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Autore: lady hawke    05/09/2007    4 recensioni
Questa è la mia prima storia scritta con un'ambientazione post DH. Con un po' di tristezza e dispiacere per aver letto il finale e il come questa saga è finita ho pensato di scrivere qualcosa per tirarmi un po' su. Naturalmente ho voluto condividerlo con voi. Vi presento un Bellatrix in un momento veramente particolare della sua vita, il più duro e, in un certo senso il più tragicomico.
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A tradimento


Vi avverto. Questa storia contiene spoiler. Non roba da prima pagina ma abbastanza per rovinarvi la sorpresa. Indi per cui se non volete subire traumi ALLA LARGA.
Se leggere e vi sentite traditi sono fatti vostri, io vi ho avvisato.
Niente lamentele e, soprattutto, SPOILER SPOILER SPOILER


Morire fu un discreto choc per Bellatrix Lestrange; certamente non si aspettava di finire i suoi giorni a Hogwarts, all’età di quarantasette anni. Per il tipo di vita che aveva scelto aveva sempre pensato che non avrebbe raggiunto nemmeno la soglia dei trent’anni; immaginava una tragica, giovane morte. Una fine gloriosa, adatta al suo fortissimo temperamento. Ma il suo accecante fanatismo l’aveva tenuta in forze a lungo, oltre ogni aspettativa.
Non che le dispiacesse, sia chiaro. Poter terrorizzare e uccidere quando i capelli cominciavano vagamente a ingrigirsi dava una magnifica sensazione di potere…e di eternità. Da quando il suo Signore Oscuro era risorto per la seconda volta si era sentita invincibile, come lui. La morte sembrava lontana, piccola, insignificante. Non esisteva, in sostanza.
Ma aveva dovuto ricredersi, sfortunatamente. Quella cicciona, schifosa, traditrice e feccia di Molly Weasley era stata colei che aveva decretato la sua fine. Bellatrix la considerava un’onta gravissima. Si mordicchiava le unghie ferocemente, ripensando a quel momento.
Quella stupida donna, capace solo di scodellare figli e cucinare, l’aveva insultata e mandata al creatore; non era possibile.
Aveva eliminato tanti di quegli Auror che non era stata capace di tenerne il conto. Aveva torturato fino alla pazzia la famiglia dei Paciock divertendosi come mai aveva fatto in tempo di sua vita. Era riuscita a uccidere quella sanguisuga di suo cugino, Sirius Black, uomo capace di risbucare a tradimento da quello schifoso buco di Azkaban che avevano dovuto condividere per anni. Aveva appena disintegrato quella degenerata di sua nipote, auror discreta, giusto per non farle godere la parte di “tenera mammina”.
Come diavolo aveva potuto quell’essere incapace…ucciderla?
Diavolo, se ne rendeva conto solo in quel momento: era morta, dannazione. Stecchita. Caput. Andata. Finita come una stupida perdente. Questo non era per niente giusto, pensò ravviandosi rabbiosamente i capelli. Si sentiva profondamente avvilita, delusa. E a migliorare la situazione doveva ammettere che non aveva la minima idea di dove si trovasse. Di certo non era a Hogwarts.
- Da questa parte, tu! – urlò una voce fastidiosa e gracchiante, intromettendosi nei foschi pensieri della donna.
- Chi sei? – chiese Bellatrix, presa dai suoi rari momenti di curiosità. Trasse un profondo respiro, per calmarsi. Ormai il danno era fatto, non poteva far altro che cercare di prendere la cosa con…filosofia.
- Non mi riconosci?
La strega si avvicinò al punto da cui proveniva la voce, con passo lento. Tutto quello che vide fu un gufo dall’aspetto vecchio e malandato, appollaiato su una triste barchetta che certamente aveva visto giorni migliori, come lei.
- Sei tu? – chiese di nuovo, dandosi mentalmente della cretina, perché certamente i gufi non parlavano.
- Naturalmente, dato che siamo solo io e te. Pensi sia normale parlare all’aria? – considerò il gufo, con aria incredibilmente saccente. – Sei Bellatrix Black?
- Sono Bellatrix Lestrange. – disse d’impulso, ormai disabituata a sentire il suo nome da nubile.
- I morti non sono sposati.
- E chi lo dice? – Replicò puntando la bacchetta sul rachitico petto dell’animale.
- Lo dico io -
- Uno stupido vecchio gufo? – poteva disintegrarlo in un nanosecondo, e lo avrebbe fatto presto se continuava così.
