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Autore: Kel    04/09/2007    8 recensioni
Cosa sarebbe successo se Silente avesse deciso di punire parte della Squadra di Inquisizione alla fine del quinto anno?
Magari con una punizione estiva?
E se a loro fossero stati costretti ad aggiungersi un certo terzetto (più una!) di nostra conoscenza?
Basta leggere per scoprirlo!
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Una vacanza da babbani... Una piccola premessa prima di iniziare:
Questa storia è stata scritta a quattro mani da me e una mia amica, Nelly P., in piena crisi post visione "Harry Potter 5" qualche mese fa.
In parte orripilate per l'orrendo film senza senso, in parte arrabbiate per il misero spazio lasciato al povero Draco, abbiamo deciso di scrivere qusta storia per dargli di più che le due mise battute dette nel film!!
Ora vi lascio...ah, naturalmente non tiene conto ne del sesto ne del tantomeno del settimo libro!!



Una vacanza da Babbani (Ma dove siamo finiti??)



1. La Partenza

Terzo lunedì di luglio, Aeroporto di Heatrow,Londra, ore 7.30.

Due figure, che altro non erano che un ragazzo e una ragazza, se ne stavano, con le loro valigie, a distanza di sicurezza l’uno dall’altra.
Era quasi un’ora che se ne stavano lì, immobili, in attesa, senza parlarsi.
Ogni tanto gli occhi argentei del ragazzo saettavano verso la riccia ragazza alla sua destra, osservandola attentamente non visto da lei.
I ricci capelli castani le ribalzavano sulle spalle ad ogni movimento, mentre a braccia conserte si guardava intorno.
Approvava in pieno il suo abbigliamento: Bermuda marroni e una t-shirt arancione, coordinata con un paio di All Star dello stesso colore.

Anche la ragazza, non vista, volgeva ogni tanto o suoi occhi dorati verso il biondo alla sua sinistra.
Più l’osservava più si chiedeva cosa diavolo avesse in quelle tre valigie più lo zaino, neanche lei aveva portato così tanta roba, ed era una ragazza!
Almeno, doveva ammetterlo, era vestito adeguatamente, anche se un po’ troppo perfetto se un ragazzo di sedici anni: camicia bianca a maniche lunghe elegantemente arrotolate fino al gomito e scuri jeans lunghi, ai piedi All Star come lei, solo che erano nere, i capelli, come sempre, erano in ordine come se fosse appena uscito dal barbiere.
Niente in lui, nemmeno il viso, faceva pensare a qualcuno che era in quell’aeroporto dalle 6.30 della mattina, lei stessa era lì da quell’ora ed era pienamente consapevole dell’assurdo stato in cui dovevano trovarsi i suoi capelli.
Come sempre i suoi amici erano in ritardo e lei ora era costretta ad aspettarli insieme a quel subdolo furetto.
Aveva decisamente bisogno di caffé.

Anche il biondo stava pensando più o meno le stesse cose, solo che ormai lui era abituato al fatto che i suoi amici fossero perennemente in ritardo, e per di più quando non parlava da insopportabile so-tutto-io, la mezzosangue non era affatto male.
Ora era ufficiale, aveva urgentemente bisogno di caffé.

-Vado a prendermi un caffè- Lo dissero contemporaneamente, voltandosi l’uno verso l’altra solo alla parola caffé.
Lei sorrise, divertita dalla situazione, per poi scoppiare in una fragorosa risata vedendo l’espressione di lui, che la osservava con un sopracciglio alzato e, dopo l’iniziale sorpresa anche lui si mise a ridere.

Fu così che li trovarono due scompigliate teste more che arrivarono giusto in tempo per interromperli.
-Ma si può sapere come fate a ridere così di prima mattina?- proruppe acida una delle due teste, attirando l’attenzione degli altri due
-Pansy tesoro, perché sei sempre così simpatica di prima mattina?-
-Draco, non si risponde a una domanda con un'altra domanda- ribattè petulante Pansy, lanciando un’occhiataccia al biondo
-Posso offrirti un caffé?-
-Sarebbe il minimo- rispose lei cupa, e mentre Draco si allontanava gli urlò dietro –Nero, doppio, triplo!-
L’altro giovane moro alzò lo sguardo, distogliendo l’attenzione dalle scarpe che aveva fissato fino a quel momento, mostrando alla riccia che lo guardava preoccupata, tristi occhi verdi.
-Ciao Harry. Sono felice di rivederti- lo salutò cautamente la giovane.
-Ciao Herm- borbottò in risposta il ragazzo sopravvissuto, prima di tornare a rimirarsi le All Star blu.
Uno strano silenzio cadde tra Harry e Hermione, prima di tutte le cose accadute il mese precedente raramente i due amici non sapevano cosa dirsi.
Il silenzio fu poi interrotto da in urlo disumano proveniente dalla caffetteria.
-Granger vieni subito qui!|- urlava Draco.
Hermione prima di correre verso la caffetteria, lanciò a Harry uno sguardo preoccupato che lui neanche vide, mentre Pansy si alzò di scatto da dove era comodamente seduta, cioè le enormi valigie di Draco.

