andrò da Leah, mamma. Non mi convince la sua voce. Non è
la solita.”
“Al telefono le voci appaiono diverse, Emily.”
La ragazza scosse nuovamente la testa, un sorriso amaro sul
bel viso.
“Che idiozie sai dire, mamma…”
***
“Emily, cara! Che bello vederti!”
La ragazza si lasciò abbracciare per un istante, la borsa
da viaggio ancora sulla spalla destra. Non appena Sue Clearwater la liberò
dalla sua stretta, lasciò che cadesse a terra e si ravviò i boccoli neri dal
viso. La donna di fronte a lei le sorrise.
“E’ bello che tu sia venuta. Ne è passato di tempo
dall'ultima volta che ti sei fermata da noi, no?”
“Parecchio… Mia madre ha detto “Solo per qualche giorno,
Emily! Poi torni a casa!”.” la imitò la ragazza. “ Non era molto entusiasta
della mia partenza…” sorrise in risposta. Sua zia agitò una mano in aria.
“Non preoccuparti di lei, ora… stai quanto ti pare, cara.
Leah sarà molto, molto felice di riaverti qui.” Aggiunse, e i suoi occhi si
fecero seri, nonostante il sorriso fosse ancora al suo posto. Emily intuì che
Sue non fosse esattamente estasiata dallo stato d’animo in cui la cugina doveva
versare. Del resto, se se n’era accorta lei al telefono…
“Leah è in casa?”
“Oh, no, purtroppo no. Lei e Seth sono andati giù alla
spiaggia, c’era una specie di ritrovo e tuo cugino ha insistito fino a quando Leah
ha accettato di accompagnarlo. Saranno di ritorno fra poco, comunque… ma entra,
cosa rimaniamo qui sulla porta a fare? Ecco, dammi la borsa e vediamo se Harry
si decide a fare la sua comparsa…”
Emily la seguì in casa mentre la zia continuava a parlare senza
sosta. Sue le piaceva. Riusciva a mettere a suo agio chiunque, senza apparire
fastidiosa o indiscreta nelle sue chiacchiere. Era una donna piacevole con cui
non era difficile parlare di qualsiasi cosa. Inoltre, sorrideva sempre. Non
poteva esserci differenza più grande fra lei e sua madre.
“Emily! Bambina, diventi più bella ogni volta che ti vedo!”
Harry Clearwater era apparso sulle scale. Emily gli
sorrise.
“Non mi vedi così spesso, zio, non può essere questa gran
cosa…” rispose, e si unì alla sua risata divertita.
“Credimi Emily, qui a La Push non saranno in pochi a
ronzarti attorno…”
“Potresti indicarmi i migliori, allora. Così almeno sarò
sicura di non finire per uscire con un ragazzo poco raccomandabile…”
Sue rivolse una smorfia al marito; zio e nipote risero
nuovamente.
“Ti prego, Emily, non lo incoraggiare oppure non riusciremo
ad avere un minuto di pace per tutta la serata…”
Lo zio allargò le braccia in segno di resa, ma il suo
sorriso non si spense. In quel momento, la porta di ingresso si spalancò e i
fratelli Clearwater comparvero sulla soglia.
“Seth… Leah” sorrise Emily.
La cugina le corse incontro e la abbracciò, appena riuscì a
dominare la sorpresa.
“Emily!”
“Sembra che tu sia contenta di vedermi.” Scherzò Emily,
sciogliendosi dall’abbraccio e guardandola attentamente in viso. Perfino al di
sotto della gioia che il vederla lì le aveva provocato, qualcosa in Leah era
diverso. Forse lo sguardo, in qualche maniera. Forse la leggera piega amara
della sua bocca.
“Oh, lo sono! Lo sono davvero.” Sorrise Leah. “Rimani da
noi, vero? Ti aiuto a sistemarti.”
***
“Mi nasconde qualcosa. Non solo quello che è accaduto
quando è scomparso…” Leah fece una beve pausa, giocherellando con un filo della
sua trapunta. “Tutto quello che fa quando non è con me. Quando non è a casa…”
Emily ascoltava e intanto le metteva lo smalto sulle unghie
dei piedi. Conoscendo la cugina come solo lei la conosceva, sapeva che Leah
trovava più facile parlare se la persona a cui era rivolto il discorso era
intenta nello stesso tempo a fare qualcos’altro. Era così da quando erano
bambine. Le veniva più facile se non doveva incontrare gli occhi di Emily
troppo spesso. Riusciva a mantenere la voce modulata, l’espressione perlomeno
tranquilla.
