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Autore: dark_light    16/02/2013    5 recensioni
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E se Elijah Mikaelson, l’imperturbabile vampiro Originale, il virtuoso e onesto uomo che ama la sua famiglia al tal punto da perdonare i continui tradimenti di suo fratello e da concedergli la possibilità di redimersi, avesse conosciuto nel corso dei suoi mille anni di eternità l’amore? L’amore vero, puro, un amore che scalda il cuore? Un amore capace di sciogliere il più gelido e disilluso dei cuori? Un amore capace di abbattere forti muri, eretti per difesa e barriera? E se il desiderio più alto di Elijah venisse realizzato? Se la sua famiglia tornasse? Cosa accadrebbe se la sua famiglia, se i suoi fratelli e i suoi genitori facessero ritorno in una cittadina all’apparenza tranquilla, che in realtà cela una storia intricata? Una storia di odio, vendetta e delusione. Cosa accadrebbe se, a causa dei desideri troppo ingenui, gli abitanti di Mystic Falls risvegliassero una forza troppo potente per essere sconfitta?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elijah, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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The beginning of everything



« Una famiglia.»
Il suo sussurro si spanse nella sala in cui regnava la luce soffusa del piccolo lampadario di cristallo. Quel piccolo, lievissimo accenno di voce fu captato da ognuno dei presenti. Risuonò come lo schioppo di un fucile, o meglio come quello di un cannone. Esther stava ancora guardando i suoi figli, disposti a cerchio dinanzi a lei e a Niklaus che, strenuamente, tentava di trattenere le lacrime che minacciavano di rigargli le guance coperte da un impercettibile strato di peluria biondissima. Pochi minuti prima sarebbero stati tutti pronti ad abbandonarlo, a lasciarlo solo, come meritava di essere dopo tutto ciò che aveva compiuto ai loro danni, ma l’arrivo di Esther e Mikael, soprattutto della prima, cambiava le carte in tavola per l’ennesima volta. Seppur non fosse lei quella che Rebekah stava osservando con tanto accoramento. Guardava suo padre, l’uomo per cui era stata l’orgoglio più grande. Lei che non aveva mai disubbido, lei che aveva sempre, sempre rispettato ogni sua decisione. Rebekah, la sua piccola stella dalla pelle perlacea, dal cuore grande e dagli occhi sinceri. In quelli di suo padre, rivolti quasi esclusivamente a lei, nulla era cambiato, né l’amorevolezza nei confronti dell’unica figlia che Esther  gli aveva donato né la sfumatura profondamente fiera di lei. Era l’unica, a parte Finn, a provare un reale affetto nei suoi riguardi. Non era il desiderio di essere considerata la figlia prediletta, no, era puro e vero. Ed Esther desiderava che tutto tornasse com’era sempre stato.
« Sì, Elijah, caro,» gli confermò dolcemente, guardandolo per la prima volta da quando aveva messo piede nella camera. Elijah la osservò. Era l’abito che aveva indossato la stessa mattina in cui era morto il loro amato Henrick, il piccolo, innocente bambino che, con la sua dipartita, aveva dato inizio alla più strenua lotta tra creature soprannaturali. Vampiri e licantropi, ambedue predatori, entrambi dannati. Era possibile che due specie così differenti avessero tanti elementi in comune? Che una delle due fosse scaturita per colpa dell’altra? Che l’altra stesse soccombendo dinanzi alla prima? 
