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Autore: LyraB    21/02/2013    3 recensioni
In un lussuoso collegio viene ritrovata morta la più brillante, carina e popolare delle ragazze. Il suo corpo ondeggia nell'aria ferma dell'auditorium dove stava provando lo spettacolo di Natale e la direttrice dell'Accademia si rifiuta di credere ad un assassino tra le sue studentesse. Ma mentre le feste si avvicinano e la città si riempie di luci, colori e carole natalizie, i poliziotti del CBI dovranno mettere da parte cenoni e regali e scontrarsi contro un ambiente che è solo all'apparenza sereno e di gran classe.
-- Seguito di "Pastelli Rossi"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Scarpette Rosse




Il sole splendeva allegramente nel cielo azzurro e terso di quella mattina californiana e quando Teresa scese dall'automobile sentì il fresco tocco del vento accarezzarle le guance, unico pallido segnale del dicembre avanzato. Il negoziante dalla parte opposta della strada stava appendendo delle ghirlande sempreverdi allo stipite dell'ingresso della sua bottega fischiettando stonatamente Deck The Halls e Teresa si fermò a guardare le decorazioni e i lustrini che splendevano nella vetrina, pensando per l'ennesima volta a quanto trovasse fredde e vuote le decorazioni di cui tutta la città si stava rivestendo a poco a poco.

