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Autore: mysticmoon    09/09/2007    1 recensioni
[Gokusen] Sono trascorsi tre anni dal diploma dei primi studenti di Yamaguchi Kumiko, gli scatenati studenti della terza D dello Shirokin, eppure lei non ha mai persi di vista nessuno di loro.
O quasi.
Al suo ritorno l'unico "disperso" degli studenti di Yankumi scoprirà che la vita a volte è proprio bastarda.
In un solo istante la vita di una persona può cambiare e non sempre questi cambiamenti portano la felicità.
In questi tre anni sono successe molte cose e Shin Sawada, catapultato in questa realtà con i suoi nuovi problemi, dovrà fare i conti persino con se stesso per raggiungere il suo obiettivo: far tornare Yankumi quella di un tempo.
E' una fanfiction basata sul dorama.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'Autrice:
Prima di lasciarvi alla storia vi tedierò qualche minuto con un paio di comunicazioni.
Innanzitutto questo è un Alternative Universe cronologicamente collocato nello stesso arco temporale trattato dal dorama Gokusen 2 ma si tratta di un sequel alternativo di Gokusen che prende in prestito dal seguito ufficiale il periodo, ossia l’inizio dell’anno 2005, quindi sono trascorsi quasi tre anni da quando i suoi primi allievi di Yamaguchi Kumiko si sono diplomati, lei insegna ancora matematica al liceo Shirokin ed è la professoressa di riferimento dell’attuale classe 3-D.
In questa storia il liceo Kurogin non è mai esistito e con questo praticamente ogni personaggio legato a questo istituto, a meno che non fosse già apparso nella prima serie (quindi dei professori del Kurogin comparirà solo il vicepreside Sawatari).
Gli unici “nuovi” a comparire saranno gli studenti principali della 3-D, ossia Odagiri Ryu, Yabuki Hayato, Tsuchiya Hikaru, Takeda Keita e Hyuuga Kosuke, con la sostanziale differenza che avranno frequentato lo Shirokin sin dal primo anno quindi sono studenti di Kumiko da molto più tempo che nella serie.
Adesso vi lascio alla lettura.

Capitolo Primo
Il Ritorno
Di Shin

Teruo Kumai stava preparando il ramen, come faceva ogni giorno da quando suo padre si era improvvisamente spento nel sonno e del quale lui, dopo essersi diplomato, ne aveva preso il posto.
Durante le sere dei giorni feriali dei suoi primi due anni di attività aveva frequentato un corso serale di cucina per migliorare l’offerta e ora, soddisfatto, gestiva un locale abbastanza noto da permettere a sua madre e ai suoi fratellini di avere una certa sicurezza economica e non far mancare a tutti loro, di tanto in tanto, qualche piccolo lusso.
Non aveva perso di vista i vecchi compagni di classe e spesso nel suo locale arrivava, quasi sempre accompagnata da qualcuno dei suoi nuovi o vecchi studenti, quel tornado della sua ex professoressa di matematica nonché docente responsabile della classe terza D dell’anno scolastico 2001/2002, Yamaguchi Kumiko, che loro avevano soprannominato Yankumi pochi giorni dopo il suo arrivo nella loro classe.
Ricordava con sommo piacere il giorno in cui quella donna era arrivata nella sua classe perché sin dall’inizio quella donna di soli cinque anni maggiore di loro aveva avuto la massima fiducia nelle sue azioni e in quelle di ognuno dei suoi compagni, dimostrandosi una persona che non si faceva ingannare dal loro aspetto selvaggio e dalle maniere piuttosto rozze. Per salvarlo dall’espulsione la donna era arrivata persino a mentire all’intero corpo docente dell’istituto e questo gli aveva fatto capire che non era un’adulta come tutti gli altri.
Quell’ultimo anno di scuola per lui era stato il più duro di tutti, soprattutto perché aveva perso suo padre proprio in quel periodo, ma allo stesso tempo era stato quello più bello della sua vita scolastica. Yankumi era più una compagna di scuola che una professoressa, così piena di energie e prodiga di sorrisi, buffissima con quei suoi occhiali e le lunghe code che sobbalzavano sulla sua schiena mentre correva.
