Svegliarsi all’improvviso, di notte, gli occhi sbarrati nel buio...
Alzarsi e correre via dal letto, ignorando il freddo che entra senza difficoltà nella maglietta bianca troppo grande…
Correre a piedi nudi, sul legno ruvido e freddo, ignorando le schegge, l’umidità e il sale che lo impregna…
Correre, quasi stessi volando, con i capelli che frustano la schiena, ormai bagnati dalla pioggia leggera, ignorando i brividi sempre più frequenti…
Precipitarsi, il respiro ormai affannato, da un ambiente all’altro, scrutando nell’oscurità, ignorando (o cercando di farlo) la paura che ti fa battere il cuore veloce…
Fuggire dalle bende insanguinate, che ancora giacciono nel cestino dell’infermeria silenziosa...
Fluire, leggera come un sospiro di vento, per non svegliare gli altri, ignorando il nodo in gola che stringe sempre più, sempre più a fondo, lasciandoti senza respiro…
Dirigersi, decisa, verso luoghi ben precisi, ignorando il fatto di esserci già passata, per essere davvero sicura che ciò che cerchi non sia lì…
Arrampicarsi su corde ruvide alle mani e ai piedi feriti e intirizziti, ignorando le lacrime che, ormai, si confondono con la pioggia.

E trovarti.
Trovarti di vedetta, mezzo addormentato, una coperta ad avvolgerti, nascondendo le cicatrici e la fatica del giorno appena trascorso.
Trovarti, a fianco una bottiglia vuota e un thermos che non ha più calore in sé.
Trovarti e stringerti forte, rassicurata dal calore e dalle braccia forti che mi circondano, senza chiedere niente.








Stringerti a me, avvolgendoti nella stessa coperta, ignorando l’umidità e la pioggia che porti addosso.
Stringerti, dosando la forza, conscio del fatto che sarei capace di spezzarti.
Stringerti, cercando di darti la sicurezza di cui hai bisogno.
Stringerti, senza dirti niente, perché non abbiamo bisogno di parlare, noi due.
Stringerti, e basta.

So che hai avuto di nuovo un incubo.
Ma sono qui.
Sono vivo.
Puoi asciugare le tue lacrime, Nami.
Puoi tornare a respirare.
Puoi tornare a dormire.
Sei con me.
Non ti lascio.
Non lasciarmi.