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Autore: shelovesHG    17/02/2013    0 recensioni
Questi sono i 22esimi Hunger Games, raccontati dal sadico punto di vista del tributo femminile del distretto1.
Dal testo (3 cap)
''Ucciderò, so che lo farò. Non ci penserò due volte, pianterò l’ascia in testa agli alleati inutili e fastidiosi, smembrerò i tributi che mi ritroverò davanti.
Metterò fine alla vita di Mason.
Da domani, tutto tornerà alla normalità. Tornerò la ragazza che ha picchiato il suo mentore prima della mietitura, la ragazza che ama uccidere, quella che vede il sangue sgorgare da ferite altrui e prova un senso di benessere. Tornerò la Maya di sempre.
La forza dell’1."
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Joseph porta lo sguardo verso la porta d’ingresso e  vi si dirige, io lo seguo e quando abbassa la maniglia per aprirla mi posiziono dietro lui afferrando in un pugno la maglia bianca che scende morbida sulla sua schiena.
La porta viene spinta bruscamente contro me e Jos, e il ragazzo è costretto ad indietreggiare, ma prontamente porta una mano dietro la mia schiena per evitare di farmi perdere l’equilibrio. Un uomo con una divisa bianca compare sulla soglia della casa del mio compagno e senza esitare fa due passi in avanti cercando di allontanare da me il ragazzo ma io tengo ancora stretta la sua maglia e resto ferma al mio posto con Joseph che per la spinta si è spostato al mio fianco.
-devi seguirmi.
Dice il pacificatore nervosamente.
-non voglio e non lo farò.
L’uomo mi afferra per un braccio e cerca di tirarmi verso lui ma io sfilo il mio braccio dalla sua presa che non aveva avuto il tempo di stringere.
-ho detto che non voglio!
-Maya…
Cerca di intervenire Joseph ma io lo interrompo bruscamente dandogli un pugno dietro la schiena all’altezza della parte di tessuto che ancora stringevo tra le dita, poi lascio la maglia che ricade sgualcita sulla schiena e lascio che il mio braccio scenda lungo il mio fianco.
-cosa siete venuto a fare qui?
Chiede il mio compagno.
-il sindaco vuole parlarle.
Il pacificatore mi indica.
-abbiamo parlato poco fa, non vedo il motivo per cui voglia farlo ancora.
Stavolta rispondo io.
-ha detto che ha urgente bisogno che la signorina si rechi al palazzo di giustizia.
-e io ho detto che non voglio andarci!
-Maya, andiamo, cosa mai potrebbe succedere?
Joseph parla incerto e nel momento in cui le parole smettono di uscire dalla sua bocca, con la coda dell’occhio riesco a notare un ghigno sul volto del pacificatore. Mi volto bruscamente verso l’uomo.
-tu! Tu sai cosa vogliono fare! Sai perché hanno bisogno che vada lì, e di certo non è per parlare!- mi giro verso Joseph –Jos, mi uccideranno! Jos, vogliono che io vada lì per uccidermi! Jos non voglio andarci, io non voglio morire!
Urlo istericamente afferrando il bordo della mia maglia con entrambe le mani e stringendolo tra le dita mentre il ragazzo mi guarda con aria sbalordita.
-se non si decide a venire sarò costretto ad usare la forza.
Tutto d’un tratto mi immobilizzo, un’idea balena improvvisamente nella mia testa e senza esitare muovo un dei passi verso la porta.
-andiamo.
Dico a Joseph e al pacificatore che escono insieme mentre Joseph chiude la porta alle loro spalle.
Iniziamo a camminare, io davanti con il pacificatore e Joseph che mi seguono.
La gente attorno a noi mi fissa, sussurrano cose su di me al mio passaggio, mi fa innervosire, cos’hanno da sussurrare?
Mi guardo intorno istericamente, prima a destra, poi a sinistra, poi rallento l’andamento e inizio a trascinare i piedi, ad ansimare, e poi a sussurrare -di cosa parlate? Cos’è che sussurrate alle vostre orecchie? – poi ad urlare –ditemelo! Ditelo che state parlando di me! Io lo so, so che lo state facendo. Smettetela! Basta, dovete smetterla!
I miei urli scuotono il silenzio che al mio passaggio si era creato. Il pacificatore tenta di tenermi ferma ma io mi muovo così tanto da riuscire a sfuggire alla sua presa.
-non devi toccarmi! Non toccarmi!
Gli urlo.
-Maya, calmati!
Joseph cerca di sovrastare la mia voce e quando si avvicina a me per afferrarmi un braccio sferro un pugno dritto sulla sua guancia.
-non toccarmi neanche tu!
