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Autore: Ruth Spencer    18/02/2013    6 recensioni
Palese ormai il fatto che tra noi nulla potrà mai cambiare.
Siamo destinati a percorrere due binari paralleli senza mai incontrarci davvero. Termineremo il liceo assieme proprio come l’abbiamo iniziato, io mi iscriverò a filosofia e tu invece studierai lettere moderne. Ti laureerai con il massimo dei voti, io viaggerò per tutto il mondo. Entrerai nei soliti locali, berrai la stessa birra e continuerai a frequentare sempre i vecchi amici. Ma, non me. Perchè non siamo mai stati veri amici e dopotutto mi domando cosa siamo in realtà noi due.
Nel giro di qualche tempo cancelleremo i rispettivi numeri telefonici dalla rubrica, ci dimenticheremo l’uno dell’altra fino a non salutarci alla fermata dell’autobus o alla biglietteria di un cinema. E quando scoveremo un vecchio album fotografico in soffitta non ricorderemo nemmeno i nostri nomi; non sapremo più dei pochi istanti trascorsi insieme, degli sguardi rubati, dei sorrisi che nessun altro condivideva.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                  Memorie di una squilibrata
 

 
Sul marciapiede lercio di fronte scuola, tra mozziconi di sigarette e volantini, si intravede una frase d’amore scritta col gesso, sbiadita, quasi cancellata. I passanti la calpestano senza prestarle attenzione e lei rimane lì, stoica, in attesa di essere letta. Badate bene, non che trovi particolarmente rilevante un banale aforisma per tredicenni sentimentali, ma il mio insegnate di italiano ha avuto la splendida idea di assegnarci un tema di centoventi parole sulla descrizione di suddetta scritta.
E mentre sono impalata a fissarla alla disperata ricerca di qualcosa da scrivere che non sia banale, mi vieni in mente tu. E’ sciocco e assolutamente infantile dato che ormai sto tentando in tutti i modi di ignorarti, ma almeno con me stessa mi dimostro sincera.
Palese ormai il fatto che tra noi nulla potrà mai cambiare.  
Siamo destinati a percorrere due binari paralleli senza mai incontrarci davvero. Termineremo il liceo assieme proprio come l’abbiamo iniziato, io mi iscriverò a filosofia e tu invece studierai lettere moderne. Ti laureerai con il massimo dei voti, io viaggerò per tutto il mondo. Entrerai nei soliti locali, berrai la stessa birra e continuerai a frequentare sempre i vecchi amici. Ma, non me. Perchè non siamo mai stati veri amici e dopotutto mi domando cosa siamo in realtà noi due.
Nel giro di qualche tempo cancelleremo i rispettivi numeri telefonici dalla rubrica, ci dimenticheremo l’uno dell’altra fino a non salutarci alla fermata dell’autobus o alla biglietteria di un cinema. E quando scoveremo un vecchio album fotografico in soffitta non ricorderemo nemmeno i nostri nomi; non sapremo più dei pochi istanti trascorsi insieme, degli sguardi rubati, dei sorrisi che nessun altro condivideva.
Io dimenticherò il tuo profumo, il tuo senso dell’umorismo, il vizio di scostarti i ciuffi scuri dalla fronte durante un’interrogazione particolarmente difficile; e tu non ricorderai il suono della mia voce, né le battute sarcastiche che ti rivolgo quando mi punzecchi; confonderai la forma dei miei occhiali stravaganti e il rossore che mi colora le guance quando ti parlo di altri ragazzi fingendo indifferenza.
Tu sarai sempre e solo“quello dell’ultimo banco” ed io la compagna di classe con una canzone dei Beatles per ogni giorno della settimana e le Converse dai mille colori diversi con cui tornavi a casa dopo le lezioni. Niente di più, niente di meno.
Mi trascino per tre piani di scale con la tracolla grigia dell’Est pack che mi sbatte insistente su un fianco e infine raggiungo la mia classe. Il sorriso mi muore sulle labbra quando tu mi sorpassi senza degnarmi di uno sguardo, senza notarmi nemmeno. Saluti i tuoi amici, scherzi con Giulia, dai una pacca sulla spalla al tuo compagno di banco, ridi. E non ti volti. Non mi guardi.
Sento qualcosa dentro di me incrinarsi. Sprizzo rabbia da tutti i pori. Vorrei schiaffeggiarti, vorrei urlarti contro. Perché mi disorienti a questo modo? Perché ieri non smettevi di fissarmi e oggi mi ignori?
Che mi aspettavo, d’altra parte. Tu sei fidanzato ed io non dovrei neanche pensare a te in questo modo. Sono una stupida. Ecco tutto.
Dovrei imparare ad ascoltare i consigli di Alice e lasciarti perdere, mi rimbrotto severa.
Questa è l’ultima volta. D’ora in avanti niente più sentimentalismi. Io e te abbiamo chiuso, penso tra me e me, ma so per certo che non appena mi rivolgerai la parola o mi sfiorerai con il braccio, i miei buoni propositi andranno beatamente a farsi fottere.
L’aspetto quasi ridicolo della faccenda è che nonostante stia cercando con ogni mezzo di dimenticarti, tutti inconsapevolmente, in un modo o nell’altro, non fanno che indurmi a fantasticare.
