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Autore: Ammimajus    17/02/2013    1 recensioni
-E quando mai noi due siamo stati convenzionali, Cath? Fammi un solo esempio e ammetterò di essere nel torto.
Catherine tornò a guardarlo negli occhi, sicura della superiorità delle sue capacità retoriche su quelle di James. I suoi discorsi, i suoi ragionamenti, avevano sempre avuto la meglio su quelli del giovane. –In passato non lo siamo mai stati, certo. Ma lo siamo adesso, Liam.  Siamo convenzionali nel momento stesso in cui operiamo la nostra separazione, schiavi di norme che noi non abbiamo scelto, né desiderato. Siamo convenzionali nel momento in cui ci atteniamo alla realtà per quella che è e non cerchiamo di plasmarla in funzione delle nostre vite.
 
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Inghilterra, 1839.

 
Il giovane si strinse nella sua insulsa giamberga, avvolgendo il cache- col attorno al collo, poi si diede una rapida occhiata allo specchio da parete che il padre aveva fatto affiggere al muro di uno dei corridoi della tenuta. La sua figura alta si stagliava su quella superficie riflettente in tutta la regalità nobiliare che gli scorreva nelle vene.
Non si sentiva a proprio agio in quegli abiti eccessivamente pomposi, realizzati dall’estro di qualche celebre sarto londinese. Ma, in quel frangente, non poteva fare elucubrazioni a proposito dell’abbigliamento che era costretto ad indossare o del nauseante effluvio che risaliva lungo le sue narici, frutto dell’accozzaglia confusa di troppi profumi.
Si diresse a grandi falcate verso uno degli ambienti periferici della casa. La cantina era esposta a Est, accanto al misero orticello che suo padre aveva gentilmente donato alla servitù per sopperire al fabbisogno giornaliero. Fabbisogno che, invece, era soddisfatto solo di rado. Le vetrate che costeggiavano i lunghi corridoi della sezione orientale della tenuta e gli specchi di cui suo padre era tanto invaghito giocavano violentemente con la luce solare e accecavano gli occhi del giovane, il quale li andava riparando con le mani.
Quando finalmente fu fuori da quella casa-prigione  –così, infatti, l’aveva definita- trasse un respiro di sollievo, immediatamente soppiantato da un profondo senso di tristezza.
Per accedere alla cantina ci si doveva prima addentrare nell’orto, abbandonato a se stesso, e poi assestare una potente sprangata a un ampio portone di legno. Quel mattino, però, il giovane James lo trovò socchiuso, un palese invito ad entrarvi e godere della sorpresa che vi era all’interno.
Quando James fu dentro scorse solo una pallida scia di luce che illuminava il centro della grande stanza: era difficile cogliere dettagli circa l’ambiente.
Ma, effettivamente, James non era interessato alle bottiglie di vino vecchie chissà quanti anni, stipate in rombi di legno fissati alle pareti, né alle botti, ammassate una sull’altra.
C’era un angolo della cantina che conosceva come le sue tasche.  I suoi occhi erano talmente abituati ai particolari che contraddistinguevano quel piccolo nascondiglio, che non importava quanto la luce fosse debole, lui avrebbe sempre e comunque individuato la figura rannicchiata sul piccolo materasso, che guardava fisso davanti a sé.
-Catherine.- sussurrò James.
Catherine alzò il capo verso di lui, abbracciò per qualche secondo il suo sguardo e poi si rizzò a sedere sulla forma bitorzoluta del materasso. Era silenziosa, come mai James l’aveva vista.
Da che ricordasse, era nato e cresciuto con quella ragazza, che ormai aveva già da tempo compiuto i venticinque. Lui, della stessa età, era figlio di un conte trasferitosi in campagna per godere della pace che essa sapeva infondere. Lei, di contro, era la primogenita di tre figliole, nate da un mercante che si era via via arricchito con il commercio di tessuti pregiati, alcuni dei quali aveva venduto persino alla famiglia del giovane.
James si sedette accanto a lei. Catherine non spiccava certo per la bellezza del viso: i suoi lineamenti erano ordinari, a tratti un po’ irregolari. In compenso, la luce nei suoi occhi rivelava quanto fosse brioso e accattivante il suo temperamento,  quanto fosse vivace e tagliente la sua lingua, che sapeva usare come la più letale della armi. James distinse, nonostante il buio, le fattezze eleganti del suo corpo.