Quando aveva proposto che si facessero la pedicure a
vicenda, Emily aveva capito subito che la cugina voleva parlare. Mantenne lo
sguardo sulla boccetta di smalto, aspettando che Leah continuasse.
“Due settimane è stato via. Non due giorni. Due settimane.
E si aspetta che io non gli faccia domande su dove è stato, o perché almeno non
mi ha avvisato che se ne sarebbe andato… l’abbiamo cercato e cercato e cercato.
È stato brutto, Emily. Davvero brutto… Prima non avrebbe mai fatto una cosa del
genere. Prima di diventare questa specie di “nuovo Sam”.” Aggiunse amaramente.
“A volte sento quasi come se… come se mi stesse sfuggendo.
Come se si stesse piano piano allontanando da me. Tutto quello che mi dice ora
mi sembra dettato dall’abitudine. Che mi ama, che un giorno vivremo insieme… mi
sembra che lo ripeta senza crederci più. Che lo ripeta solo perché una volta,
prima di quelle due famose settimane, me lo diceva e mi rendeva felice. Ma ora lui
non sembra più felice.”
La sua voce si spezzò appena. Emily alzò lo sguardo verde
scuro su di lei e le prese la mano.
“Ricordi il gioco che facevamo da bambine? Quando una delle
due era triste?”
Leah sorrise e annuì.
“Allora alzati.”
“Emily, davvero…”
“Leah, alzati. Le tue unghie sono asciutte, ormai. Puoi
mettere le scarpe. Forza!”
Leah scosse la testa, quasi incredula, ma ubbidì.
“Sarà una vita che non lo facciamo…e inoltre piove!”
Emily la prese per un braccio, sorriso sul volto, e la
trascinò giù per le scale.
“Questo è parte del divertimento, Leah. Corriamo fino alla
spiaggia. Non possiamo fermarci per nessun motivo, e dobbiamo…”
“…correre più veloce possibile, sì, lo ricordo bene, Emily”
Leah sorrideva e non era un falso sorriso.
“Grazie.”
La cugina rise e la spinse sotto la pioggia.
***
Pioveva ancora quando arrivarono al mare, seppur non più
così forte come quando erano uscite di casa. Entrambe senza fiato, si
lasciarono cadere a pochi passi dal punto in cui le onde si infrangevano sui
sassi.
Fu in quel momento che Sam Uley vide i suoi boccoli neri
che aderivano al viso, bagnati dalla pioggia. I suoi occhi verdi luccicanti,
vitali, la sua risata, le sue lunghe ciglia, le sue bellissime, perfette
fattezze da diciassettenne. Appena.
Fu in quel momento che Sam Uley vide per la prima volta
Emily Young.
***
Lo sguardo di Leah venne improvvisamente catturato da
qualcos’altro. Emily lo seguì. Non erano sole, alla spiaggia, nonostante
piovesse.
“Sam” disse semplicemente, a voce bassa. Gli occhi del
ragazzo erano su di lei. Forse l’aveva sentita, nonostante la distanza che li
separava. Leah annuì.
Sam fece qualche passo nella loro direzione; il suo
movimento sembrò riscuotere Leah, che era rimasta pressoché immobile dal
momento in cui l’aveva riconosciuto. Emily riportò lo sguardo su di lui.
Nonostante non fosse affatto caldo, Sam indossava soltanto dei jeans e una
maglietta leggera. La pioggia aveva reso i suoi indumenti e i suoi capelli
completamente zuppi, ma il fatto non sembrava dargli alcun fastidio. Emily
studiò l’espressione del suo viso.
Non sembrava certo un diciannovenne.
Quando fu a qualche passo da loro si fermò. I suoi occhi
erano ancora su di lei. Emily li incontrò e gli sembrò di vederlo trasalire
impercettibilmente. Un brivido che non aveva nulla a che fare con le gocce di
pioggia che le scendevano lungo la schiena la colse alla sprovvista.
“Ciao, Sam. Lei è mia cugina Emily. Te ne ho parlato”
Il ragazzo sembrò doversi sforzare a spostare la sua
attenzione sulla sua ragazza.
“Ricordo” disse semplicemente. Non tese la mano per
stringere quella di Emily, comunque. Rispostò semplicemente lo sguardo su di
lei.
