Prologo – Gli aspetti del Tempo
Il tempo non lenisce affatto il dolore. Anzi, forse lo fa.Ma non per me.
Il tempo è come un mare vivente. Capriccioso, scontroso, assolutamente imprevedibile.
Può rimanere calmo per giorni, mesi, anni, tenendoti bloccato con la sua materia vischiosa.
Allora ti chiedi perché il tempo scorre così lentamente.
Può essere in burrasca, violento, rendere le cose enormemente rapide, sbatterti contro i duri scogli della vita.
Allora ti chiedi perché il tempo scorre così velocemente.
La maggior parte delle persone riesce ad afferrare solo questi due concetti. Ma c’è un altro aspetto del tempo, il più terribile.
Quando ti riporta indietro.
È quello che succede a me. Mi sveglio, lavoro, mangio, bevo, dormo … faccio il minimo che mi serve per vivere. A volte, però, mi siedo e mi metto a pensare, libera dai gesti meccanici che compio ogni giorno.
Penso.
E allora ricordo, ricordo, ricordo, ricordo …
Lui.
So benissimo che non tornerà. Ne sono assolutamente convinta.
Eppure aspetto, aspetto, continuo ad aspettare …
È tremendo rimanere indietro, mentre le lancette degli orologi si muovono.
Mentre il mondo va avanti.
Eppure non posso farne a meno.
Perché in questo modo lo ricordo. Anche lui era rimasto indietro, ossessionato dai suoi obbiettivi.
Come dice quel vecchio proverbio? Chi va con lo zoppo impara a zoppicare?
Immagino che valga anche per i malati di mente.
Non ho idea del perché ne fossi così attratta. Aveva un fisico normale, non era buono, non era gentile, né cortese.
Al contrario, era malvagio perverso, scontroso, chiuso in se stesso.
Ma aveva il suo fascino. Era come … fuoco e ghiaccio insieme, tempesta e bonaccia. In lui sembravano convivere parti di luce e ombra sempre in lotta.
Un attimo prima pareva sperduto come un bambino e bisognoso di consolazione, il secondo dopo era distruttivo, furibondo, desideroso della sofferenza altrui.
Oh, potrei usare centinaia di frasi per descriverlo, migliaia di parole, milioni di aggettivi.
C’era una cosa, però, una sua caratteristica, che conteneva tutta la sua essenza.
Lui era, prima di tutto e sopra ogni altra cosa, un suono.
Lui era un ritmo di quattro colpi, ripetuto all’infinito.
Il battito incessante dei tamburi.