Mi giro verso destra e noto le facce spaventate di degli abitanti di quella zona, e dalla mia sinistra sento pronunciare due parole: -è pazza.
Mi volto verso il ragazzo che lo ha detto e lo fisso con lo sguardo pieno di rabbia. Inizio a camminare verso lui quando alle mie spalle sento come il rumore di una pistola che carica. Mi volto verso dietro e vedo il pacificatore con in mano una specie di fucile, un po’ più piccolo e tozzo però.
-fallo, sto aspettando questo. So che arrivata al palazzo di giustizia lo farete lo stesso.
Finisco di pronunciare le parole quando Joseph che aveva appena finito di massaggiarsi la guancia che gli ho colpito si spinge addosso all’uomo facendogli perdere l’equilibrio, gli strappa l’arma di mano e la getta il più lontano possibile da lui.
Io mi giro di nuovo verso il ragazzo che mi guarda ridacchiando.
-cos’hai da ridere?
Chiedo.
-non potrai farmi niente.
-non me lo può impedire nessuno.
Cammino a passo veloce verso il ragazzo che trasforma il suo sorriso in una smorfia di paura, poi, spaventato, inizia a guardarsi intorno e ad indietreggiare, ma io aumento il passo e mi ritrovo di fronte a lui.
Ha più o meno la mia età, alto poco più di me, magro, massa muscolare quasi assente e sguardo terrorizzato.
-hai paura?
Dico in un ghigno.
-non arriva nessuno, guardali- indico tutte le persone presenti e girando lo sguardo riesco a vedere Joseph a cavalcioni sul pacificatore nel tentativo di tenerlo fermo. –sai difenderti?
-si
-ottimo. Cosa hai detto prima?
-niente.
Una breve risata esce delicatamente dalla mia gola.
-cosa hai detto prima?
Ripeto sorridendo e guardandolo negli occhi.
-c-che… c-che sei… p-pazza.
Balbetta terrorizzato.
-ecco, vedi che avevi detto qualcosa? È una cosa bella?
Il ragazzo continua ad indietreggiare ma io cammino insistentemente verso di lui, fino a quando non ha più spazio perché si ritrova con la schiena contro il muro di una casa.
-rispondi.
-n-no.
-bravo. Ed io ora cosa dovrei fare?
-niente?
-sbagliato. Credevo fossi più intelligente.
Rispondo, poi afferro le sue spalle e lo spingo ancora più forte contro il muro, con il ginocchio colpisco il suo addome all’altezza dello stomaco così da farlo piegare in due, poi tenendolo ancora per le spalle lo spingo a terra e salgo in ginocchio sul suo corpo.
Inizio a dargli pugni sul  volto, vedo il sangue sgorgare dal suo naso e le sue labbra, sento il suo ventre vibrare sotto la pressione delle mie ginocchia ma non sento nessun suono fuoriuscire dalla sua bocca. Voglio sentire i gemiti e le urla riempire l’aria così inizio ad esercitare più forza nei miei pugni, giro la mano e colpisco il suo volto con la parte più esterna, ma ancora non lo sento urlare. La rabbia mi invade il corpo. Deve urlare. Afferro i suoi capelli con entrambe le mani, gli alzo la testa e la lascio sbattere bruscamente sul terreno più volte, ma ancora non lo sento urlare.
Continuo imperterrita a picchiarlo fino a quando delle mani non afferrano le mie braccia. Mi volto sia a destra che a sinistra, due pacificatori stanno cercando di alzarmi dal corpo indebolito del ragazzo. Vedo le loro bocche muoversi come se volessero dirmi qualcosa ma non sento niente, la gente presente alla scena è scossa, alcuni di loro piangono, altri sembra che urlino ma non li sento. È come se la rabbia premesse contro i miei timpani. Strattonando più volte le mie braccia dalla presa dei due uomini riesco a liberarmene e mentre loro cercano di riprendermi io ho già afferrato di nuovo i capelli del ragazzo e lasciato che la sua testa colpisse un’ultima volta il suolo, prima che i suoi occhi perdessero espressione.
 
Sono una persona orribile. Perdonatemi. Non vi prometto che non lo farò più, non vi prometto che non mi assenterò di nuovo perché sono davvero poco affidabile…
Partiamo dal fatto che questo capitolo era lunghissimo, ero arrivata alla fine della storia, poi ho voluto separarlo per farne più capitoli e modificandoli accuratamente tutti quanti ma gli altri non mi piacevano per niente e quindi li ho cancellati…
Allora, non ho nient’altro da dirvi se non un altro ‘scusatemi’.
Una bacione.
-Gà :)
   
 
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