A Sara,
che ormai è
diventata più grande di me. ♥
- Marry you.
Ludwig non
riuscì a capacitarsi di cosa stava succedendo in quel
momento. Rinchiuso in uno
smoking rigido, circondato da amici e parenti che mormoravano per il suo arrivo.
Agitato era un aggettivo troppo leggero per descrivere il suo stato
d’animo.
Oserei dire, terrorizzato.
Cominciò a guardarsi attorno: il suo occhi caddero sullo
sguardo infastidito di
suo nonno, che insieme a Roderich stava silenziosamente sgridando
Gilbert che
continuava ad agitarsi ed urlare.
Dall’altra parte dei banchi stava seduto un Romano che
borbottava qualcosa come
“Questo matrimonio non s’a da fare”. Di
fianco Antonio con il suo solito
sorriso iberico, e Elizabeta in versione ragazza pon pon.
Ludwig preferì di nuovo voltare lo sguardo.
Ammirò la chiesa, l’altare marmoreo
e tutte le decorazioni floreali: vasi e vasi di margherite.
Gli sarebbe piaciuto sposarsi nel suo paese, oppure quello di
Feliciano. Ma per
ragioni a lui superiori, si trovò costretto a ad organizzare
la cerimonia in
una chiesetta nella periferia di Londra. In questi casi bisogna
accontentarsi.
All’improvviso tutti si zittirono, preannunciando
l’arrivo del atteso Italiano.
D’un tratto s’irrigidì, diventando un
ceppo di legno.
Stava succedendo troppo in fretta. In un attimo gli passò
davanti tutto quello
che aveva fatto negli ultimi tre mesi, il viaggio, i preparativi, la proposta.
Era una mattinata di
Febbraio, una
leggera nebbia aleggiava sul paesaggio e c’era un freddo
particolarmente
pungente.
Ludwig si era concesso un paio d’ore di preparazione mentale
a quel momento. Si
era svegliato presto, si era preparato con tutta calma –
innaturale, ma calma –
ed aveva raggiunto la mansione Vargas.
Ora non gli restava che scendere dall’auto e raggiungere la
porta di casa, più
facile a dirsi che a farsi, pensò.
Controllo tutto un ultima volta: il grande mazzo di rose rosse
c’era, il
cofanetto era nella tasca, si sistemò la cravatta e con un
atto di coraggio
aprì la portiera.
Okay, era fuori. Impugnati i fiori, richiuse la macchina e si
avviò per il
vialetto della villa.
Sentì dei rumori provenire dall’interno. Rumore di
stoviglie e le risate
Feliciano, che lo fecero impercettibilmente sorridere.
In poco tempo si ritrovò davanti alla porta di casa, e senza
esitazioni suonò
il campanello.
Subito la voce squillante dell’Italiano rispose con un
«Arrivoo!~».
Al momento che sentì le chiavi girare nella serratura, si
inginocchiò e porse
in avanti i fiori.
La porta si aprì, e ne seguirono due buoni minuti di
silenzio.
«L-ludwig?» quelle poche lettere balbettate fecero
tirare un sospiro di
sollievo al tedesco, ma comunque non riuscì a muoversi, come
se si fosse
pietrificato.
Riuscì solamente ad alzare gli occhi azzurri sullo volto
paonazzo di Feliciano.
Si copriva con la mano la bocca aperta dalla sorpresa, le goto tinte di
rosso
pomodoro.
«Oddio …» sussurrò. Aveva
capito, eccome se aveva capito.
Con movimenti lenti poggiò per terra il mazzo di rose,
infilò la mano nella
tasca e ne estrasse il piccolo cofanetto di velluto.
Lo aprì davanti all’Italiano, e lui poi
abbassò lo sguardo. Sapeva di essere arrossito.
Fu una richiesta silenziosa, non ci furono parole superflue. Rimase in
quella
posizione finché non sentì Feliciano prendergli
le mani e tirarlo su.
«Sì, diecimilioni di volete
sì.» disse solamente tra i singhiozzi, per poi
affondare il volto nel petto di Ludwig.
Ce l’aveva fatta. Abbracciò le esili spalle
dell’Italiano e si lasciò cullare
dalla felicità.
«Ohi Feliciano, chi era?» esclamò Romano
dall’altra stanza.
Ludwig scosse la testa. Quelle che successe dopo era fin troppo
traumatico.
Il pianista cominciò a suonare la marcia nuziale, e dal
fondo della navata
apparve la figura dell’Italiano.
Per un attimo il tedesco pensò che si fosse messo un vestito
da sposa, ma quel
pensiero svanì subito alla vista dello smoking bianco
indossato da lui, speculare
al suo, con calato sulla testa un velo anch’esso bianco.
Ludwig si sciolse. Guardò estasiato tutta la camminata di
Feliciano, sotto
braccio di suo nonno.
Quando arrivò all’altare il biondo si
avvicinò al suo ormai sposo, e
l’accompagnò fino a davanti il prete. Augusto
Vargas gli lanciò un occhiata
prima di girarsi, come per dire “Te
lo
affido”.
La cerimonia si svolse velocemente, almeno secondo Ludwig. Rimase tutto
il
tempo a osservare Feliciano nel suo vestito candido, senza distogliere
mai lo
sguardo.
E alla fine, un po’ impacciato il prete pronunciò
«Vi dichiaro ufficialmente
marito e … marito.»
Ludwig si girò verso suo marito, gli alzò il velo
e gli diede uno di quei baci
pieni d’amore e di felicità.
E tra gli applausi dei parenti e degli amici, Feliciano
sussurrò «Ti amerò per
sempre, vita mia».
Insieme, felici, per sempre.
“Is it the look in your eyes
Or is it this dancing juice
Who cares, baby
I think I wanna marry you.”
Salve
gente.
Ultimamente mi sono capitati sotto gli occhi sempre più
fanart delle GerIta
stile matrimonio, e quindi, grazie ai poteri dello shipping, ci ho
scritto
sopra. La fanfic è ovviamente ispirata alla canzone Marry You di Bruno
Mars.
Quel “Sì al matrimonio gay in Italia”
che ho messo nell’introduzione ha una
ragione: volevo aprire una specie di “maratona” di
fan fiction con questo tema,
per mobilitare il fandom (?). E poi sono strasicura che in Hetalia
tutti lo
approvate. (Vero? ewe)
Comunque, di nuovo tanti auguri Sara,
anche se in ritardo.
Adieu!