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Autore: MimiRyuugu    22/02/2013    5 recensioni
"Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi."
Sono arrivate le vacanze estive, la nostra Giulia è tornata a casa, ma non riesce a smettere di pensare al suo pozionista preferito. Riuscirà a convincere il vecchio gufo ad incontrarsi prima dell'inizio della scuola?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buongiornooo :3
si, sono incorreggibile. Nemmeno qualche giorno fa ho postato Everything e ora posto già Midsummer xD Per chi fosse capitato qui per caso, questa è una ff continuo di una serie. La precedente era Everything e anche qui viene narrato tutto in prima persona dalla nostra cara Giulia Wyspet :) è tornata a casa, passa le giornate fra famiglia ed amiche ma il pensiero del suo professore non la lascia mai. Chissà se riuscirà ad essere persuasiva anche qui xD il contesto è chiaramente l'estate fra il quinto e il sesto anno. In questo cap troviamo Come As You Are dei Nirvana, Fences dei Paramore e Winter Sleep di Olivia inspì Reira (dall'anime Nana).

Avvertenze: occtudine mista, diabetanza u_u

Detto ciò do il via a anche a questo delirio (che doveva essere una one shot, ma ovviamente è degenerata nella lungaggine xD).
Buona lettura <3



Capitolo 1

Era metà pomeriggio. Stavo placidamente sdraiata a pancia in su sul mio letto. E Kurt Cobain mi faceva compagnia. Come as you are, as you were, as I want you to be. Non ero annoiata. E non mi mancava cosa fare. Avrei potuto leggere un libro sull’altalena nel giardino di casa mia. Oppure uscire ed andare a trovare Hermione. Oppure Anna. A piedi ci mettevo nemmeno venti minuti, fino a casa della castana. Venticinque per andare dal prefetto. Take your time, hurry up, the choice is your, don't be late, take a rest as a friend as an old memoria. “Memoria…” cantai, con Kurt. Fuori c’era il sole. E si sentivano dei bambini passare ogni mezzora. Mio padre era al lavoro. Sarebbe tornato la sera. E mia madre sistemava il giardino. Come dowsed in mud, soaked in bleach, as I want you to be. Era tutto così tranquillo. Oramai era la fine di giugno. Però l’ultimo giorno ad Hogwarts era impresso nella mia mente. L’ultima volta in cui abbracciai Severus. As a trend, as a friend, as an old memoria. Aveva mantenuto la sua promessa. Qualche giorno dopo essere tornata a casa, gli spedii una breve lettera via gufo. Il professore mi rispose quattro o cinque giorni dopo. A mia volta gli risposi. And I swear that I don't have a gun. Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi. No I don't have a gun. Quando tornai a casa, mio padre mi tenne chiusa a casa per due giorni, con la scusa di una convalescenza. Aveva paura che la Cruciatus infertami da Bellatrix Lestrange mi avesse causato qualche danno psicologico. Kurt lasciò il posto al mio adorato Billie Joe Amstrong. Jesus of Suburbia. Ero uscita un paio di volte con Anna ed Hermione. La prima, appena arrivata a casa, si sorbì una ramanzina per la battaglia del Ministero. Inoltre, appena si accennasse ad un membro della famiglia Malfoy, in casa sua scoppiava l’inferno. Hermione una volta definì Anna e Draco come Romeo e Giulietta. Con la sottile differenza che i Malfoy erano più lascivi. Sopratutto Narcissa. Pur di vedere felice il suo Draco, avrebbe sopportato tutto. Avevo appena chiuso gli occhi, quando sentii dei rumori. Sobbalzai e vidi una ragazza famigliare che bussava alla mia finestra. Andai ad aprirle, prima che cadesse e si rompesse