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Autore: mairileni    17/02/2013    13 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera!
 
Oh, meglio non pensare a quanto sono in ritardo T0T! Chiedo umilmente perdono, in questo periodo non ho studiato, di più.
Scusate scusate scusate!
 
Ok, passiamo a voi; grazie di essere sempre così tante! c:
 
Non so se questo capitolo vi piacerà o no, speriamo bene.
 
Enjoy!
 
pwo_
 
*** *** ***
Matthew, tiro a segno
[Without you I'm nothing--]
 
 
 
 
Sabato, 13 giugno 1992
 
 
Siamo io e Matt, per strada, sotto un sole che spacca le pietre e cuoce il cervello e giusto sopra una strada spossata dal caldo e bollente.
«Mi spiace di essermene andato così presto» mormora lui, gettandomi un'occhiata in tralice.
«Non importa, lo capisco. Tua madre ha ragione, a volerti a casa per pranzo.»
Annuisce - chissà se sta annuendo alla mia affermazione o a qualcosa a cui ha pensato adesso.
«Sai, Dom?»
«Cosa?»
«Prima di passare da casa, forse dovrei comprare anch'io quella crema rosa che mi hai messo ieri in faccia.»
«Oh, è vero, non te l'ho lasciata, che sciocco!»
«Ma dai, se l'avessi fatto tua madre se ne sarebbe accorta, non credi?»
«Mh, immagino di sì.»
 
La profumeria in cui entriamo è meravigliosamente fresca, e io e Matt concordiamo sul fatto che rimarremo a scroccare un po' d'aria condizionata anche dopo aver effettivamente comprato la crema.
«Buongiorno.» ci accoglie una commessa rossa, con aria stupita.
«Er-- ah, buongiorno.»
«Avete...bisogno?» chiede lei, sempre più dubbiosa.
«S-sì» conferma Matt «io avrei bisogno - cioè in realtà non ne ho bisogno, cioè non è per me, intendo--»
«--Un crema rosa che sia--».
«Intende un fondotinta a buon mercato.» conclude Matt per me.
La commessa si congeda con un cenno del capo e sparisce in magazzino, dicendoci che ci vorrà solo un minuto.
 
«Ora sei esperto anche di trucco?» chiedo attonito.
«Del resto bisognerebbe essere preparato su ogni materia, mi stupisce che tu non lo sappia.» fa lui, alzando le sopracciglia con falsa aria di superiorità.
«Mh. Hai letto l'etichetta.»
«Sì.»
 
La ragazza che ci stava servendo fa ritorno, reggendo tra le mani qualche piccola scatoletta di cartone.
«Ecco...sono tutti quelli che abbiamo, ma quelli meno cari sono questi due.» esordisce con un sorriso.
«Er-- boh, Dom, tu che dici?»
«Non so...questo non è troppo scuro?»
«Si può tipo-- er, chessò-- provare?»
La commessa sostituisce subito alla sua aria sbigottita un'espressione di sforzata cordialità: «Certo! Su-- su di te?»
«Erm, sì.»
Matt si posa un po' del contenuto del tubetto che gli viene dato sulle dita, per poi spalmarselo in mezzo alla fronte, con un piccolo movimento circolare.
«Direi che va bene!» esulta, raggiante.
«Stai scherzando, Bells, vero?»
«No, affatto! Perché?» replica, con aria contrariata.
«Ma guardati alla luce, con quel pallino! Sembri un indiano!»
«Ah, sì, sì, ora lo vedo, sì, hai ragione -- ne ha un altro, signorina?»
Quest'ultima è sempre più sbalordita - immagino si stia chiedendo perché questo sgorbio che ho per migliore amico di sta comprando un prodotto da donne - ma annuisce.
 
