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Autore: Kiki75    06/09/2007    0 recensioni
Eileen vuole vederci chiaro. Johnny Smith sta iniziando a interessarle in modo molto diverso da un comune paziente... ma cos'è questa strana storia di cui tutta la clinica parla, secondo la quale Johnny sarebbe caduto in trance durante un esame EEG, dichiarando che la madre del dottor Weizak, morta durante la Seconda Guerra Mondiale, sarebbe ancora viva? (da "La zona morta")
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'What happens tomorrow'
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Come sei veramente
Closer*

Questa storia si
colloca, cronologicamente parlando, il giorno successivo agli avvenimenti della mia precedente "Evening", che consiglio di leggere prima...

Eileen Magown vuole vederci chiaro.
Il giorno precedente, martedì, quello successivo al risveglio di Johnny, era andato tutto bene.
Si era recata alla clinica per le otto di mattina, come di solito, ma la sua mente stava già lavorando da quando, alle sei e tre quarti, aveva fatto suonare la sveglia: quale programma di esercizi stilare per il giovane?
Era la prima volta nella sua carriera che le capitava di dover tentare di rimettere in piedi una persona che era stata in coma profondo così a lungo, ma dalla sua aveva il fatto di avere tenuto Johnny in esercizio durante il coma, e di conoscere ogni centimetro del suo corpo - bè, quasi ogni centimetro, aveva considerato con imbarazzo, e poi si era schernita: Non è certo a questo che devi pensare, ora.
Ma il corpo insensibile e privo di reazioni di un comatoso è profondamente diverso da quello della stessa persona fuori dal coma, Eileen questo lo sapeva per esperienza.
Cos'era in grado di fare Johnny, da solo, con la forza dei propri muscoli, senza alcun aiuto esterno?
Aveva ripensato al giorno del risveglio, quando era andata a trovarlo dopo avere appreso la notizia da Marie Michaud. Johnny si era rigirato nel letto, si era tirato le coperte sulla testa, si era portato le mani al viso quando era scoppiato in lacrime. Le braccia dovevano essere abbastanza a posto, niente a che vedere con i pazienti che le erano talvolta capitati, che non riuscivano nemmeno a sollevare un bicchiere vuoto.
Il lavoro più grosso, Eileen non ha dubbi, sarà da fare sulle gambe. Johnny, grazie alle cure ricevute, non è mai scivolato in quella che viene chiamata "posizione fetale", in cui presto o tardi si ritrovano i corpi di chi resta in coma a lungo: i muscoli si atrofizzano, i legamenti si accorciano, braccia e gambe si ripiegano e la persona prende tutto l'aspetto di un feto nella pancia della madre, e quando questo accade, è molto difficile che si riesca a restituire al paziente l'uso delle gambe.
Chissà se anche il cervello regredisce allo stato fetale, si è spesso chiesta Eileen. Ma non può saperlo: non lo sanno nemmeno i neurologi. E non è un suo problema.
Il problema ora sono le gambe di Johnny. Il giorno prima era riuscito a muoverle, segno che i muscoli erano in grado di svolgere il loro lavoro, malgrado l'atrofia che avevano subíto nel corso degli anni. Ma un conto era muovere le gambe da seduti o sdraiati, un altro reggere su di esse tutto il peso del corpo. E non era solo una questione di muscoli e legamenti: nell'incidente, il giovane si era fratturato le ossa di entrambe le gambe in diversi punti; in particolare, l'anca destra era stata danneggiata in modo grave.
Quando le sue condizioni cerebrali si erano stabilizzate, Johnny era stato sottoposto a un intervento chirurgico per ridurre le fratture e rimettere le ossa al posto giusto - lo testimoniavano le tre cicatrici, u
na che gli partiva dal fianco destro per arrivargli fino a metà della coscia, una piccola e sottile dietro al tendine d'Achille della stessa gamba, e l'ultima, che da sotto al ginocchio sinistro gli arrivava fino a metà dello stinco. Per essere ricollegato, l'osso femorale destro aveva inoltre avuto bisogno dell'inserimento di una piccola protesi.