Eppure, come lui ben sapeva, poteva dimostrarsi a dir poco letale se fatta infuriare. Kuma, come lo chiamavano i suoi amici, l’aveva vista più di una volta sfilarsi gli occhiali e disfare le code, trasformandosi da pupazzetto buffo e goffo in una donna che trasudava la fredda bellezza dell’acciaio temprato di una katana.
Solo dopo averla vista più volte all’opera aveva scoperto che quella donna che distingueva il combattimento dalla violenza, che accettava l’illegalità ma la limitava con la moralità, era la nipote del capo di terza generazione della famiglia Oedo, una “famiglia” intesa nel senso della yakuza, e che era stata cresciuta dal nonno perché i suoi genitori erano morti in un incidente stradale quando lei aveva solo sette anni d’età.
Era stata la professoressa migliore che avesse mai avuto e lo stesso valeva per ognuno dei suoi venticinque compagni di scuola.
Sorrise al pensiero che forse per uno di loro si trattava di qualcosa in più di una professoressa fantastica.
Negli occhi di Shin Sawada, il suo migliore amico, aveva visto più di una volta una luce particolare mentre sorrideva e guardava Yankumi.
Da quasi tre anni sospettava che ne fosse attratto, o quantomeno estremamente riconoscente per l’aiuto fornitogli, ma non aveva mai avuto occasione di parlargliene né gli era sembrato corretto ficcare il naso negli affari altrui.
Era stata proprio Yankumi la prima a sapere che cosa avrebbe fatto Shin dopo le superiori. Era stato accettato da ben due facoltà ma lui aveva deciso che non sarebbe andato all’università e così aveva fatto.
Il suo amico Shin Sawada era partito tre anni prima per andare a fare volontariato in Africa e da allora Kuma non aveva più avuto molte notizie da lui.
Un paio di volte gli aveva telefonato dalla capitale del Kenya, Nairobi, e nei primi tempi gli arrivava una sua breve lettera ogni mese ma non c’erano mai troppi dettagli in quegli scritti frettolosi che concludeva ogni volta con “Ti racconterò tutto nei dettagli davanti ad una bella porzione di ramen fumante”. Poi le lettere si erano fatte sempre più rare fino a quando, un anno prima, non avevano smesso di arrivare.
Chino sul fornello sentì il campanello che aveva applicato alla porta suonare, segno che era stata aperta.
- Buongiorno- disse senza neanche guardare in faccia l’avventore, concentrato su ciò che da un momento all’altro avrebbe dovuto tirare fuori dall’acqua- Come posso esserle utile, signore?
- Perché non ci sediamo e mangiamo assieme una bella porzione di ramen fumante, Kuma? Non ne mangio da secoli.
Teruo alzò gli occhi all’istante, riconoscendo la sua voce.
Davanti a lui, più magro e colorito del solito ma con gli stesso occhi nocciola luminosi ed il sorriso irresistibile, stava il suo amico Shin Sawada.
Uscì da dietro al bancone con tutta l’agilità che il suo dolce peso gli concedeva e lo abbracciò con calore per un istante, poi corse alla porta e voltò il cartello per indicare che il locale era chiuso.

Yamaguchi Kumiko, con indosso la sua “uniforme” da professoressa di una classe problematica, fu sorpresa di trovare il locale di Kuma chiuso. Era un giorno festivo di un ottobre piuttosto uggioso e non pochi sarebbero stati i clienti se il locale fosse stato aperto.
Visto che al suo ex allievo non dispiacevano le sue irruzioni bussò alla porta e, sentendo la voce di Teruo chiedere chi fosse, la fece scorrere ed entrò.
- Ehi Kuma, qualcosa non va?
Il suo ex allievo era seduto ad un tavolo con un tizio che le dava le spalle. Aveva una folta chioma di capelli scuri che gli sfioravano le spalle e, a giudicare dal borsone da viaggio impolverato al suo fianco, doveva essere appena arrivato dopo un viaggio.
- Ah, scusami Kuma. Hai ospiti. Tolgo immediatamente il disturbo.
Kuma fece per ribattere ma Shin sorrise e scosse il capo.
- Falla venire qui- sillabò continuando a sorridere.
Kuma annuì.