Per quanto il viso di Catherine non fosse grazioso, la sua figura era sinuosa e attraente.  Lui ne aveva più e più volte accarezzato i fianchi rotondi, la vita stretta, le gambe lunghe. La giovane era alta, e sfruttava al meglio le curve dei seni o dei fianchi indossando gli abiti giusti, senza risultare mai volgare. Ciò suscitava ammirazione più di qualsiasi altra cosa.
-Non mi rivolgi la parola?- chiese James, sfiorando le dita di Catherine con le sue.
Lei si ostinò a non muovere minimamente le labbra. Il giovanotto non seppe fare altro che poggiare la testa sul petto della ragazza, che lo accolse benevolmente e che, con lui, si stese sul materasso, mentre, con le dita, gli accarezzava i capelli tagliati di fresco. Odorava di giaggiolo, così che James si abbandonò a quella confortante sicurezza che gli veniva infusa in petto. –Liam…
Liam. Era questo il secondo nome di James. Catherine lo preferiva di gran lunga al primo, gonfio di un’artificiosa nobiltà e in netto contrasto con l’indole accomodante del suo migliore amico, che lei aveva sempre chiamato Liam.
Non seppe aggiungere altro, e si mise a fissare il soffitto, interamente inghiottito dall’oscurità del luogo.
-Non lasciare che la tua allegria venga rapita dalla nostra tragedia, Cath.
James  le soffiò quelle parole nell’orecchio, plasmando al meglio il tono della sua voce, così che potesse persuadere la povera Catherine a ridere ancora della vita. E lei, in effetti,  un piccolo sorriso lo stirò, su quel viso imperturbabile e segnato dal dolore di quel giorno.
Aveva trascorso gli ultimi tre mesi nel desiderio di godere di ogni dettaglio del suo idillio con James, perché sapeva che di lì a poco sarebbe giunta al termine. Tre mesi prima i genitori di lui lo avevano promesso ad una duchessina appena sedicenne, una certa Miss Greene, che Catherine aveva visto solo da lontano, una volta, mentre passeggiava mano nella mano con James. L’aveva vista, così avvenente nei suoi sedici anni. Capelli biondi che ricadevano in ampie volute sulle spalle, fisico minuto ma attraente, andatura graziosa e composta  e un sorriso che Catherine non avrebbe mai potuto eguagliare.
-Se te ne fosse stata data la possibilità, Liam, avresti scelto me?- chiese. –Se non fosse stato per l’inferiorità del mio parentado mi avresti mai presa in sposa?
James alzò lo sguardo per puntarlo negli occhi di lei, di un nocciola più convenzionale dell’azzurro di quelli di Miss Greene, eppure così vivo e scintillante che niente, proprio niente, avrebbe mai retto il confronto con quegli occhi intelligenti. –Come farò senza la tua impertinenza? Come tirerò avanti senza cercare di sovvertire le regole, giorno dopo giorno?
Catherine si tirò in piedi, facendosi forza con le braccia, e prese a camminare elegantemente tra le botti della cantina. –La bellezza della tua futura moglie saprà risolvere ogni tuo problema. In fondo non è questo che fanno gli uomini d’alto rango, sposare belle ragazze e sfruttare la loro bellezza fino a farla sfiorire?
-Non io, lo sai.- obiettò James, profondamente offeso dalle arguzie di Catherine.
-Non ora, Liam. Ma presto abbandonerai queste idee così sovversive e diventerai uguale a tutti gli altri. Miss Greene sarà solo la madre del tuo erede, mentre tu sarai completamente dedito agli affari e non tornerai mai da lei.- constatò l’altra, rivelando la cruda verità sul futuro di James.
-Io non la amo, Catherine. Come potrei desiderare di passare il resto dei miei giorni con lei?
Catherine emise un risolino acuto che serpeggiò nelle orecchie di James lasciandosi dietro una fredda scia di consapevolezza. –Ma il tuo corpo la desidererà, Liam. Lascerai che i piaceri carnali prendano il posto della ragione, o non sarai mai felice.
-E come potrei esserlo, se iniziassi a vivere nella lussuria?
-Ma sarai un lussurioso per costrizione, non per scelta.- tagliò corto lei, mentre con le mani distendeva le pieghe del suo sobrio abito verde.
