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Autore: nuttyshake    18/02/2013    2 recensioni
«La lettera le cadde di mano, posandosi sul freddo pavimento del corridoio dell'Istituto. Le mani tremanti tentarono di afferrare l'aria; gli occhi, improvvisamente spenti, fissavano il vuoto.» Come credo, e temo, che finirà Clockwork Princess.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Carstairs, Theresa Gray, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Idris, agosto 2007

Il rumore dei tacchi di Tessa risuonò sul sentiero di pietra. Il vestito bianco le arrivava alle caviglie, un piacevole cambiamento rispetto agli abiti vittoriani, che ancora conservava nell'armadio e che ora riservava per le feste in maschera, che le arrivavano fino ai piedi. Era sorprendente pensare a quanto il suo stile si fosse evoluto con il passare del tempo: lunghi abiti pregiati e gonne a balze nell'800, larghi cappelli, vestiti eleganti e provocatori negli anni '20 che diventavano semplici e innocenti negli anni '50, passando agli accostamenti di colori e di stili più caotico che avesse mai visto negli anni '80. Si era abituata solo recentemente ai jeans, alle t-shirt, alle scarpe da ginnastica, ma continuava a prediligere i suoi vecchi vestiti. Per lei era ancora un po' complicato sopportare tutti quei cambiamenti e adeguarsi ai tempi.

Quando erano rimasti solo lei e Magnus della Londra che aveva conosciuto e imparato ad amare quando si era trasferita, lui l'aveva presa da parte e le aveva spiegato che capiva che le cose sarebbero state difficili per lei, che lo erano state anche per lui dopo aver visto morire tutti quelli che amava e aver capito che lo stesso sarebbe riaccaduto quattro, cinque, infinite volte. Tessa aveva pianto senza riuscire a fermare le lacrime, neanche quando aveva fissato gli occhi sul lampione più luminoso che riuscisse a trovare come le aveva insegnato Charlotte. Ma quei gesti non avevano più importanza, ormai. Charlotte era morta, e con lei Henry, Jessamine, Sophie, Gideon, e…il cuore le si era stretto, impedendole di terminare quel pensiero, di riportare alla luce i nomi delle altre due persone che mancavano all'appello.

"Ho perso tutto." aveva singhiozzato.
"Non tutto." l'aveva consolata Magnus. "Non perderai mai tutto. E' questo il bello dell'immortalità. Quando le cose vanno male, devi solo ricominciare da capo."
"Non ci riesco."
"Devi andare avanti, Tessa. L'eternità è troppo lunga per trascorrerla da soli."

Ovviamente, Tessa si era fatta coraggio e gli aveva dato ascolto. Aveva lasciato Londra e tutti i ricordi che la tormentavano ed era tornata a New York, sperando di poter ricominciare.
Avrebbe dovuto sapere che non avrebbe mai trovato pace; quello che non si aspettava era che avrebbe passato il secolo successivo a fissare ogni estraneo che incrociava per strada, sperando di riconoscere un paio di occhi blu come la notte o un viso dai tratti orientali incorniciato da un'aureola di capelli argentei. Ogni volta faceva male alzare lo sguardo e vedere un volto sconosciuto, che non faceva che ricordarle che le persone che cercava così disperatamente non sarebbero mai più tornate da lei. Si era sforzata di bloccare quei pensieri; se non ci pensava, non faceva male. Poteva quasi fingere di stare bene, di essere una normale mondana newyorkese che viveva la sua tranquilla, noiosa vita.

Ma c'erano giorni, giorni come quello, in cui non riusciva proprio a bloccare i ricordi. 129 anni. Erano passati esattamente 129 anni dal giorno in cui erano morti.

Jem era steso sul letto, coperto da quante più lenzuola possibili per prevenire i brividi di freddo, nonostante fuori ci fossero quasi trenta gradi. La sua pelle era madida di sudore e bianca come un cencio. Gli occhi non si aprivano da ore; Tessa sapeva che gli costava una fatica immane. La sua fronte scottava, e così anche le mani che Tessa e Will stavano stringendo, a entrambi i lati del letto. Nessuno dei tre spiccicava parola da mezz'ora; le parole non sarebbero servite. Tessa continuava a baciare la mano di Jem e ad accarezzarla, piangendo lacrime silenziose, mentre Will aveva l'aria più stanca e stravolta che Tessa gli avesse mai visto. Non chiudeva occhio da tre giorni; era sempre stato accanto a Jem, a consolarlo e a ripetergli che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe salvato. Una volta, mentre Tessa era stata sul punto di entrare, aveva sentito Will sussurrargli qualcosa che non aveva afferrato, ma era piuttosto sicura che la sua voce fosse piena di dolore, rimorso e disperazione.

