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Autore: UsaSama    19/02/2013    5 recensioni
Siamo arrivati allo scontro finale. Gin e l'ex Donna in Nero Sherry sono pronti a darsi battaglia, in una lotta estenuante. Chi vincerà tra il criminale a sangue freddo e la scienziata reclusa per molti anni? Chi sarà più abile?
{GinxSherry}
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ Scontro Finale: Argento vs Ramato


Era immobile. Appena l'aveva visto davanti a sé, il suo corpo smise di muoversi, come se qualche incantesimo la incatenasse al suolo, come se lui la stesse incatenando al suolo. Lo guardava, e percepiva la tensione che si era creata nell'aria, fredda e spietata, di quel crepuscolo sempre più rosso. Rosso come il sangue che stava per fuoriuscire da lei. Lui non la guardava, eppure poteva benissimo immaginare lo sguardo soddisfatto, accompagnato dal medesimo sorriso di quando la ritrovava e la metteva in trappola. Quella sigaretta, inseparabile compagna di mille avventure, era appoggiata alle sue labbra, come se dovesse lasciare l'onore di fumarla al vento. I suoi lunghi capelli argentei e il suo lungo impermeabile nero ondeggiava, così come i capelli ramati e il lungo camice bianco di lei.
Era la resa dei conti, se lo sentiva dentro. I suoi occhi cominciarono a bruciare, ma non voleva farsi vedere mentre piangeva. Almeno, non da un essere come lui. Tremava, incessantemente, come se una scossa la stesse attraversando dai piedi alla cima del capo. L'aria gelida le fustigava le gambe scoperte a causa della gonna e il viso.
«Sherry.»
Il suo nome in codice, e un ulteriore brivido la percosse lungo la schiena. Quel nome lo detestava tanto quanto detestava quell'uomo. Non era più Sherry da ormai un bel pezzo, eppure con quel camice bianco ci si avvicinava parecchio: Sherry non esisteva più, c'erano soltanto Shiho Miyano o Ai Haibara, le due personalità che più l'avevano resa felice. Non sapeva come mai vestiva quel camice, forse perché voleva farsi riconoscere.
Ormai Shinichi Kudo, l'abile detective liceale, aveva superato quell'uomo ed era andato dietro al capo dell'Organizzazione criminale per cui lei lavorava, e aveva lasciato la ragazza in balia del suo nemico: forse, grazie al camice, aveva capito che lei voleva risolvere la questione, e che nessun altro doveva mettersi in mezzo tra quelle due persone, che si riconoscevano con poco e che prevedevano qualsiasi loro gesto, come se fossero una sola anima.
«Sherry.»
Di nuovo quel nome. Di nuovo quel dannatissimo nome. Non riusciva a capire come mai non riusciva a parlare. Voleva sputargli in faccia quanto più odio poteva, ma i ricordi si appropriarono di lei come se fossero dei naufraghi sostenuti da un salvagente. Risalivano, e rimanevano lì, ancorati, nella sola speranza che qualcuno li prendesse e li portasse in salvo, lontano dal pericolo.
Ricordi lontani, così come ricordi vicini.
Ricordi di Sherry, e ricordi di Shiho.
Ricordi di Sherry, e ricordi di Ai.
Ricordi, solo ricordi.

«Sherry.»
Ancora una volta. Non poteva più sopportare di sentire quel nome, soprattutto da quelle labbra che più di una volta avevano pronunciato il suo nome in occasioni intime, con quel senso di schifo, ripugnante, ma altrettanto dolce e piacevole.
Non poteva scappare, non quella volta.
Lui si mosse, dirigendosi verso di lei, le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso terra, l'impermeabile e i capelli che ondeggiavano ancora. Sembrava che volesse far durare quella tortura psicologica eternamente.
Non appena fu davanti a lei, gettò la cicca per terra, la calpestò con il piede, e appoggiò delicatamente una mano fredda sulla sua guancia. Lei non capì il motivo di quel gesto tanto delicato, fin quando egli non aprì nuovamente bocca:«Sherry, questo tramonto, il rosso... Il tuo colore... Tutto questo non ti fa pensare che anche la natura voglia una morte degna di te?» sospirò, facendo scivolare la sua mano sul collo di lei, fino a giungere alla spalla:«Questa volta, non c'è nessuno che possa salvarti, mia adorata...» alzò lo sguardo e finalmente vide quegli occhi verdi glaciali, gli stessi occhi che popolavano i suoi incubi. Quegli occhi avevano voglia di uccidere, di sentire il sangue sulla sua pelle, e di vederlo scorrere fuori dalle sue vene:«Quanto mi piace vedere questo tuo visino impallidire. Quanto mi piace vedere i tuoi occhi lucidi dalla paura. Quanto mi piace vederti immobile... Questo rende il lavoro più semplice, mia cara...»
Lei moriva letteralmente di paura.
Con una spinta, la buttò a terra e in men che non si dica le fu sopra:«Sherry, quante volte siamo stati in questa scomoda posizione?» si avvicinò a lei, tanto bastava per avere le sue labbra a qualche centimetro, mentre lei ansimava di paura:«E le tue labbra e il tuo meraviglioso profumo...» spostò il viso e con la frangia le solleticò il collo, mentre con il naso inspirava veemente il suo aroma:«Non sono diversi da quelle volte.»
«Non toccarmi...» esclamò Sherry flebilmente e tremante.
«Pensavo che non riuscissi più a parlare, mia adorata...» si avvicinò al suo orecchio, solleticandoglielo con il suo fiato e la sua frase:«Quante volte ti ho toccata. Ormai sei mia, dovresti saperlo.» cominciò a mordicchiarglielo, e lei emise un flebile gemito. Un ghigno maligno si appropriò di Gin, il quale cominciò a baciarle il collo.
«Lasciami stare...» riuscì ancora a pronunciare.

