Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Riholu    17/02/2013    9 recensioni
[Storia ambientata prima degli eventi di B2 e N2]
Ad Unima non c'è più tempo di divertirsi, perché i Pokémon stanno soffrendo per mano di un team sconosciuto.
Non c'è più tempo di giocare al novello allenatore, e Touko dovrà impararlo presto, se vorrà aiutare la sua regione a curarsi dalle Ombre.
Tratto dal testo:
I due ragazzi si guardarono per un attimo, per capire chi è che dovesse parlare.
Alla fine prese parola il primo.
«Ciò che stiamo per dirti probabilmente ti scioccherà un po', ma non è il caso di addolcirti la pillola. Hai comunque l'età per capire, quindi cerca di affrontare la verità con diplomazia. Qualunque sia. E di crederci, soprattutto»
[REVISIONE IN CORSO --> Capitolo 13]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Touko
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
L'inizio di un normale viaggio

 

A Soffiolieve era una bella giornata di sole.
Era appena iniziato il mese di settembre, perciò i ragazzi sarebbero dovuti tornare a scuola, ma non tutti in quel paese avrebbero ripreso gli studi: alcuni erano pronti e determinati a cominciare il loro viaggio nel regno dei Pokémon.


Touko, una di questi ragazzi, si svegliò emozionata.
Quel giorno avrebbe cominciato il suo viaggio nella regione di Unima, e non stava più nella pelle.
Verso le 10:00 sarebbero venuti i suoi amici per andare insieme dalla professoressa Aralia, dove avrebbero dovuto scegliere tra i tre starter disponibili nella regione di Unima.


Lei amava i Pokémon, così piccoli e teneri all'inizio.
Aveva già in mente quale tra i tre scegliere, ma sapeva per esperienza che avevano i loro sentimenti e le loro preferenze quindi non poteva prevedere la decisione del suo primo amico Pokémon. Questa certezza l'aveva ottenuta quando, con Komor, era piccola e giocava con i Patrat e i Lillipup del Percorso 1: un giorno litigò con l'amico per un Pokémon, ma quando chiesero all'animaletto di scegliere il suo compagno di giochi scelse Komor e non lei. Ci rimase così male che si mise a piangere.


Da allora, aveva capito che non poteva forzare un Pokémon a fare ciò che lei voleva, né costringerlo a stare con lei.
Per questo non sapeva dire cosa avrebbe preferito il suo prediletto, perché non poteva forzarlo.


Si alzò dal letto e infilò le pantofole ai piedi con un gesto veloce. Stiracchiandosi corse verso la porta, inciampando nei vari oggetti riversi scompostamente sul tappeto, e spalancandola scese le scale. Si sedette subito sulla sua sedia, agitata e nervosa, saltellando su quest'ultima.
Sua madre, Bea, le sorrise comprensiva e divertita e le mise davanti la sua colazione: una fetta di pane, qualche biscotto, del latte e una sana spremuta di baccarancia.


«Buongiorno» disse educatamente.

«'Giorno anche a te, figliola» rispose lei, ma non aggiunse altro.

Touko s'immerse subito nel latte, inzuppandovi i biscotti al cacao -i suoi preferiti- con voracità.
Dopo aver mangiato la fetta e il succo, balzò giù dalla sedia e corse di sopra, sempre sotto lo sguardo divertito della madre. Una volta di sopra, prese dalla sedia davanti alla scrivania gli abiti che aveva scelto d'indossare per il viaggio: short chiari, canottiera bianca, giacchetta smanicata nera e i suoi immancabili scarponcini neri e rosa.
Dopo aver pettinato i lunghi capelli bruni e averli raccolti in una coda alta, indossò anche il berrettino -del medesimo colore degli scarponcini- e tornò di sotto.


«Quanta fretta, cos'hai oggi?» chiese la madre, portando le mani ai fianchi.

«Non mi dirai che l'hai dimenticato! Mamma, oggi-».