La testa di Eileen lavorava, lavorava. E così avrebbe dovuto lavorare Johnny con le proprie gambe, lei ne era certa, per recuperare il tono muscolare e l'elasticità necessaria a sostenere l'ossatura danneggiata. Sarebbe stato faticoso e doloroso, ma Johnny non aveva alternativa, e lei non avrebbe potuto fare altro che incoraggiarlo e sostenerlo. Come gli aveva detto la prima volta che gli aveva parlato, fino a quel momento era stata lei a fare tutto, sudando le proverbiali sette camicie, ma da ora in poi sarebbe toccato a lui sudare, se avesse voluto uscire dalla clinica sulle proprie gambe, anzichè su di una sedia a rotelle.
Quella mattina, l'aveva visitato e aveva trovato conferma alle proprie impressioni.
Le braccia erano praticamente a posto: un bell'aiuto, quando il giovane avrebbe dovuto reggersi alle sbarre parallele o appoggiarsi al carrello deambulatore. Ma soprattutto all'inizio, Eileen aveva intenzione di fargli trascorrere molto tempo in piscina, per stimolare i muscoli delle gambe in assenza di peso, senza sollecitare troppo le ossa. Johnny si era dichiarato entusiasta: gli piaceva stare in acqua.
Eileen aveva impiegato tutta l'ora dalle due alle tre, quella dopo pranzo, che normalmente utilizzava per controllare le cartelle dei suoi pazienti, per stilare la tabella di esercizi di Johnny per la prima settimana, con le adeguate alternative, a seconda delle risposte del suo corpo. Avrebbe voluto mostrargliela, ma Johnny era stato impegnato con Sam Weizak per tutto il pomeriggio, e alle cinque, al termine dell'orario di lavoro di Eileen, i due erano ancora chiusi nell'ambulatorio con Mike Lewis, uno dei tecnici che controllavano gli apparecchi mentre i medici leggevano il tracciato che ne usciva.
Eileen doveva ancora fare la spesa, il suo frigorifero e la sua dispensa erano quasi completamente vuoti, fatta eccezione per un cartone di latte ancora da aprire, una scatola quasi vuota di All-Bran, una bottiglia di Jack Daniels e due Guinness, qualche carota e un paio di mele, e una confezione da tre di tonno sott'olio. Avrebbe dovuto inoltre fermarsi in lavanderia a ritirare il tubino rosso, già pronto da almeno una settimana, che aveva indossato al matrimonio di una delle colleghe terapiste quindici giorni prima. Johnny avrebbe aspettato il giorno successivo per vedere la propria tabella di allenamento, avrebbe avuto tutta la mattina per digerirla, e al pomeriggio avrebbero iniziato con un tuffo in piscina. Non aveva detto che gli piaceva l'acqua?

Ma questa mattina, mercoledì, nello spogliatoio, mentre Eileen indossava le scarpe da ginnastica e una delle magliette striminzite che usava come divisa, unite a dei pantaloni sportivi extralarge, la collega terapista Lucy Collins le aveva raccontato la strana storia accaduta il giorno precedente durante l'EEG di Johnny, che Mike Lewis aveva provveduto a divulgare.
"Ormai, nella clinica non si parla d'altro", aveva terminato Lucy. Poi, riferendosi a Johnny: "Tu gli hai parlato diverse volte, ormai... ti è mai sembrato strano?"
Eileen aveva scosso il capo, pensierosa. Johnny le era sembrato tutto tranne che strano.
E doveva confessare che stava davvero iniziando a piacerle - le era piaciuto fin da subito, a dire la verità. Era un bel ragazzo, ma non solo questo la solleticava: era anche simpatico, aveva la battuta pronta e un umorismo sottile e mai volgare, malgrado il tormento che doveva avere nell'animo: gli anni persi, la madre morta, e l'ex fidanzata...
Eileen doveva ammettere con sè stessa che
quello era il problema che l'assillava, al secondo posto dopo la terapia di Johnny: Sarah Bracknell, ventisette anni, ex insegnante di matematica, nonchè ex collega ed ex fidanzata di Johnny, diventata Sarah Hazlett dall'ottobre 1971, e a quanto Eileen ne sapeva, madre di un bambino di un anno.
Per il resto del mondo erano trascorsi quasi cinque anni, ma per Johnny Smith, dal giorno dell'incidente, era come se fosse trascorsa una notte. E naturalmente era ancora innamorato della donna che l'aveva lasciato, comatoso, per uno studente di legge di due anni più vecchio, ora brillante avvocato.
