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Autore: Marge    23/02/2013    4 recensioni
La storia passata di Morgan e Duane, l’uomo di colore e suo figlio che compaiono nella prima puntata, a partire da come si sono conosciuti Morgan e sua moglie Jenny. Partecipa al contest "Il giro del mondo in ottanta giorni!"
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfic partecipa al contest “Il Giro del Mondo in Ottanta giorni!” di Soul’sLullaby.

Titolo: Un tempo che non tornerà
Autore: Marge (EFP) Marge86 (Forum)
Beta-reading: No
Fandom: The Walking Dead
Tipologia: One-shot
Introduzione: la storia passata di Morgan e Duane, l’uomo di colore e suo figlio che compaiono nella prima puntata, a partire da come si sono conosciuti Morgan e sua moglie Jenny.
Rating: Giallo
Personaggi: Morgan, Duane, Jenny, Bob (OC), Rick solo di sfuggita.
Generi: fantascienza, drammatico.
Avvertimenti: Missing moments
Pacchetto scelto: Venezia. Ho utilizzato la canzone in diverse maniere, sia facendola “cantare” ad alcuni dei personaggi, sia utilizzando alcune delle immagini che propone in vari punti della storia. Inoltre una frase della canzone in particolare (il titolo) viene ripetuta più volte da Morgan verso la fine. Credo sia utile conoscere la traduzione per cogliere tutti i riferimenti.
NdA: Per leggere la storia è sufficiente conoscere l’episodio 1x01; i nomi di Morgan, Duane e Jenny sono presi proprio da questo, mentre Bob è un personaggio da me inventato. Le parole di Rick sono la trascrizione esatta di ciò che dice alla ricetrasmittente nella puntata 1x05 (versione italiana). Tutto il resto è completamente frutto della mia immaginazione, compreso il finale.





Un tempo che non tornerà



Allora, ripeti con me: regola numero uno, ogni uomo che incontri è un morto fino a che non parla. Chiaro?

Chiaro. Se non parla, è uno di quelli.

Bravo figliolo. Regola numero due, ogni morto senza un colpo in testa, o la testa spaccata a metà, è un vivo che va ucciso. Chiaro?

Posso ammazzarli anche io?

Devi mantenerti in vita a qualunque costo, ok? Ammazzane quanti ne vuoi, ma non morire, non farti graffiare, non farti mordere. Ed ora vieni qui, proviamo a dormire.

Mi racconti di come hai conosciuto la mamma?



“Morgan, smettila di fissarla a quella maniera!”
“Che ci posso fare, amico? Ho deciso: quella sarà la donna della mia vita.”
Bob ride infilandosi in bocca un’altra manciata di patatine. “Ma che cazzo dici? Ok, sarà pure una di noi, ma va al college. Come credi che una di quelle ragazzine lì possa anche solo guardare dei tipi come noi?”
Morgan si guarda intorno ed alza le spalle: “Cosa ho che non va?”
“Ad esempio, sei coperto di olio di macchina da capo a piedi, e puzzi di benzina. Guardala: lei se ne sta seduta al tavolino di questo fottuto locale a leggere un libro, e mangia un’insalata. Tu da quant’è che non leggi un libro, eh?”
“Guarda che io leggo.”
“Ho detto libro, amico, non fumetti, né tantomeno giornalini porno.”
“Va bene, va bene, saremo diversi. Questo ci impedisce di stare assieme?”
“Se ci riesci, ti pago una cena.”
“Sai che ti dico? Scommettiamo, io quella lì me la sposo. Ora vado dentro e mi siedo al suo tavolo. Vedrai.”