«Oggi comincierai il tuo viaggio a Unima, lo so, amore mio: è da quando avevi cinque anni che sogni questo giorno, e me lo dici da allora. Come potrei mai scordarlo, quando ti vedo entusiasta come non mai?» la interruppe sua madre, ridacchiando.

«Odio quando mi prendi in giro» borbottò Touko, fissandola con il broncio.

«Ed io amo farlo, visto che ci caschi sempre» rispose Bea.
La bruna sbuffò, ma non rispose alla provocazione: un tempo finiva sempre con una lunga battibeccata e lei non ne usciva mai vittoriosa.
Il potere persuasivo di sua madre era troppo forte; unito alla sua capacità di rigirare le parole a proprio favore veniva fuori un mix snervante, per Touko.


«Che ore sono?» chiese, guardando l'orologio al muro.

«Le 9:45, sei in anticipo di un quarto d'ora. Mai vista così puntuale per la scuola» borbottò la madre, tornando nella cucina.

La ragazza ci rimase un po' male per il suo tono, ma non contestò: sapeva quanto era stato complicato per sua mamma permetterle di viaggiare per diventare un'allenatrice di Pokémon. Era dispiaciuta di lasciare sua madre da sola, visto che il suo papà non c'era, ma sentiva che per lei era il momento di spiccare il volo, come facevano i pulcini per diventare indipendenti, e che quella possibilità non si sarebbe ripresentata in seguito.
Poteva riprovare da diciottenne, quando sarebbe stata legalmente libera dalla tutela della madre, ma allora sarebbe stato troppo tardi e le sue ali sarebbero state ormai fiacche.

No, doveva darsi da fare prima dei quindici se voleva spiccare un bel volo, per cominciare bene e al meglio la sua futura vita da allenatrice.
E poi, da adulta, non sarebbe più stata capace di abituarsi alla vita che l'aspettava da quel giorno in poi.

Pensierosa e nervosa, sedette su un divanetto del salone: da lì guardava la madre che si dava da fare per pulire le stoviglie da lei utilizzate.
Quel compito era come una tradizione per le donne: pulire la casa, occuparsi di essa e tenerla in ordine, cucinare... Erano i fondamentali compiti di una buona donna di famiglia, ma Touko sentiva che non era fatta per quella vita.


Non poteva restare ancora troppo a lungo in quella casa così triste e così familiare, doveva diventare indipendente e cavarsela da sola.
Restava sempre il dispiacere per la madre, che sarebbe rimasta sola definitivamente: da quando suo fratello, Touya, aveva iniziato il suo viaggio l'anno scorso erano rimaste solo loro in casa.
Adesso anche lei avrebbe cominciato a viaggiare, allontanandosi sempre più dalla famiglia per diventare autonoma.
Le faceva male, quella conseguenza.


Alle 10:05 il campanello suonò -l'orario era così preciso perché Touko non aveva scostato gli occhi un secondo dall'orologio, quasi- e lei si gettò contro la porta. Trovò davanti a sé Komor, il suo amico d'infanzia: i capelli neri, corti e ordinati, era sempre i soliti; aveva gli occhi neri coperti da un paio di occhiali trasparenti, che portava per miopia; indossava una t-shirt bianca con una riga centrale rossa, una giacca blu, i pantaloni neri e le scarpe blu come la giacca.
La sua espressione seria, solcata da un sorrisetto, non era affatto cambiata, come la sua aria da precisino.


«Ciao, Komor» esordì, contenta.

«Touko» disse solo lui, con le mani in tasca.

La ragazza guardò dietro di lui ma non vide la loro amica.

«Ma Belle? Che fine ha fatto» domandò, perplessa.

«Problemi con il padre, sai com'è. Infatti mi aveva chiamato per dire che dobbiamo deviare verso casa sua prima di andare dalla prof» rispose Komor, sistemandosi gli occhiali rettangolari.