Tessa sentì Jem emettere un lamento. Il panico le serrò la gola. "Jem?" La sua voce era rauca, debole, gracchiante. Aveva a malapena la forza di parlare. "Va tutto bene?"

Jem sembrava avere difficoltà a respirare. Improvvisamente, tossì così forte che sia Tessa che Will sobbalzarono ai loro posti. In poco tempo, le coperte si macchiarono di sangue.

Tessa saltò in piedi, le gambe traballanti. "Will…Will!"

Will era già fuori dalla porta e chiamava Charlotte a gran voce. Non che Charlotte potesse migliorare granché le cose.

Jem riuscì a tirarsi su sul letto, tossendo. "No…no…" la sua voce era flebile, ma Tessa la sentì e fece segno a Will di fermarsi. Lui rimase immobile, davanti alla porta, a guardare l'amico che prendeva un fazzoletto dal comodino solo per colorarlo di rosso con un nuovo colpo di tosse. "Qui…"

Tessa e Will, obbedienti, tornarono accanto al letto di Jem. Tessa riprese la sua mano destra e Will la sinistra, entrambi soffocati dalle lacrime. "Jem…"

"Tessa." Jem sorrise, un sorriso così angelico e pacifico che Tessa avrebbe davvero potuto pensare che fosse felice. "E stato…un onore…per me…conoscerti."

"No." Tessa scosse violentemente la testa. "No, Jem, non dire così. C'è ancora tempo per trovare una cura…"

Jem continuò a sorridere. "Mi dispiace, Tessa…avrei davvero voluto sposarti."

"Jem…" Tessa cacciò indietro le lacrime. Non stava accadendo. Non doveva comportarsi come se quello fosse un addio.

"Sii felice, Tessa…io voglio che tu sia felice." sussurrò, chiudendo gli occhi e poggiando di nuovo la testa sul cuscino, come se ogni forza l'avesse improvvisamente lasciato.

Lo sguardo del ragazzo si spostò su Will, che aveva un'espressione illeggibile in volto. "Will, io…" Sembrarono mancargli le parole. Will stava stringendo così forte la mano di Jem, come se fosse la sua ancora di salvezza, e i due parabatai si stavano guardando così intensamente che Tessa capì di doverli lasciare soli. Era giusto così. Si schiarì la voce e si alzò, cercando di scrollarsi di dosso la sensazione che sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Jem.

"Vado a prenderti un bicchier d'acqua, Jem. Torno subito. Tu…sarai ancora qui, quando tornerò, vero?"

Lui non le rispose; si limitò a sorriderle un'ultima volta. "Wo ai ni, Tessa."

Tessa soffocò un singhiozzo.

Le ci volle tutta la sua forza di volontà per alzarsi e uscire dalla stanza. Riuscì a trattenersi solo finchè non si fu chiusa la propria porta alle spalle prima di crollare a terra e scoppiare in singhiozzi disperati. Aveva la sensazione che il suo cuore fosse trafitto da migliaia di schegge di vetro. Aveva cercato una cura per mesi, invano. Will e gli altri dell'Istituto la cercavano da anni. Ma l'unica cosa che potesse far stare meglio Jem era lo yin fen, la stessa droga che lo stava consumando giorno dopo giorno. E ora non c'era più niente da fare. Sapeva che non era corretto voler assistere agli ultimi secondi di Jem. Sapeva che avrebbe dovuto lasciare a Will e Jem un momento per dirsi addio. Ma la consapevolezza che Jem stesse morendo nella stanza di fronte alla sua e che lei non potesse fare niente per fermarlo la stava distruggendo.

Passarono dieci interminabili minuti prima che dei colpi alla porta facessero breccia attraverso il suo stato di intorpidimento. Solo allora si accorse del fastidioso brusio che correva in corridoio. Ricordandosi improvvisamente di quello che stava succedendo, si rialzò in piedi e aprì la porta, stringendosi l'angelo meccanico al petto. Charlotte era lì, che la guardava con un misto di ansia, dolore e pietà. Tessa non capì quello che le diceva; le sembravano solo suoni incomprensibili nella confusione che le offuscava la mente. L'unica cosa che le fu subito chiara era che era successo qualcosa di orribile.