-No.- si oppose James. –Tu non la conosci. Potrebbe essere anche la donna più bella del mondo, ma non riuscirei a soffrirla ugualmente, mia cara Catherine. Miss Greene è così frivola e stolta, avvezza ai giochi, alle chiacchiere e alle feste mondane; mai che io l’abbia vista con un libro in mano, anche il più insulso, mai che l’abbia sentita addurre spiegazioni ragionevoli ai suoi discorsi insensati. Si crogiola nella sua urbana affettazione e tratta tutto il resto con sufficienza.
Catherine rise, ancora una volta. Poi, in un gesto alquanto teatrale, finse di rabbrividire. –Terrificante.- sussurrò, avvicinandosi pericolosamente alle labbra di James. –Eppure ancora bella.-
-Suppongo che non riuscirò mai a cambiare le tue idee, Cath. Quindi smettiamola di disquisire a proposito di lei, d’accordo?
Attirò Catherine tra le sue braccia e le scoccò un bacio talmente lungo e intenso che, per la prima volta, lasciò che non fosse solo il sentimento a dettarlo, ma anche quel piacere carnale di cui Catherine aveva fatto menzione. E, per assurdo, realizzò invece che la libidine non faceva altro che accrescere l’amore che lo legava a quella donna, compagna di vita e di tribolazioni.
Catherine fu la prima ad interrompere quel bacio così poco illibato. Non voleva tramutare quell’incontro con James in un’esperienza struggente. Voleva solo raccontargli tutta la verità e lasciarlo andare, senza rimorsi e senza i troppi sconvolgimenti emotivi che lei disprezzava ardentemente.
-Così questo è il nostro addio?- chiese, lasciando che le mani di James indugiassero sui suoi fianchi più a lungo di quanto fosse concesso.
Lesse nel viso di lui quella paura che conservava nell’animo sin da quando era bambino, già consapevole, nella sua tenera puerizia, di quale fosse il destino al quale era stato assegnato.
Catherine aveva perso l’opportunità di amare pienamente il suo uomo, certo, ma James aveva rinunciato a molto di più. La sua libertà era stata recisa dai genitori con un taglio netto, doloroso, che lo avrebbe reso schiavo della pregiudizievole società di cui faceva parte.
Catherine, a confronto, si sentiva fortunata. Era abbastanza ricca per permettersi il lusso di prendere in mano le redini della sua vita e, per di più, non faceva parte di nessuna casta nobiliare che le imponesse regole ferree e incorruttibili. Lei avrebbe fatto del suo futuro ciò che riteneva migliore.
James si era preso alcuni secondi per rispondere alla domanda di Catherine. Quando finalmente lo fece, sfoggiò un tono grave e indolente che poco si confaceva alla sua solita, ostentata sicurezza. –Non deve necessariamente essere un addio.
Catherine gli voltò le spalle, troppo intenta a nascondere le sue emozioni per guardare il giovane negli occhi. –Non scivolerò di soppiatto tra le lenzuola del tuo letto, Liam, né oserò venire più in questa cantina. Sarai un uomo sposato e io non intendo essere la causa di un tradimento.
-Nessuno ti ha chiesto di esserlo, Catherine.- precisò James. Le posò una mano sulla spalla destra, con una delicatezza tale che sembrava stesse armeggiando con una bambola di porcellana. Era quello il modo di agire di James: lui preferiva essere presente e silenzioso nella vita degli altri, anziché incarnare un fugace rumore.  –Ma non posso sperare di godere a lungo della mia sanità mentale se non avrò nessuno con cui conversare. E, ti prego, non dirmi che Miss Greene sarà all’altezza di intrattenere una conversazione, perché non mi sembra minimamente concepibile. Tu sei l’unica che possa riuscire a non farmi impazzire.
Catherine sorrise, benché i suoi occhi si stessero già gonfiando di lacrime dolenti. –Buffo il modo in cui confessi i tuoi sentimenti, Liam. Si direbbe che l’amore faccia impazzire gli amanti, e tu, invece, mi elevi al rango di tua sanità mentale?
