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Autore: Lucy_lionheart    22/02/2013    1 recensioni
1.Di tutte le cose che si era aspettato per San Valentino, un regalo da parte di Gilbert era veramente, veramente, l’ultima.
Raccolta di one-shot su generi, temi e nelle versioni più svariate, AU! e non, yaoi, etero e yuri.
Tutto ciò che accomuna queste piccole storie, pezzetti disordinati di vita, sono i loro protagonisti: Toris Laurinaitis e Gilbert Beilschmidt.
Spero vi piaccia la PruLiet, perché queste storie sono tutte per loro. ♥
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Lituania/Toris Lorinaitis, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertimenti: Lime, Yaoi.
Raiting: Arancione/Rosso
Personaggi: Toris Laurinaitis, Gilbert Beilschmidt, Sorpresa ( in tutti i sensi, lol.)





12. Indecente.



« Si può sapere dove stiamo andando?»
«Immaginatelo!»

Per Toris non ci poteva essere risposta peggiore di quella. Non tanto per la parola in sé, ma quanto per la sfumatura di significato che essa aveva assunto, scivolata fuori da un paio di labbra sottili piegate in un sorriso sghembo e riflettuta in due luminosi occhi rossi.
Peccato che a brillare non fossero solo quelli, ma anche il loro possessore:  nebbie invisibili circondavano la sua testa, ricoperta da capelli candidi che per l’occasione erano stati tirati indietro, a lasciare la fronte scoperta.
Era normale che al rinfresco di un matrimonio si servissero svariati drink ed era educato accettarne uno, ma dire “sì” a tutti faceva cadere tutto nello sconsiderato.  Cosa che Gilbert, spesso e volentieri, era e Toris lo sapeva molto bene.
Ciò che invece aveva lasciato il lituano, l’ingenuo lituano, sbigottito era stato quando, in mezzo alla pista da ballo, il prussiano aveva ben visto di serrare la mano intorno al suo polso e trascinarlo via ridendo, senza dire una parola che non fosse qualche strofa scialbamente cantata della canzone pop che echeggiava nel salone.
La situazione era rimasta la stessa a distanza di cinque minuti: Gilbert che lo trainava per i corridoi e Toris che cercava di imporre una minima resistenza piantando bene i talloni a terra, finendo solo con lo scivolare a causa del pavimento di marmo liscio che non andava per niente d’accordo con la suola delle scarpe eleganti che indossava.
L’unica, fondamentale, differenza stava nel fatto che ora Toris aveva intuito ciò a cui Gilbert mirava e la cosa era servita a scatenare un bel rossore sulle sue guance, in un perfetto accostamento con le rose rosse che decoravano ogni angolo e con quei gli occhi che ogni tanto cercavano i suoi solo per mostrare l’eccitazione che li faceva fremere come fiamme appena nate.

« Gilbert, no! Non possiamo!»

Molto blanda come opposizione; ma infondo era comprensibile, visto il semplice fatto che anche Toris, come tutti gli esseri umani, era fatto di carne e aveva due occhi che gli permettevano benissimo di notare quanto attraente fosse il marito, vestito, come lui, con uno smoking  e il suo solito sorrisetto pieno di sé, croce e delizia del lituano.
L’albino non parve nemmeno sentirlo: continuò in quella corsa, fino a raggiungere il guardaroba. Si trattava di un armadio che occupava con la sua larghezza tutta quanta la parete, lasciato incustodito dal personale, che ora era impegnato a preparare i tavoli dei dessert.

« Dooov’erano?»
« Cosa? »
« “Cosa?” Le patate! I cappotti, liebe, i cappotti. Che pensi che dovrei cercare in un guardaroba? »
« A che ti servono i cappotti.  Sono nella prima anta, comunque.»
« La prima, la prima… Oh, eccoli qui! Senti, ricordami un po’, l’abbiamo mai fatto in auto?»
« S-Scusa-?!»

Gilbert  non badò al volto violaceo del marito: pareva troppo impegnato a tastare la lana del suo cappotto.
Il suo volto, improvvisamente, si fece serio.

« No. Non mi va di andare fuori.»

