Unannounced
Il
campanello suonò, e fu con grande riluttanza che Burt si
scostò dal caldo
abbraccio di Carole per alzarsi dal divano e aprire la porta. Non
sapeva chi
potesse far visita a quell’ora, ma di certo non si aspettava
di trovare
Sebastian poggiato allo stipite della porta, troppo rilassato per
qualcuno che
sbucava fuori senza preavviso alle dieci e mezza di un giorno feriale.
Beh,
okay, c’erano le vacanze di Natale, ma ciò non
cambiava il fatto che a Burt non
piacesse la situazione.
“Hey,
Mr. Hummel,” esordì il giovane con un sorriso
rilassato.
“Tutto
bene?” domandò, facendo un passo indietro, a
malincuore, per lasciarlo entrare.
“Sì,
sì, sono qui per vedere Kurt.”
“Sapeva
che stavi venendo?” Per esperienza, sapeva che Kurt rimaneva
sempre al piano di
sotto quando sapeva che Blaine sarebbe arrivato, così poteva
correre ad aprire
la porta appena il campanello suonava. Ma era passato un po’
di tempo dalla
relazione con Blaine, e nonostante ci fossero molte cose che non capiva
nella
relazione di Kurt e Sebastian, sapeva che il giovane non era Blaine.
Oh, sì che
lo sapeva.
“No,
a dire il vero,” rispose lui. “Sentivo di doverlo
vedere. Ho pensato di
passare-“
“Non
hai pensato molto all’orario, eh?”
domandò, incrociando le braccia al petto. “E
se Kurt fosse già a letto?”
“So
che non lo è,” rispose l’altro con un
po’ troppa sicurezza. Non gli piaceva
l’impudenza di quel ragazzo.
“Chi
è, Burt?” lo chiamò Carole.
“Sebastian,”
rispose lui, senza scostare lo sguardo dal volto del giovane.
“KURT!” urlò,
“Hai visite!”
Il
suono di passi sulle scale seguì la comparsa di Kurt
all’ingresso, il volto
appena arrossato, sembrava stesse per cambiarsi per la notte.
“Che ci fai qui?”
domandò, quasi senza fiato alla vista del giovane.
“Hey,”
salutò Sebastian, il sorriso che diveniva più
sincero e felice alla sua vista.
Ciò confortò un po’ Burt. Qualunque
fossero i suoi sentimenti nei confronti del
ragazzo, almeno era ovvio quanto gli piacesse Kurt. E quello era
abbastanza per
lui – beh, per la maggior parte.
“Messaggiavi
mentre eri alla guida?” fece Kurt.
“Perché sai cos’è successo a
Quinn,
Sebastian. Sai
quant’è pericoloso.”
Ecco
come Sebastian
sapeva che che Kurt era ancora sveglio. Burt lanciò al
figlio un’occhiata
costernata da sopra la spalla di Sebastian, occhiata che
l’altro capì
immediatamente, dunque disse, “Scusa,
papà” in segno di veloci scuse,
afferrando la maglietta di Sebastian e trascinandolo su per le scale.
Per
un secondo, Burt pensò di urlargli le raccomandazioni cui
era solito – tenere
la porta aperta, non dimenticarsi del coprifuoco – ma poi si
accorse che era da
tempo che non le utilizzavano più.
Kurt
non era più un adolescente con il coprifuoco. Aveva ventun
anni, era un adulto
con un fidanzato che stava sussurrando qualcosa al suo orecchio mentre
salivano
le scale, e tutto ciò che lui poteva fare era commentare
l’orario inappropriato
e chiedere che non accadesse di nuovo, ma non poteva impedire a Kurt di
chiudere la porta della sua stanza più di quanto potesse
impedirgli di non
vedere Sebastian.
Non
che non volesse che il figlio uscisse, era trascorso tanto tempo da
quando
aveva frequentato qualcuno in modo quasi serio, dopo Blaine, e da come
parlava
di Sebastian a volte, sapeva che era stato male per lui. Ecco perché non
capiva. Neanche Kurt aveva una risposta
valida. È che… stiamo
bene insieme,
papà.”
“Cos’è
stato a renderti così scontroso?” gli
domandò Carole quando tornò a sedere sul
divano.
“Niente.”
La
donna gli rivolse un’occhiata colma di significato, prima di
intrecciare il
braccio al suo e poggiarsi al suo fianco. “È il
loro primo Natale insieme,
Burt,” disse dolcemente. “Non puoi biasimarli se
vogliono trascorrere un po’ di
tempo da soli.”