qualcosa. “Non lo sai che esistono le porte?” dissi, divertita. Anna balzò raggiungendo terra con la grazia di un ippopotamo. Poi si stiracchiò. “Arrivo giusto in tempo per i Green…” osservò. Si sistemò la gonna e l’enorme maglia con la doppia M rossa. Io ed Hermione non capimmo mai come facesse una ragazza così gracilina a non soffocare di caldo, in piena estate, con una maglia che era il doppio di lei. “Ti posso ricordare che io non sono Joey e tu non sei Dawson? Giusto per sottolineare l’esistenza di un’invenzione chiamata porta…non vorrei che facessi un brutto volo…” precisai. Anna rise. “Stai diventando come Piton! Parli uguale! Alza il sopracciglio…” mi prese in giro. Le diedi un pugno sul braccio. “Ai!!! Comunque se entravo dalla porta non faceva affetto…sono scappata di casa dopotutto…” spiegò, sedendosi sul mio letto. Scossi la testa esasperata. “Ecco, ora sembri Herm…” commentò, ancora divertita. Mi sedetti accanto a lei. “Come mai sei scappata?” le chiesi, curiosa. “Draco mi ha chiesto di andare da lui per qualche giorno ai primi di luglio…da metà del mese in poi sarà in vacanza...ha detto che sua madre è abbastanza abbattuta…le farebbe bene compagnia femminile a tirarla su…e sinceramente dispiace anche a me…” raccontò. Annuii. “Però i tuoi ti hanno detto di no…” dedussi. “Detto di no è poco in confronto…mia madre ha iniziato a blaterare sciocchezze sui Mangiamorte…” precisò ancora Anna. “È solo preoccupata…mio padre crede ancora che io stia male!!!” sbottai. Lei mi guardò ghignando. “Finchè ti tieni quella fascia, è ovvio che crede che stai male…” soffiò. Mi portai una mano alla benda sul braccio, rossa in viso. “Comunque, sta di fatto che si è aggiunto mio padre…almeno ci fosse stata Mary Kate a darmi manforte…alla fine ho iniziato ad insultare i miei in serpentese e me ne sono andata in camera mia…poi sono scappata…” concluse il racconto. Scossi la testa divertita. Fred era venuto a trovarmi, mentre mio padre mi teneva in convalescenza forzata a casa. Lui e George avevano deciso di aprire un loro negozio di scherzi a Diagon Alley. “Io in quella casa non ci torno! Piuttosto mi trasferisco da Draco!” sbottò ancora Anna. Bussarono alla porta. La castana tentò di nascondersi sotto al letto, ma glielo impedii. Mia madre si affacciò dalla porta. “Anna…tua madre ti raccomanda di tornare per cena…” le riferì. La ragazza la guardò allibita. Scoppiai a ridere. “Come diamine fa a sapere che sono qui?!” sbottò, furiosa. Mia madre intanto era uscita dalla mia camera. “Sa che Hermione ti manderebbe fuori a calci da casa sua se le andassi a dire che sei scappata…” ipotizzai. La castana annuì esasperata. “Giulia…come faccio…mi manca Draco! Lo dicevo io che la scuola sarebbe dovuta rimanere aperta ancora per qualche mese…” sbottò. Risi. “Ma se proprio tu dicevi che prima la scuola finiva meglio era?” le ricordai. Lei scosse la testa. “Solo perché c’era la Umbridge! E poi scusa…non ti manca nemmeno un po’ Piton?” mi chiese. Sospirai. Anna si alzò e andò alla mia scrivania. “Dove sono?” mi chiese. “Primo cassetto a destra…” risposi, affranta. Le lettere che mi aveva inviato Piton erano li. E con loro, il sacchettino contenente il bracciale per Eveline. Le avevo rilette una miriade di volte. “Qual’è l’ultima?” chiese ancora la castana. “Quella che hai in mano ora…” sospirai. Anna rimise nel cassetto le altre lettere, poi, saltò sul mio letto con quella interessata. L’aprì piano. “Di quand’è?” chiese. Alzai le spalle. “Qualche giorno fa…” risposi. Lei si