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Autore: MimiRyuugu    15/02/2013    4 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve *-* scusate il ritardo, sono pessima lo so. I marshmellows da lanciarmi sono al banco 3 (sono mobbidi, almeno non mi faccio male e posso postare presto il prossimo cap T_T) *indica* anyway, questo è il penultimo capitolo T_T non mi sono resa conto di essere già arrivata qui D: ovviamente ringrazio Skelanimal, lolos e Giogy89 per le recensioni <3 e ringrazio anche voi che continuate a leggere soltanto <3 *manda amore*. In questo cap troviamo La Canzone di Sally da Nightmare Before Christmas.

Avvertenze: occtudini varie e blah. Piccola precisazione, questo e il prossimo cap seguono i fatti del quinto film e non del libro, semplicemente perchè all'epoca la Mimi era pigra e non aveva il libro sotto mano.

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
buona lettura <3



21° Capitolo

Riaprii piano gli occhi. Sentivo qualcosa di fresco sulla fronte. Mi ricordavo cose sfocate. L’incontro con Severus. La sua voce. Il suo sguardo preoccupato. Poi tutti i miei sensi si attutirono. Una porta spalancata. Dei passi veloci. Mi guardai in giro. Avevo ancora mal di testa. Però non era forte come prima. “Severus…” sussurrai, distratta. Accanto al letto la solita sedia. Piton era chino verso di me, con le braccia conserte sul letto e sopra la testa appoggiata. I capelli ricadevano morbidi sulle lenzuola. Il respiro tranquillo. E, sotto il suo viso, la mia mano. Un colpo di tosse mi fece muovere. Severus si raddrizzò sulla sedia di scatto. Mi guardo, poi sospirò. Come se si fosse levato un peso. “Signorina Wyspet…si è svegliata…” commentò, cercando di rimettersi in sesto. “Quanto…ho dormito?” chiesi. “Un’ora buona…il mal di testa le è passato?” mi chiese. Scossi la testa. “Io…” iniziai a dire. “Non dica nulla…prima che si addormentasse è rimasta in stato di semi coscienza e ho visto gli ultimi fatti…giusto per evitare di faticarla con eventuali racconti…” spiegò. Arrossii. “Ha avuto la sua vendetta finalmente…” osservò. Mi prese il fazzoletto umido che avevo sulla fronte e lo immerse in una bacinella d’acqua sul comodino. Annuii. “Non…volevo…che la mia rabbia prendesse così il sopravvento…” sussurrai. “Prima o poi la rabbia doveva venire fuori… la fune si può tirare solo fino ad un certo punto…poi si spezza…” disse, saggio. Sorrisi sarcastica. “Però io mi sento in colpa…” confessai. All’inizio, la scarica di botte date a Josh mi era sembrata magnifica. Esaltante. Avrei perfino voluto fargli di peggio. Però, in quel momento, mi sentivo malissimo. Ero sempre stata dell’opinione che nessun essere umano meritava una punizione enormemente dura. Motivo per cui odiavo la Umbridge ed i Mangiamorte in primis. Nessuno ha il diritto di scegliere nemmeno un particolare della vita degli altri. Soprattutto sceglierne la morte. Mi misi a sedere con le ginocchia al petto e ci appoggiai le braccia conserte. Affondai il viso. Sentii una mano posarsi lieve sulla mia testa. “Signorina Wyspet, il giorno in cui la vedrò usare una Maledizione Senza Perdono, mi metterò a ballare il tango vestito di rosa…” commentò, ironico. Mi strappò un piccolo sorriso. “E ora, si sdrai…devo continuare a bagnarle la fronte…” mi ordinò. Obbedii. il professore mi poggiò sulla fronte il fazzoletto inzuppato d’acqua fredda. “Posso chiederle una cosa?” gli chiesi. Era una domanda piuttosto privata. Lui alzò le spalle. “Ho scelta?” sbottò rassegnato, sedendosi sulla solita sedia vicino al letto. “Però è una cosa molto privata…” precisai. Piton alzò un sopracciglio. “Dunque?” rimbeccò, spazientito. “Ecco…quando…era nei Mangiamorte…lei…ha…mai…” cercai di dire. Lui sospirò. “…ucciso qualcuno?” completò per me. Annuii imbarazzata. Mi guardò. Non avevo paura di cosa mi avrebbe risposto. Era vero, odiavo i seguaci di Voldemort, però, come potevo odiare Severus? Il mio cavaliere dall’armatura verde e argento. Lo scopo della mia domanda era un altro. Passarono dei minuti. “Lo vuole veramente sapere?” mi chiese. Annuii sicura. “Ebbene…direttamente non ho mai eseguito nessuna Maledizione, e quindi si può dire che non abbia mai ucciso nessuno…” iniziò a spiegare. Lo guardai e lui schivò i miei occhi. “…purtroppo, ho fatto un grave errore…uno di quelli che non riuscirò mai a cancellare…” continuò. “Quelli che trafiggono il cuore come spade?” chiesi. Severus annuì. “Per puro caso origliai…qualcosa…la riferii a Voldemort…e questo uccise…i genitori di Potter…” proseguì, incerto. Cercavo di catturare i suoi occhi, ma questi mi sfuggivano. Non rimasi particolarmente stupita dalla sua confessione. Certo, era una cosa grave. Ma dopotutto ora lui lavorava per Silente. E quindi si era pentito. “Però non vuol dire che li uccise lei…” puntualizzai. Ma Piton continuò ad evitare il mio sguardo. Allungai una mano e gli alzai il piano il viso. “Mi guardi…” gli chiesi, gentile. Lui sostenne i miei occhi per qualche minuto. “Non le ho rivolto quella