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Autore: Madcap    09/09/2007    6 recensioni
"Anima mia derelitta, piangi di te stessa e percuotiti con scherno, perché non riconoscesti in occhi infantili una prossima regina, non riconoscesti la mancanza di pietà che l’avrebbe caratterizzata. Ti innamorasti di lei senza conoscerla, ti innamorasti di lei sapendo che non l’avresti avuta mai davvero, fuggevole come vento. Adesso, anima derisa, anima offesa, piangi, e non guardare indietro, non lacerarti con il dolore di ricordi che strappasti al tempo per conservare in eterno." [pensieri di Meren dopo il matrimonio di Heseret]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heseret

Heseret.

La principessa Heseret, figlia del glorioso faraone Tamose e sorella del caro Nefer.

Quanto più ti rendevano speciale quegli appellativi ai miei occhi, quanto più mi cullavo nella dolce penombra di fronde di palma al pensiero che tu esistevi, che tu eri bella e perfetta. Quante volte quella sensazione di piacevole stupore mi colpì, al pensiero che eri come il fior di loto che tenevo tra le mani.

Eri bella, eri candida, eri misteriosa e preziosa, eri tutto, mia dolce Heseret.

Lo ricordo alla perfezione, il momento in cui perdutamente mi innamorai di te, delle tue dolci labbra fresche d’acqua, dei tuoi occhi che scintillavano per il riverbero del fiume, dei tuoi seni protetti solo dal sottilissimo lino della veste, quando ti chinavi e sfioravano il Nilo producendo piccole increspature, come se il fiume divino tremasse al contatto con la perfezione, con la degna figlia delle divinità, sua sovrana.

Mia sovrana, sovrana impietosa del mio cuore, ricordo bene come rimasi estasiato a guardarti, priva di compagne, uno sguardo dolce come miele, malizioso come i sinuosi movimenti del serpente, e rivolto a me, a me soltanto. Come una madre culla il suo bambino primogenito, così cullai nel mio petto quello sguardo che mi degnasti di rivolgere; lo rubai al tempo per farlo mio per sempre, lo strappai alla realtà per donarlo all’eternità immota.

A me sarebbe bastato restare a guardarti per sempre, a gloriarmi della tua bellezza, avrei voluto annullarmi, perché cos’altro poteva darmi la vita, cosa esisteva più di uno sguardo tuo a me rivolto? Non pretesi mai da te null’altro, e lo sapevi bene, sapevi bene che la mia adorazione si sarebbe limitata a un amore spirituale, ad una tua sola parola.

Ma volesti rischiare, e ancora piccola ed inesperta mi portasti da te nel tuo luogo segreto. Ero nel giardino più meraviglioso e mistico che si potesse immaginare, era tutto così perfetto. Io, tuo, tuo schiavo per sempre, aspettavo solo una tua mossa e ti avrei giurato la mia fedeltà, la mia schiavitù; avrei messo la mia vita nelle tue mani.

Parlammo a lungo, e non uno solo di quei baci ardenti che avevo promesso di riservare solo a te fu esaudito. Ma il mio cuore era in giubilo, perché tu avevi acconsentito alla mia infantile proposta, tu, fior di loto saresti stata mia per sempre, solo mia, e solo tu regina temibile e magnifica avresti regnato nel mio cuore!

Avrebbe dovuto essere per sempre, o mia imperatrice.

Ma cosa è successo? Cosa ti ha portata via da me, cosa ha strappato la mia anima, quale avvoltoio dagli aguzzi artigli ha pasteggiato con il mio cuore gonfio d’amore e sanguinante? Dei, dei malefici e nemici degli uomini, con quale diritto avete cancellato ciò che era scritto?

Heseret, mia luna d’estate, mio cielo stellato, Heseret! Ero il figlio di un uomo influente, avrei potuto diventare un soldato di fama e un buon marito; quale follia mi ha tolto prima il padre e poi l’amata?

Heseret… mi avevano detto che Naja ti avrebbe sposata, che il reggente l’avrebbe fatto per proteggerti, e invece ho visto il tuo sguardo per lui.

Dolce come il miele, malizioso come mai lo rivolgesti a me.

Prendesti ad evitarmi mentre la mia fortuna spariva, ti chiesi disperato cosa dovevo fare, ti implorai di darmi una possibilità per dimostrarti la mia devozione. Fosti sorda alle mie grida, freddo come marmo l’esile polso che giunsi a stringere per farmi guardare ancora da te. Eri tentata di farmi arrestare, l’ho visto dal tuo sguardo colmo di fastidio, ma non di odio.

Nemmeno l’odio mi riservasti infine! Nemmeno un sentimento forte, solo un pallido fastidio, ti davo noia ma null’altro, neanche dolore! Non reagisti a niente, non alle mie preghiere, non ai miei insulti, mi considerasti solo come un insetto inutile.

Anima mia derelitta, piangi di te stessa e percuotiti con scherno, perché non riconoscesti in occhi infantili una prossima regina, non riconoscesti la mancanza di pietà che l’avrebbe caratterizzata. Ti innamorasti di lei senza conoscerla, ti innamorasti di lei sapendo che non l’avresti avuta mai davvero, fuggevole come vento. Adesso, anima derisa, anima offesa, piangi, e non guardare indietro, non lacerarti con il dolore di ricordi che strappasti al tempo per conservare in eterno.

Li porterò dentro di me, e mi faranno male, e mi ricorderanno che mai più di te nessuna ho amato, e mi frusteranno come la tua risata troppo forte ai commenti del reggente tuo sposo. E mi uccideranno quando stanco andrò a cercare conforto sotto una palma, usando le sue foglie spinose come coperta, la sabbia fastidiosa come giaciglio, il sole crudele e ardente come compagno.

Heseret, pericolosa come una vipera, quanti altri cuori hai gettato in pasto ai coccodrilli? Heseret, figlia del sole, quanti occhi di ragazzo hai incatenato ai tuoi?

Eppure eri casta, e rimanesti fedele. Ma cos’è la castità ostentata quando fai scempio in questo modo di anima e cuore miei?

Rimanesti fedele a Naja, non cedesti mai alle mie veementi richieste. Altera, superba, bellissima, mi rifiutasti sempre e sempre.

Mia Heseret, sii una brava sposa, una brava madre, onora il tuo popolo e il tuo re.

Io saprò che aspide sei, saprò che dea malvagia sei.

Saprò sempre che sublime dolcezza stillano i tuoi occhi quando sono innamorati.

  
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