schiarì la voce, si sistemò gli occhiali e impugnò saldamente la lettera in una mano. “Cara signorina Wyspet, sto bene, grazie per l’interessamento. Il suo racconto sulla sua ultima uscita mi ha divertito. A quanto pare la signorina Haliwell non si smentisce nemmeno in vacanza. Riguardo i G.U.F.O. posso solo dirle che arriveranno ad agosto inoltrato. In merito alla sua ultima domanda, come le ho già risposto più volte, non è possibile. Piuttosto, pensi a godersi le vacanze. Cordiali saluti, professor Severus Piton” lesse d’un fiato. Poi guardò schifata la lettera. “Tutto qui? Cioè…è freddo come il ghiaccio” sbottò, incredula. “È normale…sono una sua studentessa…” rimbeccai. Anna scosse la testa. “Sei la sua futura moglie che diamine!” esordì. Abbassai lo sguardo. Era normale che pensassi costantemente a lui? Ai suoi occhi? Mi ero ridotta ad ascoltare Everything almeno una volta al giorno. Mi mancava davvero. “Gli hai chiesto ancora di andarlo a trovare?” mi chiese poi. Annuii. “Gli ho proposto di andare io da lui…oppure che lui venga da me…però…” raccontai. “Sai…una volta ho sentito mia madre dire che Piton non abita in un bel quartiere…si vergognerà a farti andare da lui, quando tu vivi in mezzo al lusso…” commentò ancora Anna. “Forse…non ne ho idea…è che…magari io non gli manco per nulla…” sospirai, affranta. Lei mi tirò un pugno in testa. “Non dire stupidaggini...cosa vuoi che faccia Piton tutto il giorno a casa da solo? Pensa a te! Pensa a quanto ti vorrebbe li con lui…magari teme che tu ti innamori di un ragazzo della nostra età…” ipotizzò. “No! Non lo farei mai!” esclamai, in panico. “Non devi dirlo a me…scrivigli quello che provi…e riproponigli una giornata assieme…sono sicura che accetterà…” sorrise Anna. L’abbracciai. “Grazie…e tu ora cosa farai? Torni a casa?” le chiesi. Lei sbuffò. “Vado a litigare un po’ con i miei…adoro vedere mia madre diventare verde di rabbia quando parlo in serpentese…” rispose ghignando Anna. Scossi la testa ridendo. “Tu sei una Serpeverde mancata…” sorrisi. “Eh lo so…che ci posso fare se i geni McGuire hanno preso il sopravvento su quelli Haliwell?” rise. Aprì la finestra, e si calò giù. Poi corse via. Anna era così. Non le importava quante gliele dicessero i suoi genitori. Lei li provocava. Però non era per provocarli che si era messa con Draco. Si amavano. Come solo poche coppie sanno fare. Misi via la lettera nel cassetto. “Giulia scendi, la cena è pronta!” mi chiamò mia madre. Chiusi il cassetto e scesi le scale. Mio padre era già seduto a tavola. “Sera bambina…” mi sorrise. Gli diedi un bacio sulla guancia e mi sedetti. “Stasera, pasticcio di carne!” esclamò mia madre. Io e mio padre ci guardammo. “What is that?” canticchiò mio padre. “It's priest. Have a little priest!” rispose a tono mia madre. Lui storse il naso. “Is it really good?” chiese. “Sir, it's too good, at least! Then again, they don't commit sins of the flesh, so it's pretty fresh…” cercò di convincerlomia madre. “Awful lot of fat…” commentai, divertita. “Only where it sat!” esclamò lei. “Haven't you got poet, or something like that?” chiese ancora lui. Mia madre lo guardò storto. “No, y'see, the trouble with poet is 'Ow do you know it's deceased? Try the priest!” concluse, mettendogli una porzione di pasticcio nel piatto. Mio padre sbuffò. Era una delle scene ricorrenti a casa mia. Nonostante fossi in piena adolescenza, il litigio con i miei genitori, il considerarli nemici o cose del genere, non mi passavano nemmeno per la testa. Anzi, volevo che