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Autore: fearlessly    16/02/2013    3 recensioni
Questa OS parla di un tema molto delicato, il bullismo. In questa storia ho voluto, in un certo senso, esprimere il mio parere attraverso la protagonista femminile. So che, come detto prima, questo è un tema molto delicato ma spero che possiate dirmi se il mio pensiero è tanto stupido o abbia un minimo di senso.
DAL TESTO:
Le parole fanno male, sono più taglienti di un coltello affilato, ma davvero bisogna darle così tanta importanza, se poi la persona che potrà permettersi di dire quelle cose sarà la ‘vittima’ ma non lo farà perché non ne vale la pena?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“secondo me non ci sono distinzioni tra deboli o forti”



 
Londra, 10 novembre 2011

Faceva freddo quella mattina del dieci novembre.
Non si sentivano gli uccelli cinguettare e il cielo era perennemente grigio.
Rami spogli, gente coperta da spessi giubbotti, macchine con il riscaldamento acceso, camini da cui usciva fumo grigio.
Questo caratterizzava l’autunno inoltrato nella capitale londinese.
Se ci spostiamo verso la periferia della città, dove le case sono piccole e attaccate tra loro, come a volersi sostenere nei giorni freddi, c’era una casetta dove una ragazza si stava svegliando per la sua ennesima mattinata a scuola.
Tra le lenzuola azzurre nella camera color panna, si intravedeva qualche ciocca di capelli biondi e arruffati. Il viso, scoperto al suono della sveglia, era bianco latte e due smeraldi che erano gli occhi venivano contornati da qualche lentiggine qua e là, rendendo il volto della fanciulla più dolce e giovane rispetto ai suoi diciassette anni di età.
Dopo essersi alzata, la ragazza si cambiò, indossando un maglione e dei semplici jeans, si lavò il viso e scese in cucina a far colazione, dove l’aspettava il padre assorto tra le pagine di giornale. Tra qualche fetta biscottata e una veloce chiacchierata sulla giornata che gli prospettava, salutò il padre con un bacio sulla guancia e uscì di casa, percorrendo a piedi il percorso che la allontanava dalla scuola.
Appena varcò il lungo cancello dell’edificio, subito lo sguardo di qualcuno si posava sulla sua esile figura, scrutandola per poi girarsi a fare qualche commentino.
Lexie odiava la scuola. Odiava le materie, soprattutto matematica e chimica, odiava gli insegnanti, tutti severi e sadici, ma odiava più di tutto le persone che lo frequentavano. Da quando era entrata in quella scuola due anni prima in seguito ad un trasferimento del padre, sembrava che tutti la odiassero. All’inizio si era fatta qualche amico, ma appena un gruppo di ragazzi dall’aria poco raccomandabile le aveva messo gli occhi addosso, nessuno se l’era più avvicinato, se non per insultarla o spintonarla verso gli armadietti facendole cadere i libri. Dopo due anni ancora non capiva che cosa avesse fatto di male per essere odiata e derisa. Sapeva solo che per gli altri era una sfigata e che era giusto le venissero date quel tipo di attenzioni.
Lexie era stanca, ma aveva paura che se si fosse ribellata, le sarebbe accaduto qualcosa di brutto, molto peggio dell’isolamento, degli insulti, e delle semplici spinte.
E questa paura la logorava dentro ogni volta che quei bulli le si avvicinavano, ogni volta che usciva di classe, ogni volta che andava in mensa, l’unico posto dove trovava tranquillità era casa sua, ma ora questo non le bastava più.
Quella sarebbe stata l’ultima mattina dove sarebbe stata maltrattata, era decisa.
Dopo l’ennesima spinta, si era rialzata e aveva aperto bocca.
 
“Perché?” chiese al suo bullo perché si, era diventato il suo bullo personale.
“Che? Hai parlato per caso?” chiese lui, facendo avvicinare così una folla incuriosita.
“Si, ho chiesto perché. Perché continuate a farmi del male? Che ho fatto?” chiese con voce un po’ tremante ma sicura allo stesso tempo.
“Che hai fatto? Sei nata sfigata, ecco che hai fatto. Forse è per questo che tua madre è morta, non è stato un incidente, è andata addosso apposta a quella macchina perché non sopportava avere una figlia sfigata come te”
“Sfigata, sfigata” canzonava la folla
“I-Io..” la voce le tremava, piccole lacrime le scivolavano lungo il viso
“Gne gne, guardate come piange, poverina, è dura sapere la verità eh?” disse James per poi ridere, accompagnato dai suoi scagnozzi
“S-Sei tu lo-lo sfiga-ato” disse lei tra gli singhiozzi
“Come scusa? Che hai detto mocciosa?” rispose lui, con tono rabbiosa avvicinandosi alla ragazza
“H-Hai sentit-to b-bene” disse per poi schiarirsi la voce “ sei tu lo sfigato perché fai tanto il bulletto ma alla fine sei come sabbia al vento, niente. Pensi di valere tanto più di me quando invece ti abbassi ad insultare la gente a destra e a manca solo perché ti senti attaccato. Io sono migliore di te perché non ho bisogno di stupidi giochetti per farmi vedere bello e forte davanti agli altri” aggiunse sicura, facendo aprire la bocca a tutti per lo stupore.
“Tu hai chiuso piccola mocciosa, ora mi hai veramente stancato. David, Alex, prendetela e tenetela ferma, oggi non sarò dolce” disse
 