- Ehi, capo. - La voce di Grace la riscosse dai suoi pensieri.
- Ehi. - Replicò asciutta Teresa. - Gli altri? -
- Sono già tutti dentro. Ti faccio strada. -
Imponendosi di non pensare alle feste che si avvicinavano, Teresa seguì la ragazza su per i gradini che portavano all'interno del collegio di Miss Vince, la più prestigiosa accademia femminile di danza classica della California.
Se da fuori sembrava una modesta scuola vecchio stile, con i muri grigi e le alte finestre chiuse da sbarre e tende di lino candido, all'interno il lusso si poteva quasi respirare: al di là del grande portone d'ingresso, accostato per permettere alla polizia di muoversi avanti e indietro liberamente, i parquet erano tirati a lucido e coperti da eleganti tappeti dai colori neutri, che richiamavano le tende chiare e le pareti coperte da pannelli di legno o carta da parati a righe color crema.
- Dove l'hanno trovata? - Domandò Teresa, guardandosi attorno quasi sopraffatta dal lusso che la circondava: le sembrava quasi impossibile che quella reggia fosse veramente una scuola.
- Nell'auditorium. Ecco, di qua. - Disse Grace, precedendola lungo un corridoio splendente di cornici lavorate e mobili dalle maniglie di ottone tirate a lucido. I passi delle due donne quasi non si sentivano, sull'elegante parquet scuro, e quando arrivarono all'auditorium la moquette nera non fece che rendere ancora più silenzioso il loro passaggio.
Al di là di molte file di poltroncine di velluto rosso stava un palcoscenico. Il sipario, anch'esso di velluto rosso e decorato da nappe dorate alle estremità, era aperto e il legno chiaro dello spazio scenico rifletteva la luce impietosa dei faretti bianchi. I lampadari di vetro e cristallo della sala erano spenti e quello che si vedeva sulla scena era così macabro e triste da cozzare violentemente con la sfarzosa eleganza del resto dell'ambiente: al centro del palco stava una impalcatura montata a metà da cui pendeva una ragazza col viso pallido e deformato dalla rigidità della morte.
Il capo reclinato impediva di vederne il viso, ma i capelli dorati raccolti in uno chignon e la costituzione esile sottolineata dal semplice body nero e dai collant bianchi la fecero subito riconoscere come una delle studentesse della scuola. Attorno al suo collo passavano dei nastri di seta rosa che terminavano in stretti nodi attorno al legno delle travi sopra di lei. Il palcoscenico era ingombrato di pezzi di scenografie, fondali e oggetti di scena. Uno sgabello ribaltato giaceva a qualche centimetro dal corpo della ragazza e tutto lo spazio libero era occupato dalle valigette e dagli attrezzi della scientifica, che scattava foto con una precisione e una celerità quasi impressionante. Wayne era fermo al centro del palco e fissava la ragazza impiccata con gli occhi pieni di pietà, mentre Kimball, vicino al sipario, parlava con una donna sulla quarantina bassa e tarchiata, con i capelli grigi trattenuti dietro le orecchie da una cuffietta di tulle della stessa tonalità di azzurro del gembiule che indossava. La donna stringeva tra le mani uno spazzolone per i pavimenti e parlava con gli occhi sbarrati e il viso di chi non aveva mai iniziato la giornata in modo peggiore. Patrick, dal canto suo, si aggirava per il palco con le mani sui fianchi e con la sua solita aria disinvolta, fingendo di non stare prendendo nota dei più piccoli particolari che colpivano la sua attenzione. Teresa salì sul palcoscenico e i suoi passi sulla scaletta di metallo attirarono l'attenzione di Wayne.
- Buongiorno capo. - Salutò Wayne.
- Cosa abbiamo? - Domandò Teresa, imponendosi di pensare solo alla poveretta che aveva davanti e non a canzoncine di Natale o addobbi luccicanti.
- Scarlett Fontaine, 17 anni. Studiava qui nella scuola. Ieri sera è stata vista andare a dormire all'ora del coprifuoco ma stamane, quando l'inserviente è passata a spazzare il palcoscenico prima delle lezioni del mattino, l'ha trovata qui, impiccata - pare - coi nastri delle sue stesse scarpette da danza. - Spiegò l'agente, sbirciando gli appunti che aveva preso.
- Come mai hanno chiamato noi? - Domandò Teresa, chiedendosi che cosa ci facevano loro in una scuola così lontana da Sacramento e davanti a quello che pareva proprio un suicidio.
- Il procuratore vuole che ci occupiamo della cosa con discrezione. - Rispose Grace. - Qui studiano molte figlie di famiglie influenti della California e una notizia del genere potrebbe dare fastidio a diversi personaggi importanti. Oltre al fatto che la direttrice ci tene al buon nome della sua scuola. -
- E poi non è stato un suicidio. - La voce di Patrick interruppe la conversazione e Grace, Wayne e Teresa si voltarono verso di lui. - Oh, buongiorno, Lisbon. - Aggiunse Patrick con un sorriso, accorgendosi solo in quel momento dell'arrivo del suo capo.
- Perchè sei così certo che non sia stato un suicidio? - Domandò lei, ricambiando il sorriso più con gli occhi che con le labbra.
Patrick girò attorno al corpo di Scarlet, osservandolo dal basso verso l'alto, poi si fermò tendendo un braccio per indicare il nastro che passava attorno al collo della ragazza per poi finire annodato all'impalcatura.
- Vedete? I nastri sono strappati. Chi decide di togliersi la vita lo fa in modo metodico, ragionato... non è mai un gesto di rabbia. Se Scarlet avesse deciso di uccidersi avrebbe preso una forbice e tagliato i nastri. Io credo sia stato un segnale. Una sorta di punizione. Chi l'ha uccisa trovava assurdamente simbolico usare le sue scarpette da danza per inscenare il suo suicidio. - Disse Patrick, passando lentamente al tono assorto che riservava alle sue riflessioni ad alta voce.
- Un po' poco per gridare all'omicidio. - Sentenziò Grace.
Patrick tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e sollevò lo sgabello, avvicinandolo ai piedi di Scarlet: tra le dita dei piedi della ragazza e la superficie dello sgabello mancavano un paio di centimetri.
- Sei convinto, adesso? - Domandò Patrick con un sorrisetto, fissando l'occhiata sgomenta di Wayne e gli occhi stupiti di tutto il resto della squadra.