-E quando mai noi due siamo stati convenzionali, Cath? Fammi un solo esempio e ammetterò di essere nel torto.-
Catherine tornò a guardarlo negli occhi, sicura della superiorità delle sue capacità retoriche su quelle di James. I suoi discorsi, i suoi ragionamenti, avevano sempre avuto la meglio su quelli del giovane. –In passato non lo siamo mai stati, certo. Ma lo siamo adesso, Liam.  Siamo convenzionali nel momento stesso in cui operiamo la nostra separazione, schiavi di norme che noi non abbiamo scelto, né desiderato. Siamo convenzionali nel momento in cui ci atteniamo alla realtà per quella che è e non cerchiamo di plasmarla in funzione delle nostre vite.
James la osservò, l’intensa venerazione per l’oggetto del suo amore che scorreva nelle vene come linfa vitale. Come poteva abbandonare tali riflessioni in nome di una chioma bionda e di un titolo di duca? –Quantomeno converrai con me nell’affermare che, se anche non ci fossimo attenuti alla convenzionalità, la vita ci avrebbe comunque riservato il più brutale dei trattamenti.
-Ma noi non ci siamo mai prodigati in nome della giustizia, Liam. Se l’avessimo fatto, forse la vita non sarebbe stata così brutale.- ribatté lei, ardentemente, gli occhi che le si infiammavano nella consapevolezza di aver ragione.
James sospirò. –L’hai spuntata, come sempre. Non siamo stati abbastanza forti.
-Non dobbiamo farcene una colpa.- lo consolò lei. Accarezzò le guance morbide del giovane con le sue mani esili ed eleganti e con i pollici gli asciugò con decisione le lacrime che iniziavano a ricadergli lungo le guance.
Poi infilò una mano nella tasca della redingote di James e vi estrasse un orologio d’oro. Con una rapida occhiata lesse l’orario: erano le nove e mezza del mattino. –Si sta facendo tardi.- constatò, la mestizia che dilagava come un morbo letale tra le sue parole. –Mancano solo due ore e poi dovrai essere in chiesa. Ti staranno aspettando. È meglio che io vada.
James non riuscì a trovare il coraggio per proporle una fuga folle, non ebbe l’ardore di fare in modo che le loro vite diventassero  giuste, così come Catherine gli aveva detto. Le parole di lei avevano assorbito ogni sua attenzione, tanto da cancellare violentemente tutto ciò che di restante esisteva al mondo.
Nella foga di ribattere alle parole di Catherine e di veder crollare le proprie ragioni come castelli di carta, non era nemmeno accorto delle due valigie di pelle marrone che giacevano sul pavimento, come palese simbolo della separazione che incombeva sui due giovani. –Che fai, con quei bagagli?- domandò, rivolto a Catherine, la voce gonfia di terrore.
-Parto, Liam. Mi trasferisco a Londra e cerco di rendere la mia vita più giusta. È così che deve essere.- rispose lei, mentre sollevava da terra le due pesanti valigie.
-Non puoi lasciarmi da solo in questo modo…
Catherine gli accarezzò un braccio, come a volerlo rassicurare. –Non ti lascerò. Se porterai con te le parole che oggi ho pronunciato riuscirai a trovare te stesso. Solo allora sarai felice. Devi fare in modo che la tua felicità dipenda da te e soltanto da te.
-Come posso…?
-Confido nel fatto che ce la farai.- bisbigliò la giovane, prima di scoccare un bacio sulla guancia di James e di allontanarsi a spron battuto, senza mai guardarlo, verso quella giustizia che tanto agognava.
Furono quelle le ultime parole che Catherine rivolse a James. Lei aveva appena varcato la soglia del portone, le lacrime che le rigavano il volto, quando quest’ultimo mormorò un timido “scrivimi”.
Ma era ormai troppo tardi perché l’amore della sua vita udisse quella supplica.
 
Angolo autrice. 
Rieccomi!
Ultimamente sforno storie come fossere pane, 
ma non ho nulla da fare, quindi compatitemi. 
E' la prima volta che scrivo qualcosa nel genere "storico", 
quindi mi piacerebbe sapere se questa sorta
di sperimentazione che ho fatto è andata bene. 
E poi volevo spiegarvi in due parole perchè ho scelto Liam, come personaggio. 
Ero indecisa tra lui e Lou, ma poi ho scartato Louis. 
Insomma, Liam era l'unico che mi convincesse più degli altri
per essere inserito in un contesto storico. 
Ma ce li vedete Harry, Niall o Zayn in una situazione del genere?
Io per niente, haha!

   
 
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