Prendiamo per esempio venerdì scorso.
Durante l’ora di religione, il professore che è amico di buona parte della scolaresca, mi ha osservato e ha detto: -Per caso hai pene d’amore?-.
Sapete, ho la capacità di arrossire per i motivi più assurdi. Così sono avvampata. L’insegnante l’ha interpretata come un’ammissione di colpa. Devo continuare, per caso?
In metropolitana è saltato fuori il tuo nome, non ricordo il motivo. E una volta scesa alla mia fermata, sono stata bloccata da delle ragazzine del primo anno che mi hanno informata della loro cotta per te.
Volevo sbattere la testa al muro. Ma, mi sono trattenuta. Ho sorriso, promettendo di mantenere il segreto e ho proseguito fino a casa con gli occhi che mi pizzicavano per la voglia di piangere.
Patetica, non è vero?
Forse dovrei indagare a fondo per individuare il nocciolo del problema.
A pensarci bene, è stata proprio Alice a farmi notare, o per la verità a farmi ammettere che tu con me non ti sei mai comportato come con le altre.
Anche lei ha notato la nostra intesa, i pochi attimi in cui mi guardi dopo aver sparato una battuta come a volerti accertare che io rida insieme agli altri, i pochi attimi in cui mi studi di nascosto mentre parliamo tutti insieme ed io prendo parola.
Sto forse sognando? Sinceramente penso di no.
Di certo non mi ha aiutato granché sapere che mi ritieni carina. L’hai confidato ad Alice e alle altre quando le miei amiche hanno giocato quello scherzo di pessimo gusto a Paolo. A mia insaputa gli hanno fatto credere che mi piacesse e così lui, impacciato com’è, mi ha lasciato un messaggio sul banco. Mi ha invitato ad uscire.
Non starò qui a spiegare per filo e per segno le conseguenze dello scherzo. Basti sapere che quando mi hai chiamato per chiarire la situazione, io mi sono dimostrata dispiaciuta per l’equivoco con Paolo.
-…Ma, non mi piace nessuno attualmente- ho preferito puntualizzare.
E ricordo benissimo, anche dopo cinque mesi, il modo strano in cui mi hai guardato. –Le donne dicono sempre così- hai commentato asciutto. Ed io non ho potuto fare a meno di distogliere lo sguardo colpevole. 
Speravo con tutto il cuore che una minuscola parte del tuo subconscio avesse provato qualcosa di simile alla gelosia quando Paolo mi ha chiesto di uscire.
Ma forse mi illudo e basta.
Ricordo ogni singolo episodio, ogni parola, ogni sguardo. Ricordo quando mi hai sfiorato il viso, facendomi notare che avevo un po’ di dentifricio sul mento; quando al ristorante durante la cena di classe ti sei avvicinato per impicciarti dei miei discorsi. Quando abbiamo litigato perché nessuno dei due voleva sedersi vicino ad Andrea, eccessivamente logorroico per i gusti di entrambi; quando hai affermato davanti a tutti che la mia torta al cioccolato era di gran lunga la migliore; quando ti ho prestato la penna per la verifica di inglese. Non me l’hai più restituita. Ricordo quando ti ho sbattuto contro a ginnastica, in palestra. Stavo indietreggiando per non intralciare gli altri e tu mi hai cinto da dietro. –Dove vuoi arrivare?-.
Oppure, quando ti ho accompagnato in ascensore perché avevi le stampelle. In teoria, non avrei potuto seguirti, ma tu mi hai pregato ed io non aspettavo altro. Un insegnante però ci ha colti in fragrante e così tu, facendomi l’occhiolino ti sei inventato una scusa di sana pianta ed io ti ho retto il gioco.
Potrei contare sulle dita di una mano quante volte ti ho mandato a quel paese e ricoperto di insulti per le tue battute maliziose.
La mia…la nostra è una di quelle attrazioni che non svaniranno mai del tutto. Tu continuerai a voler bene alla tua fidanzata ed io uscirò con altri ragazzi, ma la scintilla non si spegnerà mai completamente.
Almeno non per me.
Se devo essere sincera, la prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi uno di quei ragazzi prodotti a stampino: carino, irritante, sicuro di sé e superficiale quanto basta per catturare le attenzioni di tutte le galline della classe. E non dico che  non sia vero, ma solo in parte. Perché col tempo, ho scoperto che dietro quel velo di ironia e malizia, di strafottenza e noncuranza, vi è anche tanta insicurezza, tanta titubanza a mostrarti al mondo per ciò che sei veramente. Perché in fondo hai a cuore le amicizie e gli affetti molto più di altri. Perché anche se non vuoi darlo a vedere, non faresti mai soffrire una ragazza; perché sai dare buoni consigli, sai consolare, sai essere dolce anche se all’apparenza può sfuggire.
E forse è proprio questo tuo lato assurdo e contraddittorio che mi ha attratta sin da subito.
Per questo motivo, so che appena incrocerò i tuoi occhi verdi e luminosi, dimenticherò le promesse fatte al telefono con Alice e tornerò a pensarti come sempre, in silenzio, in disparte.
 