- Non disturba affatto, Yankumi. Venga, si accomodi- disse il giovane spostando la sedia alla destra di Shin poi aggiunse, ridacchiando- Vorrei farle conoscere un mio vecchio amico.
La donna si avvicinò, incuriosita dal sorridere sospetto del suo ex allievo. Non sapeva che Kuma aveva un amico che viveva distante dalla città ma del resto lei non poteva sapere tutto quanto della vita dei suoi ragazzi.
Adorava gli attuali studenti della terza D ma i suoi primi ragazzi, la problematica terza D dell’anno scolastico 2001/2002 aveva un posto speciale nel suo cuore. Erano stati i suoi primi studenti ed anche quelli per i quali aveva rischiato di più. Aveva riso e pianto con loro, li aveva picchiati per farli rinsavire e giocosamente scompigliato i capelli per ringraziarli, li aveva amati come non mai e, nonostante vedesse spesso la maggior parte di loro, rimpiangeva il fatto di aver trascorso così poco tempo con quei ragazzi.
Era accanto allo straniero ed ancora non l’aveva guardato in faccia quando questo balzò in piedi e le prese il polso.
La reazione fu automatica: voltò il braccio dell’aggressore dietro la schiena e lo bloccò passandogli l’altro attorno al collo.
- Sei sempre la solita, Yankumi!
Quelle poche parola dette con un tono che tradiva dolore e divertimento allo stesso tempo bastarono perché la donna lo lasciasse andare e potesse rivedere la faccia da schiaffi dell’allievo più promettente della sua prima terza D, quello che aveva declinato l’offerta di ben due università per fare volontariato in Africa. Aveva i capelli più corti ma i capelli in cui aveva affondato le mani tante volte erano sempre gli stessi e nei suoi occhi si rifletteva la luce dei suoi rari veri sorrisi.
- Sawada-kun!- esclamò abbracciandolo con forza tale che quasi il giovane rimpianse il braccio che lei gli torceva dietro la schiena un attimo prima- Sei tornato!
L’abbraccio con Kuma era stato rapido e virile, quasi un gesto di affetto accennato da due uomini, mentre quello che adesso stava scambiando con la professoressa aveva il profumo del passato e la dolce morbidezza di un porto ritrovato, qualcosa che non si è rimpianto a livello cosciente ma che solo quando vi si è giunti nuovamente si capisce di aver rimpianto tutto il tempo.
- Fai piano, Yankumi, o lo soffocherai- disse Kuma cercando di smorzare con le parole e con i gesti l’abbraccio entusiastico con il quale la professoressa aveva intrappolato il suo amico.
Con un sorriso Kumiko si separò dall’ex allievo e, dopo avergli scompigliato i capelli come era solita fare tre anni prima, si accomodò al suo fianco strofinandosi gli occhi per asciugare le lacrime.
- Kuma, oggi offro io- disse Shin con il fiato stranamente corto- Porta a Yankumi quello che vuole.
- Sawada, ma sei impazzito? Oggi pago tutto io.
Kuma guardò i due con aria severa.
- Il locale è mio quindi siete miei ospiti, chiaro?
Era incapace di trattenere il sorriso e in un istante la durezza del suo volto si distese in un sorriso caloroso che divenne una risata contagiosa.
- Grazie Kuma.
- Grazie. Ma adesso porta da mangiare a Yankumi- disse Shin, indicando le scodelle di ramen davanti a loro- E’ maleducato che noi iniziamo a mangiare e lasciare Yankumi a bocca asciutta.
- Ehi, da quando sei così galante, Sawada? Hai per caso conosciuto una ragazza che ti ha fatto perdere la testa?- disse la professoressa sfoderando il suo sorriso malizioso e rifilandogli una gomitata al costato.
Shin impallidì e, piegatosi su se stesso, iniziò a tossire con una violenza tale da far svanire il sorriso dai volti degli altri.
- Shin, non ti senti bene?- chiese Kuma.
Aveva l’espressione sofferente ma scosse il capo.
- Non è niente.
- Ne sei sicuro? Non hai una bella cera.
Yankumi, la mano appoggiata sulla sua spalla ed il volto chinato verso il suo, lo osservava con aria dispiaciuta.
- Davvero- rispose tirandosi su per poi sorridere.
Era il sorriso tirato di chi è ancora sofferente ma il colore stava tornando sul suo viso quindi Kuma spinse verso di lui la ciotola.