Toris tirò un sospiro di sollievo, vedendo come Gilbert  ributtava il suo giaccone dentro l’armadio.
La pace, però, durò solo un attimo: il tempo di abbassare gli occhi e notare la mano sinistra dell’altro serrarsi intorno al nodo della sua cravatta e far fare a tutto se stesso l’identica fine del giaccone.
Inutile fu cercare di trattenere un mezzo grido di sorpresa, prima di trovarsi a sprofondare contro giacchetti, giacche, sciarpe e cappelli.
L’anta si chiuse e le labbra di Gilbert furono immediatamente sulla sua bocca, in un bacio famelico che gli rubò svariati battiti, mandandolo in apnea.
Che stava succedendo?
La luce era poca, filtrava da qui e da lì, ma non c’era bisogno di averne tanta per capire che era la gamba di Gilbert a farsi spazio tra le sue e le sue mani a sciogliere a allentargli malamente la cravatta.
Il fuoco gli intorpidì le membra e fece frizzare il cervello.
Oh, no. Quello non era bene. Affatto.
Mugolare al prussiano di fermarsi non servì a nulla, se non a ricevere un bacio ancor più violento.

« SSSSSh!»

Sussurrò, Gilbert, soffiando aria direttamente nella bocca del fidanzato.

« Fai piano, che sennò ci sentono. Vuoi essere beccato?»
« Gilbert, non- »
« Shhhhh!»

Il moro si morse le labbra e buttò gli occhi al cielo, in uno sprazzo puramente nervoso e totalmente imbarazzato.

« Non possiamo.»

Disse, questa volta piano. Gilbert rise e si tolse la giacca, tornando poi a sbottonare la camicia altrui.

« E chi ce lo vieta.»
« Siamo ad un matrimonio!»
« Appunto, festeggiamo l’amore.»

Le labbra baciarono lo sterno e Toris lo sentì ardere. Esse si spostarono lungo il suo petto ed era come se dal punto sulla quale si posavano, che lo marchiassero o meno, iniettassero sotto la pelle del lituano una sorta di veleno che lo intorpidiva ogni secondo di più.
Toris sapeva bene che in realtà non c’era nessuna sostanza tossica e che a quelle due rosee gemelle peccatrici non si poteva imputare nessuna colpa,  se non quella di essere maestre di seduzione.
Se il moro poi si trovava a sospirare sotto i tocchi della altrui lingua intorno all’aureola, questo era un problema solo ed unicamente suo, di cui Gilbert faceva tesoro, nonché un ottimo motivo per perseverare.
Le mani si adoperarono a slacciare cintura e chiusura dei pantaloni nel minor tempo possibile, abbassandoli quel poco che bastava, ovviamente insieme all’intimo.
Toris mugolò e Gilbert rispose con l’ennesimo ghigno. Non gli avrebbe dato ascolto, affatto.

« Non fare il contrariato, è solo colpa tua.»

Dio, eccoci nuovamente con quella storia. Non era certo la prima volta che il prussiano se ne usciva con un’affermazione simile; arrivato a quel punto, avrebbe dovuto sapere che la reazione di Toris era sempre la stessa, ovvero  un fulmine scagliato direttamente dall’azzurro dei suoi occhi.

« M… Mia?!»
« E di nessun’altro. Sei tu che ti sei vestito con questo smoking . E’ da prima di partire che ti guardo. »

E’ una regola ormai confermata da migliaia di esperienze che le persone da brille tendano ad essere molto più sincere, ma forse Gilbert se ne sarebbe uscito con una cosa del genere senza aver toccato neanche un goccio d’alcool.

« Sono geloso. Ti sta troppo bene, gli altri ti guardano.  Non voglio.
Tu sei magnifico, ma mio. Mio e basta. »

Gli invitati potevano scrutarlo, cercare di cogliere la linea del corpo del lituano sotto quell’abito nero che lo fasciava alla perfezione, ma solo ed unicamente a Gilbert era concesso di conoscerla davvero, di toccarla, baciarla.
Solo a lui, che in questo momento altro non desiderava che riaffermare questo suo diritto.
Che passione violenta, la possessività.
Tanto quanto l’effetto che poteva fare a Toris il complimento dell’affermazione precedente, lasciato vibrare nella conchiglia del suo orecchio.
Ottimo, si era distratto. Meglio approfittarne e Gilbert non era certo tipo da lasciarsi scappare l’occasione per nulla al mondo, costringendo il lituano a girarsi, fino a quando non si ritrovò a premere la guancia sinistra contro la lana di un lungo cappotto.
Non ci fu tempo per replicare: la mano bianca dell’albino già aveva stretto le dita attorno al sesso del moro, lasciando aderire perfettamente la schiena alla sua e posando la testa sulla spalla nuda, una rotondità perfetta da mordere.
I movimenti iniziarono, vigorosi e ritmici, trasformando ogni disapprovazione in gemiti caldi che, invano, Toris cercava di soffocare contro la stoffa di quel cappotto, alla quale aveva artigliato le dita.

