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Autore: Another Stranger Me    21/02/2013    3 recensioni
Andy Turner aveva dieci anni ed era grasso. Non era semplicemente sovrappeso, e neanche simpaticamente grassottello: era proprio grasso. Obeso, se vogliamo. E di certo i suoi compagni di scuola non glielo facevano dimenticare. Palla di Lardo, lo chiamavano. Quando non preferivano utilizzare soprannomi più fantasiosi, come Colui Che Tutto Ingoia, o Il Divoratore.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andy Turner aveva dieci anni ed era grasso. Non era semplicemente sovrappeso, e neanche simpaticamente grassottello: era proprio grasso. Obeso, se vogliamo. E di certo i suoi compagni di scuola non glielo facevano dimenticare. Palla di Lardo, lo chiamavano. Quando non preferivano utilizzare soprannomi più fantasiosi, come Colui Che Tutto Ingoia, o Il Divoratore. All’inizio erano solo Roger Blackmore e i suoi due compari, Philip Evans e Mark Hutcher, e non c’era neanche da stupirsi, dato che quei tre trattavano male tutti; ma poi a poco a poco tutti a scuola avevano cominciato a unirsi alle prese in giro. Non passava giorno senza che Andy si trovasse spinto a terra, che fosse scelto come bersaglio per una cucchiaiata di purè in mensa, o che trovasse qualche orrenda sorpresina nell’armadietto. Erano crudeli, insomma. Crudeli come solo i bambini sanno essere.
 
Andy uscì dalla scuola, sorridendo beatamente, come sempre quando un’altra orrenda giornata era finita. La campanella aveva appena finito di suonare, ma lui era già fuori, mentre gli altri bambini si accalcavano ancora nei corridoi, chiamandosi a vicenda per salutarsi. Del resto, Andy non aveva nessuno da salutare. E nessuno voleva salutare lui, poco ma sicuro.
Iniziò a scendere i gradini che portavano al viale ghiaioso del cortile della scuola, già pregustando il sapore della torta di mele che la mamma aveva sicuramente preparato per lui. Aveva un programma niente male, per il pomeriggio: sarebbe rimasto seduto a letto a leggere sgranocchiando patatine, finché la mamma non l’avesse chiamato per la cena. D’altronde, doveva assolutamente finire il libro che stava leggendo: It, di Stephen King, che era il suo scrittore preferito. Gli mancavano solamente qualche decina di pagine, ormai. Gli piaceva molto, quel libro. Trovava che fosse il migliore, tra quelli del Re – anche se ne aveva letti altri due soltanto, Carrie e La Zona Morta. Soprattutto, si immedesimava perfettamente in uno dei personaggi, Ben Hanscom, che era un bambino molto grasso, esattamente come lui, che aveva pochi amici – anche se Andy non ne aveva nessuno, per la precisione – e che era innamorato di una bambina che ovviamente non l’avrebbe mai e poi mai guardato – e per fortuna Andy non aveva di questi problemi: Ci mancherebbe solo che mi piacesse una ragazza per farmi soffrire ancora più di quanto non soffra già, pensava. Anche se, effettivamente, c’era quella sua compagna di classe, Angela, che era molto carina…
No. Non gli piaceva Angela, che razza di storia era mai questa?
Ora sarebbe andato a prendere la bici e poi dritto a casa, sentiva già il sapore della fantastica torta di mele che faceva sempre la sua ma…
“Ehi, Palla di Lardo”.
Andy si bloccò all’improvviso. Tutti i suoi dolci pensieri svanirono all’istante, così come il suo sorriso, che scomparve per lasciare il posto a una smorfia di terrore.
Conosceva bene quella voce. Oh si, certo che la conosceva. Era la voce che l’aveva tormentato sin dal primo istante in cui il suo proprietario l’aveva visto. Era la voce di Roger Blackmore, e di chi, se no?
“Ehi, grassone, dico a te. Che c’è, ora sei sordo, oltre che grasso?”
Lentamente, Andy si girò nella direzione da cui proveniva la voce. Strano, pensò. Fino a quel momento il cortile della scuola era pieno di bambini, e ora era vuoto.
Eccezion fatta per lui, Roger, Philip e Mark, ovviamente.
“Dove te ne andavi di bello, Palla?”, chiese ancora Roger.
Andy non rispose. Aveva imparato da tempo a non reagire agli insulti di Blackmore: ogni cosa che diceva serviva solo a farlo inferocire di più. Poteva solo star zitto e sperare che Roger lasciasse perdere, sperare che perdesse interesse per lui e si concentrasse su qualcun altro da tormentare. Angela, per esempio. Da un po’ di tempo a quella parte aveva iniziato a starle sempre addosso, e Andy aveva il sospetto che anche a lui piacesse la ragazza.  Non che Andy ne fosse innamorato, certo che no.
Ma in quel momento non c’era né Angela né nessun altro a distrarre Roger, e quindi Andy l’aveva tutto per sé. Cosa di cui era entusiasta, senza dubbio.
“Ehi, lo sai che sei inutile, grassone? Lo sai che non servi a niente? Non piaci a nessuno, te ne rendi conto?”
“Come se tu piacessi a qualcuno”, replicò Andy, prima ancora di rendersi conto di quello che stava dicendo. Prima ancora di rendersi conto di aver parlato.
Che cosa hai detto?”, gridò Roger, il viso reso rosso dalla collera. “Che cos’hai detto, eh? CHE COS’HAI DETTO? Dovrei ammazzarti per questo, lo sai, vero? Ma no, perché dovrei sporcarmi le mani con il tuo lurido sangue? Senti, Palla, perché non fai un favore al mondo e non ti uccidi? Perché non ti punti una pistola alla tempia? Perché non ti butti dal decimo piano? Perché non…”
Andy sentì la furia montargli dentro come un’ombra nera, che gli avvolgeva la mente. Le parole di Roger diminuirono di intensità fino a diventare un ronzio, ormai vedeva solo la sua bocca che si muoveva senza emettere alcun suono, la sua faccia paonazza, i suoi occhi sgranati. E poi, misto alla furia, un altro sentimento: odio.
Con un urlo si avventò su Roger, che era paralizzato dalla sorpresa. “Ti ammazzo!”, gridò, e prese a tempestargli di pugni il volto. Un altro Andy aveva preso il posto del tranquillo, innocuo, grasso bambino che era prima: questo era un Andy feroce, assetato di sangue, che avrebbe reso vera la sua minaccia, se non fossero intervenuti Philip Evans e Mark Hutcher. Lo presero, uno da una parte e l’altro dall’altra, e lo scaraventarono a terra, lontano da Roger. Andy cadde, instupidito, come rendendosi conto solo in quel  momento di quel che aveva fatto. Nel frattempo, i due stavano aiutando il loro capo a rialzarsi. A Roger sanguinava il naso.
“Come. Hai. Osato.”, sussurrò il giovane Blackmore, fissando Andy. “COME HAI OSATO!”
Ogni traccia di stupore era svanita dalla sua faccia, rimpiazzato da furore.
“Te la farò pagare, sì. Te la farò pagare, stanne certo!”, esclamò con foga.
E poi tutti e tre piombarono su di lui, su un povero bambino grasso di nome Andy, che aveva ormai perso tutto il coraggio che l’aveva investito prima, ed era tornato quello di sempre, debole e inerme.
E i tre continuarono a prenderlo a botte, per molto, molto tempo.
Finché, per Andy – ringraziamo il Signore per la sua misericordia – non ci fu che il buio.
  
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