Ogni residente dell'Istituto era radunato davanti alla porta della camera di Jem, che era stata lasciata semi aperta. Will non era tra loro, quindi Tessa diede per scontato che fosse ancora dentro. Henry era sulla soglia, pietrificato. Sophie piangeva inconsolabile tra le braccia di Gideon, che la teneva stretta. Tutto sembrava andare al rallentatore e l'atmosfera era quella tipica di un sogno, come se avesse fumato una buona dose di oppio che le aveva intorpidito i sensi.

L'ansia sembrò attanagliarle il petto e impedirle di respirare. Percorse quei pochi passi che la separavano dalla camera di Jem , sentendosi attraversare da un orribile presentimento. Spinse da parte Henry, che si era portato le mani alla bocca ed era impallidito e spinse con forza la porta nella stanza, aprendola del tutto. Un flebile bagliore di stregaluce nell'angolo si stava lentamente esaurendo; per il resto, la stanza era immersa nel buio e nel silenzio. Tessa cercò di distinguere le sagome di Will e Jem, il suo sguardo andando automaticamente al letto del ragazzo, ma le si mozzò il fiato in gola.
Jem era sotto le coperte come sempre, la testa sul cuscino, il colorito pallido. Will, seduto sulla sedia, gli teneva ancora la mano e sembrava essersi addormentato accanto a lui.
Solo che, ad un'analisi più attenta, le fu chiaro che non era addormentato. Nessuno dei due lo era.

Erano morti.

Tessa ricacciò indietro le lacrime. Non avrebbe pianto, non quella sera. Valentine Morgenstern era morto, Shadowhunters e Nascosti avevano vinto, era tornata la pace ad Idris. Tutta la città di Alicante era in festa. Avrebbe dovuto essere felice.

Il sentiero era costellato da una fila di lampioni. L'odore di fiori era nell'aria; era come se, dopo tanta morte e distruzione, la natura indicasse che la vita poteva continuare, più bella e colorata che mai. Le famiglie uscivano dalle loro case, tutte agghindate, per unirsi ai festeggiamenti.

Tessa finì ai gradini della Sala degli Accordi. Non aveva alcuna fretta di andare alla festa, anche se Magnus le aveva assicurato che ci sarebbe stato ed era tanto tempo che non lo vedeva. Preferì guardarsi attorno come sempre, quasi istintivamente, continuando a coltivare la speranza assurda di vedere un viso familiare.

Non si aspettava quel brivido dietro la schiena, quella scarica di adrenalina che sentì improvvisamente nelle vene e che le congelò il cuore nel petto.

Sugli scalini era seduto un ragazzo di circa diciassette anni. Aveva i capelli biondi e gli occhi di un particolare colore dorato e si rigirava una scatola di cartone tra le mani. Sembrava perso nei suoi pensieri.
Nel momento in cui gli occhi di Tessa si posarono su di lui, tutti i pensieri nella sua mente si fecero da parte per fare spazio a un solo nome, un nome così potente e rilevante, almeno quando riecheggiò nella sua testa, che Tessa sentì tutte le sue forze abbandonarla e rischiò di cadere in ginocchio.

Will.

Tessa si era ripromessa che, se Jem fosse morto, avrebbe accettato la cosa con maturità. Sapeva che avrebbe fatto male, che avrebbe sofferto per mesi, ma aveva avuto tempo per abituarsi all'idea e fare qualcosa del tempo che le restava assieme a lui. E nonostante tutto, sembrava che ogni parte del suo corpo fosse stato calpestata, spappolata e strappata via da lei.

Quello che non aveva previsto, che non si era aspettata, che non sarebbe mai riuscita ad accettare, era quella seconda morte. La morte improvvisa di Will, che l'aveva resa talmente isterica da essere un pericolo per se stessa e per gli altri. Ogni volta che si era fermata a pensare a come sarebbe stato quando Jem fosse morto, immaginava che Will l'avrebbe aiutata a superarlo. Che si sarebbero capiti, che si sarebbero aiutati a vicenda, perché entrambi amavano Jem allo stesso modo. Ma Will l'aveva lasciata ad affrontare tutto da sola, ed era sicura che di lì a poco sarebbe diventata pazza.

Charlotte aveva tentato di consolarla e di spiegarle la situazione, inutilmente. Tessa, in preda ai singhiozzi e incapace di reggersi sulle proprie gambe, le aveva chiesto di lasciarla da sola per un momento, di lasciare che accettasse quella situazione. Charlotte, allora, le aveva fatto cadere in mano un foglio ripiegato su se stesso che, diceva, avevano trovato nella tasca della giacca di Will, e se ne andò come le aveva chiesto, probabilmente per unirsi a suo marito nel lutto. Con mani tremanti, Tessa aprì il foglio. Era una lettera di Will. Ed era per lei.