Comprensiva, Touko annuì e uscì di casa con lui.
Conosceva bene la situazione familiare di Belle: il padre era iperprotettivo nei confronti della figlia e la madre non sapeva come farlo ragionare. Anche la loro amica aveva avuto problemi a convincerlo, e questo si era arreso, ma ora che era sul punto di partire per davvero stava cercando di trattenerla a Soffiolieve.


Persino davanti al vialetto Komor e Touko sentivano le grida del padre di Belle.
Si scambiarono un'occhiata d'intesa prima di bussare. Ad aprire fu la madre, che li accolse con un'espressione sconsolata. I due entrarono ringraziando con un lieve inchino, poi sedettero sul divanetto di fianco nell'attesa che la litigata avesse fine.
Anche se avessero voluto aiutare Belle a convincere suo padre, era una causa persa fin dall'inizio.


«Tu non parti, Belle, non te lo permetto» disse questi.

«Ma papà! Avevi detto che mi lasciavi andare, prima! Perché non sei capace di rimanere fermo in una scelta? Avevi detto che potevo, perché all'ultimo momento me lo proibisci?» urlò la ragazza con voce stridula.

Touko notò che l'amica indossava i soliti vestiti, forse per non innervosire ancor di più il padre: il basco verde copriva i disordinati e corti capelli biondi e indossava il solito vestito bianco con la gonna arancio acceso; a tracolla portava la solita borsa grande e verde acceso, il cui contenuto non era mai prevedibile.

«Ormai ho deciso definitivamente, tu resti qui! Non ti permetterò di andare all'avventura in questo momento, né ora né mai! E poi, che idea viaggiare in questo periodo, con queste strane apparizioni di Pokémon» sbraitò l'uomo, come sempre iperprotettivo.

Su quel punto, la bruna non gli diede troppo torto: ultimamente giravano degli strani e loschi figuri che rapivano i Pokémon direttamente dagli allenatori.
E molti aveva denunciato aggressioni sospette da Pokémon impazziti, come se avessero delle rotelle fuori posto. Uno, che era stato giudicato pazzo, aveva persino denunciato di aver visto intorno a questi Pokémon una strana aura violacea dall'aspetto poco promettente.
Al notiziario avevano detto, su questo argomento, che nemmeno la professoressa Aralia sapeva cosa rispondere e che sarebbero stati chiesti soccorsi a un tipo che conosceva le caratteristiche di tali Pokémon.


Touko era proprio curiosa di conoscere questa persona e il suo modo di risolvere la faccenda, ma alla tv non avevano detto altro: né il nome né l'aspetto del misterioso individuo era stato divulgato, dicendo che il ragazzo -perché di un ragazzo si trattava- preferiva agire nell'anonimato perché i colpevoli non lo venissero a sapere.
Aveva detto comunque che avrebbe fatto un salto dalla professoressa Aralia per ottenere degli aggiornamenti, proprio quel giorno.
Ecco perché, con abili mosse, aveva convinto i suoi amici e i vari genitori a partire in quel giorno.


Komor sospettava qualcosa, ma non le aveva posto domande; Belle non guardava mai le news, quindi non doveva preoccuparsi; sua madre l'aveva intuito subito e le aveva fatto il terzo grado, ma non si era opposta.

Passarono altri minuti in cui i due, padre e figlia, continuarono a litigare sbraitando domande ad alta voce. Komor, infastidito in modo più che evidente, si controllava spesso le unghie curate e pulendole da immaginari granelli di sporcizia.
Alla fine, con un sospiro pesante, si alzò in piedi e prese Belle per un braccio, trascinandosela dietro.


«Mi sono stufato di aspettare. Andiamo, altrimenti la prof. Aralia cancella il nostro appuntamento fissato con fatica. Vieni Touko» disse, avviandosi alla porta.