- Tu intanto mangia qualcosa di caldo. Magari ti farà sentire meglio.
Shin annuì ed iniziò a mangiare mentre Teruo Kumai tornava dietro il bancone per preparare una porzione per la professoressa.
Shin sospirò poi sputò il rospo.
- Non avevo intenzione di parlarvene così presto e di certo non una manciata di minuti dopo esserci rivisti… ma devo confessarvi che è questo il motivo per il quale sono tornato in Giappone- disse con aria seria- Ho avuto una brutta forma di tubercolosi e sono qui per restare.
- Tubercolosi?
Shin guardò Yankumi ed annuì. Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per aver cancellato il sorriso dal suo volto e da quello dell’amico. Fatta eccezione per sua sorella, Shin non provava per nessuno della famiglia lo sviscerato affetto che aveva per i suoi amici e per la professoressa che gli aveva fatto ritrovare la fiducia nel genere umano.
- Negli ultimi mesi ho lavorato duramente e in condizioni igieniche pessime. Sapevo cosa rischiavo ma sono stato piuttosto incauto e mi sono ammalato in modo abbastanza serio. Ora sto molto meglio ma secondo i medici non ero nelle condizioni di continuare a restare lì quindi mi hanno convinto a tornare in Giappone con la scusa di rimettermi in forze ma so già che non potrò tornare laggiù. Me ne rendevo conto anche quando ero a Nairobi… ma è stato difficile accettarlo.
Non si stupì di sentire Yankumi tirare su con il naso né di vedere lo sguardo preoccupato di Kuma. Sapeva che l’affetto che provavano per lui era grande quanto il suo e che quella notizia li avrebbe colpiti molto ma non poteva mentire alle persone di cui si fidava. Aveva imparato proprio dall’appassionata professoressa Yamaguchi Kumiko, la prima a dare fiducia a quei ragazzi di una scuola secondaria dalla pessima reputazione e dall’aspetto poco raccomandabile che per ottenere fiducia si deve correre il rischio di restare scottati e dare fiducia.
- Non dovete preoccuparvi. I medici di Nairobi- continuò, deciso ad essere completamente sincero nei loro confronti- hanno detto che pian piano la situazione polmonare migliorerà e sarò come nuovo. Con un po’ di fortuna e tante piccole attenzioni non avrò mai delle ricadute.
- Mi spiace, amico.
Il sorriso che Shin gli rivolse diede un po’ di sollievo a Kuma ma Yankumi continuava a stare su quella sedia, la schiena in avanti e il capo chino, con grandi lacrime che scorrevano lungo le sue guance.
Non sapeva esattamente perché si fosse tramutata in una fontana: Sawada aveva detto di stare abbastanza bene e che tutto si sarebbe risolto per il meglio quindi c’era anche un po’ di sollievo nelle sue lacrime eppure contenevano anche un grande dolore, quello di vedere il progetto di uno dei suoi ragazzi andare a rotoli ed il fatto che fosse quello altruistico di Sawada le bruciava come non mai.
Si sorprese quando sentì la mano di Sawada scompigliarle scherzosamente i capelli.
- Non devi piangere per me, Yankumi. Ho detto che adesso sto meglio.
Annuì e si tolse gli occhiali ma a giudicare dalla sua espressione non era affatto convinta di essere fuori da quel doloroso vortice.
Asciugò le lacrime con un gesto sbrigativo e cercò di tornare la persona solare che era di solito.
- Allora, Sawada, come è l’Africa?
Shin annuì.
- E’ bellissima- disse, tornando a mangiare mentre Kuma porgeva alla professoressa una porzione di ramen- E’ tanto bella quanto pericolosa. Ho lavorato in un centro molto vicino ai confini del parco nazionale dello Tsavo. E’ stata una esperienza molto intensa e faticosa. Ho visto cose orribili che non avrei mai immaginato potessero diventare elementi della quotidianità ed ho provato la fame, la sete ed il calore del sole cocente sulla mia schiena. Mi sento molto più maturo di prima.
Shin, che aveva parlato continuando a fissare il ramen che si stava raffreddando, alzò gli occhi sugli ascoltatori e fu felice di vedere che la serenità era tornata sul volto di Kuma e Kumiko.