« Tu come fai ad essere ancora vivo?» domandò Rebekah con voce dura, osservando suo padre direttamente negli occhi, assottigliando i propri. La sua espressione adesso, dopo aver superato la sorpresa iniziale, non faceva trapelare che implacabile odio nei riguardi di quel padre che l’aveva costretta a fuggire per mille anni, facendole rifiutare alcun tipo di affetto esterno, tranne quello di Nik. Eppure, quando aveva scoperto che era lui il vero assassino della loro madre, non aveva esitato a schierarsi contro di lui, rinnegando l’affetto fraterno che li aveva indissolubilmente legati come un’unica entità. Tradito da tutti. Elijah ne ebbe compassione. Era Niklaus, nonostante tutto. Non poteva tradirlo, non di nuovo. Era così dannatamente scorretto voltargli le spalle dopo tutto ciò che avevano condiviso, ma avrebbe atteso la decisione dei suoi fratelli. Se loro avessero scelto di non obbedire a Esther, però? Se loro avessero deciso di essere una famiglia, ma senza Nik? Tra i suoi fratelli e Niklaus, il ragazzo umano che aveva protetto come meglio aveva potuto. Quella era la decisione che non avrebbe mai potuto prendere.
« Ho visto il tuo corpo bruciare davanti ai miei occhi,» confermò Niklaus, con voce bassa, roca, irritato. Sembrava indignato. Kol quasi sorrise dinanzi a quel tono, con il quale, lui ne era assolutamente certo, nel loro passato di umani Niklaus non si sarebbe mai rivolto. Ma tutto era cambiato. Non erano umani, adesso erano soltanto dei predatori. Degli esseri abbietti che necessitavano di altri per sopravvivere.
« Lo so, Niklaus. Sono un fantasma. Vostra madre mi ha permesso di vivere al vostro fianco come da umani,» spiegò loro Mikael, con voce alta e sicura. Quello stesso tono con cui aveva riferito alla sua famiglia, secoli e secoli prima, in cosa consistesse l’incantesimo che la loro madre aveva scagliato su di loro. I suoi occhi glaciali si fermarono per pochi istanti sulla figura del figlio che non era davvero suo, e notò con piacere che Niklaus sostenne con coraggio il suo sguardo severo, poi cominciarono a vagare tra i propri figli. Elijah, Finn, Kol. Il maggiore, il protettore dei suoi fratelli, non riusciva a scostare lo guardo scuro dalla propria genitrice. Sembrava quasi che non avesse udito le sue parole, né l’avesse visto sul serio da quando era entrato al fianco di Esther. Elijah era il vero problema. Era troppo furbo, troppo disilluso, e sicuramente troppo sospettoso. Un problema difficilmente arginabile, doveva riconoscerlo. Finn, invece, il suo secondogenito, non sembrava troppo sorpreso né sconvolto. In fondo era morto e sepolto da secoli. Non poteva sapere in che modo aveva torturato psicologicamente i suoi figli nel giro di un millennio. Avrebbe fatto leva sul senso della spericolatezza del suo figlio minore. In fondo il divertissement per Kol era sempre stato il perno della propria eternità, il suo stile di vita preferito.
« Desidero che la nostra famiglia sia integra,» confermò Esther, con serietà. Solenne. L’espressione di sua madre che più gli era mancata. L’espressione che gli dedicava quando affermava di essere fiera di lui per come era d’aiuto a suo padre e si prendeva cura dei suoi fratelli minori sin dalla più precoce età, « Spero che riuscirete tutti a dimenticare i vostri dissapori gli uni con gli altri,» aggiunse, guardando soprattutto Niklaus, con uno sguardo più dolce, più amorevole, come quando aveva affermato di averlo finalmente perdonato. E Niklaus, solo per un attimo, fu davvero tentato di crederle. Di credere che tutto sarebbe andato bene. Non che non doveva più fuggire. Che sua madre si sarebbe presa cura di lui. Che sua madre non l’avrebbe abbandonato come aveva fatto mille anni prima dinanzi a quell’altare di sangue e morte che era stato un colpo al cuore per lui. Era così stanco di doversi nascondere, di dover scappare. Aveva perso troppo. Troppe opportunità lasciate al vento. Troppi sentimenti lasciati a metà. Una persona che aveva dovuto abbandonare e per la quale gli era sanguinato il cuore morto da secoli e secoli. voleva soltanto trovare un attimo di tranquillità. Una piccola epokè nell’eternità in cui poter essere libero di essere semplicemente Niklaus. Non il torturatore, né il seduttore né l’assassino della propria famiglia. Solo Niklaus.