Obbediente, Touko si alzò e seguì l'amico subito dietro a Belle.
Non ascoltarono le sonorissime lamentele del padre della bionda: scattarono fuori e corsero verso il laboratorio della scienziata che avrebbe dato loro il loro primo Pokémon.
Appena furono lontani dalla casa della ragazza, Komor lasciò andare il braccio di quest'ultima, che lo ringraziò di cuore.


«Grazie, Komor, altrimenti non mi sarei mai liberata dalle grinfie di mio padre».

«Di niente, non ne potevo più. Quand'è che vi decidete ad andare d'accordo?» borbottò il ragazzo, sistemandosi ancora una volta gli occhiali sul naso.

«Sai che se fosse per me tutto andrebbe a meraviglia in casa, ma papà è così protettivo nei confronti della sua principessa...» rispose Belle, con gli occhi luccicanti.

«Ammettilo, un po' questa gelosia fuori limite ti piace» disse Touko, con un sorriso furbo.

«Già, mi fa sentire molto importante».

«Andiamo, dai, se no davvero perdiamo il turno» le riprese Komor, tornando a correre verso l'edificio.

Le due lo seguirono, entrando nel laboratorio Pokémon.
Davanti a loro comparve la professoressa Aralia, impegnata a sistemare delle carte: si voltò verso il trio con un sorriso caloroso


«Entrate, ragazzi: appena in tempo. A breve ho un altro appuntamento. Venite, vi mostro i vostri starter» disse, esortandoli a seguirla.

Insieme alla donna, che aveva i capelli castani acconciati in uno chignon alto e gli occhi celesti, gli amici si diressero nella stanza accanto: sul tavolo stavano tre Pokémon che emisero i loro versetti quando li videro, emozionati.

«Piccoli, questi sono i vostri futuri allenatori, sempre se andrete d'accordo. Chi sceglie per primo?» domandò, ma vedendoli un po' in confusione indicò Touko.

La bruna si fece avanti, posizionandosi davanti al Pokémon che aveva come colore predominante il verde.

«Se va bene, prenderei lui» disse, indicandolo.

Il Pokémon, entusiasta, saltò tra le braccia della neo-allenatrice che rise intenerita.

«Okay, il tuo compagno di viaggio iniziale sarà Snivy. E' un tipo Erba, quindi quando lotterai stai attenta ai tipi Fuoco e Ghiaccio. Conosci le debolezze tra i tipi, giusto?» chiese frettolosa la donna, porgendogli la sfera del suo nuovo amico.

Touko annuì, stringendosi Snivy al petto.

«Credo che ti chiamerò Haku» disse, alzando il serpentello di tipo Erba alla luce artificiale della lampada sul tetto.

Nel frattempo Komor aveva scelto Tepig, un tipo Fuoco, e Belle si convinse con Oshawott, un tipo Acqua.
Dopodiché, la prof. Aralia diede loro cinque pokéball con la quale catturare i loro futuri compagni e dei consigli per cominciare bene. Diede loro anche i Pokédex, che contenevano le informazioni dei vari Pokémon presenti nella regione, e il PortaMedaglie, in cui mettere le medaglie delle otto palestre di Unima.


«Mi raccomando: siate prudenti, sopratutto di questi tempi. Non perdetevi mai d'animo e allenatevi tanto, se volete battere la Lega Pokémon. Andate ora: è inutile che vi tratteniate ancora qui» disse la donna, spingendoli verso la porta.

«Ma che ha? Perché ci sta gettando gentilmente fuori dal laboratorio?» chiese Komor, con la pokéball di Tepig nella mano.

«Beh-» cominciò lei, ma lo scampanellio del campanello la distolse dai tre ragazzini.

Dalla porta entrò un ragazzo alto, di carnagione mulatta, gli occhi dorati e i capelli biondo chiaro, un po' lunghi e all'indietro in un'acconciatura senza senso, come se fosse solo una comodità; sul capo aveva degli occhiali in metallo e indossava una giacca blu notte dalla quale si intravedeva una maglia nera e dei pantaloni neri.
«Salve, lei è la professoressa Aralia?» chiese, serio.