Burt
sospirò e volse lo sguardo al soffitto. “Lo
so.”
*
“Non
puoi – oddio –
non puoi spuntare qui
solo perché ti va di fare sesso.” Kurt
poggiò la testa al muro, mettendo a nudo
la gola per lasciarla alla portata di Sebastian e si lasciò
sfuggire un lieve
gemito. “Non che mi stia lamentando,” aggiunse.
“Sembra
di sì, invece,” rispose Sebastian contro la sua
clavicola. Tornò indietro per
inclinarsi sulle sue labbra mentre l’altro gli toglieva il
cappotto,
lasciandolo scivolare dalle sue spalle al pavimento. “Non
riuscivo ad
aspettare,” disse mentre incespicavano sul letto.
“Dopo la tortura che mi hai
inflitto con tutti quei messaggi? Non potevo. Aspettare.
Più. Avevo bisogno di
vederti.”
Riusciva
a capirlo. Era da tre giorni che non si vedevano e gli sembrava come se
qualcuno l’avesse strappato dalla sua stessa pelle. Non era
solo riguardo al
sesso, ma certo nessuno dei due sapeva ancora ammetterlo liberamente.
Stavano
ancora procedendo attentamente lungo la strada di quella relazione,
cercando di
lavorare sulle ammissioni verbali riguardo i loro sentimenti. Era molto
più
facile canalizzarli nelle carezze di mani e labbra, specialmente da
quando
entrambi sembravano sapere come riconoscere i segnali l’uno
dell’altro meglio
di se stessi.
“Anche
io,” disse Kurt, mordicchiandogli le labbra. “Dio,
mi sono mancate le tue
labbra.”
Gli
era mancata più di quanto pensasse. La curva più
dolce quando il giovane gli
sorrideva, il modo in cui si trasformava in un broncio quando era
arrabbiato o
infastidito, il ghigno che sembrava stampato sul suo volto ogni volta
che era
dell’umore per scherzare. Il modo in cui Sebastian la portava
all’angolo della
sua mascella, le labbra circondate dalla barba di un giorno e la lingua
che
usciva fuori per levigargli la pelle delicatamente, il calore del suo
respiro
mentre soffiava sulla pelle umida, il tocco gentile delle sue labbra
quando toccava
il punto più sensibile, il graffio più secco
quando le sfregava contro la sua
spalla, mentre dormiva…
Caddero
sul letto senza delicatezza alcuna, Sebastian che atterrava
disordinatamente su
di lui. Riusciva a sentire quanto l’altro fosse duro, caldo
contro la sua
coscia, i fianchi che continuavano a premere come in una sorta di
tormento
mentre le sue labbra continuavano a lasciare segni sulla sua pelle.
Sarebbero
spariti al mattino, e se non fosse accaduto allora li avrebbe coperti
con una
bella sciarpa – a dire il vero, sperava quasi che non
sparissero, sarebbe stato
carino avere un ricordo fisico di Sebastian per un paio di giorni.
Sarebbe
stato molto meglio del rapido abbraccio che si sarebbero scambiati
all’aeroporto prima di salutarsi.
“Più
forte,” sussurrò Kurt, rafforzando la presa sui
suoi capelli. Il giovane non
esitò e cominciò a suggere la pelle con
più determinazione, leccando e
mordicchiando la pelle fino a farla pulsare, ed era certo di avere un
livido.
Sebastian
si scostò e cambiò posizione.
“Kurt-” il resto delle sue parole si dissolse in
un gemito rauco quando strusciò i fianchi contro la sua
erezione. “Oh cazzo,”
mugugnò. “Facciamo l’amore, ti
prego, facciamo l’amore. Ne ho bisogno.”
“Sei
davvero bisognoso, stasera,” lo punzecchiò,
premendo la punta delle dita contro
il suo mento. Il momento giocoso svanì quando Sebastian lo
prese per il polso e
succhiò due dita. Kurt poggiò la fronte alla sua
tempia e gemette, sentendo
l’erezione gonfiare e pulsare, dolorosamente costretta nei
jeans.
“Apriti
per me,” disse Sebastian, lasciandogli le dita con un pop. Provò ad abbassargli i
jeans ma, al contrario degli orribili
pantaloni di tuta che indossava ogni tanto, quelli di Kurt si
adattavano fin
troppo bene e non si smuovevano. “Urgh, togliteli.”
