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Autore: Gabx    19/02/2013    2 recensioni
Prima guerra mondiale. Francia del Nord. Un campo militare americano. Rachel, una dottoressa con un passato da cantante, si ritrova ad occuparsi di soldati feriti. Qui incontrerà una persona che le cambierà per sempre la vita. L'amore nasce anche nei tempi più oscuri.
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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1.  Get To Know You


Il tempo aveva perso significato, come lo scorrere dell’acqua nella gola di un uomo. Non credevo di poter sopportare ancora la vista di un cadavere, trasportato via su una barella per raggiungere i compagni che lo avevano preceduto. Le mani raramente venivano alzate per dare una carezza o una dolce stretta a chi ne aveva bisogno. La sera era arrivata come un dolce sollievo per la mia mente fin troppo presa. La guerra mi aveva risucchiato via tutto ciò che ero.
“Signorina Berry!!Presto, venga!Nuovi arrivi!” disse un soldato e amico, Finn. Era allampanato e con un viso molto ampio. Gli occhi scuri erano preoccupati e agitati.
Seguii le sue spalle larghe senza fare domande. Ero abituata a essere chiamata alle ore più impensate. Mi condusse a una tenda ampia e mi fece entrare. Subito mi colpì il forte odore di sangue e carne bruciata. Poi vidi anche i corpi. O meglio, quello che ne rimaneva. I soldati gemevano e urlavano. Mi precipitai al fianco di ognuno di loro. Gridavo ordini su cosa mi servisse e cosa bisognasse fare. La notte fu lunga ma quello che avevo fatto non era stato abbastanza. Dei 13 soldati portatemi, solo tre si erano salvati. Due donne e un uomo. Non mi capacitavo di quanto sangue fosse stato sparso solo quella notte.
“Occupiamoci dei corpi. Dovranno essere inviati a casa, dalle loro famiglie..” Informai Finn. Non so perché ma in qualche modo era diventato un sostegno per me in quei pochi mesi ed entrambi speravamo che la guerra sarebbe finita presto.
“Certo, Rachel.”disse e fece un cenno con il cappello mentre usciva. La solita storia. Morti, pratiche e poi chi si sarebbe ricordato di loro una volta mandati a casa, se non le famiglie?
Quando fu tutto pronto per i trasporti i corpi furono infilati in casse di legno e la tenda sembrò meno vuota, anche se non dell’orrore che rimaneva nei miei occhi.
 I miei unici pazienti in quel momento dormivano e mi misi a ripulire e a fare l’inventario. 
Qualche momento dopo però udii dei lamenti e mi avvicinai alla prima delle pazienti. I capelli biondi erano incrostati di sangue e la fronte scottava. Bagnai un panno e lo premetti su di essa.  Sembrò calmarsi. Mi presi qualche attimo ad osservarla. Il viso sembrava quello di un angelo. Passai lentamente le dita sulla guancia non ferita. La pelle era soffice e liscia.
Si mosse di nuovo e scostai la mano improvvisamente. Scossi la testa e scacciai via quei strani pensieri.
L’altra donna aveva anche lei i capelli biondi ma molto più lunghi  e il viso aveva qualcosa di ancora innocente, qualcosa che sembrava impossibile da trovare nelle retrovie abbandonate da Dio. L’uomo aveva i capelli castani ondulati e aveva purtroppo perso una gamba. Non ero riuscita a salvarla. Non riuscivo ad immaginare cosa potesse significare per qualcuno perdere un pezzo di sé.
“Rachel?”mi chiamò Finn. Era sopraggiunto senza che lo sentissi.
“Che c’è?”gli chiesi.  Ero stata brusca. Ma non dormivo da un giorno e mezzo e poteva capirmi. "Scusa .." Mi strinse piano il braccio.
“Faresti meglio a riposare un po’. Rimango io qui con loro. “rispose calmo.
Mi fissò negli occhi e in quel momento lo ringraziai. Avevo bisogno di qualche ora per riposare.
Mi girai e fuggi dalla tenda. Non potevo rimanere ancora.
 