La ragazza si sentì prendere dalla braccia, provò a liberarsi ma niente, era bloccata. Tante lacrime le cadevano dal volto. Si era tolto un peso dall’anima, ma a quale scopo? Già sente il sapore del sangue tra le labbra e vedere il corpo pieno di lividi scuri e violacei.
Chiuse gli occhi, mentre tra le grida della folla e i passi di James, si sentì cadere a terra con lo stomaco dolente e il respiro mozzato.
 
 
 
 

Londra, 24 novembre 2012
 
Era ormai passato più di un anno dall’accaduto.
La notizia del bullismo in quella scuola si era diffuso e da allora mai più nessuno era stato insultato o picchiato.
Sempre davanti a quel lungo cancello stavolta, invece di una ragazza, c’è un nuovo ragazzo.
Viene da Bradfort, un paese a poche ore di distanza dalla capitale, ha la pelle ambrata che caratterizza la sua provenienza pakistana, ha gli occhi color cioccolato e i capelli neri come la pece con un ciuffo corto.
Era il suo primo giorno di scuola ed essendo nuovo, qualcuno gli rivolgeva qualche sguardo curioso, per poi rigirarsi e far come se niente fosse.
Tutti chiacchieravano allegramente tra loro, riempiendo l’aria di piccoli vapori, e Zayn si sentì un po’ fuori posto.
Non conosceva nessuno e, per quanto fosse un tipo sociale, era timido al primo approccio e sperò di trovare qualcuno solo come lui per fare amicizia.
La campanella suonò, richiamando l’attenzione degli alunni che senza interrompere i loro discorsi, si diressero insieme a piccoli gruppetti all’interno dell’istituto, seguiti a loro volta dalla matricola.
Le ore passavano, e presto arrivò la ricreazione.
Zayn appena aprì la porta della mensa, si trovò più spaesato di prima. C’era un gran fracasso, gente che rideva e parlava, nessuno era escluso.
Decise così che per quel giorno avrebbe pranzato da solo, sarebbe andato in giro per la scuola e, forse, avrebbe fumato una sigaretta, sua fedele compagna.
Uscì dall’edificio, nel cortile esterno, pensò di essere solo così accese una sigaretta, ma subito una voce gliela fece cadere per lo spavento.
 
“Non hai visto il cartello ‘vietato fumare’?” disse una voce femminile alle sue spalle
“M-Mi scus-si, non-n volevo” rispose di fretta lui, girandosi
“Tranquillo, non farò la spia” sorrise lei facendogli un occhiolino
“Sei nuovo vero? Non ti ho mai visto” aggiunse poi
“Si, sono arrivato oggi… Ah comunque sono Zayn piacere” si presentò lui sorridendo, per poi sedersi sulla panchina, seguito da lei
“Lexie piacere mio. Ti sei già fatto qualche amico?”
“Ehm, veramente no” disse imbarazzato
“Qua sono tutti simpatici, farai in fretta a fare amicizia” gli sorrise assicurandolo
“Che classe fai?” disse lui dopo un po’
“Quarta C, te invece?”
“Quinta A, peccato che non siamo in classe insieme, almeno avevo un amica”
“Bhe, se con me ci sei riuscito, perché non dovresti riuscirci con gli altri?” domandò, ma appena sentì la campanella aggiunse “devo scappare ora, ci vediamo Zayn” sorrise per poi correre via, senza lasciar rispondere il moro.
 