- Il signor Gufo. Sono Anacleto, il traghettatore dei morti. Abbiamo già perso abbastanza tempo con questo stupido dialogo, non credi? Sali se non vuoi rimanere qui in eterno. – si presentò l’animale gonfiando le sue piume opache per sembrare più maestoso.
- Dove mi porterai?- chiese la donna sospettosa.
- Accidenti, in genere i morti sono più depressi, e fanno meno storie. Che t’importa di sapere dove stiamo andando? Tanto ci dovrai andare per forza.
- Dove mi porterai? – domandò di nuovo colpendolo con la bacchetta e facendolo cadere all’interno del decrepito mezzo di navigazione.
Con calma disarmante Anacleto tornò al suo posto, pettinò le sue piume con meticolosità e si preparò a rispondere con sadica soddisfazione.
- Questo non deporrà a tuo favore. Sali ora.
Bellatrix ci pensò un po’ su, ma calcolando che non aveva niente di meglio da fare che dare retta ad un pennuto petulante e ciarliero, si accinse a salire sulla barca.
Non appena si sedette alla bell’e meglio il mezzo cominciò a muoversi lentamente, navigando su acque quiete e scure. Il gufo rimaneva al suo posto, al comando.
Nessuno dei due parlò durante il tragitto; entrambi sopportavano a malapena la presenza dell’altro. Poco dopo quella specie di guscio di noce, ostinatamente definita “barca”, si fermò lungo qualcosa che poteva essere chiamato spiaggia, o sottole lembo di terra che dir si voglia.
- Sei arrivata. – fece notare Anacleto.
- E ora? – chiese lei alzandosi con agilità.
- Ora incontrerai il supremo pezzo grosso, Merlino. Tocca a lui giudicarti. – rispose con tono incredibilmente solenne.
- E tutta questa scenografia era d’obbligo? – disse la donna con una certa stizza.
Anacleto non replicò, ma si limitò a emettere un forte fischio, come a rendere noto che la morta era giunta a destinazione.
- Addio!- fischiettò tornandosene da dove era venuto.
La Mangiamorte non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi attorno che si sentì chiamare da una voce profonda.
- Vieni avanti, fatti vedere.
Morire stava diventando una faccenda più complicata del previsto, e a lei le cose complicate non erano mai piaciute; nemmeno un po’.
Un attimo dopo e lo vide, il più grande di tutti i tempi, il più famoso, il più ammirato: Mago Merlino. Lo trovò disgustosamente somigliante ad Albus Silente, e il paragone non deponeva certo a favore del grande Stregone. Aveva lunghi capelli argentei e fluenti, una barba candida e morbida a vedersi, lunga veste celeste, un terrificante cappello a punta e degli occhiali tondi sistemati sulla punta del naso magro e scarno. La parodia di se stesso, in poche parole, considerò la donna.
- Mi sarei aspettato di vederti prima, Bellatrix Black, mi hai piacevolmente sorpreso. – disse con la calma di chi aveva tutta un’eternità da perdere.
- Bellatrix Lestrange. – scandì ad alta voce, come aveva fatto poco prima con il gufo.
- Mia cara, non mischierei il mio nome a quel Mangiamorte, se fossi in te. Hai già i tuoi bravi guai.
Lei decise di odiarlo in quel preciso momento: nessuno la chiamava “mia cara”. Rimase immobile, la testa alta, fiera, l’espressione truce. Era sopravvissuta ad un processo ben più duro di quello che stava per subire.
- Penso che sia il caso che tu ti sieda, ne avremo per un po’. – disse l’uomo facendo comparire una sedia alle spalle della strega.
Lei si sedette, come una regina, sfidando quel vecchio che non la convinceva per niente.
- E’ un vero peccato leggere quello che sto leggendo di te. Sei proprio un bel fiore sprecato. – fece notare il vecchio con discreto rammarico.
- Dipende dai punti di vista. – sorrise la strega con un certo compiacimento.
- Immagino di sì, ma vedi Bellatrix, certi punti di vista sono decisamente sbagliati. Questo è il tuo caso. – commentò l’uomo, freddo.
La donna strinse la bacchetta più forte, ormai era la sua unica amica.
- Vediamo la tua pratica. Bellatrix, vuoi?
Lei si limitò a sbuffare, decisamente poco entusiasta.
- Bellatrix Black, figlia di Cygnus Black e Drusella Rosier nata il 28 febbraio del 1951. Sorella di Narcissa e Andromeda.
- Andromeda non è mia sorella. – replicò stancamente come se stesse spiegando qualcosa di estremamente semplice a un cretino; pensandoci era esattamente quello che stava facendo.