“Ciao.”
Jenny alza gli occhi dal libro con sguardo spaesato: “Ciao… Tu sei?”
“Scusami, sono veramente uno stupido.” Morgan sorride e si passa la mano sulla testa pelata. “Vedi quello laggiù, quello che sta mettendo benzina?”
“Mmm.”
“Quello è un mio amico, si chiama Bob. È impazzito quando ti ha vista qui stamattina, quindi mi ha mandato in avanscoperta. Vuole sapere cosa leggi, così stanotte fa una bella ricerca e domani ha un argomento con cui attaccare bottone.”
Jenny ride. “Forse non avresti dovuto rivelare i suoi piani in questa maniera.”
“Forse no” concede Morgan, e si siede. Lei infila il dito nel libro e lo chiude, e Morgan ora è sicuro che lei sia disposta se non altro a concedergli qualche minuto.
“Allora, che ci fa una ragazza studiosa come te al bar di una stazione di servizio qualsiasi?”
Lei sorride, mettendo in mostra una serie di denti bianchi perfetti, e Morgan ne rimane folgorato.
“Vedi quell’uomo alla cassa, laggiù? È mio padre.”
“Ahi ahi” commenta Morgan scuotendo una mano, come se si fosse bruciato. “Allora questo è territorio nemico, dovrò dire a Bob di stare attento!”
In quel momento l’uomo alla cassa alza gli occhi e aggrotta le sopracciglia nel vedere la figlia parlare con uno sconosciuto in tuta da benzinaio. Lei gli fa un cenno.
“Molto attento, direi.”
“Però c’è almeno una buona notizia: ti vedremo spesso qui, giusto?”
“Giusto” conferma Jenny, ed appoggia i gomiti al tavolo, piantandogli addosso uno sguardo brillante.


“Non posso crederci che tu stia davvero per uscire con lei.”
Morgan sorride, mentre passa il rasoio con cura sotto il mento. Bob tira fuori un’altra birra dal frigo.
“A questo proposito, stasera vatti a fare un giro. E butta tutte quelle lattine, per piacere, non posso certo farla accomodare in questo letamaio.”
“Ma amico, stasera c’è la partita! Io ho comprato tutta questa birra apposta per vederla qui, non puoi privarmi del mio divano!”
“Vai a vederla da Doug.”
“Che palle” borbotta ancora Bob, ma, mentre se ne beve una, comincia ad infilare le altre in un sacco nero. “Tanto, secondo me, una come Jenny non accetterà mai di salire a casa tua la prima sera, figurati.”
Morgan annuisce: ne è sicuro anche lui, ma vuole lasciarsi aperta ogni possibilità. E poi una parte di sé sarebbe al settimo cielo anche solo a passare la serata a parlare con lei, tenendole la mano. Non gli è mai successo prima, e questo è segno che sta accadendo qualcosa di serio: uno come Morgan non ha mai aspirato a parlare con una donna, ma con Jenny potrebbe non fare altro.
“Vuoi farla diventare la madre dei tuoi figli la prima sera?”
“Voglio che ti togli dai piedi. Poi al resto ci penso da solo, grazie.”
Un’assurda immagine di lei con un marmocchio nero in braccio gli passa nella testa, e, ancora più insensatamente, gli provoca un lampo di piacere. “Calma, amico” si dice allo specchio. “Prima base, poi seconda base, in ordine. Non l’hai ancora neanche baciata.”


“Cosa c’è da bere in casa?” chiede Jenny posando la giacca su una sedia. Si guarda attorno con sguardo curioso ed un sorriso a metà.
“Mi spiace per il disordine, quel mio amico Bob…”
“Non importa, sono abituata. Vivo in un college, ricordi?”
Sicuro che se lo ricorda, e chissà com’è la vita mitica dei ragazzi che studiano, si dividono in confraternite, organizzano festini nei dormitori. Cosa berrà una ragazza come lei, vino bianco? Whisky?
“Credo di avere solo della birra.”
“Birra va benissimo.”
Fanno tintinnare tra loro le lattine e ingollano il primo sorso in contemporanea.
“Mi stavi raccontando di quella volta che hai incatenato tuo fratello minore al cancello di casa con un cartello appeso al collo.”
“Sì, il cartello diceva… Lascia stare, è una cosa davvero stupida. Perché non mi racconti qualcosa di te? Hai fratelli?”
Lo sguardo di Jenny si adombra: “Sì, ne avevo uno.”
Morgan sente il freddo scivolargli addosso, e l’atmosfera della serata andare decisamente a puttane.
“Mi spiace, io…”
“Non importa. Magari te ne parlo un’altra volta, ok? Non è l’argomento adatto, ora.”
Jenny sorride, e nuovamente lui si sente accalappiato, come se usasse una speciale droga ogni volta per farlo diventare sempre più dipendente. Potrebbe respirare solo per vedere quei suoi sorrisi, uno dopo l’altro.
Le si avvicina sorridendo: “Sai cosa diceva quel cartello? Non sono mai stato baciato da una ragazza, mio fratello mi libererà solo dopo che una mi avrà baciato.
“Ma questo è crudele!” esclama Jenny ridendo.
“La cosa più divertente è che ne ha rimediati ben tre, di baci, da tre ragazze diverse! Tutte impietosite da quel povero ragazzino legato ad un cancello!”
Ridono insieme, e Jenny è talmente vicina che lui ne può sentire l’odore: la vaniglia dello shampoo, il fresco del sapone da bucato, l’aspro della birra che stanno bevendo.
Allunga una mano e accoglie la guancia di lei nel palmo: è piccola, vi si nasconde tutta. Jenny sorride e china il capo verso una spalla, cullandosi nella sua mano.