domanda per accusarla e di certo non cambierò il mio giudizio su di lei in base alla sua confessione…la mia risposta l’ho avuta…” sorrisi. Gli accarezzai una guancia, poi tornai a poggiare la mano accanto al fianco, sul letto. “Il mal di testa le passerà a breve…nel frattempo, rimarrà qui…” spiegò, alzandosi. “Oramai lei è il mio infermiere personale…” scherzai. Lui scosse la testa facendo un sorrisino. “Non combini danni come suo solito, riposi piuttosto! Io sono nel mio ufficio a correggere dei test…” spiegò. Lo guardai delusa. “Se pensa che rimarrò qui con lei si sbaglia…” sbottò. “Ma…non voglio rimanere qui da sola…” rimbeccai, triste. Severus sbuffò e si spostò contro il muro la sedia. “La prego…” lo pregai, supplichevole. Lui inarcò un sopracciglio. Tirò fuori la bacchetta, e, in meno di un minuto, Flower apparve accanto a me. “Ecco…ora non è da sola…” commentò soddisfatto. Nemmeno il tempo di poter replicare, che era già andato a passo svelto nel suo ufficio. “Professore?” lo chiamai. “Non la sento!” sbottò lui, dall’altra parte. Sbuffai e strinsi a me Flower.  “Allora vorrà dire che mi farai tu compagnia…” gli sussurrai. Lui mi sorrise. In effetti, non poteva fare altro, povero fiore. D’improvviso mi ricordai di Anna ed Hermione. A loro avevo detto che tornavo in dormitorio. Guardia l’orologio sulla parete. Segnava la mezzanotte passata. Chissà se le ragazze erano ancora alla festa. Non avevo nemmeno salutato i gemelli. Tutta colpa di quel Josh! Lui e i suoi ormoni! Però con il calcio che gli avevo dato, se ne sarebbero stati buoni fino alla fine di quest’anno. Dei rumori nell’altra stanza mi distrassero dai pensieri. “Cosa ci fate in giro a quest’ora? Il coprifuoco è già scattato da molto!” sbottò Piton. Sorrisi, immaginando già con chi stesse parlando. “Lo sappiamo, ma è un’emergenza professore!” sbraitò Hermione. “Signorina Granger, vorrei mantenere i miei timpani intatti fino alla vecchiaia se non le dispiace…” rimbeccò lui. Sentii un urletto esasperato. “Lei non capisce! Giulia è sparita!” continuò il prefetto, esagitato. “Herm…” tentò di bloccarla Anna. “Zitta tu! Professore, dobbiamo cercarla! Chissà dov’è! Ha avuto un problema con Josh…aveva detto che tornava in dormitorio, ma quando siamo tornate il suo letto era vuoto!” spiegò preoccupata Hermione. Anna sbuffò, all’unisono con Piton. “Mi ascolti signorina Granger…” iniziò a dire, quest’ultimo. “Non stava bene quando è andata via! Magari si è persa!” continuò ancora apprensiva lei. Sentii un urlo e delle proteste soffocate. “Grazie signorina Haliwell, ha fatto un favore alla comunità…” commentò Piton, acido. Anna doveva aver tappato con una mano al bocca ad Hermione. “Ora, se solo lei mi avesse fatto parlare, saprebbe dove si trova la sua amica…” sbottò ancora Piton. I lamenti del prefetto si placarono. “È nella mia stanza, e riguardo alla storia con quel Corvonero, so già tutto…” continuò a spiegare. “Io l’avevo detto che era venuta qui…” soffiò Anna. “Ha bisogno di riposo. Starà qui finché il mal di testa non sarà passato del tutto…e ora, prima che io vi tolga venti punti ciascuna per avermi infastidito pur sapendo già dove si trovasse la signorina Wyspet, sparite…” disse acido. “Ma…non possiamo vederla?” chiese Anna. “Ora conterò fino a dieci…se non evaporate entro tale numero, toglierò alla vostra casa quaranta punti ciascuna, per aver disobbedito all’ordine di un professore…” rimbeccò, seccato. “Vogliamo vedere Giulia!” commentò ancora Anna. “Uno…due…” iniziò a contare Piton. “Ma…” insistette Anna. “…quattro…cinque…” continuò lui ignorandola. “Anna…andiamo… domani pomeriggio se non sta ancora bene la veniamo a trovare…” propose Hermione. “Sei…le ricordo signorina Granger che questa non è l’infermeria e non ci sono orari per le visite…sette…” sbottò Piton. “Però non è giusto! Capisco che voglia Giulia tutta per se, però noi siamo le sue amiche!” rimbeccò Anna. “Otto…nove…” continuò il professore. “Andiamo Anna!” disse il prefetto, quasi con paura. “E va bene…però domani pomeriggio torniamo!” concluse la castana. Poi sentii la porta chiudersi. I passi svelti di Severus. La sedia che si sposta. Sorrisi. Mi dispiaceva per le ragazze. Però con la confusione che avrebbe creato Anna, il mio mal di testa non sarebbe migliorato. “Professore?” lo chiamai. “Dorma!” rispose acido lui. Mi rannicchiai in un angolo del letto. Nella speranza che Severus venisse a farmi compagnia durante la notte. Chiusi gli occhi. E abbracciai stretto Flower. Mi addormentai di colpo. Per poi risvegliarmi tempo dopo. L’orologio segnava le due e mezza passate. Nella stanza, illuminata dal camino, le ombre si riflettevano sulle scure pareti. Avevo addosso la coperta. Mi girai, nella speranza di trovare Severus accanto a me. purtroppo il posto che gli avevo riservato era vuoto. Vidi una luce traballare nella stanza azzanno. Possibile che stesse ancora correggendo i test? Mi alzai, tenendo Flower per una foglia stretto nella mano. Mi affacciai alla porta. Piton era chino sui fogli, penna alla mano. Controllava velocemente due fogli vicini. Un fuocherello lo illuminava, sospeso a mezz’aria.  “Professore…cosa fa ancora alzato?” sussurrai. Piton era talmente concentrato, che non si accorse subito di me. Quando si girò, attirato dalla mia vocine flebile, sobbalzò. “È tardi…venga a letto…” gli sorrisi, ancora assonnata. “Torni a letto signorina Wyspet…io ne avrò ancora da fare qui…” rispose, tornando con lo sguardo sul foglio. Pian piano lo raggiunsi. Vicino a lui ancora un pacco di fogli ancora da correggere. “Non vorrà rimanere sveglio tutta la notte? Sono quasi le tre…” commentai, stupita. Il mio tono assomigliava vagamente a quello di Luna. “È il mio lavoro…gliel’ho ripetuto un milione di volte…” sbottò, seccato. Gli presi delicatamente la manica della camicia. “Il suo mal di testa potrebbe peggiorare…vada a letto...” ripeté. Scossi la testa. Poi sbadigliai. “Si rovinerà la vista a stare qui al buio chino sulla scrivania…” commentai. Piton mi guardò scettico. “Abbiamo diviso il suo letto già una volta! Ed il mal di testa non è contagioso! Prometto che me ne sto dalla mia parte e non scalcio…” proposi. Severus mi guardò divertito. “Mi ha già fatto perdere dieci minuti…” sbottò. “Bene! Allora rimarrò qui a disturbarla!” esclamai. Piton sbuffò e si alzò. “Ha vinto…mi ha così esasperato che non ho nemmeno più forze per oppormi…” disse, mettendo i fogli ordinatamente in un cassetto. Sorrisi. “Vada a letto…arriverò tra qualche minuto…” ordinò. Lo guardai scettica. “Devo anche chiederle il premesso per andare in bagno?” sbottò. Scossi la testa. “Posso chiederle un favore?” chiesi. Lui mi guardò dubbioso. “Mi…trasfigurerebbe i vestiti in un pigiama? Non è affatto comodo riposare con la gonna e le calze…” spiegai, imbarazzata. “Scommetto che la sua bacchetta è ancora nuova di zecca eh? La usi come fermacapelli come la signorina Lovegood, ma almeno se la porti con se…” mi rimproverò. Poi, tirò fuori la bacchetta e la agitò in aria, mormorando qualcosa. “Ora, torni in camera…si cambi e mi aspetti a letto…” ripeté. Annuii e tornai nella stanza. Sul letto c’era ripiegato un pigiama viola. Sembrava essere morbido e comodo. Piton passò per la stanza e si chiuse in bagno. Mi cambiai con la calma di un bradipo in letargo, e lasciai i vestiti ripiegati sulla sedia accanto al letto. Mi infilai sotto le coperte. La scena a cui avevo partecipato prima, mi ricordava qualcosa. Quando ero piccola, mio padre era solito lavorare fino a tardi. E mia madre lo andava a chiamare. Ripercorsi le ultime parole dette da Severus e arrossii. Mi sistemai sulla parte sinistra del letto. Il fuocherello evocato dal professore svolazzava per la stanza. Sembrava un fuoco fatuo. Un po’ inquietante in effetti. La porta del bagno si aprì. Piton era ancora in camicia e pantaloni. “Mica dormirà così…” lo presi in giro. Lui inarcò un sopracciglio. Adoravo quella sua particolare caratteristica. “Dovrei farmi vedere da lei, una mia studentessa, in pigiama?” sbottò. Sorrisi ed annuii. “Non lo racconterò a nessuno…” dissi, mettendo poi una mano sulla bocca. Per correttezza, misi una mano anche sul sorrisino di Flower. Severus scosse la testa divertito. Poi sospirò. Mi girai dandogli le spalle. In modo che si potesse cambiare. In effetti mi dispiaceva un po’ non poter sbirciare. “Ora può girarsi…” commentò, qualche minuto dopo. Obbedii. Sorrisi alla strana visuale di Piton in pigiama. Verde scuro, di velluto. I piccoli bottoni neri sulla giacca. Al collo, la piastrina di sua madre. E la collana a serpente. Gli feci spazio accanto a me. Si accomodò piano. Timidamente. Io affondai la testa nel cuscino. Il cuore mi batteva a mille. “Cosa ci faceva in giro per i corridoi prima?” chiesi, curiosa. “Il ciondolo ha iniziato a scottare….così ho intuito che qualcosa non fosse andato nel migliore dei modi…” spiegò. E quindi si era precipitato da me. “Grazie…” gli sussurrai. “Dovere…” rispose. Mi avvicinai di poco. Avevo promesso di stare dalla mia parte. Ma volevo stare tra le sue braccia. Sentire il suo respiro. “Professore…” iniziai a dire, in un sussurro. Lui mi guardò. “Si signorina Wyspet?” disse. “Fra due anni…questo sarà tutto normale…” sorrisi. Severus annuì. “Posso…starle un po’ più vicino?” chiesi ancora. Il professore mi guardò. “Come si fa a dir di no a quei due occhi…” sospirò. Sorrisi e mi avvicinai. Ancora qualche centimetro e sarei stata tra le sue braccia. Però rimasi dov’ero. Feci spuntare Flower e lo poggiai sul cuscino. Piton lo guardò inorridito. Risi e lo poggiai sul comodino. Poi sentii il fruscio delle coperte. Severus aveva eliminato i centimetri che mancavano. Piano mi aveva abbracciata. Mi rannicchiai vicino a lui. La fronte appoggiata al suo petto. Sentivo il suo cuore battere. “Buonanotte professor…Severus…” sussurrai. Un suo sussulto nel sentire pronunciare il suo nome. “Buonanotte signorina Giulia…” rispose, a sua volta. Sorrisi e chiusi gli occhi. E mi addormentai così. Tra le sue braccia. Cullata dal battito del suo cuore.