- E voi? Con Kuma ci siamo sentiti ma tu che cosa mi racconti di nuovo, Yankumi?
La donna rise.
- La mia classe è piena di ragazzi dal grande cuore.
- Ho capito. Ti hanno assegnato una nuova banda di brocchi che tira pugni a destra e a manca.
Kuma e Shin risero mentre la donna abbassava gli occhi e ridacchiava.
In fondo era vero che i suoi ragazzi non erano un granché dal punto di vista scolastico ed era altrettanto vero che avevano la tendenza a menar le mani ma erano già belli che domati dopo tre anni di lezioni.
- Sempre meno della vecchia terza D- rispose assaporando il ramen di Kuma, sempre ottimo, poi fece la linguaccia.
Kuma rise.
Sapeva che Yankumi lo stava facendo per pepare un po’ la situazione e non gli dispiaceva che animasse un po’ l’ambiente dopo la doccia fredda sulle condizioni di salute non ottimali dell’amico di mille avventure.
Fu felice anche di vedere Yankumi sorridere così apertamente. Era sempre la stessa donna frizzante che aveva conosciuto quando era solo un diciottenne spaccone e svogliato eppure un’ombra era scesa sui suoi occhi da quando era accaduto quello che lei chiamava “l’incidente”.
Non ne aveva mai parlato a Shin, nonostante fosse accaduto quasi due anni prima. Non gli era neppure chiaro per quale motivo non aveva accennato alla tragedia vissuta da Yankumi e quanto fosse stata male la donna nei primi giorni.
- A parte te, Shin, a livello accademico non c’era molto su cui lavorare.
Quella frase lo riportò alla realtà appena in tempo per sentire la frase di Shin.
- A proposito di studio, Yankumi, come se la cavano Noda e Uchi? Non ho notizie di loro da qualche tempo.
- Ah, Noda è ha quasi concluso il secondo anno al dipartimento di design dell’università di Tokyo.
- Stai scherzando?! Noda è andato alla Todai?
- Per quanto possa sembrare improbabile è proprio così- aggiunse Kuma- Ha lavorato in uno studio per qualche tempo e quest’uomo gli ha scritto una lettera di referenze che, assieme ai risultati degli esami per l’accesso, gli hanno permesso di entrare. Era l’ultimo posto disponibile ma l’importante è il risultato.
- Per la miseria!
- Già. E Minami è riuscito a racimolare un po’ di denaro ed ha intenzione di aprire una sua attività. Peccato che non abbia ancora deciso su cosa buttarsi!
Yankumi sembrava entusiasta e Shin si sentì ancora meglio.
- E Uchi?- chiese Kuma.
- Uchiyama ormai è completamente perso!- rispose il gestore del locale.
- Ti ricordi la ragazza che ha incontrato a Onsen?
- Sì. Stanno ancora insieme?
Yankumi rise.
- Di più. Si sono sposati.
- Uchi si è sposato con Wakaba?
- Oh sì, l’anno passato! Lei si è trasferita a casa sua e di sua madre e appena sarà possibile metteranno su famiglia.
- E’ fantastico, Yankumi! E tu? Come va la situazione sentimentale? Anzi, penso sia meglio chiederti quando ti sposi con Shinohara.
Kuma impallidì e la donna sorrise debolmente.
-Shin… penso che questo non accadrà mai- rispose annuendo nervosamente.
- E’ successo qualcosa?
Shin guardò Yankumi con aria confusa e Kuma aprì la bocca per parlare ma la professoressa gli fece cenno di aspettare.
- Sawada-san, in questi tre anni sono cambiate tante cose…
Shin balzò in piedi.
- Ti ha fatto qualcosa? Giuro che se ti ha fatto del male io…
La mano di Kumiko si posò su quella del ragazzo.
- Non ti agitare. Non ti fa bene.
- Ma cosa ti ha fatto?
Yankumi sospirò. Non aveva voglia di parlare di quello che era accaduto due anni prima a Shinohara, le faceva ancora troppo male pensare a quel giorno e ai seguenti, quando aveva fatto cose di cui si era pentita amaramente e che l’avevano svuotata ancora più di quanto già non si sentisse, ma non poteva lasciare Sawada all’oscuro.
