Serie TV > Quantum Leap / In viaggio nel tempo
Ricorda la storia  |      
Autore: Lys40    19/02/2013    4 recensioni
[Quantum Leap / In viaggio nel tempo]
E se a Sam fosse concesso di tornare davvero a casa? A quale prezzo? Albert, il Barista, conosce la verità...
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
‘Era avvolto nella luce del Quantum Leap, ma questa volta era diverso... era come la prima volta che era saltato.
Qualcuno lo stava osservando.
                   “C’è qualcuno qui?”
                  “Ricordi, dottor Beckett, ogni vita è legata a un’altra. E il filo è
molto sottile...” ’
 
Sam Beckett alzò bruscamente il capo: possibile che si fosse addormentato nel bel mezzo di un salto? Sbatté gli occhi mentre si scostava dal bancone cui era appoggiato. Il luogo era deserto: molti tavolini, un televisore spento, manifesti mezzo cancellati, foto e quadri appesi alle pareti. Un giornale sul tavolo recava la data del 7 agosto 1953. Un brivido freddo lo scosse improvvisamente. Era già stato qui, questo... questo era il ‘bar di Al’!
 
‘ “Dove vorrebbe andare, Sam?”
“ A casa. Vorrei tanto andare a casa.” ’
 
C’era qualcosa che non andava in questo salto. Tutto era così strano e Sam si sentiva così solo. Dov’era Al?
Quasi in risposta ai suoi pensieri, da dietro il bancone comparve un grosso uomo  baffuto.
“Allora, ha dormito bene?” chiese. Sam lo fissò stordito: lo conosceva, lo aveva già incontrato.
“Lei... lei è Al!”
“Albert, sì.”
“Come sono finito qui?”
“E’ un’ora che si trova qui, dottor Beckett.” La voce sembrava proprio quella del sogno.
 
‘ “Ogni vita è legata a un’altra...”’
 
Ma era stato solo un sogno?
“Perché sono qui, Al?”
“Ha chiesto lei di ritornare.”
“Io? Ma come...” Improvvisamente Sam ricordò: la stanchezza, la confusione, la solitudine e un desiderio bruciante... ‘casa’: il posto cui apparteneva e dove voleva essere. Adesso.
“Vuol dire che... posso tornare a casa?”
“Lei lo ha chiesto. Vuole tornare a casa?” Il tono era quieto, paziente, ma quegli occhi stavano aspettando qualcosa.
Sam deglutì e lo guardò. “Io... sì, voglio tornare a casa. Sono stanco, non voglio più saltare. Non voglio più dover vivere altre vite  e soffrire e lottare. Voglio essere lasciato in pace!”
Il barista sorrise, ma gli occhi rimasero freddi.
“Anche se da questo dipendessero altre vite? Il Progetto stesso?”
Gli occhi di Sam si riempirono di lacrime.
“Io... non lo so, ma sono stanco di combattere. Mi lasci andare a casa.”
Si ritrovò improvvisamente solo, ma un pensiero, una voce risuonava ancora nella sua testa.
 
‘ “Ha ancora tanto da fare, tanto da vedere, dottor Beckett.”
“Il filo è molto sottile.”’
 