Quella notte dormii tranquilla. E sognai. Anche se non mi ricordavo cosa, sapevo di aver sognato cose belle. Era sempre così, quando Severus era con me. Aprii piano gli occhi. Mi strinsi nella coperta. Mi ricordai di essere rimasta da Piton, così allungai un braccio fuori dalle lenzuola. Un brivido di freddo mi colpì. Era sabato mattina. Niente lezioni. Tastai vicino a me con la mano. Mi voltai verso il suo lato. Come prevedevo, era vuoto. Il pigiama appoggiato infondo al letto. la stanza era ancora buia. Sbadigliai e mi stiracchiai, per poi tirarmi le coperte fino al mento. Immersa nel suo profumo. Avrei voluto dormire in quel letto tutte le sere. Davanti al camino acceso. Sbirciai l’ora . erano le undici e mezza passate. Avevo davvero dormito tanto. Ed il mal di testa mi era passato. Aspettai qualche minuto, poi mi alzai. Presi Flower e mi avvicinai piano alla porta dell’ufficio. Come mi aspettavo, Piton era alla scrivania. I fogli alla sua destra erano dimezzati a quelli della notte. Feci spuntare Flower dalla porta socchiusa. “Buon giorno professore!” gli feci dire, con la mia vocetta da peluche. Piton sobbalzò e si voltò. Alzò un sopracciglio. Risi. “Buon giorno!” ripetei, con la mia voce. “Finalmente si è alzata!” commentò. Mi squadrò. Ero ancora in pigiama. Arrossii. “Poteva svegliarmi…” osservai, sempre allegra. “Nemmeno una bomba la può svegliare signorina Wyspet…” sbottò. Sorrisi. “Ha quasi finito di correggere i test…a che ora si è svegliato?” chiesi. “Prima di lei sicuramente…” rispose, acido. “Così avrà tutto il pomeriggio libero…” gli feci notare. Piton mi guardò scettico. “Se pensa che lo passerò con lei si sbaglia…” disse subito. Lo guardai delusa. “Ora si cambi e vada a fare colazione…altrimenti le sue amiche rimbomberanno qui…” mi ordinò, riconcentrandosi sui fogli. Abbracciai Flower. “Perché non ci vuole più bene professore?” dissi, con la vocetta da fiore. Lo vidi rabbrividire. “Eh si Flower…il papà si è stancato di noi…” sospirai, rassegnata. Piton rimase immobile per qualche minuto. “Non…dica sciocchezze signorina Wyspet…certo che le voglio bene!” sbottò, incerto. “E a me non ne vuole professore?” ripetei da parte di Flower. “Per nulla…” rispose acido. “Non dica queste cose a Flower! Altrimenti gli blocca la crescita…” lo rimproverai. Piton mi guardò esasperato. “O se ne va, oppure smetterò di volerne anche a lei…” commentò. “Capito!” risposi. Filai in camera a cambiarmi. “Posso usare il bagno?” chiesi. “Ovvio…non serve che mi chieda il permesso…” rispose il professore. Mi lavai la faccia e mi pettinai i capelli. Arrivai a quaranta colpi di spazzola. Sistemai il fermaglio. Piegai il pigiama e lo poggiai sulla sedia, dove prima c’erano i miei vestiti. “Pronta!” esclamai, tornando nel suo ufficio. “Bene…ora, lei e il suo fiore potete andare a fare colazione…” propose. Sorrisi. “Posso tornare stasera?” chiesi. Lui alzò le spalle. “Tanto anche se glielo vieto lei verrà lo stesso…” sbottò. Mi sporsi e gli dieci un bacio sulla guancia. “Grazie per ieri sera…” lo ringraziai. Severus mi sorrise. Lo salutai con una mano, poi uscii dall’ufficio. Trotterellai fino in dormitorio, con il mio fiore attorcigliato ad un braccio. Le mie due compari erano in camera, ovviamente. Mi chiesero i particolari della sera prima. Gli raccontai di come Josh mi aveva portata fuori. Del suo cambio di personalità e di come l’avevo picchiato. Poi dell’incontro con Piton. E della notte trascorsa da lui. Scendiamo per il pranzo. Il pomeriggio lo trascorremmo in giardino, sulla riva del lago. Con i gemelli, Ron ed Harry. Anna aveva invitato Draco, così, ad un certo punto, si erano concessi una passeggiata da soli. Hermione sospirava leggendo il suo libro. Mi alzai per andare sul limitare dell’acqua. Mi tornò in mente l’alba. Il sole batteva forte. Ed io mi ero portata via il mio ombrello. “È davvero una bella giornata!” osservò Fred, comparendomi vicino. Annuii. “Bell’ombrello! Un regalo dal tuo amante segreto?” scherzò, facendomi l’occhiolino. Sorrisi imbarazzata. “Mi dispiace di essere andata via senza salutarvi ieri sera…” mi scusai. Lui scosse la testa. “Non ti preoccupare…piuttosto, mi dispiace di averti lasciata nelle mani di quel verme…anche se