Seduta sulla poltroncina ricamata, Teresa si sentiva tremendamente a disagio. Dondolava un piede per cercare di smaltire l'agitazione e continuava a guardarsi intorno, soffermando lo sguardo su un oggetto lussuoso dopo l'altro: un telefono vintage con la rotella dorata e la cornetta d'avorio, una lampada col paralume decorato da intarsi di vetro colorato, tende della stessa fantasia della poltrona su cui era seduta e soprammobili d'oro e cristallo che luccicavano su ogni superficie.
- Non c'è motivo di sentirsi a disagio. - Intervenne Patrick, con un sorriso divertito negli occhi. - Non sono migliori di te solo perchè hanno sei zeri sul loro conto in banca. -
- Non mi sento a disagio. - Negò Teresa, smettendo di far dondolare il piede e fulminando il suo consulente con gli occhi.
- Se lo dici tu. -
Teresa aprì la bocca per replicare, ma l'arrivo della direttrice dell'istituto le impedì di dire a Patrick quello che pensava di lui e della sua irriverenza.
Antea Vince, la direttrice dell'istituto, era una donna sulla quarantina, alta e diritta, con ancora il portamento elegante della ballerina. I capelli neri striati d'argento erano stretti in una complicata crocchia sulla nuca e gli occhi grigi, penetranti e incorniciati delle prime rughe, osservavano tutto con attenzione da dietro le lenti sottili degli occhiali dalla montatura quasi invisibile.
- Scusate se vi ho fatto attendere. Le ragazze sono molto scosse, è il terzo attacco di panico durante le lezioni, questa mattina. - Disse la donna, affrettandosi a chiudere la porta alle sue spalle e a sedersi al di là della vasta scrivania di mogano. - Come posso esservi utile? -
- Dovete essere molto insensibili per obbligare le ragazze a fare lezione anche in questa circostanza. - Iniziò Patrick.
La direttrice si irrigidì e i suoi occhi si fecero di ghiaccio mentre fulminava il consulente.
- La nostra accademia è la più prestigiosa dello Stato. Non permettiamo a nulla di intaccare il nostro buon nome. -
- Nemmeno la presenza di un cadavere e di un'assassina tra le vostre studentesse? -
- Non le permetto di usare questi toni! - Sbottò all'improvviso la direttrice, perdendo i toni leziosi e indurendo lo sguardo - Agente Lisbon, o tiene a bada il suo collega o sarò costretta a chiedervi di allontanarvi. -
- Mi scuso per il comportamento del signor Jane. - Disse Teresa con un sospiro, ripetendo macchinalmente una battuta che pronunciava fin troppo spesso. - Quello che voleva dire è che si chiede se sia... bene, per le studentesse, lavorare in un momento come questo. -
- La danza classica richiede disciplina e rigore. - Spiegò miss Vince con freddezza. - Chi non riesce a dominare le proprie emozioni non è adatto a questa scuola. Ciò che è accaduto non può e non deve andare a incrinare l'equilibrio e l'armonia della vita qui. -
Patrick e Teresa si scambiarono uno sguardo sbigottito, poi Teresa continuò:
- Ci parli di Scarlet. Che tipo era, chi frequentava... -
- Era la migliore delle nostre studentesse. - Disse la direttrice, appoggiandosi allo schienale della sua poltrona e allungando le mani sui braccioli. - Un vero modello, un esempio per tutti. Lavorava duramente senza mai lamentarsi, aveva il massimo dei voti in tutte le materie ed era amata e rispettata da ogni singola studentessa della scuola. -
- Cosa ci faceva a quell'ora del mattino in auditorium? - domandò Teresa.
Il volto della signorina Vince si distese in un'espressione di soddisfazione così intensa che sembrò improvvisamente ringiovanire di diversi anni.
- Prove. -
- Prove? -
- Scarlet aveva ottenuto il ruolo di Clara nella recita di Natale di quest'anno, Lo Schiaccianoci. Ogni mattina si alzava due ore prima delle sue compagne per provare da sola in auditorium. - Il suo viso illuminato dall'orgoglio si rabbuiò improvvisamente - Rimpiazzarla non sarà facile. Stiamo pensando di annullare lo spettacolo. -
- Annullare lo spettacolo? Un istante fa non aveva detto che nulla può intaccare le abitudini di una scuola così prestigiosa? - Intervenne Patrick, polemico.
Teresa gli lanciò un'occhiataccia, ma l'uomo non la stava nemmeno guardando: aveva gli occhi fissi sulla direttrice e la fissava con il suo sguardo più inquisitore.
- Proprio perchè siamo una scuola impeccabile non metteremmo mai in scena uno spettacolo che sia meno che perfetto. - Disse la donna, gelida.
Poi si alzò e si avviò alla porta, aprendola con uno scatto improvviso. Fulminò i due poliziotti e sibilò:
- Ora, se non vi dispiace, ho molto da fare. Vi prego di andarvene immediatamente, le nostre studentesse non potrebbero sopportare altri disagi. -