 
Mi svegliai qualche ora più tardi e bevvi alcuni sorsi d’acqua. Mi lavai faccia e mani. I capelli erano sfibrati e tutto quello che potei fare per quel momento fu di legarli. Stirai con le mani la mia divisa da dottoressa. L’unica che avessi. Ne aveva viste tante. Della cantante di Broadway non rimaneva nulla se non la voce. Una voce, avevano scritto, che toccava il cuore. Ma ora era diverso. Una vita che aveva scelto volontariamente tanto tempo prima.
Accudii per tutta la giornata i tre soldati e sulla sera questi iniziarono a dare segni di miglioramento.
Pulii le loro ferite e lavai i loro corpi, cercando di non violare la loro privacy.
Finn venne a trovarmi nella giornata ma non avevo tempo per lui. Avremmo chiacchierato più avanti.
La situazione del soldato dai capelli scuri era peggiorata improvvisamente e avevo dovuto inventarmi di tutto pur di salvargli la vita.
Era tardo pomeriggio del giorno dopo quando udii per la prima volta uno di loro parlare. Era la bionda dai capelli lunghi  e dal viso innocente.
“Acqua ..” disse flebilmente. Mi affrettai a cercare un po’ d’acqua  e la dissetai. Il sorriso che si sprigionò fu molto dolce e tenero.
“Come ti senti?”chiesi gentilmente mentre le detergevo il viso con un panno.
“Meglio grazie .. Dove sono?”disse lei. Tentò di alzarsi ma le girò la testa e la aiutai a rimettersi sdraiata come prima.
“E’ meglio se rimani giù, non ti capiterà nulla. Io sono Rachel e sono una dottoressa in questo campo militare americano. Come ti chiami?”le domandai gentilmente.  Gli occhi azzurri si erano improvvisamente accesi di felicità.
“Americani?Stiamo tornando a casa, allora.”sospirò felice.
Le sorrisi dolcemente.
“Come ti chiami?”ripetei piano.
“Brittany.” rispose infine prima di addormentarsi di nuovo.
Era un bene che rispondesse bene a queste semplici domande. Non c’erano stati danni al cervello ed era una cosa fondamentale. Lei era caduta sbattendo la testa e aveva riportato una brutta contusione.
Ovviamente conoscevo la sua vita clinica, un dovere di ogni medico curante.
Brittany S. Pierce era stata arruolata volontaria e le sue capacità fisiche l’avevano resa un elemento importante per l’esercito americano.  Aveva quasi ventisette anni e speravo avrebbe festeggiato a casa, in America.
Gli altri due si chiamavano Jesse St. James e Quinn Fabray, quest’ultima era il più giovane capitano del reggimento a soli ventotto anni.  In quest’ultimo scontro però aveva subito alcuni problemi alla clavicola, che era bloccata ora, e alla vista. Delle schegge vi erano incastrate e  benché lo specialista appositamente iviato avesse fatto del suo meglio, le sue condizioni non erano positive. Sarebbe potuta rimanere cieca per sempre.
Jesse St. James era il suo secondo e la perdita della gamba gli avrebbe procurato un altissimo shock mentale.
Il loro gruppo era di quelli in avanscoperta sul territorio nemico ma erano caduti in una imboscata dei tedeschi. Questo era quello che rimaneva di loro. 
“C’è qualcuno?”Una voce chiamò dal letto vicino a quello di Brittany. Era l’altra ragazza. Quinn.
Mi feci accanto a lei.
“Sei al sicuro. Siamo in un campo americano.”
La vidi sospirare di sollievo e non potevo che fissare le labbra. Rosee. Gli occhi erano fasciati e la vidi cercare di togliere la benda. Le fermai le mani.
“Aspetta, non puoi ancora ..”la informai. La vidi irrigidirsi.
“Cosa?Come mai?”chiese, un filo di paura nella voce.
“Sei stata ferita agli occhi e il dottore ha sconsigliato per ora di levare il bendaggio.”risposi.
Le sue braccia ricaddero sul materasso.  Era impallidita. Le presi la mano. Non so perché ma la tenni fra le mie.
"Vuol dire che rimarrò cieca?"
La strinsi più forte.
“Non si sa ancora ma ci sono buone possibilità che tu riprenda la vista"
"Sei sicura?"
Come potevo dirle che lo ero? Niente era davvero sicuro ormai.
"Non avere paura, ora ..Sono sicura che andrà tutto bene ..” Le mie parole suonarono così vuote in quel momento. Mi sentii inadeguata e stupida. Lasciai la mano della ragazza.
Feci per alzarmi quando la sua voce mi raggiunse.
“Io sono Quinn e .. grazie per le tue parole gentili.”
Il volto era girato nella mia direzione quasi mi vedesse. Un piccolo sorriso si fece largo sulla bocca rosea.
“Io sono Rachel:" Mi presentai. Si rilassò un attimo e si addormentò di nuovo. 
  
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