 
Lo scienziato chiuse gli occhi... e li riaprì al suono della voce di Ziggy. “Dati incompleti; impossibile stabilire la localizzazione.”
Era nel suo laboratorio, a casa! Si trovava nel Centro Controllo, accanto a Gushie, che lavorava freneticamente alla consolle, imprecando. “Andiamo, Ziggy! Dove può essere finito?”
“Gushie, sono qui! Sono tornato, mi senti?”
Il programmatore si voltò verso di lui... e lo attraversò con lo sguardo rivolgendosi a Tina, che lavorava dall’altra parte. “Hai trovato qualcosa?” La donna scosse il capo.
Non lo vedevano. Non lo sentivano. Per loro lui era un fantasma ed essi, realizzò Sam con un sussulto, lo erano per lui.
Allora perché era tornato? Perché proprio lì?
L’aria si riempì di nuovo della calda voce del computer ibrido.
“Qualcosa sta interferendo con la ricerca. E’ impossibile localizzare il dottor Beckett.”
Una voce dall’inconfondibile tono ironico risuonò dietro lo scienziato.
“Impossibile perché è scomparso o impossibile che tu abbia fatto un errore?”
Sam si girò di scatto e si trovò faccia a faccia con Al Calavicci, vestito con la sua uniforme bianca, che era immobile presso la soglia, con il sigaro abbandonato in una mano. Per un lungo istante gli occhi di Al incrociarono i suoi e Sam sentì il cuore balzargli in petto: Al doveva vederlo, non poteva non vederlo. Un secondo dopo l’ammiraglio distolse lo sguardo e si avvicinò alla consolle, il volto segnato dalla preoccupazione.
“Se Sam è scomparso e nella Sala d’Attesa non c’è nessuno, vuol dire che è saltato di nuovo dentro se stesso. L’unico modo per trovarlo è agganciarlo tramite le onde cerebrali che ci uniscono, dentro la Camera Immagini.”
Le parole di Al fecero squillare un campanello nella mente di Sam: questo era già successo ancora, proprio nel ‘bar di Al’, quando Sam era saltato nel giorno della sua nascita.
Al aveva impiegato parecchie ore per rintracciarlo quella volta, immerso a lungo negli ologrammi di tutti i compleanni di Sam, però aveva funzionato e i due amici si erano ritrovati.
Pure lo scienziato non riuscì a spiegarsi l’improvvisa fitta di inquietudine che lo colse quando vide l’ammiraglio entrare dentro la Camera Immagini e la Porta richiudersi dietro le sue spalle.
I suoi occhi continuavano a spostarsi dalla consolle di Ziggy, nelle mani di Gushie, all’interfono da cui arrivava la voce di Al.
“Non funziona, Gushie, prova un’altra data. Ancora un’altra... ancora... ancora...”
8 agosto 1953... 8 agosto 1954... 1955... ‘8 agosto’! Sam ebbe una folgorazione: quella mattina aveva letto un giornale che portava la data del 7 agosto 1953; Al non lo avrebbe trovato, non poteva trovarlo! E la ricerca stava diventando troppo lunga.
Fu in quel momento che sulla consolle di Ziggy si accese una luce rossa. Gushie la vide ed esclamò, “Ammiraglio, Ziggy sta per avere un sovraccarico! Dobbiamo smettere.”
Dopo qualche secondo si udì la risposta di Al. “Gushie, ascolta bene perché non lo ripeterò ancora: nessuno interrompe niente finché Sam non è stato localizzato! Prova un’altra data.”
 
‘ “Ogni vita è legata a un’altra e il filo è molto sottile.”
“Ho scambiato una vita con un’altra, non è così?”’
 
L’urlo di Sam si perse nell’improvviso crepitio di elettricità che fuoriuscì dalla consolle e dall’interfono.
Gushie, spaventato, gridò, “Ziggy, che diavolo è successo? Ammiraglio, sta bene? Mi sente? Risponda!”
L’interfono rimase silenzioso, mentre il computer tornava a parlare. “C’è stato un corto circuito nella Camera Immagini, provocato da una scarica elettrica pari a un decimo di giga byte, la porta è bloccata..”
Sam non aspettò il resto: con un salto si precipitò dentro la Camera Immagini, passando attraverso l’acciaio della porta. Al giaceva a terra, svenuto, la tempia destra insanguinata. Lo scienziato gli si inginocchiò accanto, paralizzato quasi dall’orrore: allungò una mano... e la strinse intorno al polso dell’amico. Sorpreso dall’inaspettato contatto, si affrettò controllare le pulsazioni: non ce n’erano! Sam gli strappò via la casacca bianca e cominciò a praticargli freneticamente il massaggio cardiaco.
Uno... due... tre... quattro.
Alla sua mente sconvolta arrivavano a tratti rumori di colpi inflitti alla porta  e la voce di Ziggy. “1.3 minuti perché si apra... 50 secondi...”
Uno... due... tre... quattro.
“Coraggio, Al. Non mollare! Non puoi lasciarmi proprio ora, respira!”
Uno.. due... tre... quattro.
  “Dottor Beckett... dottor Beckett!”
Sam si rese improvvisamente conto della voce che era di nuovo entrata nella sua testa.
  “Non dimentichi: ogni vita è legata a un’altra...”
“No!” ringhiò Sam, “Questa non la avrai, non te lo permetterò!”
  “Il filo è molto sottile...”
Il corpo di Al gravò senza vita fra le braccia di Sam.
 
“E’ accaduto davvero? Voglio dire... è stata colpa mia?”
Il barista fissò Sam da dietro il bancone. “Quello che è accaduto è quello che poteva accadere, che potrebbe accadere...”
Nel silenzio del bar deserto Sam piegò lentamente il capo, la sua voce si udiva appena.
“E’ questo il prezzo? Una vita con un’altra... la vita di Al?”
“Non soltanto la sua.”
“Allora” lo scienziato rialzò la testa, “Mi dia un’altra possibilità.”
Il barista sorrise e gli strinse la mano. “Ha ancora tanto da fare e tanto da imparare, dottor Beckett.”
Sam alzò gli occhi... e fissò un cielo azzurro. La Porta si aprì e Al comparve.
“Sam sei a Cincinnati, Ohio. Ziggy dice...”
Lo scienziato sorrise e non ascoltò la fine della frase.
 
‘ “Quando potrò tornare a casa?”
 “ Non adesso, ma un giorno.
Fra qualche tempo. Lo prometto.”’ 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Quantum Leap / In viaggio nel tempo / Vai alla pagina dell'autore: Lys40