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Autore: Jude_McCartney    19/02/2013    2 recensioni
Liverpool, 1958. Il fumo delle ciminiere delle fabbriche offuscava la luce del sole, rendendo il paesaggio triste e macabro. Emma, seduta sul prato del giardinetto pubblico vicino casa, poggiava la schiena su di una quercia antica, l'unica che riusciva a sostenere il grande peso che gravava sulle sue spalle da anni ormai, l'unico posto in cui si sentiva davvero al sicuro da sguardi indiscreti e dalle sue paure.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Pete Best
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno ragazzi! Volevo solo avvisarvi che ho pensato di rallentare il ritmo di pubblicazione dei capitoli. Forse li sto postando troppo velocemente, così la suspance viene a mancare, e magari diventa meno interessante. A meno che non mi chiediate voi di continuare con questa velocità, penso di pubblicare un capitolo ogni due giorni. E’ un’idea, magari mi dite cosa ne pensate! 
Buona lettura :)
 
 13.30 Emma sedeva di fronte ai suoi genitori,durante un abbondante pranzo a base di brodo e tacchino. Da anni non si respirava quell'aria di tranquillità in casa loro, le sembra di essere in un altro posto, con altre persone. Era come se stesse parlando con degli amici che aveva perso di vista da tanto tempo e con i quali si era riconciliata. Non le sembrava vero chiacchierare con sua madre, proprio come ai vecchi tempi. 
-Ieri sono stata interrogata in storia dell'arte-annunciò Emma, - ho preso otto.
-Bravissima!-sorrise Dana, deglutendo il brodo caldo- cosa ti ha domandato la professoressa?
-Mi ha fatto delle domande sull'Impressionismo..e poi le ho parlato del Romanticismo, come argomento a piacere..E' la mia corrente preferita.
Dana sorrise. -Anche la mia.
Era bellissima come la figlia. Capelli castani, corti e cotonati. Occhi grandi, a mandorla, neri come l’ebano. Aveva una pelle bellissima, luminosa e chiara, invidiabile per essere una signora di quasi cinquant'anni, solcata magari da qualche ruga, ma forse erano proprio quei segni del tempo a renderla più bella. 
 
14.45. 
-Io gli ho chiesto "allora perchè la professoressa ti ha messo due?" lui "perchè non la seguivo, avevo di meglio a cui pensare" e io "a cosa pensavi?" e lui "a te" !!-urlò Emma alla cornetta, estasia.
-OH MIO DIO, QUANTOE'DOLCE!- rispose Victoria intenerita,distesa sul suo letto- La prossima volta che mi chiami voglio sentire il racconto del bacio!!
Emma storse il naso, come se ancora le fosse difficile immaginare che potesse succedere DAVVERO.
-Ehi, vacci piano, ci conosciamo da pochissimo!
-Perchè aspettare?-si sollevò di scatto Victoria, mettendosi seduta. Starnazzava come una ragazzina di dodici anni- Siete fatti uno per l'altra, è lampante, vi piacete da morire, lui è un tesoro e se continui a rimandare ti chiudo io stessa in un convento e ti faccio suora!
Emma rise -Dai stupida, non scherzare! Io ci tengo davvero, non voglio bruciare le tappe prima del tempo e..
-Va bene, sei una causa persa.- si arrese l’amica, alzando gli occhi al cielo.-Quel poveretto dovrà aspettare ancora un mese, ci siamo capiti. Quando vi vedrete?
-Ancora non lo so..-sospirò Emma, torturando una ciocca di capelli rossi-L'ultima volta mi ha rapita praticamente, è comparso dal nulla. Spero non tardi però, mi manca già!
-Queste parole che escono dalla TUA bocca mi commuovono- disse sarcastica. Sembravano passati anni da quando Emma la malediceva, ogni volta che osava parlare con lei delle sue cotte. Questioni troppo sdolcinate per lei, affermava. -ma adesso sbrigati a darmi i compiti per domani, mia madre minaccia di farmi pagare la bolletta. 
-Va bene, va bene.- rispose Emma, afferrando la cartella ai piedi della scrivania -aspetta in linea, non trovo il diario..
Rovesciò il contenuto della valigetta in terra, reggendo la cornetta stringendola tra spalla e collo. -Astuccio, quaderno di letteratura, libro di matematica.. un biglietto..?!
-Di chi?!-incalzò vittoria, saltando in piedi-Cosa c'è scritto?
-.." ingresso nord Newsham Park,15.30. - lesse, impaziente. Le tremavano le mani.-Ti aspetta una bella sorpresa. Tuo, Paul"...!!- Emma iniziò a saltellare per la stanza, lanciando strilli lancinanti. Sembrava posseduta dal demonio.
-Emma Smith, sei la ragazza più fortunata di questo mondo, MIO DIO!- lo spirito da dodicenne in crisi ormonale si impossessò ancora di lei, facendola starnazzare insieme all'amica. 
-Sono quasi le 15, Victoria devo lasciarti, scusami devo prepararmi!- farfugliò velocemente la ragazza, ancora sotto shock. 
-E i compiti, non me li dai..?!
-Certo che no, la vita è così bella, perchè sprecarla a fare i compiti?-rise furiosamente. La sua mente era già volata verso l’armadio, iniziando ad ipotizzare quale abito sarebbe stato adatto per l’occasione- Ciao, ti voglio bene, ciao ciao ciao!- disse tutto d'un fiato Emma, terminando la conversazione.
Corse a vestirsi. "ingresso nord Newsham Park,15.30" "ingresso nord Newsham Park,15.30" continuava a ripetere, pareva impazzita. "Ingresso nord Newsham Park,15.30. Sarò lì da te, Paul. Sarò lì."
 
15.30. Emma aveva appena varcato la soglia dell'ingresso nord del Newsham Park. Paul non c'era. Si inoltrò nel parco. Non c'era mai stata prima.
C'erano tantissimi alberi e cespugli, solo poche panchine e nessun'altra traccia di civilizzazione. Che posto strano per un appuntamento,pensò. 
Sentì in lontananza degli accordi di chitarra. Sorrise. Si avvicinò al punto dal quale proveniva quel suono. Poi udì la sua voce. Giungeva da un salice piangente, le quali foglie partivano dai rami in cima all'albero e terminavano a meno di un metro da terra, quasi sfioravano l'erba. Pareva un'enorme capanna, uno di quei palazzi delle fatine delle fiabe. Quel ragazzo era pieno di sorprese. Avrebbe mai smesso di innamorarsi di lui?
Paul poggiava la schiena sul tronco dell'albero, aveva la chitarra tra le braccia, strimpellava degli accordi a caso. Emma era sotto le fronde accoglienti del salice, proprio alle sue spalle. Rimase lì in silenzio ad ascoltarlo per minuti. Poi si avvicinò lentamente e gli posò le mani sugli occhi, come aveva fatto lui quella mattina. Rise.
-Chi sono?
  
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