«Lasciati toccare...» rispose lui, mentre con una mano andava ad accarezzarle in fianco, finché non trovò la tasca del suo impermeabile e ne fece uscire fuori una pistola Colt python calibro 357 Magnum, avvicinandola alla tempia di lei, e tornando finalmente a guardarla negli occhi:«Quanto ti ho voluta, quanto ti ho cercata, quanto ti ho amata, mia dolce Sherry... E' un peccato che tu debba finire in questo modo... Con una pallottola alla tempia, e il tuo sangue che si propaga su questo meraviglioso asfalto gelido...»
«Ti odio... Ti odio...» quelle parole le sputò con tale violenza da lasciare, per un attimo, l'uomo inebetito:«Hai ucciso mia sorella... Ti sei approfittato delle mie debolezze... Ti sei infiltrato nel mio cuore, e poi lo hai ucciso lentamente... Mi hai dato strenuamente la caccia, e non mi hai lasciato vivere un'esistenza serena...»
«Perché avresti dovuto? Sei una sporca traditrice. Tanto sporca quanto bella, mia adorata.» fece lui, inumidendosi le labbra, osservando quegli occhi che piano piano diventavano sempre più lucidi.
Non ce la faceva a reggere ancora, doveva in qualche modo sfogare la sua rabbia, e visto che non riusciva a scrollarsi di dosso quell'essere, doveva per forza ripiegare in quella maniera vulnerabile. Odiava mostrare i suoi veri sentimenti, specie a lui. L'unico verso cui poteva dare libero sfogo ai sentimenti era proprio Shinichi. Mi auguro che stia bene. Mi auguro che se la stia cavando bene. Shinichi, almeno tu sopravvivi. pensò lei con un velo di tristezza.
Bruciava, quella sconfitta a tavolino bruciava.
Si sentiva inerme, davanti a quegli occhi così tanto glaciali. Sentiva il freddo scorrerle nelle vene. Sentiva la canna della pistola premerle contro la tempia, e le lacrime calde che rassicuravano il suo viso freddo. Sentiva le campane che suonavano, in lontananza, come una sorta di requiem. Sentiva i corvi volare in alto. Il treno che passava. L'aria fredda che, prepotente, andava a toglierle le lacrime. L'odore di alcool, fumo e sudore dell'uomo nelle sue narici. I capelli che la toccavano.
Sentiva la morte.
«Tua sorella, che nobile sacrificio! Peccato solo che sia stato vano, visto che ora ti ho in pugno, mia adorata...»

Questo parve darle vigore, tanto che pronunciò, con un disprezzo mai sentito prima nella sua voce:«Mia sorella... Mia sorella si è sacrificata per me, nella speranza di ottenere un mondo migliore! Akemi non è morta inutilmente, e sai perché?» un piccolissimo attimo di silenzio, un silenzio che attendeva una risposta:«PERCHE' IO NON MORIRO' OGGI!» e diede una ginocchiata nello stomaco all'uomo, il quale sobbalzò, mollando la presa e facendo in modo che lei si rialzasse.
«Dannata, sporca, lurida traditrice!» esclamò lui con rabbia, mentre piano piano si erse in tutta la sua statura, puntando una pistola contro di lei, la quale, con grande agilità, tirò fuori dallo stivaletto una Colt Navy 1851 calibro 36.
«Siamo ad armi pari, ora...» fece lei, asciugandosi con la mano libera la guancia, seccata dal continuo scorrere delle sue lacrime:«Come ci si sente ad avere una pistola puntata addosso, eh, Gin?» sospirò con rabbia, per poi riprendere:«Oppure dovrei chiamarti Jin?»
«Come diavolo fai a sapere il mio nome?!» fece lui, in preda al panico: la ragazza si era informata più che bene sul suo aguzzino, tanto che sapeva pure il suo nome di battesimo.
«Te pensi che io non sappia nulla sul tuo conto, e su questo ti sbagli. Mi informo sempre, quando c'è da fare qualcosa, e non vedo per cui questo dev'essere diverso!» sputò fuori con rabbia ogni sua singola parola, fregandosene del fatto che lui la stesse guardando con uno sguardo assassino, peggio di quello di poco prima.
«Sai che ti dico?! Sei una persona scaltra, non c'è che dire. Ti ho sempre ammirata per questa tua qualità. Oltretutto, sei sempre stata eccitante, soprattutto in occasioni in cui mi sputavi addosso la più assoluta verità. Non mi incantavano i tuoi complimenti, mi incantavano i tuoi insulti... Una donna con un carattere come il tuo è difficile da trovare, nemmeno Vermouth è bella quanto te.» si avvicinò, abbassando il braccio, mentre lei continuava a tenere le braccia tese, pronta a sparargli in qualsiasi momento.
«Non osare avvicinarti di più! Fermati o io...» e con un calcio si ritrovò piegata in due. Lui si avvicinò, sferzò la mano di lei, facendo cadere la sua pistola, e poi le sollevò il mento con l'indice, mentre col pollice le accarezzava dolcemente una guancia:«Che cosa volevi farmi, mia cara?» sentiva l'alcool e il fumo, nel suo alito:«Volevi spararmi, non è così?»
«E anche se fosse?! Voglio vedere il tuo sangue scorrere, Jin...»