Un
tonfo dal piano di sotto e Kurt si congelò, proprio mentre
stava per togliersi
i pantaloni. La realizzazione che i suoi genitori fossero nella stessa
casa, che
fossero vicini a sentire quanto avevano fatto tutto così
forte accrebbe un
certo orrore che si infranse contro le nebbie della lussuria che aveva
in mente
e abbassò la mano. “Cazzo,” disse in un
basso mormorio. “Cazzo. Che cosa stiamo
facendo? Papà e Carole
probabilmente
possono sentirci – oh dio, e se ci avessero
sentiti?”
Quel
tonfo poteva essere anche una bottiglia caduta dal divano, per quanto
ne
sapesse, magari non aveva niente a che fare con loro. E se invece ne
avesse
avuto?
“Quindi?”
domandò Sebastian, assolutamente poco infastidito da quel
pensiero. Appariva
perfettamente calmo, poggiato sul gomito, una deliziosa sfumatura di
rosso che
correva per tutto il collo. “Non hai mai fatto sesso con i
tuoi genitori in
casa?”
“Non…
non così!” Infilò nuovamente i jeans,
l’erezione era tutto fuorché andata.
“È
colpa sua,” gli disse.
“Eri
tu quello che mi mandava messaggi sexy mentre ero nel bel mezzo di una
cena con
la mia famiglia!”
“Non
si tratta dei messaggi,” rispose. Si
tratta di te che mi mandi in pappa il cervello. Non aveva
pensato di andare
così oltre quando aveva condotto Sebastian nella sua camera
da letto. Era
eccitato, e okay, forse si stava toccando prima che l’altro
arrivasse, le
immagini che avevano continuato a inviarsi a vicenda erano state troppo
intense
per non fargli venire la voglia, ma
gli sarebbe andata bene anche una sveltina. Certo non una performance
così alta
da intrattenere i vicini!
“Dai,
vieni, ci andremo piano,” disse Sebastian, mettendosi sulle
ginocchia e
scivolando verso il bordo del letto. “Lo giuro.”
Sembrava
davvero convincente, irresistibile. Kurt si chinò senza
farselo ripetere due
volte. “Quando devi tornare?” domandò.
“Non
devo, posso trascorrere la notte qui… sai, sempre se lo
vuoi.” Sembrava un po’ nervoso,
come se temesse che l’altro non volesse.
Kurt
passò una mano tra i suoi capelli, scostando appena il capo
e osservando il
modo in cui chiudeva gli occhi a quel tocco. “Certo che
voglio.”
“Bene.”
“Quindi
aspetteremo che i miei genitori si addormentino,”
affermò.
“Non
dirmi che tu e Blaine non avete mai fatto niente con loro in
casa,” disse il
giovane, aprendo gli occhi.
Si
mosse a disagio alla menzione del giovane. Non voleva cominciare a
comparare
come Sebastian sembrasse diverso a letto rispetto a Blaine, ma non
sarebbe
stato per niente strano, era qualcosa che si era ripromesso da quando
avevano
rotto. “Certo che sì,” ammise.
“Ma erano solo delle seghe e cose simili.”
“Non
mi vanno,” disse l’altro, scuotendo il capo.
“Voglio fare l’amore con te.”
“Allora
aspetteremo,” rispose di nuovo. Sembrava che Sebastian stesse
per ribattere, ma
prima che potesse dire una parola, lo baciò.
Il
giovane sospirò quando si scostarono.
“Quanto?”
“Non
molto,” rispose Kurt, osservando l’orologio. Gli
venne in mente una cosa, il
pensiero che non avessero tutto ciò di cui avevano bisogno
per i loro piani.
Lasciò ricadere Sebastian sul materasso e si diresse verso
la sua valigia,
ormai disfatta per la stanza, dunque controllò le tasche.
Non ricordava di
essersi portato lubrificante o profilattici. Aveva fatto le valigie di
fretta,
troppo occupato con lo shopping dell’ultimo minuto per
impacchettare tutto a
dovere. “Aw, maledizione,” mormorò
quando tornò a mani vuote.
“Cosa
c’è?” domandò
l’altro.
“Devo
andare a prendere dei preservativi,” rispose. Prese il
cappotto di Sebastian
sul pavimento e lo indossò, inspirando il profumo familiare
della sua colonia.
“Aspetta,
mi lasci qui da solo?” domandò il giovane.
“Non puoi chiederne un paio a tuo
padre?”