mi hanno detto che te la sei cavata bene…credo che sia ancora in infermeria…” commentò ancora Fred. Arrossii dalla vergogna. “Non volevo…fargli tanto male…mi ha provocata…” mi giustificai. Lui mi scompigliò i capelli. “Sai, mi dispiace quasi lasciare la scuola…” si lasciò sfuggire. Sobbalzai. “Cosa…cos’hai detto?” chiesi, stupita. “No…nulla nulla…” negò subito. Lo guardai sbalordita. “Muoviti Fred! Dobbiamo battere questi due!” lo chiamò George. “Arrivo!” rispose lui. “Lasci la scuola?” chiesi, con un filo di voce. Fred sorrise. “Vedrai…per ora però, non ti preoccupare piccola Giulia!” mi prese in giro. Mi scompigliò ancora i capelli. E mi diede un bacio sulla fronte. Poi andò dai ragazzi. Quell’ultima scoperta mi aveva letteralmente lasciato senza parole. Fred era stato quello con cui avevo trascorso più giornate al primo anno. Mi divertivo un sacco con lui, George ed Anna, a far impazzire Percy. Si può dire che fosse come un fratello. Rimasi a fissare il lago, finché non mi si avvicinò Harry. “Come stai?” mi chiese. Alzai le spalle. “Meglio…” sorrisi. “Sai…non pensavo potessi picchiare così un ragazzo più grande di te…cercherò di non farti arrabbiare da d’ora in poi…” mi prese in giro. Gli tirai piano un pugno sul braccio, e lui fece finta di averne perso la sensibilità. Scoppiammo a ridere entrambi. Gli guardai la mano. Il primo che aveva subito la punizione della Umbridge era lui. Poi io ed Anna. La scritta era ancora marchiata sulla sua pelle. Più le scritte punitive avute dopo la scoperta dell’Esercito di Silente. “Tu come stai?” gli chiesi. Harry alzò le spalle. “Giulia…la situazione sta peggiorando…” iniziò a dire. Lo guardai dubbiosa. “La Umbridge sta perdendo il controllo…bisogna fermarla…” continuò. “Su quello sono d’accordo…sono la prima a dire che quella donna è da far rinchiudere…” concordai. Harry sorrise. “Sappi che se ti serve aiuto, io ci sono…i membri dell’ES non si lasciano da soli…” dissi. “Grazie…” rispose lui. Tornò dai gemelli e Ron, mentre io mi andai a sedere vicino ad Hermione. La sera andai da Severus. E così il giorno dopo. E quello dopo ancora. Così passarono i giorni. Era il giorno prima dei G.U.F.O., quando, uscendo dalla biblioteca, sentii un pianto. Trovai una bambina, appoggiata schiena al muro, con una mano stretta nell’altra. “Sicily?” la riconobbi. Lei alzò la testa. Gli occhi azzurri appannati dalle lacrime. Andai da lei. “Stai bene? Cos’è successo?” le chiesi, preoccupata. Lei scosse la testa. Notai dei segni rossi sulla sua mano. “Per favore, fammi vedere…” la pregai. Sicily scosse la testa energicamente. La guardai in attesa. Avevo già un presentimento. Lei si arrese e mi tese la mano. La scritta ‘non devo disobbedire alla preside Umbridge’ primeggiava sulla sua pelle bianca. Era davvero troppo. “Sicily…dimmi…che cos’hai fatto per farti mettere in punizione?” le chiesi, sedendomi vicino a lei ed abbracciandola. “Stavo tornando in dormitorio dopo le lezioni pomeridiane…ero andata a prendere degli appunti nell’aula di Trasfigurazione…li avevo dimenticati la mattina…e mi servivano per il compito che ci aveva dato la professoressa McGranitt per il giorno dopo…lei mi ha sorpresa e mi ha detto di darle in quaderno…ma quegli appunti mi servivano davvero…così le ho solo spiegato il motivo per cui non potevo consegnarglieli…e ieri mi ha messo in punizione…” raccontò, tra i singhiozzi. Le accarezzai la testa. “Se ci fosse stato Silente non gliel’avrebbe permesso…” sbottai, irritata. Sicily mi guardò. “Vedi…il nostro preside, Albus Silente, è un grand uomo…è saggio, e gentile…” le spiegai. “Allora perché ha lasciato la scuola in mano alla Umbridge?” mi chiese. Alzai le spalle. “Non lo so…nessuno lo sa…però, quello che ti posso dire, è che questi segni andranno via presto…guarda…” le dissi. Le mostrai le mie mani. “Ho avuto un sacco di punizioni con quel confettone…eppure le mie mani ora sono come nuove!” sorrisi, battendole. “E ora, non piangere più…” sussurrai, porgendole un fazzoletto. “Davvero una scena commovente…” sentii sbottare. Mi voltai. “Signorina Wyspet, signorina Warner, cosa ci fate in giro?” commentò ancora il rospo rosa. Sicily si nascose dietro di me. “Non dovrebbe essere a studiare? Ci sono