fossero fieri di me. Conversammo del più e del meno per tutta la cena. Dopo, mio padre mi convinse a guardare un po’ di televisione con lui. Volevo andare a scrivere la lettera per Severus, ma non mi venivano le parole. Così rimasi a sprofondare nel divano. Passati due canali, mio padre si fermò su un programma per bambini. I Muppets. “Ed ora, Hugga Wugga in You Are My Sunshine!” decantò il pupazzo presentatore. Un altro pupazzo, una specie di incrocio tra un cane con un naso da maiale, con due antenne che sembravano foglie di insalata, apparve. Era abbastanza buffo. Iniziò a ripetere Hugga Wugga. Dopo qualche secondo, variò la cantilena. Successivamente, apparve una specie di volatile verde dagli occhi le cui pupille andavano ovunque lui si muovesse. Non riuscii a trattenere una risata. “Cosa guardate di così divertente?” chiese mia madre, sedendosi dall’altro lato, vicino a mio padre. “I Muppets” rispose lui divertito. Si stiracchiò e mise un braccio sulle spalle di mia madre e uno sulle mie. Sorrisi. Il volatile iniziò a cantare una melodia diversa da quella dell’altro pupazzo. Questo, irritato, ripeté la sua versione, pretendendo che anche l’altro cantasse uguale. Ma il volatile verde non si arrese, finché l’altro sparò in aria dal naso del fumo. Il povero volatile, tremante iniziò a cantare Hugga Wugga. Mia madre si lasciò sfuggire una risata. I due iniziarono a cantare assieme, fino a che apparve un cosino giallo. “Che carino!!” esclamammo io e mia madre in coro. Era davvero un animaletto, seppur non identificato, tenerissimo! Mi ricordò Flower, che stava in camera accanto al cuscino. Questo iniziò a cantare la canzone You Are My Sunshine, di Doris Day. Il primo pupazzo, prepotente, andò dal cosino e gli impose di cantare la sua stessa canzone, ma l’altro non si piegò e continuò nel suo You Are My Sunshine. Evitò per poco un getto di fumo. Poi riapparve il volatile, che iniziò a copiare il cosino giallo. Il primo pupazzo lo colpì in pieno con del fumo, spazzandolo via. Il cosino giallo apparve in primo piano, cantando la sua canzone. Per poco l’altro pupazzo lo prese con il getto di fumo. La scena si ripeté, poi, il cosino giallo non riuscì ad evitare il getto. Il pupazzo, ricominciò a cantare la sua tiritera, ma si sentì ancora la vocina del cosino giallo. Poco dopo, riapparve, vendicandosi e respingendo il fumo, facendolo finire addosso all’altro. Poi, infine, concluse la sua canzone. Io ridevo. E anche mio padre. Mia madre, invece, canticchiava la canzone. “Si sta davvero bene tutti assieme…” commentò mio padre, scompigliandomi i capelli. Annuii. Guardai ancora un pezzo del programma, in cui c’erano due pupazzi rosa che cantavano ManaMana. Erano le dieci passate, quando mi alzai, con la scusa di voler leggere un po’. Salii le scale e tornai nella mia camera. Billy Joe dormiva placido sul letto. Le coperte erano viola e i cuscini lilla. Su ogni muro c’era almeno un poster. Green Day, Sex Pistols. Accesi lo stereo, poggiato accanto alla scrivania. I miei libri da un lato. L’uniforme piegata su una sedia in più che non usavo. La finestra dava sulla strada. L’aprii e respirai un po’ d’aria pulita. Il buio avanzava piano. Hayley Williams, cantante dei Paramore, urlava dal mio stereo. Mi sporsi di poco dalla finestra. Una leggera brezza mi accarezzò il viso. “I'm sitting in a room, made up of only big white walls and in the halls, there are people looking through the win..the window…though they know exactly what we're here for…” canticchiai. Chissà