Una volta entrata Hermione non sapeva se ridere o piangere.
Draco, infatti, se ne stava impalato davanti al bancone, sul quale troneggiavano due caffè, tenendo in mano un mucchio di soldi che guardava sconsolato.
-Malfoy che è successo?- chiese Hermione non riuscendo a capire
-Come si usano questi?- le domandò sventolandole sotto il naso una banconota da 50 sterline
-Aspetta un attimo, fammi capire. Tu mi hai chiamato qui perché non sai usare le banconote babbane?-
-Certo, cosa pretendi. Sono un purosangue io!-
Hermione scosse la testa, sconsolata, poi afferrò un paio di banconote dalla mano del serpeverde e si rivolse alla barista
-Lo scusi, ha sempre vissuto in manicomio fino ad ora. Pago questi caffè più un altro macchiato-
-Hey, ma quelli sono i miei soldi-
-Taci Malfoy, per una volta almeno-
Draco afferrò e uscì dal bar sbuffando, subito seguito da un’esasperata Hermione alle prese con i due rimanenti bicchieri colmi di caffè bollente.
Il biondo procedeva altezzoso, attirando l’attenzione e gli sguardi di molte ragazze, ad un certo punto si voltò curioso di vedere la reazione di Hermione, per vedere se in lei appariva qualche nota di gelosia nei confronti di quelle ragazze che se lo stavano mangiando (e spogliando!) con gli occhi.
Ma la riccia che procedeva lentamente attenta a non rovesciare nemmeno una goccia dei caffè che reggeva, si scontrò con il rampollo dei Malfoy che si era fermato improvvisamente.

-Malfoy! Per Merlino! È mai possibile che tu ne combini una giusta?- -Io? Sei tu che non guardi dove vai, guarda in che stato è la mia bellissima camicia. Adesso, mezzosangue, pulisci- disse alterato Malfoy cominciando a sbottonarsi la camicia
-Ma starai scherzando spero! Rimettiti immediatamente quella camicia- esclamò scandalizzata Hermione chiudendo istintivamente gli occhi imbarazzata da ragazzo che intanto si era tolto la camicia.
-Hey Dray! Che fai, ancora non siamo al mare- esclamò ridendo un ragazzo alto con corti capelli castani che nel frattempo si era aggiunto al gruppo
-Hey Blaise, sei solo geloso che io ti abbia già rubato la scena- ribattè Draco avvicinandosi alla ragazza che ancora reggeva i caffè ormai vuoti ad occhi chiusi. Il giovane Malfoy le tolse di mano un bicchiere per poi mettervi al suo posto la camicia fradicia.

Terzo lunedì di luglio, Aeroporto di Heatrow, Londra, ore 8.30.