Kurt
gli lanciò un’occhiata orripilata. “Non
chiederò dei preservativi a mio
padre!”
“Non
era a questo che avevo pensato quando sono venuto,”
borbottò Sebastian, a
malincuore. “Ci vuole troppo.”
“Non
ci metterò troppo,” promise Kurt, prendendo il
portafogli. “E vedila così, il
tempo che ci metto ad andare e tornare e i miei staranno già
dormendo.” Si
avvicinò al letto e lo baciò dolcemente,
rassicurandolo ancora una volta prima
di andare.
*
Quando
Burt aveva sentito la porta d’ingresso sbattere qualche
minute prima, aveva
pensato che Sebastian se ne fosse andato. Così, quando la
sentì chiudersi di
nuovo, si fermò per un secondo, il cartone del latte in
mano, chiedendosi chi
potesse essere. “Kurt?” disse quando vide una testa
familiare vicino le scale.
“Oh,
hey papà,” rispose Kurt, il piede già
sul primo gradino. “Non dovresti essere a
letto?”
“Dov’eri?”
domandò Burt, posando il latte in frigo e tornando verso
Kurt.
“Dovevo
prendere alcune cose.”
I
suoi occhi si poggiarono sulla piccola busta marrone tra le mani del
figlio.
Sollevò lo sguardo sul suo volto, non senza notare il modo
in cui l’altro stava
evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. “E
cioè?”
“Quale…
uhm… essenziale. Dentifricio e cose del genere.”
Dentifricio
e cose del genere,
huh? Burt non se la beveva. Per prima cosa, Kurt aveva un
cappotto che sembrava di una taglia troppo grande e che lo vestiva in
un modo
in cui il figlio non si sarebbe mai fatto vedere in pubblico. Eppure
eccolo lì,
la neve tra i capelli e le maniche che scivolavano oltre i polsi; per
seconda
cosa, sembrava impaziente e a disagio, e ancora non incontrava il suo
sguardo.
Era uno sguardo che conosceva bene, l’aveva usato un paio di
volte quand’era
giovane anche lui.
“Buonanotte,
papà,” disse Kurt con un falso tono allegro,
volgendosi nuovamente alle scale.
“Hey,
hey… aspetta,” disse. Kurt sospirò,
prima di volgersi lentamente. “Sebastian se
n’è andato?” domandò
casualmente.
L’espressione
di Kurt aveva stampata sopra la risposta, ma provò a reagire
con indifferenza
quando disse, “No. Rimane… rimane per la
notte.”
“Uh
huh,” rispose Burt, il colorito che ora sostava sul volto del
figlio che
confermava i suoi sospetti riguardo il contenuto della busta.
“Non
è un problema, comunque.” Kurt non
l’aveva formulata come una domanda ma,
dietro l’espressione tranquilla, Burt poteva vedere una
traccia del ragazzo che
era, che stava chiedendogli il permesso.
“No,
affatto.” Il figlio sembrò essergli grato. Gli
rivolse un lieve sorriso, un po’
della tensione scivolò via dalle sue spalle. Burt,
nonostante si sentisse un
po’ a disagio con l’idea che il figlio fosse
sessualmente attivo anche dopo
aver saputo che lo era da anni, ormai, non poté che trovare
un po’ di
divertimento nel suo imbarazzo.
“Quindi…” disse con un sorrisetto
malizioso. “Dentifricio e cose del genere, eh?”
**
Note
della traduttrice:
Non
potevo lasciare nessuno per due settimane senza qualche aggiornamento
della
nostra bellissima discordandrhythm, così mi sono ricordata
di avere questa OS
salvata nell’hard disk e che mi ero ripromessa di postare non
appena avessi
mollato un po’ Don’t You Remember. Non è
assolutamente un contentino, eh, sia
mai che mi arrivi un uovo supersonico verso la vetrata del soggiorno.
Avrei volentieri tradotto anche le note dell’autrice, ma a
quanto pare è stata
postata così, a random, senza consentirmi adattamenti. Spero
che comunque sia
di vostro gradimento e che perdoniate questo lungo hiatus –
mi sento veramente
Ryan Murphy o_o. Vi raccomando però, al solito, di
ringraziare la dolcissima e
bellissima @namless colour, la quale
come sempre ha betato questa traduzione e che ci ama tanto. E noi
amiamo lei,
vero? Bravi (:
Ci vediamo tra altre due settimane con DYR!