i G.U.F.O. domani…” continuò, rivolta a me. La guardai. “Lo so…infatti sono appena uscita dalla biblioteca…” risposi. La Umbridge mi squadrò. “Vedo che la lingua non le si è ancora frenata…” commentò, acida. Le sorrisi di sfida. Lei guardò Sicily. “Vai in dormitorio…” le ordinai. Lei mi guardò titubante, ma io glielo ripetei. Così dovette correre via. Rimanemmo da sole. “I ragazzi cattivi vanno sempre puniti…” ghignò, con quel suo muso da rospo. Incrociai le braccia al petto. “Non so cosa stia combinando con le sue amiche signorina Wyspet, ma l’avverto…lo scoprirò…e le farò sparire quel sorrisino dal viso…” disse, tranquillamente, con la sua vocina irritante. Sorrisi ancora di più. “Nulla più togliermi il sorriso…” rimbeccai. E me ne trotterellai tranquilla verso la Sala Grande. Raccontai l’accaduto alle ragazze. Più che altro, per far alzare la testa di Hermione dai libri. La sera, andai a salutare Piton. mi augurò buona fortuna per gli esami. Ripassai un po’, mentre lui correggeva i soliti test. Tornai in dormitorio verso le undici. Come mi aspettavo le ragazze erano chine sui libri. “Giulia, come fai ad essere così tranquilla?!” sbraitò Hermione. Scossi la testa. “Appunto! Se i G.U.F.O. mi vanno male, mi toccherà davvero trasferirmi da Draco!” sbottò nervosa Anna. “Non sono per nulla tranquilla…anzi…tutt’altro…” risposi, andando alla finestra. Delle nubi nere si erano addensate ed avevano coperto la luna. Il lago sembrava più profondo e buio del solito. Soffiava un vento fortissimo. Un lampo squarciò le nuvole nere. “Il vento porta la paura, di una tragedia che accadrà…accanto a lui sono sicura…ma penso al peggiocce verrà…” iniziai a cantare. Billy Joe saltò sul davanzale della finestra. Lo accarezzai. “I miei pensieri son per lui, ma non si accorge, dell'emozione che accende in me…chissà  se capirà…se il fato lo vorrà…” continuai. Un altro lampo. Sentii un libro cadere. Probabilmente Hermione si era spaventata. “Giulia…vieni via di li…” mi pregò. “Amico mio qual è la via? Dove ti porta la follia? Vorrei venire anch'io con te, ma l'incertezza è forte in me…” sospirai. Accarezzai Billy Joe. Stavolta anche un tuono. Il micio soffiò e scese dal davanzale. “Non so se un giorno mi vorrai...per te soltanto, per questo ho pianto…” dissi, ancora. “Giulia…qualcosa non va?” mi chiese Anna. “…perchè io so che il sogno svanirà e non si avvererà …” finii. La castana mi guardava preoccupata. Hermione stringeva un libro al petto. “Herm…mi sa che avevi ragione…ho un brutto presentimento…” spiegai. Anna mi tirò un cuscino. “Non dire stupidaggini! Sei una secchiona, l’esame ti andrà benissimo!” sbottò poi. Scossi la testa. “Non è per l’esame…è…in generale…” precisai. Anna sbuffò. “Siamo tutte e tre esaurite…meglio se andiamo a letto…” rimbeccò. Guardai Hermione. Lei abbassò il suo sguardo. Andammo a letto. E la mattina ci svegliammo più agitate della sera prima. Ci recammo nell’aula stabilita insieme a quelli di Grifondoro. Anna e Draco si scambiarono un bacio porta fortuna. Strinsi il ciondolo a serpente più volte. La Umbridge ci fece sedere. Ci dettò le regole. E ci consegnò il foglio con le domande. Le lessi sbadatamente. Mi voltai e vidi Hermione scrivere convulsamente. Tornai a girarmi. Anche Anna scriveva senza sosta. Iniziai a scribacchiare qualche risposta. Non era lo studio che mi mancava. La sensazione di inquietudine c’era ancora. La sentivo. Ad un certo punto, si sentì un picchiettio sulla porta. Mezza sala si voltò. La Umbridge andò a passo svelto verso la porta. Scambiai uno sguardo con Harry. Il confettone rosa aprì la porta. Ero circa a metà sala. Non riuscivo a vedere bene. Mi alzai curiosa. Vidi un fuoco azzurro scoppiettare appena varcata la soglia della porta. La Umbridge uscì dalla sala. Tutti eravamo voltati verso di lei. Impauriti. Curiosi. Speranzosi di annullare l’esame. Si sentirono degli schiamazzi, poi, due fulmini rossi entrarono a cavallo delle loro scope. Ridendo. Al loro passaggio i fogli si alzarono. Seminarono fuochi d’artificio per tutta la sala. Era uno spettacolo! Alcuni mancarono la Umbridge per un soffio! Una scintilla viola iniziò a girare davanti a me. poi, scoppiò assumendo la forma di un piccolo teschio. Sorrisi