« G-Gilbert… ! »

La voce rotta lo chiamò in una piccola supplica che non poté che farlo sghignazzare, pieno di sé, prima di passare la lingua dietro l’orecchio e premere il naso contro i capelli castani, inebriandosi del loro profumo.

« Che c’è, non ti piace…?
Devo fare di più? »

Dio, se si divertiva. Soprattutto quando, senza aspettare una risposta, incrementò la velocità della sua mano.
Non era finita lì: seguendo lo stesso ritmo, anche il bacino del prussiano iniziò a muoversi, strusciandosi senza ritegno contro i glutei del moro, che la mano sinistra, quella libera, mai aveva lasciato in pace, massaggiandoli ora, pizzicandoli, dopo.
Vide le mani di Toris affondare le unghie nel giaccone e sentì tutto il suo corpo tremare violentemente. Pochi secondi dopo, con un gemito vibrante,  il lituano raggiunse il limite, sfogando il piacere che non poteva più trattenere sulla sua mano e non solo.
L’orgasmo lo lasciò ansimante per più di un minuto, che Gilbert vide bene di usare per voltarlo nuovamente, passando lentamente le mani sull’interno delle sue cosce, dietro di esse e su, fino a raggiungere l’elastico dei boxer, là dove li aveva lasciati.
Toris mugolò nuovamente contro quella bocca che l’aveva fatto sprofondare in sensazioni bollenti.

« Gilbert…! No!»
« Non ti ascolto…
Io so cosa vuoi davvero.»

Quelle parole furono tremende quanto vere: col passare del tempo –ma già da subito, a voler essere sinceri- il prussiano aveva imparato che se la bocca di Toris diceva una cosa, spesso e volentieri il corpo ne professava un’altra.
La prima era ragione, il secondo istinto e in casi come quello era bene che fosse questo a venir ascoltato. Così, se Toris non voleva, ci pensava Gilbert a tendere le orecchie e udire i consigli che il petto altrui gli dava, fremendo.
Ciò stava accadendo anche ora: in un contrasto feroce, Toris si ripeteva quanto tutto quello fosse sbagliato, problematico, pericoloso, urlava “No!”.
Poi, però, il calore delle mani e delle parole del prussiano lo ammaliava.
Era così, sì, Gilbert sapeva cosa volesse davvero. Gilbert poteva darglielo ora.
Le spalle si sciolsero improvvisamente,  in un sospiro lungo e nasale: nuovamente la seconda idea aveva trionfato.
E mentre la gamba di Toris si piegava, alzandosi fino ad avvolgere la vita altrui, Gilbert gli tirava giù i boxer, lentamente, prima un centimetro, poi un altro, un altro ancora…



« Bonsoir, amoreux.»

L’anta si spalancò tutto ad un tratto e la luce invase il guardaroba, colpendo, appunto, i due amanti, che non solo videro bene di lanciare entrambi un grido degno dell’ultimo film di Dario Argento, ma, sussultando, finirono entrambi con l’urtare contro il fondo dell’armadio , facendo cadere un be po’ di giacche e sciarpe.
Davanti a quella scena, Françis non poté far altro che coprirsi la bocca con la mano guantata di bianco e trattenere a stento delle grasse risate.

« Françis! Che cazzo fai!»

Sbraitò, Gilbert, volgendo il collo e il volto, tra il furente e il paonazzo, verso l’amico, mentre tutto il resto del corpo cercava di coprire Toris, il quale, colto da una vergogna profonda e bruciante come l’inferno, altro non era riuscito a fare che tirarsi sui i boxer e i pantaloni con uno strattone violento, rimanendo spalmato contro il fondo del guardaroba.
Non era rosso, era viola, lo era così tanto che per un attimo sia Françis che Gilbert si chiesero se avesse smesso di respirare ( cosa che era effettivamente successa per qualche minuto).

« Io? Io sono semplicemente venuto a cercare il testimone che mi è sparito prima del taglio della torta.
Ho cercato e cercato, poi sono passato qui davanti e ho sentito. Dovresti ringraziarmi che ho avuto la gentilezza di aspettare che i rumori finissero. »
« Beh, non erano finiti!»