«Questo va meglio Matt.»
«Sì, direi di sì -- quanto costa?»
La commessa risponde prontamente: «Sono tredici sterline.»
«Quanto?» grida stridulo Matt.
«Erm...sarebbero tredici sterline, è-- è il meno caro.»
Matt piega gli angoli della bocca all'ingiù e alza le sopracciglia, in una maschera di sorpresa e indignazione, che la ragazza elude voltando le spalle e dirigendosi verso il fondo del negozio: «Allora mentre decidete io vi aspetto alla cassa, se siete d'accordo.»
«Sì, , siamo d'accordo.» risponde Matt con un calcato tono polemico per poi girarsi nuovamente verso di me «Ma hai sentito? È follia! Io pensavo che tredici sterline mi bastassero per la crema e due pasti, ma siamo matti?»
«Pensa piuttosto a rimettertela, la crema, che stai colando come l'Uomo di Cera.»
Matthew borbotta ancora qualcosa, più per dar fastidio che per altro e paga il suo imbarazzante acquisto.
 
 
***
 
 
«Eccomi, sono a casa!»
«Oh, amore, finalmente! Ma quanto ci hai messo?»
«Scusa, io dovevo-- er--»
«--Non importa; sai dove ci porta oggi papà?» chiede, raggiante, mentre lui compare alle sue spalle.
«Eh? No, dove?»
«Andiamo al luna park, Matt!»
«Oh, davvero? Wow!»
«Dato che pensavamo di andare il giorno del tuo compleanno ed è saltato tutto, beh...»
«Fantastico. Dopo pranzo?»
«Appena arriva Dylan, Paul lo ha invitato!»
«Eccoti, maledetto!» grida questo, irrompendo nella sala «Mi hai fregato i CD! Dove sono? Giuro che se te li sei venduti ancora io--»
«--Matthew, hai venduto i CD di Paul?» è l'intervento di una madre sbalordita.
«Cos-- No! Cioè, non oggi! Giuro!»
«Ora vieni su in stanza e mi ridai i miei CD o questa volta ti ammazzo, sappilo!»
«Ragazzi, fate in fretta che appena arriva Dylan partiamo subito, capito?»
 
«Paul, ma sei impazzito?» grido, mentre lui mi trascina su per le scale.
Apre la porta della mia stanza, mi butta dentro, richiude la porta con violenza e mi prende le spalle.
«Ma si può sapere che cazzo fai, Matt?»
«Ma-- oddio, non ho rubato i tuoi CD, Paul, controlla pure dove vuoi!»
«Non parlo di quello, idiota! Dov'eri ieri?»
«Io-- da Dom!»
«Matt, non prendermi per i fondelli. Dov'eri ieri mattina?»
«A-a scuola. Mi hai accompagnato tu!»
«Matt, alla prossima cazzata che dici io giuro che non ti paro più il culo! Sei avvisato!»
«E abbassa la voce!» 
In realtà lo urlo, ma le mani di mio fratello si staccano dal mio corpo e la sua schiena, prima piegata su di me, si raddrizza.
«Siediti.»
«Cos'è, ora mi dai gli ordini?»
«Ho detto siediti. Ora.»
Eseguo.
«Ascoltami. Non provare più a prendermi in giro, perché mi incazzo. Ora mi dici dove sei andato ieri invece che a scuola, cosa hai fatto, come, perché, con chi e per quanto.»
«Ci sono a--»
«Io sono venuto a prenderti, e Dominic è uscito senza di te.»
«Che fai, mi controlli?»
L'occhiata assassina di Paul mi fa pentire di ciò che ho detto, e cerco di salvarmi con un: «Non avevo voglia.»
Ora mio fratello si accovaccia davanti a me, le sue mani calde sulle mie cosce, e io sono seduto sullo sgabello davanti al piano, e ho una tremenda sensazione di déjà vu.
La sua voce è ferma, decisa e vagamente accusatoria; sono uguali, in questo.
«Ascolta, Matt, non ti dirò che la tua è un'età difficile o cazzate del genere, ma cerca di capire che non è-- il momento di dare problemi aggiuntivi, d'accordo? Ora non c'è tempo di pensare a te. Quindi vedi spiegarmi in che guaio ti sei cacciato e chiudiamola qui, intesi?»
«Ho solo-- dio, Paul, non è nulla di grave, io-- una zuffa, nulla di più.»
«Una zuffa? Con chi?»
«Dei tizi-- oh, ti prego, ora non farai la scenetta del fratello maggiore che va a dare una regolata ai bulli che molestano il minore, vero?»
«Per me puoi anche rimanere nella merda, Matt, però non ora. Mi hai capito?»
Non lo guardo negli occhi, lui mi prende il mento per voltarmi verso di lui, le sue dita pesanti in corrispondenza dei lividi - ed era ovvio che succedesse, cazzo - e io caccio un grido.
«Matt, cristo, si può sapere che--?» uno sguardo al suo indice sporco di fondotinta, uno sguardo alla mia mano posata sulla parte dolorante e afferra un Kleenex, e me lo sbatte sulla faccia per pulire il resto.
«Paul-- ahia, mi fai male!» 
Lo spingo, con il fiato spezzato dalle scariche che arrivano dalle ecchimosi.
«Che altro c'è?» chiede Paul con il tono di chi non ammette repliche, un'espressione del viso furiosa e la mano con il fazzoletto ancora a mezz'aria.
«Niente.» rispondo, fissando con interesse la punta delle mie scarpe «Ci siamo picchiati, Paul, picchiarsi presuppone che qualcuno si faccia male, no?»
«Matt, se non mi fai vedere entro adesso cos'altro hai sul corpo, giuro che ti ammazzo e ti analizzo direttamente con l'autopsia.»
«...»
«Uno...»
«...»
«...Due...»
«...»
«Tr--»
Alzo la maglietta senza guardare.
«Che cazzo-- dimmi il nome.»
«Cosa? Non--»
«Ho detto. Dimmi il nome.»
«...»
«Matt, sto perdendo la pazienza. Ascolta, non fare l'eroe da fiaba, perché non me ne frega un cazzo, hai capito? Voglio nome e cognome, adesso
«Perché?»
 