Eileen si sentiva attratta da Johnny, non aveva dubbi in proposito. Ma era altrettanto certa che non avrebbe mai accettato il ruolo di sostituta, e se e quando Johnny avesse mostrato interesse nei suoi confronti, questo avrebbe dovuto essere chiaro per entrambi: in particolare, lei stessa avrebbe dovuto imprimerselo nella mente e nel cuore come il bracciale etnico che si era fatta tatuare al braccio destro, un altro dei suoi colpi di testa post-Bobby, oltre alla rasatura dei capelli.
Sarah è Sarah, io sono io. E non accetterò mai, non devo e non voglio accettare, di essere una sostituta o un rimpiazzo.
Aveva risposto a Lucy che no, Johnny con lei non si era mai comportato in modo strano, nè aveva parlato in maniera bizzarra (era stato un insegnante di letteratura e, a volte, usava un linguaggio colto e forbito che, unito al tono cattedratico e al gesticolare, l'aveva divertita: ma questo non significava parlare in modo bizzarro): le era sembrato una persona perfettamente normale, senza il minimo segno squilibrio o di handicap mentale dovuto al coma.
Ma voleva vederci chiaro. E dopo essersi cambiata, sta ora camminando a passo svelto verso la stanza di Johnny per chiedergli spiegazioni.
E' davvero una strana storia. Strana e spaventosa. Trance, parole incomprensibili, occhi vuoti e gelidi, voce alterata, ninnannana in lingua straniera - ma questo non significa nulla: forse Johnny conosce una lingua sconosciuta a Mike.
La cosa più inquietante è che Johnny aveva detto che la madre di Sam Weizak sarebbe stata ancora viva, e non deceduta durante la Seconda Guerra Mondiale, come tutti sapevano.
Secondo il racconto di Mike, il dottor Weizak era rimasto oltremodo sconvolto dall'accaduto, e quando Johnny era riemerso da quella specie di trance, aveva fatto uscire il tecnico per restare solo con il paziente: Mike quindi non sapeva cosa i due si erano detti in seguito, e Sam Weizak non ne aveva proferito parola con nessuno. Nessuno del resto osava domandargli alcunchè: Sam era una persona simpatica e cordiale, ma era anche il direttore. Non gli si potevano chiedere spiegazioni di quel genere, spiegazioni riguardanti il suo doloroso passato.
Eileen non chiederebbe spiegazioni a Sam Weizak neanche se fosse un comune inserviente, neanche se fosse un collega che conosce bene: ognuno ha un proprio passato, che ha il diritto di tenere nascosto, se così desidera.
Ma deve chiedere a Johnny cos'è successo: e questo perchè lui le interessa. Deve capire cos'è successo, capire - perchè è questo che teme - se, come e fino a che punto la sua mente è stata danneggiata dal'incidente, o dal coma. Se soffre di blackouts, di convulsioni, di qualche altro genere di handicap.
Deve saperlo, prima che la cosa le sfugga di mano, prima di innamorarsi di un disabile.
Come se fosse facile dominare i sentimenti, pensa, attraversando il corridoio.
Ecco la camera 319.
Non è facile dominare i sentimenti, non lo è per niente. Ma talvolta bisogna prendere decisioni, anche dolorose, anche difficili: e conoscere la verità, può aiutare a prendere la decisione giusta. Eileen non esclude nulla, per il momento non è in grado di prendere decisioni definitive: tutto per lei è ancora come una pagina bianca e vuota. Se Johnny fosse mentalmente compromesso... e se lo fosse, in che modo... e fino a che punto...
Lei forse potrebbe innamorarsene lo stesso... ma potrebbe una storia del genere avere un futuro?
Tutto sarebbe dipeso da in che modo, e fino a che punto lui fosse stato mentalmente compromesso...
E non era comunque detto che lo fosse.
Eileen, indecisa e pensierosa davanti alla porta della 319, proprio come due giorni prima, si rende finalmente conto di essere nel regno dell'assurdo: queste seghe mentali, perchè è di questo che si tratta, le stanno solo sottraendo tempo ed energia.
Non è ancora innamorata di Johnny, in ogni caso.
Apre la porta, che è socchiusa, ed entra nella stanza, per trovare il giovane addormentato. Niente di strano, fin qui: non sono nemmeno le otto di mattina.