Tessa,
se stai leggendo queste parole saprai già cosa mi è successo. Probabilmente sarai arrabbiata, forse perfino furiosa, o semplicemente triste, spaventata, incredula. Ma non potevo andarmene senza farti capire i motivi per cui l'ho fatto, senza farti capire quello che sento.

Tu sai quello che provo per te. Sai che ti amo, Tess, e che avrei continuato ad amarti per il resto dell'eternità, se avessi potuto. E avrei potuto vivere sapendo che non mi amavi, sapendoti sposata con Jem, perché avrei saputo di aver fatto la cosa giusta. Di averti lasciata andare, di aver permesso a Jem di essere felice come merita. Anche se mi avesse distrutto, ne sarebbe valsa la pena. Ma come avrei potuto vivere con me stesso se avessi approfittato della morte del mio parabatai, se ne avessi tratto alcuna gioia? Se il fatto di non poterti avere avesse causato il mio odio nei confronti della persona che ne merita di meno al mondo? Non avrei più potuto guardarti allo stesso modo. Non avrei più potuto amarti allo stesso modo. Non avrei potuto sopportare il senso di colpa.

Jem mi ha detto una cosa, una volta. Ha paragonato il mondo a una ruota. Mi ha assicurato che ci sarebbero state altre vite, che quando due persone sono destinate a stare insieme si ritroveranno sempre. Credo di aver creato troppi guai in questa vita, guai a cui non potrò mai porre davvero rimedio, e questi guai non faranno che peggiorare se non ci sarà Jem.

Non posso lasciarlo morire senza essere sicuro di aver provato di tutto. Jem merita di meglio, merita di avere la vita che ha sempre voluto e che non ha potuto avere. Lui lo farebbe, al mio posto. Lui mi ha già salvato la vita più di quanto tu possa immaginare. Non credo che tu riesca a comprendere a fondo i legami tra parabatai, ma saprai che condividiamo letteralmente una parte di anima. Saprai che ci scambiamo forza ed energia. Quando la sua si esaurirà, il legame attingerà alla mia e gliela passerà. Sono disposto a cedergli tutta l'energia di cui ha bisogno per salvarsi, a costo di prosciugarmi, e sono disposto a morire per lasciarlo vivere, o di morire con lui nel caso non ci dovessi riuscire, cosa che probabilmente succederà.

Ti sto lasciando andare, Tess. Non saresti stata felice con me, e di certo non saresti stata felice senza Jem, quindi ti prego di andare avanti. Sii felice. Spero che lo sarò anch'io. Se è vero quello che ha detto Jem, forse c'è un po' di speranza per me. Forse le cose andranno meglio.

Non voglio che il tuo ultimo ricordo di me sia qualcosa di negativo, ma non posso cambiare quello che pensi. Se vuoi odiarmi, nessuno ti fermerà. Mi dispiace, Tess, mi dispiace così tanto.
Voglio solo che tu sappia che ti amerò fino al mio ultimo respiro. E che se continuerai con la tua vita, allora il mio sacrificio avrà avuto un senso.


La lettera le cadde di mano, posandosi sul freddo pavimento del corridoio dell'Istituto. Le mani tremanti tentarono di afferrare l'aria; gli occhi, improvvisamente spenti, fissavano il vuoto.

Non c'era assolutamente niente, in quel ragazzo, che le ricordasse Will. Né gli occhi, né i capelli, né i lineamenti. Eppure c'era qualcosa in lui che urlava "Will". Qualcosa di terribilmente familiare nel modo in cui si atteggiava, nelle sue espressioni, anche se non avrebbe saputo dire che cosa.

Rimase a fissarlo nell'ombra per alcuni minuti, finchè il ragazzo non tirò fuori dalla scatola un pugnale e lo sollevò per osservarlo. La luce argentea della luna lo illuminò e si rifletté sulla lama, rivelando il simbolo familiare di un airone. Il simbolo degli Herondale. Tessa si lasciò scappare un suono a metà strada tra un singhiozzo e un sussulto.

Il ragazzo voltò la testa nella sua direzione, sentendosi osservato.  Ma prima che potesse sbattere le palpebre, Tessa era già svanita nel nulla.
  
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