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Autore: ParalyzedArtwork    15/02/2013    2 recensioni
Dopo la famiglia Harmon, la casa fu intrisa da un grande via vai di gente, il piano di Vivien si stava attuando... Ma cosa accade se una coppia sconvolge le loro carte?
Ed il piccolo nipotino di Constance, come sarà diventato? Ed i fantasmi, cercano ancora vendetta?
Ed un collegamento con Asylum?
Buona lettura.
Genere: Erotico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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 Dieci anni dopo.

La Casa non era cambiata per niente dall’ultima volta che le sue pareti erano state tinte di sangue e le urla della morte avevano invaso la calce, penetrando fin sotto le fondamenta.
Il furgone si fermò di fronte il vialetto, con una frenata quasi secca, segno che  il conducente non possedesse la minima idea di dove fosse situata l’abitazione e che  il suo andamento fosse un bel po’ casuale.
”E’ meravigliosa…” le parole erano sospese in aria, dette a mezzo fiato. “… La casa di una principessa..” in questo momento la sua espressione aveva smesso di essere così leggiadra  e stava assumendo quel tono follo e fantastico di qualcuno che vive ancora con la testa appesa alle nuvole. La casa aveva perso tutti gli sguardi ed adesso l’attenzione era su lui, quasi questa mossa fosse stata attuata di proposito. “ Per una volta quello schifo di sito online, propone qualcosa di decente. L’ultima volta ha  fatto passare una baracca per una villa sul mare. Dio santo!”
La sua audience era ormai calata a picco. La giovane scuoteva la testa a significare la penosità di quelle parole, la donna dando una fugace occhiata prese coraggio ed attraversò il cancello.
”Non che tu non abbia ragione.” Fissava le finestre su cui batteva un sole caldo, come se agosto non volesse andarsene ancora, quell’anno. In quel momento intravide una macchia alla finestra, degli occhi quasi, che la fissavano. Erano occhi spenti, che non lasciavano intravedere sentimenti, come se ormai non ci fossero più speranze e le sorti fossero state già decise per tutti. Le tolsero il fiato, il respiro diventò improvvisamente lento, e lo trattenne per qualche istante. Sentendosi colpita cercò di aguzzare lo sguardo per capire meglio cosa fosse quelle creatura, ma più cercava di capire la natura di quella macchia più si accorgeva che era svanita.
Gli altri due la raggiunsero e vedendo le loro ombre passargli velocemente accanto si riprese dai suoi pensieri. “Sei morta per caso?” e con questa domanda retorica fece scoppiare l’ilarità di tutti nel giardino, era un gran giullare. Arrivarono davanti al portone, ancora esaminando quello strano giardino come fossero ad una mostra e cercassero di trovare l’attrazione principale del posto.
 In quel momento il portone si spalancò e la quiete di quella visione così misteriosa fu interrotta da  una voce squillante e quasi snervante di un’altra donna “Buon giorno carissimi! Voi dovreste essere la famiglia Marshall, lieta di conoscervi, vogliamo entrare?” senza nemmeno permettere alla famiglia di presentarsi si buttò a capofitto nell’abitazione quasi fosse una scena fatta e rifatta più volte.
Camminava lentamente e aveva in braccio un cane batuffoloso, con un orrido fiocchetto rosa con delle perline. Iniziando ad aggirarsi per il salone quasi come una ballerina di danza classica pronunciava quel discorso così noioso e carico di monotonia che lasciava intravedere ben poca voglia di convincere la giovane coppia ad acquistare la casa “ E’ la classica casa vittoriana di Los Angeles… Costruita negli anni venti dal medico delle grandi star dell’epoca.  E’ semplicemente  favolosa… Guardate queste  sono lampade  tiffany originali!  I penultimi proprietari, tra quelli che rimasero qui più a lungo, amavano questa cosa proprio come un figlio hanno restaurato tutto! Pensate!”
La sua voce aveva assunto un qualcosa di estremamente buffo. Era annoiata, assonnata e stanca e cercava di far risaltare le parole come cariche di stupore ed ammirazione ottenendo un effetto di schernimento verso quel posto. I due coniugi si lanciarono occhiate confuse e la piccola tratteneva a stento le risate. Che piccola ormai non era più. Aveva quasi diciotto anni, anche se le mancavano ancora tre anni al conseguimento del diploma. Era quasi un metro e settanta, occhi scuri come la pece, carnagione chiara e capelli completamente bianchi. La madre proveniva da una famiglia di albini mentre il padre era del centro america, quasi sud e da lui aveva ereditato gli occhi nocciola. Aveva i capelli mossi legati con una mezza coda. Sembrava una bambola di porcellana. Indossava una gonna a quadri rossa e verde, con una grande felpa nera con su scritto “ WAKE THE DEAD” e delle calze pesanti e delle converse rigorosamente nere. Giratasi leggermente a ridere, i suoi occhi erano stati colpiti da delle palline che erano cadute a terra in quell’istante e silenziosamente continuavano a rotolare sul parquet di legno, ed ancora una volta uno schiocco e le palline ri cadevano fino ad arrivare al muro dove si dissolvevano. Seguì con lo sguardo quella visione più volte, avvicinandosi incosciamente piano piano. Notava che le palline continuavano a cadere, ma non riusciva ad intendere il posto da cui venivano lanciate. Svoltando pian piano per i corridoi, arrivò davanti al luogo da cui tutto sembrava partire, cioè prima di una porticella bianca ormai chiusa e notò con piacere che tutto era cessato. Silenzio, aspettò per circa due secondi e quando crebbe che tutto fosse terminato, si volto per tornare indietro, ma davanti alla porta, oltre essa, si sentirono delle risate. Risate di ragazzi, che risuonavano forti, erano voci possenti e meschine di bambini dispettosi, come se dei pazzi le stessero tagliando la pelle con delle piccole lame e si sentissero felice nel vederle colare tutto quel sangue. Spalancò gli occhi e lentamente, girò lo sguardo a bocca socchiusa e vide la porta di ferro bianca aprirsi, lentamente, cigolando e mostrando le scale intrise di buio. Improvvisamente una pallina cadde giù per le scale e le risate, leggermente più deboli, seguivano quel corso. Girandosi ancora lentamente, fece qualche passo in avanti. Il respiro era diventato leggerissimo, quasi inesistente, i suoi passi erano rigidi come pietra; fissava avanti le scale buie e quella pallina che continuava a cadere quasi trascinata dalle risate. Ancora qualche passo e…