- Yankumi, se vuoi posso dirglielo io- intervenne Kuma, mettendosi al fianco della professoressa per darle delle affettuose pacche sulla schiena.
Lei scosse il capo.
- Mi spiegate che cosa è successo? Ti ha mollata per un’altra? Se l’ha fatto io l’ammazzo, lo giuro.
Il risolino di Kumiko fu il suono più triste che avesse mai sentito in vita sua. Non c’era gioia ma solo dolore in quella piccola risata.
- Non potresti farlo neanche volendo- rispose- Sawada, Shinohara-san è morto circa due anni fa.
La notizia colpì Shin come una secchiata d’acqua gelida.
- Morto?
Kuma annuì.
- Ma… come…
Yankumi si morse rapidamente il labbro inferiore e Shin rivolse il suo sguardo a Kuma, che si limitò a distoglierlo.
- Perdonami- sussurrò Shin alla professoressa- Non sapevo che fosse… Giuro che non avevo intenzione di riaprire vecchie ferite.
Lei si limitò a sospirare e fece scivolare la ciotola di ramen verso Kuma.
- Mi sono assentata da casa per troppo tempo. Kuma, puoi prepararmi le solite due porzioni? Ero venuta qui proprio per questo ma me n’ero dimenticata.
- Yuriko fa i capricci?
- E’ una bambina. Ne ha tutto il diritto- rispose la donna.
Shin li guardò con aria interrogativa.
- Una delle tante cose accadute in questi mesi- disse- Vuoi venire a conoscerla? Naturalmente anche tu sei invitato, Kumai.
Kuma annuì e si mise subito all’opera per preparare due porzioni di ramen.
- Chi è Yuriko?
- Lo vedrai presto, Sawada. Inoltre Minoru e Tetsu dovrebbero essere a casa con mio nonno e Mariko.
Kuma alzò lo sguardo.
- A questo punto porto una porzione anche a loro tre.
- Solo se mi permetti di pagare. Una porzione di ramen è un conto, ma sei sono davvero eccessive.
- Yankumi! Ti ho già detto che oggi offro io e non voglio sentire ragioni. Io finisco qui, preparo qualche manicaretto per la cena di bentornato di Shin. Non torni dai tuoi stasera, vero?
- No, oggi proprio no.
- Allora festeggeremo da te, Yankumi. Vi raggiungo con il motorino appena avrò finito. Voi intanto incamminatevi. Sempre che Shin possa camminare con tutta questa umidità.
- Kuma, non sono più moribondo.
Kumiko abbassò lo sguardo, cercando di ignorare quel “non sono più”. Sapeva quanto Shin fosse riservato e che quelle tre parole non erano un innocuo lapsus ma la verità sulla sua malattia.
- Andiamo!
La sua voce era la stessa e medesima era l’energia con cui lo prendeva sottobraccio e lo guidava eppure Shin sentiva che c’era qualcosa di stonato, un piccolissimo particolare che non era normale e che forse quel qualcosa era l’ombra di Toyama Shinohara nei suoi occhi ridenti.
Le condizioni atmosferiche non erano delle migliori ma non faceva freddo e se anche fosse stato a lui non importava.
Era a braccetto con la professoressa per la quale aveva preso una sbandata colossale tre anni prima, una donna che se in apparenza era uguale a prima dentro sembrava meno votata al sorriso e più sensibile.
- Yankumi…
- Sì, Sawada?
- Condoglianze.
- Grazie- sussurrò.
- Mi spiace avertelo ricordato.
La donna si fermò.
- Sawada, non è tanto il fatto che sia morto a farmi male e neanche il fatto che fosse diventata una storia talmente seria che si cominciava a parlare di matrimonio...
La donna si fermò all’improvviso, aprì e chiuse la bocca un paio di volte come se la sua voce si fosse spenta all’improvviso ed infine tacque.
- Yankumi…
La donna adesso sorrideva ma nei suoi occhi c’era tanto di quell’acuto dolore da fargli del male.
- Sono davvero felice di rivederti, Sawada, e vorrei raccontarti tutto...
Si fermò nuovamente, stavolta perché il palmo del giovane uomo si era posata sulla sua bocca.
Sawada era estremamente serio e si vedeva dal suo sguardo.