e voltai lo sguardo verso i gemelli. Capii cosa avesse voluto dire Fred quel giorno, in riva al lago. Era vero che avrebbero lasciato la scuola. Ma l’avrebbero fatto con stile. In mezzo alla confusione il confettone si guardava intorno stranita. Gazza l’aveva appena raggiunta e come lei, era piuttosto confuso. Ad un certo punto George buttò in aria l’ennesimo fuoco. Questo si trasformò in un drago enorme, che rincorse il confettone rosa. Appena la raggiunse la inghiottì, scoppiando in mille fuochi, che ruppero tutti i decreti appesi al muro, facendoli frantumare in mille pezzi. I gemelli uscirono di volata dalla sala, volando ai lati della Umbridge, poi schizzarono in cielo. Guardai Anna ed Hermione. Annuimmo all’unisono e, con tutti gli studenti corremmo fuori. I gemelli svolazzavano nel cielo tra risate e grida di approvazione dagli studenti. In mezzo alla folla, il povero professor Vitious cercava di vedere qualcosa, dal suo scarso metro. Tutti gioivano, applaudivano e fischiavano. Tante scintille formavano una grande W nel cielo. Si può dire che ci fosse tutta la scuola ad ammirare i loro fuochi. Molti erano accorsi sentendo il trambusto. Guardai verso Fred. Mi fece l’occhiolino e mi mandò un bacio. Sorrisi e lo salutai levando una mano verso di loro. Mi voltai verso Hermione, vicino a me. La vidi girarsi di scatto verso Harry. Era pallido. Si accasciò per terra. Io e le mie due amiche andammo da lui. “Harry…tutto bene?” gli chiese, il prefetto. Lui respirò profondamente. “Sirius…Voldemort l’ha catturato…” spiegò. Si rialzò, dopodiché iniziò a camminare a passo svelto. Io, Ron, Hermione e Anna lo seguimmo. “Come fai ad esserne certo?” rimbeccò ancora il prefetto. “L’ho visto! È lo stessa cosa che mi è capitata con il padre di Ron! Sirius mi ha detto che Voldemort cerca qualcosa…qualcosa che gli serve!” spiegò, salendo in fretta le scale. “Ma Sirius cosa centra? Come potrebbe…” iniziai a chiedere. “Lui potrebbe sapere dove si trova!” rimbeccò ancora lui. “Potrebbe essere solo una proiezione di quello che Voldemort vuole farti credere…una trappola insomma!” ipotizzò Anna. Il ragazzo la ignorò. “Harry, ascoltami! Forse ha ragione Anna! Non puoi…” le diede ragione il prefetto. “Hermione…non posso permettere che lui muoia! È la mia famiglia! La mia unica famiglia!” rimbeccò ancora Harry. Ron ci guardò dubbioso. “Cosa dobbiamo fare?” chiese, poi. “Dobbiamo usare un camino!” esclamò convito Harry. “Ma…sono stati tutti bloccati…” osservò Anna. “No…non tutti!” disse ancora il ragazzo. Conoscevo bene la strada che stava facendo. Entrammo nell’ufficio della Umbridge. Un brivido di orrore mi pervase. Mi strinsi vicino ad Anna. I gatti iniziarono a miagolare forte. Ci dirigemmo al camino. “Noi veniamo con te!” disse Ron. “È troppo pericoloso!” sbottò Harry. “No…non andrai avanti da solo…dobbiamo farlo assieme!” lo corresse Hermione. “Non così in fretta…” disse una voce. La conoscevo troppo bene. In pochi minuti la Squadra d’Inquisizione aveva portato nell’ufficio tutti i membri dell’ES. Harry era stato messo su una poltrona davanti alla Umbridge. “Lavorate per Silente vero?” soffiò. “No!” rispose il ragazzo. Il confettone gli diede uno schiaffo. Feci un passo in avanti ma Pansy mi trattenne per il braccio. “Mi aveva chiamato?” chiese Piton, entrando. Lo guardai. “Ha portato il Veritaserum?” chiese lei, sbattendo le ciglia. Severus però guardava me. E lei se ne accorse. “Ha consumato l’ultima fiala per l’interrogatorio alla signorina Chang…” le ricordò lui. La Umbridge lo guardò come se le avesse detto che somigliava ad un rospo. “Non la posso aiutare…” disse infine. “Ha Felpato! Lui ha Felpato, nel posto dov’è!” esclamò Harry. Piton si girò. “Felpato? Cos’è Felpato? Di che cosa sta parlando Piton?” chiese il rospo rosa, a raffica. “Non ne ho idea…” commentò il professore. Harry sperava che Severus andasse a soccorrerlo. Però io sapevo. Lui non sarebbe mai andato da Sirius. “Bene…non mi lasci scelta Potter…questo…è un ordine del Ministero…non ho alternative…penso che la Cruciatus sia un’ottima soluzione…” osservò irritata la Umbridge. La guardammo tutti ad occhi sbarrati. “Lei non può farlo!” sbottò Anna. Il confettone le rivolse uno sguardo di