Emily abbassò il suo.
La pioggia aveva ripreso a cadere fitta. Leah prese
gentilmente la cugina per un braccio e si diresse camminando verso casa.
***
Quando Emily aprì la porta e si trovò Sam Uley di fronte,
riuscì a fatica a impedire che un’espressione
sbalordita le comparisse sul viso. Da quando l’avevano incontrato in spiaggia,
Sam non si era fatto più vivo a casa Clearwater. E nonostante Leah dicesse
amaramente che non riusciva nemmeno più a trovare quel suo comportamento
strano, tanto si era abituata alla sua assenza, la ragazza sapeva benissimo che
il fatto che Sam non si facesse vedere la feriva.
Incontrò lo sguardo scuro del ragazzo. Non riuscì a
comprendere la vasta gamma di emozioni che sembrava voler rivelare.
“Leah non c’è, Sam.”
Lui annuì.
“Non sono venuto per lei. Non oggi.”
Emily aggrottò appena le sopracciglia scure.
“Voglio parlare con te. Se me lo permetti.”
La ragazza indugiò sulle sue occhiaie pronunciate. Sembrava
davvero esausto. Incredibilmente, si ritrovò a costringersi a inspirare. I
polmoni le sembravano improvvisamente troppo vuoti.
Annuì e aprì un po’ di più la porta, in modo che Sam
potesse vedere all’interno.
“Entra, allora.”
Lui obbedì. Emily lo seguì fino in salotto. Sam non si
sedette, ad ogni modo. Aspettò che la ragazza lo raggiungesse e le indicò il
divano, senza accennare a raggiungerlo lui stesso. Emily scosse appena la
testa.
“Credo che rimarrò in piedi anche io.”
“Per favore. Siediti” la voce profonda di Sam era gentile.
Non c’era altro modo per descriverla.
“Cosa vuoi dirmi, Sam?”
Lui la guardò in silenzio per un lunghissimo istante. La
stessa sensazione incredibile, indecifrabile che aveva colpito Emily la prima
volta che i loro sguardi si erano incrociati si rifece viva. Più potente. Irresistibile.
Di colpo, la ragazza indietreggiò, lo sguardo al pavimento.
“Credo sia meglio che tu te ne vada.”
Non lo stava guardando, ma in qualche modo sapeva che Sam
stava sorridendo. Un sorriso amaro. Riusciva a sentirlo come se si trattasse
del suo.
“Credo che questo non cambierebbe nulla.”
Emily scuoteva la testa.
“Tu sei parte di me dalla prima volta in cui ci siamo
incontrati. Tu sei la ragione stessa per cui…”
“Basta, ti prego!”
Emily gli voltò le spalle. Il timbro stesso della sua voce
era troppo bello. La sua figura, il suo sguardo… tutto di lui la chiamava. Era
la parola che meglio descriveva la sensazione che Sam le dava. Che la chiamasse.
Sam si interruppe. Ed Emily si odiò nel sentire come ogni
parte di lei provasse il bisogno di ascoltare ancora le sue parole. Il
meraviglioso suono delle sue parole…
La ragazza inspirò piano.
“Leah” disse poi, e avvertiva il dolore di lui come poteva
avvertire il suo.
Tu
sei parte di me
“Leah non è il mio destino.”
Emily sentiva le lacrime bruciarle negli occhi. Quello era
il suo destino? Trovare l’anima gemella sottraendola ad una persona che amava
come una sorella? Essere felice ma per sempre responsabile del dolore di Leah?
“Non piangere…” Sam sussurrava al suo orecchio. Così
vicino…
Emily nascose il viso nel suo collo.
Era la prima volta che lo toccava. Pareva bruciare. Ma non
aveva alcuna importanza, del resto. Non poteva essere così semplicemente umano
quello che erano loro due. Non sarebbe stato così reale.
“Voglio spiegartelo lo stesso. Emily.”
***
“Ma è una cosa che accade solo ai… licantropi?” Emily esitò
un attimo prima di pronunciare l’ultima parola. Dirla ad alta voce, nonostante
fosse sola con Sam, non era probabilmente la cosa più intelligente da fare. O
la più facile. Ma lui annuì, sorridendo appena.
“Ed accade a tutti voi?”
“No. Direi che noi siamo l’eccezione…”
Emily sorrise in risposta. La mano calda di Sam era giusto
a qualche millimetro dalla sua. Poteva sentire il calore come se la stesse
realmente toccando.