«Ragazzi, siete lì dentro? È arrivato Dylan, stiamo per andare!»  
Mi abbasso di colpo la T-shirt, gettando un'occhiata implorante a Paul, che senza smettere di guardarmi risponde con un: «Arriviamo, ma'.»
«Sbrigatevi, vi voglio giù tra due minuti! È un tuo amico, Paul, è maleducazione farlo aspettare!»
Il rumore di passi si allontana.
 
«Grazie.»
«“Grazie” un cazzo.»
«Il-- lui--» pausa «Martin.»
«Come?»
«John Martin.»
«...»
«...»
«Rimettiti quella roba in faccia, io e te facciamo i conti stasera.»
 
E dal tono con cui lo dice so che mi ha già perdonato. 
 
 
*
 
 
Il luna park di Teignmouth è la meta preferita di tutti i bambini inglesi abbastanza intelligenti da capire che esso è l'unica via di fuga dalle loro vite di provinciali. In realtà non è nemmeno il “luna park di Teignmouth”, perché chiunque si trovi in un paese vicino se ne arroga il nome; quelli di Hoolomb lo chiamano “luna park di Hoolomb”, quelli di Kingseignton lo chiamano “luna park di Kingsegnton” e così via, senza che nessuno si metta d'accordo con l'altro e senza che nessuno faccia troppo caso alla questione.
Le giostre sono molte, alcune dai colori invecchiati con il tempo, altre nuove e tirate a lucido, tutte sempre piene zeppe di gente urlante; c'è il tiro a segno, il cavallo che dondola come un drogato, il toro isterico che disarciona gli aspiranti cowboy, gli scivolo di trenta metri, le montagne russe, decine di giochi il cui scopo è far vomitare chi ci sale e la ruota panoramica - di cui ancora non mi è ben chiaro quale sia il panorama da osservare.
 
Vengo svegliato da uno spintone rozzo di Paul che mi spedisce nel buco tra i sedili posteriori e quelli anteriori - e grazie al cielo questa specie di enorme borsa mi ha attutito la caduta, altrimenti addio, detto nasale - ed è solo ora che realizzo di aver dormito bellamente per tutto il viaggio.
«Ah-- ah, che cazz-- Paul
«Mi stavi sbavando addosso di nuovo, guarda che schifo di macchia mi hai fatto sui pantaloni!»
«Maaamma!»
«Piantala di dare fastidio a tuo fratello, Paul!» è l'intervento distratto di quest'ultima.
«Guarda, guarda che schifo! Un cane! Sbavi come un cane!»
 