- Le tue opinioni a riguardo sono irrilevanti. Il sangue non mente mia cara strega, non costringermi a comportarmi come non vorrei. – la minacciò apparentemente calmo. – Direi che ti sei comportata abbastanza bene fino a che non sei disgraziatamente entrata a Hogwarts.
Lei trattenne una risata a fatica.
- Ti avevo avvertito, Bellatrix.
Non si accorse di nulla in principio, poi avvertì una spiacevole sensazione, un formicolio all’altezza della gola. Poi tutto divenne orribilmente chiaro, era come se una mano invisibile stesse stringendo inesorabilmente il collo della strega; faceva male anche da morti, le mancava il fiato.
- Nulla è più piacevole del silenzio, vero? – disse il mago sfoderando una certo sorrisetto compiaciuto. – Dicevamo…ah già, il tuo ingresso ad Hogwarts nel ’62. Francamente ero certo che saresti finita a Serpeverde, come ero certo che avresti legato con un certo tipo di persone, ma sei ugualmente riuscita a stupirmi. Mi aspettavo un matrimonio con un Mangiamorte, ma che diventassi tu stessa uno dei più temuti: una vera sorpresa.
La presa allentò e lei tornò a respirare, per il momento.
- Non è mancato l’ardore nel corso della tua vita, qualità molto piacevole a vedersi. Non lo è la tua malattia, però.
- Malattia?
- Il fanatismo è una cancrena, Bellatrix, un orribile morbo che ti ha annebbiato il cervello. Avresti potuto essere più intelligente.
- Io ho seguito un ideale! – urlò con voce rauca cercando, invano, di alzarsi in piedi.
- Certo, e ora sei qui a parlare con me. – fece una pausa mentre si puliva gli occhiali – Non fraintendermi, non c’è nulla di male a voler morire per ciò che si crede giusto, ma come ha potuto essere così cieca? Perché credi che tutti i maghi Oscuri abbiano fallito?
- Perché erano più deboli del Signore Oscuro. – rispose sicura.
- Metti troppa fretta nel rispondere. Non vincono mai perché l’ordine costituito deve essere preservato. Gioca pure con il tuo pure sangue, erede dei nobili Black, ma il mondo non cambierà. – concluse l’uomo.
Fece per rispondere, ma di nuovo la mano cominciò a stringere. Merlino non amava dibattere sulle Verità Rivelate. Se erano Rivelate lo erano e basta.
- Non fare quella faccia da martire afflitta, devo ancora elencare le tue nefandezze. Ne avremo per i prossimi decenni. E ci rifletterai sopra molto bene.
- Decenni? Non è possibile! Io non ho… - le parole le morirono in gola. Tempo da perdere? Merlino mi spiace ma ho delle commissioni da fare? Era in trappola. La paura l’assalì.
- Tranquilla, avrò tutto il tempo di giudicare anche coloro che moriranno nel frattempo, sono ovunque. – disse con voce rassicurante.
La strega avrebbe preferito il bacio di un Dissennatore.
Merlino aveva segnato ogni cosa. Dalla volta che tirò i capelli a Narcissa quando aveva sette o otto anni, a quando torturò i Paciock, alle leggendarie battaglie della Prima Guerra Magica. Si ricordò perfino del dispetto fatto ad Anacleto.
Fu un elenco lungo, terribile ad ascoltarsi. Bellatrix stessa stentava a credere di aver compiuto tante azioni malvagie.
Azioni malvagie? Ma che scherzi le giocava la sua testa? Non si era mai divertita tanto! Corpi a terra, gente urlante, sangue, il potere concentrato nel semplice “volere” il male di qualcuno. Tutto scomparso. Boccheggiava sconvolta, sempre seduta su quella sedia che sembrava rovente.
- Credo che questo sia tutto, Bellatrix. Ora viene la domanda più importante, sei pentita?
La strega ci pensò su. Era stranamente tentata dal dire sì…ma poi si bloccò; perché fare ammenda? Per un piccolo, meraviglioso momento si sentì la giovane donna che era andata volontariamente a farsi marchiare da quel potente uomo che prometteva la vittoria. Fu l’estasi.
- No – disse – lo rifarei altre mille volte e meglio – strillò ridendo.
Merlino non parve affatto dispiaciuto. Se si fosse pentita la cosa sarebbe stata decisamente più penosa. Era stanco di uomini lagnanti che imploravano pietà.
- Questo sarà il tuo supplizio allora. Non ti aspettavi il paradiso, vero? – disse lo stregone ridendo a sua volta.
Lei rimase in attesa, immobile.