cosa stava facendo Severus. Se si aspettava una mia rispose alla lettera. “Don't look up just let them think…there's no place else you'd rather be…” sospirai. Dovevo scrivergli. Ma cosa? Che mi mancava? Che volevo vederlo? Solo capricci di una bambina. No. Sentimenti. I miei sentimenti. E forse anche i suoi. “You're always on display for everyone to watch and learn from, don't you know by now…you can't turn back, because this road is all you'll ever have…” continuai. I miei genitori mi mancavano, certo. Però avrei voluto avere con me anche Severus. Con i suoi sorrisi. La sua voce. Quando quella notte di fitte sofferenti, aveva cantato per incoraggiarmi. Era stato lui, a tenermi lucida ed a darmi la forza per oppormi al dolore. “It's obvious that you're dying, dying…just living proof that the camera's lying and oh oh open wide, cause this is your night so smile…cause you'll go out in style, you'll go out in style!” conclusi. Vidi un cane solitario correre in mezzo alla strada. Alzò la testa e abbaiò guardandomi. Lo salutai con un sorriso. Lasciai la finestra socchiusa. E mi sedetti alla scrivania. Presi la penna e la intinsi nell’inchiostro. “Caro professor Piton…” iniziai. Sbuffai. Già l’inizio non mi piaceva. Appallottolai la lettera e la buttai nel cestino accanto a me. “Caro Severus…” scrissi ancora. “Che mi salta in testa…non posso…” mi rimproverai. Un altro foglio buttato. Scossi la testa. Forse se trovavo così difficile scrivere una lettera, tanto valeva non scriverla proprio. Mi alzai e abbandonai la penna sulla scrivania. Mi cambiai, buttando i vestiti sul letto. Presi la camicia da notte viola leggera e la infilai. Tolsi il fermaglio a teschio e lo appoggiai sul comodino. Vidi le luci del corridoio accendersi e sentii dei rumori. Mi affacciai dalla porta ed uscii dalla camera. Andai fino alla camera dei miei, infondo al corridoio. La porta era aperta, e mia madre si stava togliendo le varie collane davanti alla specchiera. “Rose rose, rose red, will I ever see thee wed…I will marry at thy will sire at thy will…” stava cantando. “Mamma?” la chiamai. Mi sembrava di essere tornata bambina. Lei si voltò e mi sorrise. “Ti sei già cambiata? Di solito rimani a leggere fino a tardi…” osservò, stupita. Entrai nella camera e andai da lei. Sospirai. “Non dovevi leggere vero?” mi scoprì. Annuii. Mi fece segno di sedermi sullo sgabello. Obbedii. “Devo scrivere una lettera…abbastanza importante…però…non mi vengono le parole…” spiegai. Lei prese la spazzola e si mise dietro di me. Prese delicatamente una ciocca dei miei capelli, ed iniziò a spazzolare. “Una lettera? Ora capisco cosa sono tutti i gufi che arrivano…” scherzò. Arrossii. “Dunque…una lettera importante eh?” commentò, ancora. Annuii. “È per il tuo Serpeverde?” chiese. Sobbalzai e lei sorrise divertita. “Cosa gli devi scrivere di così eclatante?” disse ancora. La luce della lampada da comodino ci illuminava. Intanto, eravamo già alla ventesima spazzolata. “Che…mi manca…ma…non posso scriverglielo così…ecco...