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Autore: Wherethestarsborn    22/02/2013    0 recensioni
Eleonora, una ragazza dark molto carina ma triste, ama un ragazzo molto misterioso che porta il nome di Gordon.
Eleonora però custodisce segreti oscuri che solo lei conosce.
La madre, morta da pochi giorni, le ha lasciato una missione da compiere.
Nel suo viaggio la acompagneranno altri personaggi principali.
-Carolina, una ragazza un po' gelosa di Eleonora.
-Lorenzo, un ragazzo socievole e simpatico.
Ci saranno anche antagoniste: Chantal e la sua schiera e altre ancora.
Ma non tutte le persone si mostrano nella loro vera natura....
Spero che vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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Fu la campanella a distrarmi dai miei pensieri. Un dolore terribile mi attraversò da capo a piedi. Mi fece tornare alla mente quella sera che mi aveva distrutto. Mia madre, quell’incantevole donna dai capelli biondi così incredibilmente socievole con tutti era morta. Il mio volto si riempì di lacrime. “Come faccio a non pensare a lei durante il giorno mentre a casa mio padre è completamente distrutto?!” Già, mio padre Jerry si era lentamente lasciato andare alla consapevolezza … di cosa, poi?! Perché quelle persone avevano così tanto voluto fare del male a mia madre?! Cosa aveva fatto di sbagliato, era solo la persona più socievole e buona nella faccia della terra, e mi aveva lasciato sola a combattere contro il mondo intero. Ma la cosa più importante era : “perché sono sopravvissuta?” Questa era stata l’ultima domanda in quella giornata che mai avrei sopportato. Non avrei mai rivelato a nessuno quello che era successo veramente quella famosa sera, neanche a Gordon, neanche sotto tortura. Lo vidi avvicinarsi a me, con quei suoi occhi da gatto che luccicavano per l’imbarazzo. Per un istante avrei voluto dimenticare tutto e lasciarmi cullare da lui. Il punto era che non potevo, dovevo reprimere i miei sentimenti e cercare di trattarlo come fosse invisibile. Avevo già perso troppo, e l’ultima cosa che mia madre era riuscita a sussurrarmi all’orecchio era: - Trova il costruttore e uccidilo!- Dopo avermi detto questo mi aveva lasciato ed era andata nel mondo dei morti. Mi ricordavo che da piccola mia mamma per farmi addormentare mi cantava sempre delle ninne nanne così dolci da fare venire il diabete. Amava accarezzarmi i capelli con la sua mano esperti e massaggiarmi il collo che era sempre contratto. Non riuscivo mai a essere perfettamente rilassata, in nessun momento. Immaginavo che lupi mannari sbucassero dal mio letto per rapirmi e farmi sentire una loro preda. Mia madre era una persona molto misteriosa. Non mi aveva mai raccontato chi fossero i suoi genitori, per quante volte avevo provato a domandarglielo. Quindi non avevo la più pallida idea di chi fosse questo misterioso costruttore, di cui mia madre era tanto fissata. L’avevo sempre guardata male quando parlava di lui, così ero arrivata alla conclusione che non mi avesse mai detto la verità per proteggermi. Proteggermi da cosa, poi?! Non sarei mai più stata una ragazza normale! Dal giorno in cui avevo la freccia non ero stata più la stessa. Già, perché io ero la freccia stessa che si stava impadronendo nel mio corpo. Ogni giorno scavava più nella carne ed era dolorosa in un modo assurdo. Non sapevo proprio quanto sarei riuscita a resistere, ma prima o poi, avevo la consapevolezza di dover morire. Non avevo mai avuto paura della morte. Ma quasi tutti cambiano opinione, dopo averla vista con i propri occhi sulla persona più cara che potessimo avere. Ero terrorizzata. Avrei voluto correre, correre e correre, fino a esalare il mio ultimo respiro. Almeno, così, sarei morta con la consapevolezza di essere arrivata dove volevo essere. Ma ovviamente non potevo scappare. Non potevo abbandonare tutto, dovevo reagire a quello scontro con la morte, e possibilmente vincerlo. Poi, avrei avuto tutto il tempo per conoscere il mio futuro e dove mi avrebbe portato la vita. Mi ricordai solo allora che avevo davanti ancora Gordon che mi fissava. Avrei voluto alzarmi e poggiare la testa sulla sua spalla calda, guardandolo negli occhi. Lui mi sorrise, un sorriso triste, come di consapevolezza. “Come è possibile che tu mi capisca?! Non ti conosco bene, sei solo un ragazzo di cui mi sono innamorata follemente. Niente di più, ti amo, è vero,ma … devo sopravvivere, per rivendicare la vita di mia madre e tornare a far sorridere mio padre.” Non avevo più voglia di vederlo ubriacarsi, bicchiere dopo bicchiere, fino a non ricordarsi neppure chi fossi. - Possiamo parlare, Eleonora?- mi chiese lui facendomi alzare e accompagnandomi fuori dall’aula. Mi faceva molta impressione quando mi chiamava per nome. Per lui, io, ero solo “amore”. Non gli risposi, ma lo seguii, anche se non avevo voglia di parlare con nessuno. Mi fece passare attraverso quella coltre di ragazzine, che si giravano per osservarci : per osservarlo. Sospirai irritata. Non avevo mai amato attirare l’attenzione. Fortunatamente Gordon mi condusse fuori, in giardino, dove qualche coppietta stava pomiciando. Non proprio l’esempio perfetto di “privacy”! Lo guardai implorante. Volevo uscire da quella scuola. Lui, quasi seguendo i miei pensieri, proseguì dritto verso il parco. Mi ricordavo la nostra conversazione di quella mattina e di come fosse finita. Ci sedemmo su quella che io chiamavo la “nostra panchina”. Mi guardò intensamente negli occhi e rimasi a guardarlo per alcuni secondi. Nessuna parola era importante, lo sapevo, ma non potevo permettermi di essere infelice così. - Hai un altro?- Mi guardò come se credesse veramente alle parole che aveva appena pronunciato. Avrei preferito non rispondere, scappare e tornare alla mia vita di prima, ma non era possibile. - Come puoi pensare una cosa simile?!- Ero disperata e se lui non se ne accorgeva era veramente cieco. Mi osservo attentamente. Ogni angolo del mio volto era stato guardato dai suoi occhi. - Sei sempre così fredda. Se non ti interesso più puoi dirmelo chiaro e tondo.- Sembrava addolorato che ricominciai a piangere. Forse era meglio lasciarlo, dopo tutto. Non potevo più continuare così. Deglutii rumorosamente. Non potevo raccontare al mio ragazzo che stavo per morire, si sarebbe spaventato tantissimo. - Forse hai ragione tu, è meglio prenderci un periodo di pausa. – Sperai che i miei occhi non stessero lacrimando. - Allora non abbiamo più niente da dirci. Si alzò in fretta e furia e tornò a scuola. - Gordon!- gli gridai dietro. Il suo nome mi rimase impresso nella mente come una canzone. Gordon … Gordon … Gordon.
  
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