Un gruppo piuttosto eterogeneo attendeva i solito ritardatari.
Un Harry Potter sempre più abbattuto stava scompostamente seduto sulle poltroncine di plastica del aeroporto, si guardava svogliatamente intorno senza mai posare gli occhi verdi, una volta sempre brillanti, su qualcosa in particolare.
Blaise Zabini e Pansy Parkinson erano anch’essi seduti a poca distanza da Harry concentrati in un’animata discussione sul nuovo taglio di capelli di Draco, che, secondo Pansy, era veramente osceno e per niente nello stile del suo migliore amico, mentre per Blaise lo rendevano un vero “uomo” finalmente degno di camminare al suo fianco.
Poco più in là Draco Malfoy e Hermione Granger erano intenti in un tira e molla con l’ex camicia bianca di lui:
Draco, a torso nudo, la metteva nelle mani di lei, e Hermione ogni volta gliela ridava, gridandogli con vece sempre più alterata
-Non sono la tua serva!-
Una figura misteriosa, completamente vestita di nero, li osservava da un angolo, impassibile, solo ogni tanto, quando i suoi penetranti occhi neri si posavano su quella specie di fantoccio che era Harry, il suo lungo naso adunco fremeva di puro disgusto, e allora si passava una mano sugli unti capelli neri.
Erano ormai le 8.40. quando dall’entrata sentirono la voce particolarmente agitata ed esasperata di una ragazza che inveiva contro qualcuno
-Ma insomma Ron! Sei impossibile,se sono già partiti è solo colpa tua, ricordatelo bene. Chi lo sentirà poi Silente? Eh? E la mamma? Sei tu il fratello maggiore, non io!-
Una volta che ebbe girato l’angolo e fu sbucata nel corridoio dove si trovava il nostro gruppetto, la giovane dai capelli rossi appoggiò a terra le due enormi valigie che trascinava, e, sospirando di sollievo per averli trovati ancora lì, si rivolse a tutti loro:
-Scusate, ma tanto per cambiare è colpa di mio fratello. Ha cercato di far entrare Leo in valigia, c’è voluto un po’ per convincerlo a tirarlo fuori e che non lo poteva proprio portare-
-Leo?- chiese Pansy non capendo a chi si riferiva
-Sì Leotordo, il gufetto che ci ha regalato il padrino di Harry- intervenne il fratello, sopragiunto alle sue spalle
-Ronald- lo ammonì Hermione, avvicinandosi al rosso stringendo la camicia di Draco e lanciando sguardi preoccupati ad Harry, che però sembrava intento a quella che doveva essere la sua attività preferita: rimirarsi le scarpe.
-Perché devi sempre avere la delicatezza di un elefante?-
-Perché Malfoy non ha la maglietta?- chiese Ron di rimando
-Ah! Non si risponde a una domanda con un'altra domanda e…già questo mondo sta proprio andando in rovina…- commentò Pansy per poi ritornare all’importante discussione sui capelli di Draco con Blaise.
D’un tratto Hermione, come folgorata da un improvviso colpo di genio, si diresse verso la figura nell’ombra tenendo davanti a sé la camicia ormai ridotta a uno straccio.
-Mi scusi Professor Piton, sono consapevole del fatto che le è consentito fare magie a nostro favore solo in caso di emergenza. Però mi creda, questa- e indicò la camicia –è un’emergenza- disse serissima la giovane rivolta all’uomo
-Signorina Granger, dubito che un “gratta e netta” sia di vitale importanza- sibilò l’insegnante in risposta
-Credo che lei sappia meglio di me quanto possa essere esasperante sentire le lamentele di Malfoy riguardo la sua camicia di chi sa quale materiale pregiato, no?
-Arguta come sempre signorina Granger- e, con un movimento fluido della bacchetta dell’insegnante la camicia tornò come nuova.
La ragazza ringraziò sbrigativa per poi andare da Malfoy sorridendogli angelica. E fermatasi davanti a lui, con la camicia ora perfetta tra le mani, gliela mise delicatamente intesta coprendogli il volto.
-Ecco, così stai decisamente meglio- decretò con un sorriso sempre più grande.
-Bene signori. Ringraziamo i vostri due compagni per averci fatto perdere l’aereo, a causa del loro ritardo- annunciò Piton con aria truce.
Tutti si voltarono verso i giovani Weasley, anche Ginny, infastidita per la colpa addossatale ingiustamente, si girò a guardare il fratello.
-Ma certo! Diamo il via al gioco “tutti contro Ron” – borbottò l’accusato stizzito
-Fortunatamente è disponibile un aereo “privato” diretto alla nostra meta- s’intromise piton con una voce talmente cupa da risultare in contrasto con le sue parole.
-Ecco appunto dov’è che andiamo? Scusi se insisto ma trovo ridicolo non dirci il luogo in cui risiederemo- s’imputò petulante e stizzita Pansy
-Silente ha le sue ragioni e non può permettersi di mettere a rischio la vostra incolumità- rispose gelido fissando Harry –Non dimenticate che siamo in guerra-
Anche se le domande erano molte, glielo si leggeva in faccia, nessuno dei ragazzi osò aprire bocca e, dopo aver imbarcato i bagagli seguirono Piton e si trovarono di fronte ad un aereo che, con tutta probabilità, risaleva minimo a trent’anni prima.
Se non avessero saputo che era un aereo l’avrebbero tranquillamente definito un enorme pezzo di metallo arrugginito, con chiazze di vari colori sbiaditi, tracce delle varie precedenti verniciazioni, s’intravedevano lettere illeggibili a causa di pezzi mancanti, non si riusciva nemmeno a capire a quale compagnia aerea appartenesse.
-La professoressa Cooman è convinta che l’aereo su cui salirà Potter precipiterà non lasciando superstiti. Quindi ci aspetterà a destinazione- riferì monocorde Piton, invidiando segretamente la collega per non dover salire su quel rottame.
-Temo non abbia tutti i torti…- mormorò Pansy piuttosto pallida
-Penso che per la prima volta in vita sua azzeccherà previsione- sussurrò di rimando Hermione alla compagna.
La faccia di Draco non esprimeva nulla di diverso, mentre Blaise era più preoccupato per come sarebbero stati ridotti i suoi capelli dall’acqua di mare che per la probabilità di non arrivarci mai, al mare. Ginny stava inveendo contro Ron, facendogli notare che per colpa sua sarebbero dovuti salire su quel catorcio. Harry era forse l’unico a non preoccuparsi.
Era talmente abituato alle nefaste predizioni della Cooman che ormai non ci faceva neanche più caso.
Sempre una sola profezia continuava a ronzargli in testa, e solo quella per lui aveva importanza.