"No..." bisbiglia lui all'improvviso. Lei si avvicina e si accorge che è in preda a un brutto incubo, ha l'espressione sofferente e le lacrime gli rigano le guance, le mani stringono nervose la coperta.
"No..." mormora di nuovo lui, alzando a poco a poco la voce. "No, ti prego, ti ho detto no..."
Eileen si china su di lui e gli scuote dolcemente una spalla: "Johnny... coraggio, svegliati, Johnny..."
Poi, succede tutto in un attimo. Viene percorsa da una lieve scossa elettrica e sta per staccare d'istinto la mano, ma lui le prende un polso, si porta la sua mano sul petto e la stringe fra le proprie. Ha gli occhi aperti, vuoti e distanti, ma così tristi...
"Cosa..." Eileen è spaventata ora, ma non riesce a togliere la mano che Johnny tiene fra le sue, sebbene lui non la stia trattenendo con forza.
"Anche tu sei tanto sola", mormora lui. "Posso sentire la tua sofferenza... come un macigno, qui sul cuore..."
Eileen trova la forza di togliere la propria mano da quelle di lui e lo afferra per entrambe le spalle, scrollandolo di nuovo, questa volta con maggiore energia: "Johnny, svegliati... torna in te!"
Lui batte le palpebre, si porta una mano alla testa, e riapre gli occhi. La guarda, perplesso, ma se non altro la sua espressione è tornata normale: "Eileen..."
Lei sente che le gambe le stanno tremando, ha bisogno di sedersi e si lascia cadere accanto a lui, sul letto. Gli sorride, incerta, cercando di nascondergli la propria inquietudine, e dice la prima cosa che le viene in mente: "Brutto sogno, eh?"
"Ho detto qualcosa?" lui sembra preoccupato.
"Sì", ansima lei. "Mi hai fatto prendere un colpo."
"Scusami, io..." Johnny esita un attimo, come se cercasse le parole. Quello che gli esce, tuttavia, non è nulla su cui si debba riflettere, a meno che non si stia cercando una scusa per nascondere una verità sgradita: "Spesso parlo nel sonno..."
"Pessima abitudine", commenta Eileen. "Io ho creduto che tu stessi parlando di me... non è che ti è successo qualcosa del genere ieri durante l'EEG, vero?"
"Prego?"
"Ieri pomeriggio, con il dottor Weizak e Mike Lewis. Non dirmi che non ti ricordi. Ne parla tutta la clinica."
"Io..." lui esita nuovamente.
"Mike ha detto a tutti che sei caduto in trance", inizia a spiegare lei, parlando in fretta, tempestandolo di parole, "e avresti detto a Sam Weizak che sua madre è ancora viva, e abita in Svizzera, a Montreaux. Poi ti sei messo a cantare una canzone in lingua straniera, con voce femminile. A Mike è venuto un colpo, come a me adesso, e pare che a Sam Weizak sia venuto un mezzo infarto."
"Bè..."
"Ti eri addormentato durante l'esame, per caso, o cos'altro ti è successo?"
"Io..."
L'atteggiamento evasivo di Johnny sta a dir poco indisponendo Eileen, che sbotta: "Allora? Hai perso la lingua?"
"Ehi, con calma", ribatte lui, seccato. "Chi ti da il diritto di venire qui, svegliarmi mentre sto dormendo e aggredirmi in questo modo? E se io non avessi voglia di parlare di quello che è successo ieri?"
"Guarda che io sono solo preoccupata", risponde lei di rimando. "Sembra che tu abbia avuto qualcosa di estremamente strano, e volevo chiederti come stavi. E se ti ho svegliato, è perchè piangevi e ti lamentavi nel sonno, altrimenti ti avrei lasciato stare e sarei tornata più tardi."
Come per avere conferma delle parole di Eileen, Johnny si tocca le guance, che sono ancora umide per le lacrime, poi si asciuga gli occhi con la punta delle dita. "Oddio... è la seconda volta che mi vedi piangere nel giro di due giorni", si schermisce, imbarazzato, abbassando il tono. "Chissà cosa pensi di me."
"Penso solo che tu debba essere molto triste", dice lei, a sua volta addolcendo la voce. "Ma che devi essere altrettanto forte, per riuscire a sopportare quello che ti è successo. Io al tuo posto darei di matto."
"Tu pensi che io sia pazzo?"
"Che razza di domanda è questa?"