Quella ragazza lo incuriosiva, i capelli biondi, gli occhi verdi… Sembrava quasi, non so, un angelo.
Nei giorni seguenti Zayn non riuscì più a parlare con Lexie. Non la vedeva quasi mai, e le poche volte che gli capitava subito scompariva tra la folla, come un fantasma.
Un poì gli dispiacque, era stata la sua prima amica, però c’era un lato positivo: era riuscito ad entrare in un gruppetto di ragazzi con cui aveva legato da subito.
Uno era della quarta C, un riccio di nome Harry, un altro era della quinta B, Louis, aveva diciannove anni ma era stato bocciato in seconda superiore, il terzo era della sua classe, un irlandese di nome Niall, e l’ultimo era della quinta D, Liam.
Un giorno chiese ad Harry se conoscesse una ragazza di nome Lexie, ma al dissenso del riccio iniziò ad insospettirsi. La descrisse, ma ancora una volta Harry rispose negativamente, non c’era nessuno che conosceva con quel nome, quando però ebbe un’illuminazione e iniziò a navigare col cellulare.
 
“E’ questa la ragazza?” disse mostrandogli il cellulare al moro
“Si si, è lei son sicuro” rispose contento lui, ma appena vide il volto del riccio, il suo sorriso si spense
“Guarda la fonte della foto” disse solo e Zayn ridusse lo zoom e rimase sbalordito, era una pagina di giornale.
 
Londra, 11 novembre 2011
Stanotte, Lexie Johnson è morta in sala operatoria. I chirurghi affermano: “abbiamo fatto il possibile, ma l’emorragia era troppo estesa, non abbiamo potuto fermarla”.
La causa di questa, era stata una moltitudine di colpi dati allo stomaco della ragazza il giorno prima, in seguito ad un atto di bullismo.
“Se l’avessimo trovata prima” continua il medico “probabilmente la ragazzina si sarebbe salvata, o comunque avrebbe avuto molte più probabilità di sopravvivenza”.
Abbiamo provato a contattare il padre che però non ha voluto farsi intervistare, ma come biasimarlo, non c’è niente di più devastante nel perdere la propria figlia.
La polizia ora sta indagando su chi abbia compiuto una simil crudeltà. E’ davvero a questo che gli adolescenti oggi sono arrivati a fare? Il bullismo è sempre esistito, ma se siamo moderni, superiori a tutte le altre civiltà della nostra storia, com’è possibile essere ancora testimoni di tali azioni?
Dormi piccola Lexie, ora sei un angelo, spero tu ci stia salutando e che tu abbia trovato la pace, magari mentre sei stretta dopo tanto tempo a tua madre.
 
Zayn non ci credeva, aveva veramente parlato con un fantasma?
 

 
Londra, 13 dicembre 2012
 
Era pomeriggio inoltrato, il sole era coperto dalle grandi nuvole grigie cariche di neve, già caduta in quei giorni.
Il parco era tutto bianco, alcuni punti erano coperti dalla neve candida, altri si potevano intravedere le orme delle persone che passavano, rendendo dal bianco latte in grigio bagnato.
In una delle tante panchine postate davanti al Tamigi, ora ricoperto di nebbia, si trovava Zayn insieme a Lexie.
Stavano in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Zayn non sapeva che dire, insomma, mica è normale vedere un.. morto. Anche Lexie pensava a quello, fino ad ora nessuno l’aveva mai vista, le sembrava così strano.
 