“Nessuno dei due può vivere se anche l’altro sopravvive”.

Fu il primo a salire sulla scaletta e si accomodò su una poltrona in coda. Ben presto salirono anche gli altri e Draco si ritrovò seduto in una scomodissima poltrona tra Blaise e Pansy, finalmente con indosso la sua preziosissima camicia. Si era più volte ripromesso di non addormentarsi, anche se era sveglio dalle cinque! Non aveva alcuna intenzione di rimanere senza paracadute in caso di emergenza. Ma un po’ a causa del ronzio dei motori, un po’ per l’incessante chiacchiericcio di Pansy, dopo neanche mezzora si addormentò.
Non vi venga neanche in mente di pensare che russasse, perché un Malfoy non russa, mai.
Sognava però, ed era anche un bel sogno.

Era nell’immenso parco che circondava Malfoy Manor, e un Draco bambino osservava sua madre fare mazzi con i fiori di campo, entrambi seduti tra l’erba altissima.
Poco dopo la scena cambiò e da sogno si trasformò in un incubo.
Era nello studio di Silente, che sembrava appena distrutto da un troll di montagna. Un Draco sedicenne ascoltava immobile le parole del preside.
“E così, dopo essere tornato in possesso della mia carica, ho deciso che dovevo fare qualcosa di concreto. La Squadra di Inquisizione ha creato abbastanza disastri durante gli ultimi mesi, ma visto che non potete essere puniti qui a scuola perché l’anno è terminato sconterete la punizione d’estate. Sono anche stanco dei continui scontri con i Grifondoro e quindi la punizione include anche loro. Passerete tre settimane insieme, in un posto da me scelto e a voi ignoto, non potrete utilizzare la magia e vivrete una vera vacanza da babbani. Lo scopo della gita è la collaborazione tra i componenti delle due case. Ovviamente insieme a voi saranno presenti due insegnati, il professor Piton e la professoressa Cooman. Solo loro avranno con se la bacchetta, ma la potranno usare a vostro favore solo nei casi di emergenza”. Lo studio attorno a lui iniziò a riempirsi di facce a lui ben note, mentre Silente leggeva ad alta voce i nomi dei “puniti”.
Arrivato al suo nome Draco si svegliò sobbalzando.
Notando le persone sedute in quello scalcinato aereo ricordò improvvisamente il sogno e realizzò con orrore che il suo più grande incubo corrispondeva in realtà alla verità.
Avrebbe veramente dovuto passare tre settimane con Potty, Lenticchia, la Mezzosangue e la sorella di Lenticchia al mare, e per di più anche con Blaise e Pansy. Ci sarebbero dovuti essere pure Tiger e Goyle, ma una settimana prima erano spariti nel nulla.
L’accompagnatore, Severus Piton, se ne stava rigidamente seduto poco più avanti di Draco. Un unico pensiero fisso in testa: -Ma chi me l’ha fatto fare…-
I sette giovani si spintonarono l’un l’altro nella fretta di uscire dall’”aereo” ancora increduli che il coso non si fosse sfracellato al suolo e pregando la buona sorte che non si distruggesse mentre scendevano. Procedettero attenti a non perdersi di vista per l’aeroporto.
L’aria riempita da una mescolanza di voci indistinte in una lingua sconosciuta. Un pensiero comune sfiorava le menti dei ragazzi e a da voce ad esso ci pensò Harry, che incredibilmente non usò monosillabi nel chiedere stranito:

-Ma dove siamo finiti?-

   
 
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