Se c’era una cosa che Gilbert non sopportava, quella era venire bruscamente interrotto nel bel mezzo di un rapporto. Non lo sopportava quando succedeva perché squillava a ripetizione il telefono, figurarsi se il francese aveva ben visto di spalancare senza preavviso l’anta e far prendere loro un colpo.

« Non fare lo scocciato. Io al tuo matrimonio non l’ho fatto.»
« Tu al nostro matrimonio non l’hai fatto solo perché non hai trovato dove infrascarti con l’inglese!»
« Questo non è affatto vero. Se avessi voluto…»
« Potreste farla finita!? »

La voce di Toris, roca per l’imbarazzo e lo spavento, si fece sentire sopra le altre due. Il tempo che il marito e Francia avevano usato per battibeccare su questioni che avrebbe preferito lasciare nell’ombra, il lituano l’aveva usato per ricomporsi il più velocemente possibile e ora uscire dall’armadio.
No, non sarebbero serviti tutti i colpi di tosse del mondo per  simulare un poco di nonchalance.
Erano stati beccati.
In un guardaroba.
Da Françis.
Se gli andava bene, forse la notizietta sarebbe rimasta nella zona centro-europea. Forse.
Dio.
Il francese tirò quello che sembrava essere un sospiro paziente e si mise le mani sui fianchi.

« Bene. Adesso possiamo tornare a… Mon Dieu!»

Lo sguardo di Françis si fece quasi inorridito alla vista di Gilbert che se ne usciva dall’armadio, senza capire cosa avesse tanto sconvolto il biondo.
Almeno fino a quando non abbassò lo sguardo sui suoi pantaloni e un certo gonfiore fin troppo evidente.

« No, no, tu così di là non ti presenti.  Le foto ce le facciamo dopo, ora, Toris, tu vai e finisci ciò che hai iniziato!»

Il lituano nemmeno rispose, rimase a boccheggiare come un pesce rosso –paragone azzeccato, visto che il colore era quello-, mentre Françis si voltava verso la bacheca appesa  al muro di fronte e prendeva una chiave, depositandola poi sul palmo dell’albino, che si guardò bene dal toccare.

« E’ la quarta stanza a sinistra, al secondo piano. Lasciatela libera entro un’ora, che è prenotata.»

Gli occhi di Gilbert lessero ciò che stava scritto sul cartoncino legato al nastro rosso che penzolava dalla chiave argentea: due iniziali.

« “I.B.”
E’ chi penso io?»
« Può darsi.»

Nel mentre che la faccia di Toris, ben sicuro di chi si identificasse in quelle iniziale, diventava bianca come un cencio, il ghigno di Gilbert s’ingrandiva così tanto da apparire deformato.
Quella era proprio una gloriosa giornata per la Prussia.

« Franz. Sei un amico, un vero, verissimo amico. E ti auguro di fare con l’inglese del sesso magnifico quanto quello che sto per fare io.»

Gilbert era quasi tentato di abbracciarlo, tanto era contento, ma adesso non c’era tempo. 
La mano afferrò nuovamente quella del marito e i piedi corsero veloci come mai, trascinando senza pietà l’altro verso l’ascensore.
Toris non sapeva più che fare, se sbiancare o arrossire. E quelle scarpe scivolose gli impedivano nuovamente di imporsi.

« Gilbert! Gilbert! Non ci pensare nemmeno, è la camera di Ivan!»
« Lo so, è magnifico! Prima il cappotto, ora la camera!»
« …  Il  cosa!? »
« Il cappotto, quello che dovrà portare il lavanderia per colpa di una brutta macchia! Dovresti saperne qualcosa!»
« GILBERT!»

L’albino rise a pieni polmoni, trascinando Toris nell’ascensore un attimo prima che le porte si chiudessero, un attimo prima averlo tirato di nuovo contro le sue labbra, in un bacio dove le mani s’impigliavano nei suoi capelli, li scompigliavano. Uno di quei baci in cui Toris finiva sempre, scioccamente, per sorridere.
Gilbert era indecente, ma lo amava anche per questo.

















_____________________________________________________________________________________*

Ancora non sono morta.
Ci vado vicina, ma non lo sono. *A*/
Scusate tanto per il semi-p0rn, ma queste sono le idee che vengono il giovedì sera con la semi-febbre.
Spero vi piaccia!
Un bacio,

_ Valkyrie.

   
 
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