«NON OSARE!» la spinse verso il muro, e con l'avambraccio la tenne ferma:«Non osare pronunciare un'altra volta il mio nome!» si avvicinò sempre di più, ormai le loro labbra si sfioravano:«Fammi prima assaporare nuovamente queste labbra... Queste labbra che per me sortiscono un effetto migliore della sigaretta...» così dicendo, le diede un bacio violento, facendole male alla nuca appoggiata al muro dietro, da tanto aveva premuto le labbra sulle sue.
«Avanti, uccidimi! Lo desideri così tanto, non è vero?!» disse lei, guardandolo con uno sguardo carico d'odio:«Avanti, FALLO! Poni fine alla mia vita!»
«Come vuoi...» disse lui:«La tua fine...» scandì, mentre le tirò un pugno sullo stomaco:«Sarà lenta...» e gliene tirò un altro sul mento, facendole sgorgare il sangue fuori dalle labbra:«E DOLOROSA!» e le tirò una ginocchiata allo stomaco, facendole vomitare quel liquido rosso tanto agognato dall'uomo. La liberò dalla sua morsa, e la trascinò per i capelli verso dove aveva lasciato l'arma, desideroso di finirla definitivamente, ma anche desideroso di vedere chi dei due fosse più veloce a finire la vita dell'altro:«Avanti, tieni! Prova a difenderti! Guarda la mia pietà verso di te... Ti sto dando un'opportunità non indifferente, mia adorata...» le mise in mano l'arma con violenza, e poi si allontanò, guardandola mentre sputava, ancora, liquido rosso.
Lei sentiva che le gambe le stavano per cedere. Sembrava un incubo, ma invece era una triste realtà.
Doveva morire così? Doveva per forza smettere di lottare?

Pensò a sua madre e a suo padre, volenterosi di abbandonare l'Organizzazione per dare un futuro alle figlie, e poi uccisi. Pensò ad Akemi, che voleva liberarla dall'Organizzazione, che si era fatta ammazzare per colpa sua, per darle un futuro migliore.
Pensò a Shinichi, e una nuova forza si impadronì di lei: doveva rivedere quegli occhi azzurri, quegli stessi occhi per cui valeva la pena di vivere.
Si erse in tutta la sua statura, con l'addome dolorante, tese le braccia e disse:«Un solo colpo e uno di noi due non esisterà più...» sputò ancora del sangue a lato.
«Sì, mia cara Sherry...» disse dolcemente.
Per un istante, la ragazza riconobbe l'uomo che aveva amato, ed era quasi tentata di abbassare l'arma e lasciarsi uccidere, ma invece di farlo, decise di dir le sue ultime parole:«Addio, Gin... Spero che all'inferno patirai quante più pene possibili.»
«Ricordati che anche tu andrai all'inferno. Rimarrai sempre un'assassina, anche dopo che mi avrai ucciso.» ecco, ancora una volta violenza psicologica. Ma ora più che mai doveva mantenere i nervi saldi, e sperare che il suo indice fosse pronto a uccidere quell'uomo che più di ogni altro le aveva reso la vita un inferno.
Il vento si fermò.
Nessun rumore attorno.
Solo un silenzio carico di tensione.
Si osservavano negli occhi, desiderosi di sparare al proprio rivale.
Bastava solo premere il grilletto e tutta quella storia sarebbe finita, sarebbe svanita in quella polvere da sparo.
I respiri dei due andavano all'unisono.

Due colpi di pistola, e poi silenzio.


THE END

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Angolo dell'Autrice:
Boh, l'episodio "Incontro Indesiderato" mi fa venire molto spesso l'ispirazione per nuove fan fiction, soprattutto su questa coppia. Lo ammetto, sono stata parecchio sadica a lasciare il finale sorpreso [Muhuhahahahahahah! xD], ma vorrei tanto leggere le vostre opinioni tra i commenti, su chi ha vinto, e quindi su chi è stato ucciso. Spero vivamente che vi sia piaciuta.
Buona continuazione!
UsaSama

  
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