- So perfettamente che opinione hai dei Babbani, e capisco che in certi casi non potrei nemmeno darti torto. Perciò ho fatto ricorso all’ironia. Potevo metterti in catene, farti mangiare il fegato dagli avvoltoi e cose del genere; nulla di diverso da Azkaban, e non mi piace essere ripetitivo. – aggiunse con un pizzico di orgoglio. – Perciò da oggi fino alla fine dei tempi sarai in un luogo molto simile al S. Mungo, farai volontariato curando i Babbani colpiti da fatture e cose del genere. Penso che lo troverai molto istruttivo.
Bellatrix inorridì. Rimase senza fiato per l’ennesima volta, poi cominciò ad urlare disperatamente mettendosi le mani nei capelli. Borbottava frasi sconnette tra un grido e l’altro, sembrava realmente impazzita. – Non è giusto, non può essere – biascicava, preda all’orrore.
- Non puoi giocare al giudice divino e illuderti di rimanere impunita.
La donna cadde in ginocchio sconfitta. Maledetta Molly Weasley, l’avrebbe perseguitata: nei sogni, negli incubi, ovunque. L’avrebbe resa pazza.
- Prima che tu vada, ho qualcosa da farti vedere – disse Merlino. Si aprì una porta alla destra dell’uomo. – In genere non concedo questo onore, ma per te penso che farò un’eccezione. Questo, Bellatrix, è ciò che non vedrai mai: il Paradiso.
Lei strinse gli occhi cercando di mettere a fuoco le figure, riconobbe solo un uomo… non poteva crederci: Lucius Malfoy!
- Maledetto bastardo! Ucciso in guerra anche lui come un cane! – urlò ringhiando come una bestia selvatica. – Quell’uomo merita un supplizio pari al mio, almeno! – protestò, sentendosi defraudata.
- Lucius, avvicinati. – Ordinò Merlino prima di rispondere. – Dal giorno in cui sei morta sono passati più o meno trent’anni, momenti intensi in cui abbiamo vagliato la tua esistenza. - Considerò con aria pensosa - Lucius è un sopravvissuto della guerra; è morto un paio di anni fa, lasciando sola la sua devota moglie. Presto lo raggiungerà e ho da credere che saranno insieme. Del resto tu potresti rivedere tuo marito.
Bellatrix pensò a lui per la prima volta. Rodulphus era ancora vivo…
- Nonostante il suo passato da Mangiamorte ha saputo farsi perdonare, il signor Malfoy ha guadagnato il suo paradiso, come molte delle tue vittime.
- Vuol dire che lui – disse la strega indicando Lucius che si era appena avvicinato – divide il suo tempo con Sirius Black e i Potter? – disse sperando di trovare un difetto in quel disgustoso, vomitevole idillio che sembrava circondare suo cognato.
- In Paradiso non si incontrano mai persone che si reputano irritanti – spiegò il Supremo Pezzo Grosso con un certo orgoglio. – Perdona il disturbo Lucius, torna pure alla tua battuta di caccia al Babbano.
- Caccia al Babbano? – tuonò la donna. – E’ questo quello che fai spregevole pallone gonfiato?
- In effetti sì – rispose l’interessato con estrema calma. – E’ un dovere morale, un compito di alta responsabilità – decantò, come se fosse stato lui il padrone del luogo, come se si trattasse ancora del Ministero. – Punisco quei Babbani che non meritano un loro Paradiso, sono coloro di cui poi tu ti devi occupare, se non sbaglio. – concluse particolarmente fiero di sé.
Merlino gli fece cenno di andare, ma lui si avvicinò alla donna, come per accomiatarsi.
- Non avrai certo pensato che uno come me si sarebbe fatto fregare una volta morto, vero? I Malfoy se la cavano sempre, Bellatrix Black – le sussurrò all’orecchio, prima di dileguarsi con una certa leggerezza di spirito.
- Ecco chi ti accompagnerà nella tua futura dimora. – indicò Merlino.
Lei si voltò e vide quell’orribile gufo, di nuovo.
- Pensavo che non ti avrebbe più lasciato andare – commentò il pennuto ridendo di gusto mentre faceva strada alla donna – penso che ti divertirai, soprattutto contando che i tuoi colleghi sono dei deliziosi Elfi Domestici.
Non ci fu risposta a quella nuova, crudele provocazione. Il destino aveva schiaffeggiato fin troppo Bellatrix Lestrange, una volta conosciuta come la più temibile e pazza dei Mangiamorte.
Anacleto fu certo di averla sentita digrignare i denti, però.
  
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