La madre aveva i capelli completamente lisci e bianchi, occhi piccoli color marrone tendente al rossiccio ed una pelle leggermente rosea. A vista d’occhio non avrebbe dimostrato più di 39 anni e un’altezza superiore ad un metro e 75. Aveva iniziato un discorso burocratico con la donna, e aggiustandosi freneticamente la fede al dito color argento, confusamente cercava di spiegarle la situazione in cui si trovavano. “ Abbiamo notato il prezzo molto basso della casa e abbiamo deciso subito di darle un’occhiata. Però per noi questo prezzo rimane eccessivo e volevamo chiedere se fosse possibili prendere la casa in affitto..” A questo punto, l’uomo, un americano di circa quarantacinque anni, alto sul metro ed ottantacinque,  con un bel fisico ancora da giovane che risaltava subito allo sguardo,  disse sistemandosi i capelli chiari “ Stiamo prendo casa in centro, molto vicino alla capitale. Ma prima che possiamo andare ad abitarla ci vorrà circa un anno, fa parte di uno dei nuovi complessi in costruzione lì e noi l’abbiamo acquistato quando ancora si dovevano fare le basi. Purtroppo per poterla comprare abbiamo dovuto mettere in vendita la nostra casa e chiedere un trasferimento. La casa è stata venduta subito, ma per ottenere il trasferimento, bisogna prima soggiornare in un altro posto, o almeno questo per mia moglie, per problemi vari ed inutili direi. Pertanto questa casa sarebbe perfetta perché ci permetterebbe di seguire i lavori in centro e non fare ore e ore di viaggio per lavoro tra andare e ritorno. Noi abitiamo parecchio lontano da qui. Staremo qui, quindi circa un annata, e con la crisi di oggi, i tempi di vendita sono triplicati, soprattutto in piccoli posti come questo, e avremmo deciso di affittarla, magari ad un giusto presto se era d’accordo.” Gli occhi nocciola fissavano la donna sconvolta “ Dovrei parlarne con l’agenzia, ma non credo si riscontrino problemi, ormai non si trae più nessun beneficio da questa vecchia catapecchia..” le sue parole erano quasi rassegnate, stanche, di una donna sconvolta in serio bisogno d’alcool. “… Non capisco, il prezzo è ottimo.” Disse la donna; sentendosi rispondere “Questa casa è maledetta, per professionalità dovrei informarvi che negli anni passati dal costruttore all’ultima coppia risieduta qui, da cui ho adottato questo cagnolino, sono deceduti nella casa… Ognuno con un tragico evento. Ultimamente le coppie scappano dopo una sera, forse questa sarà la nuova maledizione della casa…” si mise una mano sulla fronte quasi sconvolta, come se avesse bevuto un po’ troppo del solito. Era una donna al quanto strana, quasi come se la casa fosse la sua ossessione, il suo delirio. I due erano pietrificati non sapevano che dire.. A mezzo fiato seppero solamente esclamare “Dov’è Danielle.”


…. E cadde. Era precipitata per le scale, spinta, il suo grido era stato quasi soffuso, era precipitata a terra, accanto agli ultimi gradini. Era accasciata di lato e a stento riusciva a muovere la mano. Cercò di alzarsi ma non ne ebbe la forza, intravide delle ombre, strabuzzò gli occhi, stava per perdere i sensi, vide un uomo con un camice, dei tacchi… Poi il nulla. Sentì addosso, delle mani che le infilavano le unghie nella carne per bloccarla, riprì gli occhi debolmente, era sdraiata di schiena a terra con i polsi bloccati, non riusciva a respirare. Lui si avvicinava, spalancava i denti aguzzi e con la lingua leccava il sangue colato sul suo volto, dalla guancia alla tempia, scendendo sempre più giù dal collo al volto… Arrivò alla spalla, piano piano, passando la punta della lingua delicatamente, arrivando all’orecchio, impedendole di riacquistare i sensi. Non riuscita a respirare ed era bloccata da quel ragazzo, colarono alcune lacrime.. Il ragazzo era arrivato al seno.
   
 
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