- Sì, certo. - Disse Patrick, alzandosi.
- Si tenga a disposizione. - Replicò Teresa, sfilando davanti alla donna e rendendosi conto di essere più bassa di lei di almeno venti centimetri. Cercando di ignorare la differenza di altezza le gettò uno sguardo perentorio e poi si avviò lungo il corridoio.
- Si può sapere perchè non ti mordi la lingua, ogni tanto? - Sbottò rivolta al suo consulente, che camminava svelto davanti a lei. - Poteva dirci molte cose interessanti, se non si fosse irritata in quel modo. -
- Se non ricordo male... sì, di qua. - Replicò Patrick, ignorandola e avanzando lungo i corridoi della scuola con il passo svelto di chi sapeva dove andare, obbligando il suo capo a seguirlo senza poter fare un'altra domanda.
Patrick si fermò davanti a un corridoio molto simile a quello che avevano appena lasciato, con grandi finestre che davano sul cortile interno della scuola e una serie di porte tutte uguali dal lato opposto.
- Si può sapere dove siamo? - Sbottò Teresa.
Il suono di un campanello argentino echeggiò nel corridoio e la donna non fece in tempo a ripetere la domanda che dalle porte di legno lucido uscirono frotte di ragazze di ogni età con indosso la divisa grigia e rossa della scuola: le più piccole chiacchieravano ad alta voce e si affrettavano da un'aula all'altra ad allegri gruppetti, le più grandi si muovevano più silenziose e compite, a testa alta e con l'andatura leggera e aggraziata delle ballerine.
- Antea Vince non ci poteva dire niente più che tante belle cose della sua migliore studentessa e della sua scuola perfetta. Parlare con le ragazze darà sicuramente migliori frutti. - Spiegò Patrick.
- Jane, non possiamo piombare in mezzo a una scolaresca e fare domande. - Esclamò Teresa allarmata. Ci mancava solo gettare scompiglio in mezzo a delle ragazze turbate, soprattutto con una direttrice furibonda nei paraggi - Torniamo al CBI, vediamo cosa hanno scoperto gli altri e poi decideremo come muoverci. -
Qualcuna delle ragazze alzava gli occhi verso di loro, gettandogli un'occhiata sfuggente e poi distogliendo lo sguardo. Altre, soprattutto le più piccole, li guardavano con gli occhi pieni di curiosità di chi non è abituato a vedere cambiamenti nella routine di ogni giorno. Teresa sorrideva loro nervosa e irrequieta, notando gli occhi inquisitori di Patrick quando vedeva un viso tirato o un paio di occhi rossi.
- Non potete stare qui! - Esclamò improvvisamente la voce della direttrice, comparendo a un estremità del corridoio.
All'apparizione di Antea Vince le ultime ragazze rimaste a bighellonare nel corridoio si affrettarono a sgusciare nelle aule e, mentre Teresa lanciava uno sguardo minaccioso al suo consulente, la direttrice si avvicinò ai due con l'aria di chi stava per esplodere in una scenata di rabbia epocale.
- Non vi avevo detto molto chiaramente di andarvene? - Esclamò con ferocia, gli occhi grigi che lanciavano lampi in direzione dell'agente scelto e del suo collega. - Non tollero la mancanza di disciplina, nè tra i miei studenti nè fuori. Un'altra infrazione da parte vostra e contatterò i vostri superiori. -
- Non sarà necessario, signora, ce ne stiamo andando. - Si affrettò a rispondere Teresa.
- Sì, è come dice lei. - Disse Patrick, annuendo vigorosamente ma con il sorrisetto tipico dei bambini che sono appena riusciti a combinare una marachella.
- Me lo auguro. - Sentenziò la direttrice. - Virginia! -
Una donnina in grembiule azzurro e cuffietta che stava attraversando l'atrio poco lontano con un carrello carico di divise stropicciate si fermò, richiamata dal tono perentorio della signorina Vince, e si avvicinò a loro. La direttrice la guardò con severità prima di ordinare:
- Scorta questi signori all'uscita. E accertati che escano dalla scuola. -
- Subito, miss. - Disse la donna, lanciando immediatamente ai due poliziotti uno sguardo supplichevole, come a volerli pregare di non metterla in difficoltà.











Ebbene sì, sono tornata a scrivere un giallo.
E dire che quando ho iniziato il primo pensavo che non sarei mai arrivata alla fine.
Però devo dire che mi sono troppo emozionata a scrivere la mia fanfiction precedente
(che vi consiglio di andare a leggere prima di mettervi davanti a questa)
e non riuscivo a pensare ad altro.
Così alla fine ho ceduto alla tentazione ed ecco qui il frutto del mio lavoro.

La fanfiction non è finita, ma lo sarà ben presto. Detesto chi inizia e non finisce le storie (;
Spero che possa piacervi e, come al solito, qualunque critica è bene accetta.
Grazie di aver letto, alla prossima!

Flora
   
 
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