Dopo un panino spiaccicato preso al fast food dietro all'entrata, diamo inizio al nostro giro tra le giostre, i miei a parlare tra loro, Paul e Dylan a voler provare i giochi più pericolosi, io a cercare di non soccombere sommerso dalla folla di gente. 
Quando mi giro distrattamente verso uno dei trecentomila stand del tiro a segno resto imbalsamato.
«Mamma! Ma', guarda qual è il primo premio! Guarda!»
«Cosa, Matt?»
«Guarda! Guarda, è una Rowling's! Originale! È la chitarra classica più bella che esista! Oddio!»
«Vuoi provare a vincerla, campione?» grida l'uomo dietro al bancone, allettato dall'idea di un nuovo cliente «Avvicinati!»
Un'occhiata implorante a mio padre.
«La vuoi, Matthew?»
«Er-- mi piacerebbe, sì.»
«Ma poi la imparerai a suonare?» continua lui con un sorriso.
«Sì, sì!»
«Beh, cosa stiamo aspettando, allora?» risponde «Vinciamo questa chitarra che ti piace tanto!»
 
«Sono cinque sterline per dieci colpi, dieci sterline per venti colpi e quindici sterline per trentacinque colpi.»
«E per vincere quella chitarra quanto ci vorrebbe?» 
«Beh, signore, per quella temo che--»
«--Vada per i trentacinque colpi.»
Assisto alla scena con le labbra tirate all'interno della bocca e un sorrisetto impaziente.
«Allora, giovanotto! Le regole sono semplici: infili gli occhiali e spari. Se prendi la lattina sono cinquanta punti - ma lasciatelo dire, se vuoi la chitarra quelle non guardarle neanche -, se prendi i tappi di sughero sono cento, se prendi le monetine o i bottoni duecento!»
Indosso gli occhiali, faccio un veloce calcolo a mente di cosa mi conviene cercare di colpire e comincio a sparare i primi colpi.
 
 
*
 
 
A due colpi dalla fine mi servono ancora duecento punti per arrivare ai cinquemila della Rowling's.
Due tappi di sughero.
D'accordo.
«Forza, Matt, ce la fai, lo so!» suggerisce mio padre.
«S-sì.»
Un colpo, a vuoto.
«Cazzo!» esclamo, senza pensare.
«Ma-- Matthew!»
Ridiamo entrambi.
«Scusa, mi sono fatto prendere. Papà, non credo di farcela, mi tremano le mani.»
«Sciocchezze. Certo che ce la fai, forza.»
La chitarra più bella a questo mondo è a due passi da me e averla dipende da uno stupido bottone. Ok.
Un colpo.
Preso.
«O-od-oooddio, ce l'ho fatta!»
«Hai visto? Lo sapevo!»
«Woah, non ci credo!»
«Abbiamo un vincitore!» strilla l'uomo dietro al bancone «Complimenti, ragazzo!» 
Il tizio scompare per un attimo tra le montagne di premi che lo circondano per poi riemergere con in mano una grossa scatola da imballaggio per strumenti musicali.
 
«Controlla subito se è tutto a posto.» esordisce mio padre, quando ci siamo seduti su uno dei prati liberi del parco.
«Sì, sì, c'è tutto! Anche la custodia!»
«Fantastico! Proviamola subito, allora, così poi la mettiamo in macchina e saliamo su qualche giostra.»
«Sì, erm-- ok, allora io--»
«Vieni qui.» sussurra lui, guidando le mie mani inesperte lungo il manico fino a fermarle sulle corde giuste «Ora suona.»
Un suono cristallino, un sorriso illuminato verso mio padre, come per dire visto, papà?
«Bravo. Sei già portato, ovviamente.»
«Ah-- trovi?»
«Sì. Sulla musica mi spiace, Matt, ma non ti batte nessuno.»
Lo dice come se niente fosse, ma a me interessa.
«Potresti formare una band, in futuro, sai?» continua distratto, mentre conduce la mia sinistra nella posizione per il prossimo accordo «Già ti vedo: Matthew Bellamy, il frontman inglese più famoso di tutti i tempi!» esclama, ridacchiando tra sé e sé.
«Davvero? Pensi che potrei?»
«Sì, Matthew, te l'ho già detto, sei portato per la musica -- suona ora.»
Altro suono cristallino.
«Visto? Di solito chi prende in mano la chitarra per le prime volte riesce a tirar fuori certo suoni strozzati che sembra stia sgozzando un tacchino.»
Rido, un po' compiaciuto e un po' imbarazzato.
«Dai, andiamo a sistemarla in macchina che abbiamo digerito abbastanza da fare qualche giostra da vomito.»
 