«Sì, sono io» disse la donna, tenendo ancora le mani sulle schiene dei tre ragazzi.

Il ragazzo abbassò lo sguardo su Touko, Belle e Komor che ricambiarono, in parte, con diffidenza.
In parte, perché la prima lo fissava imbambolata. Lei sapeva bene chi fosse, o meglio lo immaginava.

«Pensavo saremmo stati soli» disse il ragazzo, guardando con perplessità ognuno dei tre.

«Lo so, scusa, ora se ne vanno. Vero, ragazzi?» domandò lei, fissando eloquente il trio.

«Veramente vorremmo sapere chi diavolo è questo qui» protestò Komor, sistemandosi gli occhiali.

Il ragazzo lo guardò indifferente, poi tornò a guardare la donna.
«Non si preoccupi, posso aspettare tutta la giornata che questi tre ragazzi se ne vadano. Ma gradirei evitare- disse, fissando di sbieco Komor, freddo.

Il corvino non si fece intimorire, continuando a fissarlo insistentemente.
L'aria si era fatta davvero pesante, perciò Belle, che si sentiva schiacciare, prese l'amico per un braccio come lui aveva fatto prima e lo portò fuori dal laboratorio, scusandosi. Il ragazzo non fece resistenza, forse un po' grato. Touko fissò ancora un po' il biondo e la prof. poi se ne andò, varcando la porta con non-curanza.


«Grazie, temevo che non mi sarei smosso più» disse Komor, abbassando il capo.

Tutti quelli che lo conoscevano sapevano quanto fosse competitivo, specialmente con un ragazzo.
Ogni volta che c'era lo sport in tv, la sera, Komor continuava a incitare selvaggiamente le sue squadre preferite, ma per quanto adorasse lo sport non era tipo da praticarlo. Si può dire che Touko era la più incline e portata per lo sport, mentre Belle era dotata di un buon equilibrio, ottimo per danzare. Komor, invece, era un tipo intellettuale, come dimostra il continuo sistemarsi gli occhiali, gesto che aumenta di frequenza con il nervosismo.


«Prego, quell'atmosfera mi stava penetrando nelle ossa come umidità» rispose Belle.

«Direi che qualcuno qui sa dirci chi è quel tipo, visto come lo fissava» disse il corvino, voltandosi verso la bruna.

«Chi ha visto gli ultimi notiziari l'ha già intuito chi sia, no? Comunque, e lo dico per Belle che non li guarda mai...» cominciò Touko.

«E chi dice che questi non li ho guardati?» la interruppe Belle, con le mani sui fianchi.

«Lo dico io che ho passato del tempo al telefono con te, la sera, e te lo chiedevo. Mi hai pure domandato di cosa parlassero, costringendomi a spiegare per filo e per segno. Dimenticato?» rispose la bruna, ridacchiando furba.
La bionda ci rimase un po' male per quella gaffe.


«Comunque, dicevo, quel ragazzo ipotizzo sia il tipo a cui le autorità hanno chiesto aiuto per risolvere la faccenda di Pokémon impazziti. Chiedo scusa, perché volevo vederlo e avevo programmato la nostra partenza per oggi» spiegò Touko.

«Sospettavo una cosa simile» borbottò Komor, tra sè.

«A me sembra un po' giovane per occuparsi da solo dei colpevoli. Non gli darei più di sedici o diciassettenne anni, perché gli hanno affidato un compito così importante?» disse Belle, perplessa.

Entrambi gli amici fecero spallucce.

«Siamo troppo piccoli per conprendere il delicato andamento mentale degli adulti. Propongo di cominciare comunque il nostro viaggio, ormai abbiamo dei nuovi amici! E aspettano solo di diventare forti e importanti» disse Komor.