"Tu temi che io non sia completamente sano di mente, che l'incidente o il coma mi abbiano...", inizia lui, ma Eileen lo interrompe con veemenza: "No, ma che dici?"
"Però sei venuta a chiedermi cos'è successo ieri pomeriggio..."
"Bè, sì... ma hai tutto il diritto di non parlarmene, se non vuoi farlo."
Johnny si guarda le mani, pensoso, come se stesse vagliando la decisione, e lei lo previene: "Non ti preoccupare, non è importante. Dal momento che devi chiederti se hai voglia di parlarmene o meno, credo sia meglio che tu non me ne parli adesso. Me lo dirai se e quando te la sentirai spontaneamente."
Lui le scocca un'occhiata dubbiosa.
"Forse ho fatto un pò di casino", Eileen si stringe nelle spalle. Accidenti, quando la guarda con quell'espressione, con quegli occhi grandi e chiari, non può evitare di impappinarsi. "Quello che voglio dire è che... sono preoccupata. Volevo accertarmi che tu non avessi avuto... che so, un attacco epilettico, o peggio..."
"Se ti può rassicurare, non si è trattato di niente del genere", risponde lui. "Anche se non so esattamente cosa sia successo. Secondo Sam, una piccola porzione del mio cervello è andata distrutta a causa dell'incidente, ma dice che deve farmi altri esami, per capire l'entità del danno, e quali problemi può provocarmi. Di sicuro, per un pò dovrò tenermi degli attacchi di emicrania... forse, per tutta la vita."
"Mi dispiace", fa lei, accorgendosi troppo tardi di quanto la sua uscita suoni di circostanza.
Johnny alza le spalle con noncuranza: "Non ti preoccupare."
Sono le otto del mattino, il caldo sole di agosto filtra dalle tende tirate.
Dalle otto alle nove Eileen ha un'ora libera, perchè il signor Carlyle, a cui era solita dedicare quest'ora, è stato dimesso il giorno prima, con l'impegno di tornare due volta alla settimana per gli esercizi di mantenimento. Aveva pensato di rivedere le cartelle degli altri pazienti, cosa che non aveva fatto il giorno precedente per dedicarsi alla nuova tabella di esercizi per Johnny Smith, ma le viene un'idea migliore.

Eileen sta spingendo la sedia a rotelle sulla quale è seduto Johnny, in pigiama e vestaglia e con una coperta sulle gambe.
Quando lei gli aveva proposto una passeggiata nel giardino, l'espressione di felicità sul viso di lui le aveva fatto dimenticare qualsiasi preoccupazione.
"Ma i tuoi pazienti non ti stanno aspettando?" aveva poi domandato lui, incerto, con una punta di delusione nella voce.
"Anche tu sei un mio paziente", gli aveva ricordato Eileen. "Non preoccuparti: oggi, fino alle nove, sono libera. Se ne hai voglia, posso accompagnarti senza problemi."
Il giardino della St. Francis è grande, risplendente di fiori e piante di diverso tipo, anche rari, e l'aria è invasa dal profumo delle rose, dei giacinti e delle viole che decorano le aiuole, e dei gelsomini che formano la siepe che circonda l'intero parco. Johnny non parla molto: osserva piuttosto le piante e i fiori colorati che adornano il parco, e quando il sole filtra attraverso i cipressi e gli abeti e i tigli e i salici che costeggiano il sentiero lastricato che stanno percorrendo, chiude gli occhi e alza la testa verso i raggi luminosi, come se potesse assorbirne l'energia, proprio come un gatto al primo sole di primavera.
"Sei stanco?" domanda Eileen a un certo punto. Ormai è mezz'ora che passeggiano; per certi versi, Johnny è davvero come un neonato, anche se per sua fortuna non è mai scivolato nella posizione fetale, e non vuole rischiare di stancarlo. "Vuoi tornare dentro?"
"No, se non ti dispiace... e se hai ancora tempo, s'intende."
Eileen guarda l'orologio, il regalo che si era fatta per festeggiare il primo anniversario della sua assunzione alla St. Francis. "Non preoccuparti, sono solo le otto e mezzo."
Johnny tace un attimo, pensieroso. Poi gira la testa verso di lei e le domanda, con quel sorriso dolce e ironico che lei sta iniziando a conoscere:
"Ma perchè fai tutto questo per me? Perchè sono un caso raro nel panorama medico? O forse perchè ti faccio un pò pena?"