 
 
 
 
 
Vi starete chiedendo cosa vi abbia mai spinto ad aprire e leggere questa…questa cosa. Sempre che qualcuno sia ancora qui. La verità è che queste poche righe parlano di me e delle mie riflessioni, e il desiderio di scriverle è nato proprio quando il nostro prof di italiano (tutt’altro che normale se volete saperlo!!) ci ha portato fuori in pieno gennaio per osservare la scritta e ci ha chiesto di descriverla e commentarla con un tema.
I miei neuroni hanno iniziato a ruotare vorticosamente (?) e tornata a casa ho iniziato a descrivere la frase sul marciapiede e poi…poi il resto è venuto da sé. Perché ogni sciocchezza è un pretesto per pensare a lui e…beh, mi è venuta la voglia di trasferire un po’ del casino che ho in testa sulla carta. Mi ha aiutato molto ad analizzare la situazione, dal principio e le possibilità che mi si presentano di fronte. Insomma, non chiedetemi perché abbia voluto pubblicarla perché non saprei rispondervi. Forse perché Efp è un po’ il regno dei sogni, dove tutti in un modo o nell’altro possono scrivere ciò che vogliono, cambiare gli eventi, parlare di sé senza il rischio di essere feriti dalle critiche…etc. E allora per questo ho pensato di pubblicarla. Per sapere che in un minuscolo angolo, di uno tra i  milioni e miliardi di siti simili a questo, c’è rimasto incastrato un pezzettino di me e  che alcune di voi, leggendo possano riconoscersi in ciò che ho scritto. E’ semplicemente un spicchio senza pretese  della mia vita che ho pensato di condividere con voi. Nulla di più.
Ovviamente mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate. Ringrazio chi ha semplicemente letto e chi leggerà fra un sacco di tempo :)
Ora mi volatilizzo…
 

   
 
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