è un tipo…abbastanza maturo…e poi…cioè…” cercai di spiegare. Mia madre spazzolò ancora una volta, poi mi prese piano il viso tra le mani e lo voltò verso lo specchio, in modo che potessi guardarmi. “Sei una ragazza carina, gentile e dolce…non mi stupisco che un certo…Serpeverde…diciamo pure pozionista, si sia innamorato di te piccola…” sorrise. Arrossii smisuratamente. La guardai dubbiosa. Lei tornò come se nulla fosse a spazzolarmi i capelli. “Quando scrivevo le lettere a tuo padre, dopo il quarto anno, mettevo su carta tutto quello che sentivo…delle volte gli ho scritto dei rotoli di pergamena che avrebbero fatto contento il professore di Storia della Magia!” raccontò. Annuii. “Sappi che tra poco sarai maggiorenne Giulia…e potrai fare le tue scelte…se credi davvero che questa persona ti possa dare le felicità…” iniziò a dire ancora. “Quando sto con Seve…cioè…con lui mi sento sempre al settimo cielo…questi due anni sono stati speciali…quest’ultimo anno lo è stato…” sorrisi. Lei sorrise dolce. Mi diede esattamente cento colpi di spazzola. “Grazie mamma…” le dissi. Le diedi un bacio sulla guancia, e filai in camera. Mi rimisi alla scrivania. Presi la penna. Ed iniziai a scrivere. “Caro professor Piton, sono felice di sapere che sta bene. I miei genitori fremono per i risultati dei G.U.F.O.. Spero davvero di non deluderli. Riguardo ad oggi è stata una giornata piuttosto tranquilla. Non faccio altro che ascoltare musica. Giusto. Ed ospitare Anna ogni volta che si mette in testa di scappare di casa. Comunque, non voglio annoiarla con i miei racconti. Devo ammettere che, anche se non avrei mai pensato di dirlo, mi manca la scuola. Le ore a fare chiasso in Sala Comune. I giri notturni con Anna. E le visite. Mi mancano molto le nostre conversazioni. E l’aiutarla con i compiti. Però quello che mi manca di più, è lei” scrissi. La mano mi tremò sulle ultime parole. Trassi un respiro, e continuai. “Lo so che ha sempre risposto negativamente ad ogni mia richiesta di poterci incontrare, però vorrei riprovare…potremmo vederci…preparerei un cestino di cose buone da mangiare…se non vuole non è necessario che rimaniamo a casa sua…anche se sono molto curiosa di osservare il posto in cui vive. Spero che accetterà la mia idea. Baci e cordiali saluti, dalla sua Giulia Wyspet” conclusi. Altro profondo respiro. Chiusi la lettera. Aprii la finestra e richiamai il gufo di mia madre, appollaiato sul davanzale. “Tieni Sweeney…potarlo al solito indirizzo…e mi raccomando, è importante!” gli raccomandai. L’animale fece un verso d’approvazione. Appena ebbi finito di legargli la lettera alla zampa, volò via. Lo guardai sparire contro il cielo notturno. La sagoma solcare la luna pallida. Un venticello iniziò a soffiare, colpendomi le braccia nude. Ebbi un brivido. Chiusi la finestra e mi stiracchiai. Will you hold me now, hold me now, my frozen heart. Le undici e mezza. Troppo presto per andare a dormire. Troppo tardi per uscire. Chissà cosa faceva Anna. Probabilmente era in camera sua ad ascoltare Manson a ripetizione. Faceva sempre così quando era arrabbiata. I'm gazing from the distance and I feel everything pass through me, I can't be alone right now. Mi buttai di peso sul letto, costringendo Billy Joe a spostarsi. Il mio comodo letto a due piazze. Mi sembrava davvero di essere una principessa. Però mi mancava il mio principe. Will you hold me now, hold me now, my frozen heart. Avevo paura. Di un’altra risposta negativa. Avrei voluto passare le vacanze con lui. Severus. Quello che sarebbe stato la mia famiglia. E che in quel momento era la cosa che mi mancava di più.  I'm lost in a deep winter sleep, I can't seem to find my way out alone.Chiusi gli occhi e sospirai. Strinsi il cuscino. E mi persi nell’illusione di essere tra le sue lenzuola. Con il suo profumo. Anche se ero agitata per la risposta. Anche se mi mancava terribilmente. Anche se. Mi addormentai. Cullata in una notte di mezza estate. Can you wake me?
  
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