- Non voglio saperlo se tu non te la senti, Yankumi. Quando te la sentirai mi racconterai tutto quanto ma, se permetti, non mi pare che in questo momento tu sia nelle condizioni mentali per farlo. L’ultima cosa che voglio fare è riaprire vecchie ferite o farti soffrire. Hai pianto perché sono stato molto malato e non mi sono ancora rimesso del tutto e questo per oggi è il massimo che posso chiederti in termini di dolore. Io resterò in Giappone quindi quando vorrai avremo tutto il tempo per parlarne.
La donna annuì e gli rivolse un sorriso dolcissimo.
- E’ strano, lo sai?
- Cosa?
- Adesso siamo pari.
- Non capisco cosa tu voglia dire.
- Intendo… tre anni fa tu sei partito subito dopo il diploma ed io non ho mai avuto modo di rivederti fino ad oggi. In questi anni ho continuato a vedere i ragazzi della terza D e li ho sempre trattati e sempre visti come facevo a scuola o quasi… sarebbe stato normale che mi venisse naturale farlo anche con te… ma non dopo questo. Non mi veniva naturale da Kuma né lo posso fare dopo questa dimostrazione di maturità. Con te non è più possibile, Sawada-san. Hai ragione a dire che sei cresciuto. Non sei più il diciottenne brillante che ho lasciato tre anni fa ma un giovane uomo con il cuore grande, Shin-kun.
- Chi ti ha dato il permesso di prenderti tutta questa libertà, Ojou?
Il suo sorriso contagiò la donna non appena ebbe pronunciato il titolo onorifico con cui gli uomini di suo nonno si riferivano a lei.
- E sia la confidenza- accordò la donna- Ma è meglio se tu usi Kumiko-chan. Ojou è formale e compromettente. Adesso siamo ufficialmente pari.
Il ragazzo usò la mano libera per confrontare le rispettive altezze.
- A me sembra di essere superiore.
Con un saltino Yankumi toccò i suoi capelli.
- Sei più alto di tre anni fa, in effetti.
- Non penso. Che sia stata l’anzianità a restringere te?
- Guarda che ho da poco compiuto i ventisei anni, Shin-kun, non gli ottantasei. Tu sei ancora un ragazzino.
- Io mi definisco un quasi ventiduenne pieno di fascino.
- Hai già quasi ventidue anni?
Sawada annuì.
- Io li compio presto gli anni quindi a scuola sono stato spesso uno dei ragazzi più grandi della classe.
La donna annuì.
- Sai che non avevo mai pensato che la nostra differenza d’età fosse così esigua? Neanche cinque anni.
Shin si morse la lingua per non dirle quante volte ci aveva pensato quando, da studente dell’ultima fila, osservava la sua professoressa dargli lezione di matematica e di vita, sperando che nessuno di loro, lei in primis, capisse che a lui Yankumi stava molto più che simpatica. Non che avesse mai sperato di avere una possibilità con la professoressa Yamaguchi. Non era il solo che in quel periodo era interessato alla donna e quando era in Africa sospettava che il numero non sarebbe sceso con gli anni. Era certo che sarebbe stato ancora così non fosse per la triste notizia della morte di Shinohara. Magari sarebbero stati spasimanti di una donna sposata e forse già madre, ma era certo che nessuno potesse rinunciare a lei tanto facilmente. Neanche tre anni di soggiorno africano erano riusciti a fargli scordare completamente quegli occhi spesso nascosti dagli occhiali e la letale bellezza della sua figura mentre combatteva indossando la sua tuta di jersey. Ognuno poteva pensarla come voleva riguardo ai canoni estetici ma per lui Yamaguchi Kumiko era più bella quando indossava quelle casacche informi dai polsini stretti e con una zip davanti, quelle scarpe da ginnastica che le permettevano di correre per tutta la città alla ricerca di un suo studente senza avere dolore ai piedi e, strano ma vero, a lui piacevano molto le due lunghe code con le quali si presentava ogni giorno a scuola e che disfaceva quando doveva combattere o tornava a casa.
Lanciò un’occhiata a Yamaguchi Kumiko e inspirò la frizzante aria di quella mattina di ottobre. Sì, si disse, era proprio felice di essere tornato in Giappone.

  
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