Colta di sorpresa, lei ribatte, con disappunto: "Finiscila, John Smith, o invece di una sguazzata in piscina, oggi pomeriggio ti metto a fare flessioni."
"Non mi dire che scarrozzi tutti i tuoi pazienti per il girardino", insiste lui.
Eileen non ha voglia di parlare a Johnny di quello che sta iniziando a sentire per lui, non lo trova proprio il caso. Per prima cosa, lui è innamorato di un'altra donna... e in secondo luogo, nemmeno lei stessa è sicura dei propri sentimenti. Per il momento, si tratta di un'infatuazione, un'attrazione, una cottarella, per un bel ragazzo, simpatico e dolce, ma comunque un suo paziente, un ammalato, un uomo che ha avuto un gravissimo incidente ed è stato in coma per tanto, tantissimo tempo, e forse è rimasto disabile, forse mentalmente danneggiato, chi lo sa.
E lui è innamorato di un'altra donna, maledizione.
Ed io non voglio, non voglio, non voglio ritrovarmi a fare la parte della sostituta.
Le possibilità sono infinite. Solo il tempo deciderà se e quando potrà succedere qualcosa fra di loro.
Ma il punto cruciale in fondo è uno solo, Eileen ne ha improvvisamente la consapevolezza, come un click nella testa: perchè mai si sta invaghendo di un uomo così problematico, di un paziente con possibili problemi fisici e mentali, per giunta innamorato di un'altra?
Perchè è umana, è la semplice risposta. Non è un robot, e ha bisogno di qualcuno da amare, ha bisogno di sentirsi amata, e dannazione, non
ha fatto altro che lavorare, da quando è arrivata negli Stati Uniti: il suo mondo non è stato altro che questo, pazienti, colleghi terapisti e infermieri, e medici: non frequentando nessun altro tipo di ambiente, come avrebbe potuto invaghirsi di qualcun altro?
Sì, ma allora perchè non un medico, per esempio? Un uomo sentimentalmente libero, con uno stipendio almeno doppio del suo, sano di corpo e di mente?
Il fatto è che Johnny è... no, non è questione di aspetto fisico nè di simpatia. Trova attraente Johnny Smith principalmente perchè si sente in sintonia con lui.

Anche lui è solo.
Come le aveva detto poco prima, stringendole la mano fra le proprie, grandi e lisce?
"Anche tu sei tanto sola... Posso sentire la tua sofferenza... come un macigno, qui sul cuore..."
Erano entrambi soli.
A volte la sera, quando arrivava a casa dal lavoro, stanca morta, dopo avere fatto una doccia, indossato un paio di slip e una maglietta da uomo di tre taglie più grande, riempito le ciotole dei suoi quattro gatti e mangiato un pasto frettoloso, si versava un bicchiere di whisky e si metteva alla finestra, con Minou o Belfry ronronanti fra le braccia, e pensava che il macigno che sentiva sul cuore stava diventando ogni giorno più pesante. Aveva venticinque anni e si stava stordendo di lavoro, continuamente di corsa, per non pensare al passato nè al futuro.
Ma cosa sarebbe stato di lei quando avesse avuto cinquant'anni?
In quelle sere, Eileen buttava giù il Jack Daniels che aveva nel bicchiere e se ne versava un altro.
Ma prima o poi, era certa che avrebbe dovuto pensare a cosa fare della propria vita, a parte lavorare.
Come ogni volta in cui fare i conti con la realtà le risulta impossibile, Eileen si rifugia nell'assurdo e scherza: "Assolutamente no. Scarrozzo per il giardino solo i pazienti che mi stanno simpatici. Ma se non la pianti di fare il sarcastico, ti scarico qui e ti faccio tornare strisciando."
Johnny allora ride, una risata spontanea, cristallina, contagiosa: "Per fortuna che ti sto simpatico!"
Eileen ride a sua volta: "Dovresti vedere cosa faccio a quelli che non sopporto..."

Credits: *”Closer” è una canzone dei Corrs.

Disclaimer: I personaggi di Eileen Magown, Johnny Smith, Marie Michaud, Samuel Weizak e Sarah Bracknell-Hazlett appartengono a Stephen King.

Se qualcuno riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà, mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
   
 
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