“Capisco…”
Sam la guardò fisso per un momento.
“Cosa?”
“Non ti spaventa il fatto che io possa trasformarmi in un
lupo?”
Emily abbassò lo sguardo.
“Mi spaventa il fatto che tu lo pensi. E mi spaventa
il fatto che tu sia solo in tutta questa storia…”
Sam allungò una mano ad accarezzarle il viso. Emily si
scostò appena.
“Aspetta… aspetta.”
Sam si allontanò un poco da lei, lo sguardo indecifrabile.
Emily si passò una mano sugli occhi.
“Tutto questo è successo così in fretta… Leah—“
“Ora lascia fuori lei da questa storia, ti prego.”
Emily lo guardò, incredula.
“Lasciarla fuori? Sam, è la tua ragazza ed è mia
cugina… più di una cugina, è come fosse mia sorella! Come posso lasciarla
fuori?” Non si era nemmeno resa conto di aver alzato la voce.
“Tutto questo non ha più importanza, ora…”
Emily rise senza allegria, alzandosi in piedi di colpo.
“Continui a ripetere questa frase come fosse un mantra…
forse non avrà importanza per te, Sam. Per me ne ha, eccome! Non sono venuta a
La Push per combinare un disastro del genere!”
“Di che disastro parli? Di noi?”
Ora anche Sam era in piedi, torreggiava sopra di lei. Le
sue mani tremavano visibilmente.
“Sarebbe un disastro il fatto che noi due ci apparteniamo?
Che Leah ora è solo un nome per me? O forse il problema sta nel fatto che può
spuntarmi la coda?”
Emily indietreggiò come se Sam l’avesse colpita.
“Pensi questo?” domandò, i toni più soavi, lo sguardo
lucido di rabbia, colpevolezza, dolore… “Forse ti sei sbagliato, Sam. La tua
anima gemella non posso essere io. A me non può… spuntare la coda, giusto?”
continuò, ripetendo le sue parole. “Non sono in grado di cacciare vampiri, non
ho una temperatura così alta da poter essere morta… non sono così forte da
fregarmene dei sentimenti delle persone che ci stanno intorno…
Non sono un mostro.”
Sam stringeva i denti, ma non riusciva a impedire alle sue
braccia di tremare con violenza. Alle ultime parole di Emily, un brivido gli
invase anche il torace. La ragazza spalancò gli occhi, improvvisamente conscia
di ciò che aveva detto. Fece un passo avanti, allungando un braccio nella sua
direzione.
“Mi dispiace, Sam, non intendevo—“
Il ragazzo gettò la testa all’indietro e un ringhio uscì
dalle sue labbra. Un attimo dopo, brandelli di vestiti fluttuarono nell’aria.
Un enorme lupo nero comparve al posto del ragazzo. Emily lo fissò per un
istante e poi il buio la avvolse.
***
Ricordava molto poco di quello che era successo dopo.
Delle braccia bollenti che la alzavano da terra.
Un liquido vischioso che le gocciolava dal viso.
Sam che sussurrava qualcosa al suo orecchio.
Il viso sconvolto di Harry e la voce tranquillizzante di
sua zia Sue.
“Va tutto bene, Emily. Va tutto bene.”
Solo a una settimana di distanza dall’incidente era
riuscita a riportare alla mente il significato dei sussurri di Sam. Una
cantilena.
Il suo nome.
Emily.
***
Sue sospirò, ma si mosse per prendere lo specchietto
appoggiato in orizzontale sulla cassettiera della stanza che Emily occupava
nella casa dei Clearwater. Poi, dopo un ultimo sguardo che esprimeva tutta la
sua disapprovazione e tutto il suo dolore, lo alzò di fronte a lei in modo che
potesse vedersi.
Per un attimo, Emily non fu in grado di dire nulla.
La zia fece per abbassare lo specchio, ma Emily tese il
braccio buono e lo afferrò, determinata.
“Lasciamelo, per favore.” Disse solamente.
Ritornò ad esaminare il riflesso del suo viso. Le tre
cicatrici che ne solcavano la parte destra erano ancora color rosso scuro.
Deformavano leggermente la linea dell’occhio e la piega della bocca. La parte
sinistra, invece, era la stessa di sempre.
“Per il braccio è lo stesso?”
Sue Clearwater annuì, incapace di aggiungere altro. Emily
le rese lo specchio.