«Parole profonde e saggie! Io però devo andare a casa per prendere la borsa, me la solo dimenticata» disse Touko.

«Bene! Andiamo, così salutiamo tua madre» disse Belle, carica di energia.

La bruna rise e corse verso casa sua, non lontana dal laboratorio. Anzi erano quasi vicini.
La casa della bionda era la più lontana, mentre quella del corvino di fianco all'edificio.
Arrivati davanti alla porta di casa, Touko entrò chiamando la madre. Questa la guardò perplessa, ma quando la figlia le disse di aver dimenticato la borsa lei sorrise.


«Aspettate qui» disse Touko, correndo di sopra.


Belle contestò l'ordine, ma la bruna fu irremovibile: non voleva che vedessero il disordine nella sua camera, che imbarazzo tremendo!
Una volta di sopra prese la borsa rosa evitando magistralmente i giocattoli e sempre evitando magistralmente i giocattoli si buttò fuori dalla porta.
Scese le scale e andò verso i due amici, che chiaccheravano con Bea.


«Eccomi di ritorno. Vi sono mancata?» domandò retorica.


«Affatto, abbiamo occupato il tempo parlando con tua madre» rispose Komor, con un sorrisetto furbo.

Touko si volse verso la madre, con un accenno di lacrime agli occhi.
«E' arrivato il momento di salutarci» disse la madre, abbassando il capo rassegnata.


La figlia corse incontro alla donna, abbracciandola di slancio con le lacrime agli occhi blu.
La strinse forte, come a imprimersi quel momento nella mente.

«Giuro che tornerò a trovarti ogni volta che passerò per Soffiolieve, o quando avrò insegnato Volo a uno dei miei Pokémon. Ti chiamerò ogni giorno con l'Interpoké» disse, premendo il viso contro il seno della madre.


Bea accarezzò il viso di Touko, stringendola per confortarla.
«Ci conto. Almeno fatti sentire una volta alla settimana, perché quando sarai in viaggio saranno tante le cose da fare e non avrai tempo per farmi avere notizie».

«Se è così, giuro che la prima notte, quindi questa sera, ti faccio sapere dove sono».

Madre e figlia ridacchiarono, cercando di stemperare la tensione e il dispiacere, e si sciolsero dall'abbraccio.
Con un sonoro bacio alla guancia, Touko salutò la madre definitivamente e con Komor e Belle corse fuori di casa. Camminarono imperterriti verso il vicino confine di Soffiolieve. All'imboccatura del Percorso 1, così familiare ai tre, si fermarono in circolo.

«Che facciamo? Andiamo?» disse Touko, infervorata.

I due annuirono.


«Allora... tre, due, uno... Via! Tutta di corsa!» urlò la bruna, correndo subito in testa.

«Ehi, aspettaci! Tu non hai la gonna!» urlò Belle, correndole impacciatamente dietro.

Komor, come già sappiamo, era il meno atletico e correva affannosamente dietro all'amica bruna.
Touko rise alla pessima figura che i suoi due amici facevano.
Erano davvero comici.
Continuò a correre, mentre il vento le sferzava il viso, ridendo come una matta. Non poteva sapere cosa le serbava il futuro, né che un certo tipo la guardava nell'ombra di un albero.

 

*

Si, lo so.
Purtroppo dovrò ricominciare da capo -facepalm- ma non posso farci nulla. E' illogico unire due storie di due account diversi, per così dire. Non ci troverei alcuna logica plausibile.
Approfitterò della situazione per correggere e sistemare i capitoli precedenti -sospiro-.
Inoltre, avverto fin da subito che non potrò più aggiornare frequentemente, perchè tra scuola e conservatorio non ho un attimo di respiro; mi restano solo il martedì e i weekend .-.
Va beh, mi risolleverò.
Bye!

ULTIMA REVISIONE: 02/02/17

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Riholu