fuoco. “Lei sa qualcosa signorina Haliwell? Vuole forse passare al posto del signor Potter?” le chiese. Le fece segno di avvicinarsi. Draco la prese per il braccio e il confettone riservò uno sguardo d’ira anche a lui. “Le Maledizioni Senza Perdono sono proibite!” rimbeccai, liberandomi da Pansy e mettendomi davanti ad Anna. La Umbridge mi guardò con sufficienza. “Nessuno lo verrà a sapere…” sogghignò. Piton era ancora sulla porta. “Quando lo verrà a sapere Silente la pagherà!” ringhiai. “Ah davvero? Bhe, Silente non è qui la momento…” disse ancora, sorridendo. Era chiaro che non aspettava altro che vendicarsi. Ero stata la sua spina nel fianco per tutto l’anno. “Però è sempre il nostro preside…” osservai. Il confettone battè un pugno sulla scrivania. “Io sono il vostro preside!” mi corresse. Alzò Harry dalla sedia e si avvicinò. Mi trascinò al posto del ragazzo. Continuavo a guardarla con odio. Poteva infliggermi qualunque maledizione volesse. Non m’importava. La Umbridge si avvicinò, bacchetta pronta. Iniziò a sillabare la prima lettera. Mi voltai e vidi Severus. Mi stava guardando. Nei suoi occhi la scintilla di quel giorno. Del mio compleanno. Quando mi aveva difesa dall’armadio. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Hermione lo precedette. “Avanti Giulia, diglielo!” gridò. Il confettone fermò la sua avanzata. “Dirmi cosa?” chiese poi. “Se vuole sapere dov’è…gliela mostrerò…” continuò il prefetto. La guardai dubbiosa. “Che cosa?” chiese ancora il rospo rosa. “L’arma segreta di Silente” rispose ancora. “Bene allora! Avanti, andiamo!” ordinò, puntando la bacchetta verso di lei. Hermione si avvicinò ed Harry la segui. Anche io ed Anna ci avvicinammo. Il rospo ci fermò. “Senza di loro non vado da nessuna parte…” disse ancora Hermione. Il confettone si dovette arrendere. Uscimmo piano dall’ufficio. Piton mi prese per un braccio. “Non lo faccia…” mi sussurrò. Scossi la testa. “Tornerò subito…non si preoccupi..” lo tranquillizzai. Gli dieci un minuscolo e camuffato bacio sulla guancia, poi tornai al gruppo. Portammo la Umbridge nella foresta. Avevo capito cosa aveva in mentre Hermione. La solita astuta ragazza. Arrivammo dove sarebbe dovuto essere Grop, il fratello di Hagrid. Ci sarebbe dovuto essere, appunto. La corda che lo teneva giaceva a terra. Guardai nervosa Hermione, che a sua volta guardò Anna ed Harry. “Voi…vi siete presi gioco di me!” soffiò irritato il rospo rosa. “Io…io odio i ragazzini!” disse ancora. Dei rumori attirarono la nostra attenzione. Dei centauri si erano riuniti e ci fissavano. La Umbridge iniziò a rimproverarli. Uno le puntò l’arco contro e lei gli fece un incantesimo. Pareva che una corda gli stesse stringendo il collo. Iniziò a contorcersi per terra. Hermione si precipitò da lui. “Per favore, la smetta!” la pregò. “Io voglio disciplina!” squittì, stizzita. D’improvviso, la vedemmo sollevarsi. Grop l’aveva presa in un pugno come aveva già fatto con Hermione tempo prima. Il rospo rosa iniziò a dimenarsi. Ed i centauri si scatenarono. Il gigante la lasciò andare, però i centauri la presero. “Voi non sapete chi sono io!” iniziò a sbraitare. “Avanti! Ditegli che non sono pericolosa!” sbottò, verso di noi. “Sono spiacente professoressa…ma non devo dire bugie…” rispose Harry. Così la Umbridge venne portata via. Fu una grande soddisfazione per me. Non ci fu il tempo per i festeggiamenti però. Dovevamo andare al Ministero. Tornammo al castello. E ci riunimmo agli altri. Harry cercò di convincerci a rimanere a scuola. “Sei un’idiota! Te lo sei forse dimenticato?” sbottò Anna. Il ragazzo la guardò enigmatico. “L’ES non abbandona mai un suo membro!” continuai. “Nella buona e nella cattiva sorte!” completò Hermione. Harry ci guardò incerto. “A dirla tutta poi…” iniziai a dire. Tutti mi guardarono. “They all deserve to die! Even you Mrs. Lovett...even I!” cantai. “Davvero un buon augurio Giulia!” rimbeccò Anna. Sorrisi. “Allora, dove si va?” chiese Ginny. “Dobbiamo andare a Londra…” rispose Harry. Non sapevo quello che mi aspettava. Ero cerca solo di una cosa. Che seguendo Harry, avrei permesso una vita migliore. A me. Ai miei amici. A Severus. E a Eveline.
  
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