“Grazie, zia.”
Sue si sforzò di sorridere.
“Forse avremmo potuto fare di meglio se ti avessimo portata
all’ospedale…” iniziò, torcendosi le mani. Emily sorrise gentilmente.
“Mi hai salvato la vita.”
Lei scosse il capo.
“Sam l’ ha fatto. Per fortuna che c’era lui, cara…
strapparti ad un orso di quelle dimensioni…”
Emily si passò la mano sinistra fra i capelli.
“Sam è qui?”
Sua zia scosse il capo.
“No, se n’è andato quando Harry ti ha portata nella tua
stanza. Non credo tu lo possa ricordare, eri sedata.”
“E non è più tornato?”
“No, non l’abbiamo più visto.”
Emily annuì.
“Allora andrò io da lui.”
“Ma cara, sei ancora…”
“Zia” la interruppe Emily, decisa “mi ha salvato la vita.
Voglio vederlo.”
Mi ha salvato la vita.
La mia vita.
***
Il dolore che si dipinse sul viso di Sam non appena la vide
colpì anche Emily con tutta la sua forza, come fossero una sola entità. Il
ragazzo indietreggiò di colpo.
“Vattene subito.”
Emily si morse il labbro inferiore senza rendersene conto.
Smise subito solo perché la pelle del viso le tirava fastidiosamente, in
reazione a quel gesto.
“L’ hai detto tu stesso. Non cambierebbe nulla.”
Sam la fissava e sembrava non comprendere le parole che
Emily gli rivolgeva. La fissava e sul suo volto c’era solo repulsione,
disperazione, odio…
“Ho detto delle cose che non pensavo. Sono stata una
stupida, Sam. Non ho nemmeno pensato, ho solo… sputato fuori tutto
quello che mi è venuto in mente in quel momento. Non intendevo davvero le cose
che ho detto.”
Sembrava che lui non l’avesse nemmeno sentita, quando
rispose.
“Ti ho quasi uccisa…”
Le sue parole erano solo un sussurro, ma Emily le udì come
se lui le avesse urlate. Era quasi come fossero anche nella sua testa.
“Tu non sei un mostro, Sam. Tu sei parte di me.”
Sam le dava le spalle, ora. La postura rigida tradiva i
suoi sentimenti.
“Non puoi allontanarmi. Io non posso permettertelo, perché
io, Sam, io sono il tuo destino.”
A queste parole, il ragazzo si voltò.
“Non posso sopportare di farti del male. Non posso farti
vivere nel costante pericolo di essere—“ la voce gli si spezzò prima di
riuscire a terminare la frase.
Emily lo raggiunse e gli sfiorò il viso con le mani.
“Queste cicatrici non sono niente, Sam. Non contano nulla.
Non è questo il male che non posso sopportare. L’unica cosa che può
distruggermi, Sam, è che tu creda di essere un mostro. Che tu non mi voglia
accanto per questa ragione, perché è stupida.”
“Se perdessi nuovamente il controllo…” pregò Sam.
Emily scosse la testa.
“Io lo so e lo sai anche tu. Smetti di scacciare questa
consapevolezza… tu lo sai. La rabbia è umana, Sam. Il dolore è umano. Un mostro
non possiede nulla di tutto questo.”
Sam le prese i polsi, ancora ai lati del suo viso. Poi
chinò lentamente la testa, fino a sfiorarle la guancia destra con le labbra
calde.
“Ti faccio male?” sussurrò.
“Emily respirò il suo odore.
“No.”
Le labbra del ragazzo si posarono con delicatezza sulla
prima cicatrice. Poi proseguì sulle altre due.
“Mi dispiace. Mi dispiace, amore mio…”
Le sue labbra trovarono quelle della ragazza.
***
Fine!^^
Che dire? Spero mi facciate sapere se vi è piaciuta o meno!
Grazie per averla letta, intanto!
E un ringraziamento particolare a Fae per aver
betato questa one – shot nonostante non conosca bene i libri e si sia quindi
dovuta sorbire le mie lunghissime spiegazioni sul perché e sul percome ho
scritto quello che ho scritto (XD). Grazie anche per l’aiuto e i consigli nella
scelta del titolo, della canzone e della
quote stessa che meglio rispecchiavano il rapporto Sam/Emily. E per averlo
fatto nel mezzo della notte, su MSN!^^
Grazie, davvero.
Juliet