 
*
 
 
«E-- e questa cos'è?» chiede Paul, entrando in macchina e notando, dietro di sé, il cartone della chitarra sporgere dal bagagliaio.
«La mia chitarra! L'ho vinta!» trillo raggiante.
«Figo.»
«Lo so.» 
Controllo nel mio riflesso sul finestrino che la crema non sia andata via - ci sono stato molto attento, oggi - e mi allaccio la cintura.
«Matthew è stato bravissimo, Mary!» 
«Ah sì!»
«Era il premio più alto!» confermo io, tronfio.
«Bravo, tesoro! Così adesso la impari a suonare.»
«Ha sparato a un bottone! Pazzesco!» continua mio padre, gettandomi un'occhiata complice dallo specchietto retrovisore «Ad un certo punto mi sono chiesto se avesse mai ucciso qualcuno o roba simile! Bravo, il mio ragazzo!»
 
Non mi interrogo troppo sul repentino cambio di atteggiamento di mio padre nei miei confronti e sorrido inconsciamente per tutta la prima parte del viaggio, prima di crollare addormentato cullato dalla vibrazione del motore.
 
 
*
 
 
Sistemo la chitarra contro il muro, indietreggio un po' per rimirarla, tolgo la polvere da punti in cui la polvere non c'è e indietreggio di nuovo per guardarla meglio.
Qualcuno bussa alla porta.
«Sono Paul.»
Oh, no.
«E-entra.» mormoro, mentre lui ha i piedi già ben piantati sul pavimento della mia stanza e mi sta porgendo un tubetto.
«Mettitela.»
«Cos'è?»
«Crema. Per i lividi.»
«Oh. G-grazie.»
«Prego.»
«...»
«Beh? Mettitela.»
«Ah. Ora?»
«Muoviti!» conferma con un sospiro, sedendosi sul mio letto, mentre io, ancora in piedi, svito il tappo dell'unguento.
«Ti sei divertito, oggi?» chiede, sprimacciando nervosamente un cuscino.
«Sì, molto. Tu?»
«Anch'io.»
Avvicino le dita con la pomata alla pancia, piano, senza il coraggio di posarcele davvero.
«...Matt.»
Le dita ancora in forse, sospese sul mio addome.
«Mh?» 
Le dita si posano sulla pancia.
«Non devi per forza cercare di farcela da solo.»
Toccare i lividi fa male, lo sapevo.
«Non sto cercando di farcela da solo.»
«Ascolta, te l'ho già detto, che...se--»
«--Lo so, Paul. Me l'hai detto.» lo blocco io, con un tono più freddo del dovuto «Ma per ora sto bene, davvero.»
«Come preferisci. Io vado a letto.»
«Ok. Buonanotte, allora -- grazie per la crema.»
«Se scopro che non te la sei messa su tutti i lividi te ne aggiungo altri personalmente. E vedi di non fare altre cazzate, Matt.»
«Sì.»
 
 
*
 
 
È stato bello, oggi.
È stato bello giocare con quell'imitazione grottesca di mio padre, tutta amore e sorrisi.
Per un attimo ci ho anche creduto; ho creduto a lui, ho creduto che mi sarebbe davvero mancato. E probabilmente mi mancherà anche, ma non lui, solo questa versione di lui, quella di un normale padre di famiglia che porta i figli a un parco divertimenti.
Il padre a cui sono affezionato io è lo stesso che oggi mi ha detto che farò strada, ma non è lo stesso che mi ha parlato sabato scorso. 
Il padre a cui sono affezionato io emerge ogni tanto.
Il padre a cui sono affezionato io è quello più raro da vedere.
Il padre a cui sono affezionato io, purtroppo, è anche quello a cui ho voluto attaccarmi di più.
 
 
*** *** ***
 
 
 
 
 
...
Ok. Che autrice allegra, sono.
 
Grazie di essere arrivate qui, fatemi sapere che ne pensate – ogni opinione è ben accetta!
 
Ciaooo! :)
 
pwo_
 
 
 
   
 
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