« Per me va bene,» esclamò Kol scrollando le spalle larghe fasciate da una camicia di un grigio scuro e un gilè nero. Un sorriso malandrino e superiore gli arcuava le labbra piene mentre incrociava le braccia muscolose al petto. Sua madre gli rivolse un sorriso conciliante e sollevato per quell’immediato perdono. Conosceva bene l’entità dell’affetto che Kol nutriva nei confronti di Niklaus, che sempre in vita si arrecato colpe non proprie solo per impedire ai suoi fratelli così amati da eventuali punizioni. Kol non aveva mai dimenticato, « Sono d’accordo. Ma prima ho bisogno che voi due facciate qualcosa per me,» aggiunse osservando con le sopracciglia aggrottate in un’espressione pensierosa da suo fratello maggiore di qualche anno a suo padre. Mikael gli rivolse uno sguardo quasi stupito, domandogli con gli occhi chiari che soltanto Rebekah aveva ereditato cosa desiderasse, « Voglio delle scuse. Da entrambi. Da te perché mi hai pugnalato,» commentò indicando il fratello con voce leggera, come se non gli importasse sul serio. Sapeva perché Niklaus l’aveva pugnalato. Era consapevole di avergli mentito a riguardo delle streghe a cui si era rivolto per ottenere delle risposte soddisfacenti su ciò che lo tormentava da tempo. E Niklaus era diventato abile a scovare i bugiardi. Per quello, per essersi rifiutato di confidargli cose che non poteva ammettere nemmeno con se stesso, Niklaus aveva erroneamente pensato che volesse trovare un modo di uccidere lui e perciò l’aveva pugnalato, « E da te perché mi hai dato la caccia. Ma deciderò di sorvolare sui vostri tradimenti se mi confermerete che non mi sono perso molto del mondo,» concluse in una muta domanda e con un sorriso sincero ad abbellirgli i lineamenti giovani che tanto lo facevano assomigliare ad Elijah.
« Beh accomodatevi. Non rimaniamo in piedi,» soggiunse l’ormai ibrido Originale, mostrando i divani color del caffè e le sedie del tavolo circolare che aveva ospitato quella scena di falsa concordia. Doveva ammettere che Elijah aveva notevolmente affinato le sue tecniche di imperturbabilità in quei lunghissimi cinquecento anni in cui non si erano mai più incontrati. Imperturbabile, non bugiardo. Suo fratello non gli aveva mentito. Né lo credeva capace. Suo fratello aveva solo attuato i propri piani che gli si erano anche rivoltati contro. Lo vedeva dai suoi occhi. Elijah non voleva risvegliare la loro madre. Né tanto meno desiderava il ritorno di Mikael. Elijah non si fidava. Forse per la storia di Tatia, forse a causa dell’incantesimo che li aveva resi dannati. O forse perché se sua madre aveva tradito lui una volta, maledicendolo, schierandosi dalla parte di suo marito piuttosto che da quella di suo figlio, nessuno poteva assicurare loro che il gesto non si sarebbe ripetuto. Tutti si accomodarono nel posto più vicino. Elijah e Finn sul divano di sinistra, Mikael ed Esther su quello di destra e Rebekah con Kol alle due sedie più esterne. Klaus prese la sedia sulla quale si era accomodato per la cena e si sedette dinanzi al camino ancora acceso, in cui aveva bruciato la mano di Stefan. Ragazzino indisponente. Doveva rimetterlo in riga. Dopo pochi istanti di silenzio, un piccolo rumore interruppe la quiete. La vibrazione di un cellulare proveniente dal divano di sinistra. Elijah estrasse il telefono nella tasca interna della giacca elegante e osservò l’utente.