“Io…” iniziò il moro, per poi sbuffare e passarsi una mano tra i capelli
“Lo so, è strano anche per me, ma forse.. si, forse c’è una ragione per cui tu mi veda” disse risoluta la bionda
“E cioè?” chiese lui non capendo
“Quando sono morta, ero in ospedale e vedevo persone morire, per poi essere ricoperte da una strana luce bianca e scomparire. Un giorno incontrai Mark, aveva circa cinquant’anni, era fantasma da qualche anno ormai, ma non era mai passato oltre. Diceva che per farlo, dovevi trovare la pace interiore da vivo, se non succedeva e rimanevi sulla terra, vuol dire che non è ancora giunto il momento adatto, bisogna compiere un’ultima missione diciamo. Lo so, è complicato, ma in sintesi vuol dire che prima di passare oltre, devo fare qualcosa. E forse tu mi puoi aiutare, insomma, sei l’unico fino ad ora che mi vede”
“E come posso aiutarti?”
“Questo non lo so ancora..” disse lei sconsolata, appoggiando i gomiti sulle gambe e il viso sulle mani
“Dai, troveremo una soluzione” disse lui cercando di accarezzarle la schiena ma trapassandola
“Posso farti una domanda?” chiese dopo un po’
“Dimmi pure”
“Non sei triste per essere mo- ehm volevo dire, per essere diventata un.. angelo?” chiese imbarazzato “voglio dire, sei giovane e non è stata neanche una vita facile suppongo, sempre se me ne vuoi parlare ovvio” aggiunse poi veloce
“Tranquillo, non farti problemi” disse lei dolce sorridendogli “è stato strano. Ho sempre pensato che sarei morta di vecchiaia, con una famiglia, tanti nipotini.. All’inizio ho pianto, insomma volevo vivere, stare con mio padre, avere amici e tutto il resto. Però, tutto sommato, me ne sono andata con un peso in meno nel cuore.. Soffrivo di bullismo da due anni circa, mi insultavano e spintonavano senza un motivo, lo facevano e basta. Sai, loro si definivano forti, ma secondo me non ci sono distinzioni tra deboli o forti. Per me la differenza è essere consapevoli e non di quello che si ha. Chi è consapevole di sé stesso, non ha paura di mostrarsi agli altri, cammina a testa alta col sorriso sulle labbra perché sa che un giorno diventerà migliore di chi ora gli fa da bullo, sa che farsi vedere piangere da quelle persone non farà altro che gioirle, sa che mentre loro la maltrattano lei farà carriera, sa che prima o poi tutto ha una fine, sa che chi le sparla alle spalle, dietro è e dietro rimane ad osservare il suo bel culo. Anche se le cose sono difficili, quando si pensa che non ci siano strade da prendere, quando si pensa di non avere niente, bisogna pensare: “ehi, chi sono loro per dirmi questo? chi sono loro per dirmi che sono brutta, grassa, stronza, puttana e chi ne ha più ne metta? chi sono loro per darmi un soprannome, se non sanno la mia storia? chi sono io per farmi influenzare da loro? Le parole fanno male, sono più taglienti di un coltello affilato, ma davvero bisogna darle così tanta importanza, se poi la persona che potrà permettersi di dire quelle cose sarà la ‘vittima’ ma non lo farà perché non ne vale la pena? La vita va vissuta, nel bene e nel male, tutti siamo forti, la differenza è dire se lo sappiamo e se sfruttiamo questo nostro lato” disse concludendo il discorso
“Si, hai ragione.. Qual’era il tuo sogno?” chiese poi
“Diventare un’insegnante di ballo, mi è sempre piaciuto insegnare quello che più mi piaceva e rendere felici le persone con i miei passi” sorrise lei, guardando davanti a sé
“Te invece? Qual è il tuo sogno?” aggiunse
“Insegnante di inglese, anche a me piacerebbe insegnare”
“Promettimi che avvererai il tuo sogno” gli disse girandosi verso di lui
“Fallo per me” aggiunse sospirando con gli occhi lucidi
“Lo farò, te lo prometto” le sorrise, ma poi il suo volto cambiò espressione e fu sorpreso
“St-Stai scompa-arendo” le disse
“Come?” chiese lei osservandosi, e con sorpresa vide la panchina sotto di lei attraverso le gambe, poi sentì come una luce forte pararsi davanti a lei, facendole socchiudere gli occhi
“Quella luce..” disse sussurrando
“Stai pensando quello che sto pensando io?” disse lui, non vedendo niente ma capendo la bionda
“Era questo allora, era questa la mia missione” disse Lexie illuminandosi
“Puoi dare un aiutino ad un innocuo mortale?” disse il moro
“La mia missione era quella di poter dire a qualcuno..” disse girandosi meravigliata verso di lui “di poter raccontare a qualcuno la mia storia.. Zayn, promettimi, promettimi che appena diventerai insegnante cambierai le cose, lotterai contro il bullismo”
“Io..” il moro non sapeva che dire, come avrebbe potuto promettere una cosa tanto grande?
“Provaci, ti prego” chiese supplicante la bionda
“Va bene, te lo prometto, ci proverò per te” le rispose
 
La luce diventava sempre più forte, ormai quasi tutto era stato inghiottito da quel grande fascio bianco, era il momento.  La bionda si alzò, accarezzo la guancia del moro, con la sorpresa di quest’ultimo e disse con voce dolce, un’ultima volta: “Grazie di tutto” e se ne andò verso quel bianco luminoso. Zayn, da parte sua, la vide semplicemente trapassare il cancello in metallo, camminare sopra l’acqua del fiume e scomparire tra la coltre di nebbia.
Non si sarebbe mai dimenticato di lei, e né di quello che le aveva insegnato quel giorno.
 
 
 
 
 
 








SPAZIO AUTORE
So bene di aver trattato un tema molto delicato,
ma volevo esprimere la mia opinione.
Spero solo di non avervi turbato, di sicuro non era mia intenzione.
Grazie per la lettura, a presto.
Alessia.

  
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