« Debbo rispondere,» sussurrò con un velo di dolcezza nella voce calda e sicura, con lo sguardo ancora fisso sullo schermo del cellulare, prima di portarlo all’orecchio e accettare la chiamata, « Veronique,» mormorò con tono di saluto, e un impercettibile sorriso a distendergli le labbra strette.
« Chi è?» domandò Rebekah rivolta a Niklaus. L’ibrido scosse il capo e alzò di poco le spalle, facendole intendere che non sapeva chi fosse mentre sul viso di Kol appariva un ghigno sornione e saccente.
« Tesoro, potresti raggiungermi a Mystic Falls, per favore?» domandò con tono gentile e tranquillo con un lieve sorriso che gli arcuava le labbra sottili. Tesoro. Niklaus non aveva mai sentito la voce di suo fratello mormorare quell’epiteto così dolce, così poco da lui, che era troppo poco propenso a mostrare i propri sentimenti per esplicarlo. Non per più di cinquecento anni. Era pur vero che dal 1496 non si erano più incontrati, ma una persona come suo fratello non mutava mai il proprio carattere a causa della contingenza. Eppure era certo di aver sentito quel tesoro pronunciato con dolcezza e, come lui, anche i suoi fratelli e suo padre. Esther, invece, osservava con un mezzo sorriso dolce il suo primogenito, sapendo già tutte le risposte alle domande sul loro passato di immortali, « Ti spiegherò tutto non appena sarai arrivata. Non posso parlarne per telefono. Virginia Occidentale, un po’ più a sud di Charlottesville, nei pressi delle cascate. Sì, sto bene. Non preoccuparti. Vorrei presentarti alcune persone. Ti aspetto. Sì, sei mancata tanto anche a me,» esclamò, interrompendo la chiamata, con dolcezza. Una dolcezza che non gli competeva.      Quella donna, quella Veronique, doveva essere molto importante per lui.
« Chi era, Elijah?» domandò Mikael con le folte  sopracciglia bionde aggrottate in un’espressione di puro stupore, gli occhi glaciali resi più piccoli dalla curiosità di scoprire chi si celasse dietro l’espressione serena di suo figlio. Il figlio che aveva rinunciato all’amore tanti secoli prima, per tentare di ricucire gli strappi nel tessuto prima organico e integro della sua famiglia.
« Tu l’hai già incontrata di sfuggita, Kol,» comunicò guardando in tralice il fratello minore il cui ghigno era aumentato di intensità nel comprendere che si stava riferendo alla stessa donna che aveva incontrato nel 1893, « Veronique è una persona molto importante per me,» incominciò a raccontare loro giocando distrattamente con il cellulare, girandolo con le lunghe dita affusolate, lo sguardo rivolto a nessuno in particolare.
« La tua ragazza? Sul serio tu hai una ragazza?» lo interruppe Niklaus con voce acuta e incredula, come se fosse qualcosa di totalmente e assolutamente assurdo. Conosceva quel tono di suo fratello, l’aveva percepito una sola volta, quand’erano ancora due ragazzi umani in una foresta immensa e pacifica. Non credeva che l’avrebbe più udito in tutta l’eternità. Ma, in fondo, Elijah era una delle poche persone ancora capaci di stupirlo.
« Non è la mia ragazza, Niklaus,» replicò Elijah poco irritato dal comportamento di suo fratello, con l’ombra di un sorriso sulle labbra esangui, preludio di una scoperta ancora più inimmaginabile, « È mia moglie.»

 
Angolo autrice
Salve a tutti e benvenuti in questo primo capitolo. È la mia prima storia e ammetto di essere emozionata di postarla. Quindi, miei cari lettori, se qualcuno si è avventurato nella lettura, vi ringrazio moltissimo anche solo per aver dato un veloce sguardo. Dove la luce è più forte, l’ombra è più nera è una citazione di Goethe. Perché è usata come titolo? Lo scoprirete nel corso della long se vorrete continuare a leggere.
Dark_light
  
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