Morgan, non so se sei là fuori, non so se riesci a sentirmi, magari mi stai ascoltando proprio ora, spero di sì. Ho trovato altra gente, la mia famiglia! Riesci a crederci?
Mia moglie e mio figlio sono vivi, volevo che tu lo sapessi.
C’è qualcos’altro che devi sapere: Atlanta non è come credevamo, non è come avevano promesso!
La città è…
Non devi andare in città, appartiene ai morti adesso.
Siamo accampati qualche miglia a nord ovest, sopra una enorme cava di roccia abbandonata. Puoi vederla sulla mappa. Spero che tu venga a cercarci, ma fa’ attenzione, ieri notte degli zombie sono usciti dal bosco.
Sono morti degli amici.
Sta’ attento, prenditi cura di tuo figlio, proverò a richiamarti domani all’alba.

Ascolta, Duane, dobbiamo andarcene da qui. Hai sentito cos’ha detto Rick? Ha trovato altra gente. Dobbiamo andare da lui.

Ma non possiamo lasciarla qui!

Lei non c’è più, figliolo. Dobbiamo andar via. Mi occuperò io della faccenda, questa volta lo farò sul serio, e domattina partiremo.

Non spararle papà! Ti prego non farle del male, ti prego…!

Lei è già morta. Duane, ascoltami, non sto sparando a tua madre: non lo avrei mai fatto. Ma lei è già morta. Lei lo vorrebbe, piuttosto che correre il rischio di farci del male. Lo capisci questo? Lo capisci?

Non spararle papà, ti prego non spararle…



“Amico, ti sei completamente rincojonito, te lo dico io. Ma che t’ha fatto, ‘sta Jenny?”
Dal divano Morgan sorride al soffitto, come un ebete.
“È come un virus. Ti entra dentro, ti penetra nel cervello… E tutto sembra diverso. Io Jenny me la sposo, sicuro.”
“Ma se ancora neanche te la sei portata a letto! E se poi si rivela una di quelle che vuole solo la luce spenta e stare sotto? Dai amico, tu sei andato.”
Morgan tace di non averla ancora neanche baciata, ma di sicuro Jenny non è una di quelle, ne è certo. La sera prima sono andati a ballare, e lei si è dimenata tra le sue braccia ben attenta a non toccarlo mai, ma a non allontanarsi mai neanche più di qualche centimetro. E, durante tutta quella tortura, l’ha guardato fisso negli occhi, sorridendo maliziosa, consapevole dell’elettricità fra loro. L’ha fatto apposta e Morgan sa che la prima volta che riuscirà a baciarla, per lui sarà definitivamente finita: caput, andato. Sorride al soffitto e pensa solo alle sue labbra.


“Penso di saperli distinguere” dice Jenny con convinzione, annuendo.
“Cosa…?” chiede Morgan, perso. Alza gli occhi dal libro, quello che lei gli ha prestato e ora lui sta divorando, ed incontra il suo sorriso brillante. Jenny si toglie le cuffie dalle orecchie.
“Ti ricordi quando la settimana scorsa ti ho detto di essermi fissata con quella canzone?”
“Pink Floyd?”
“Mmm.”
“Certo che lo ricordo. L’hai cantata per tre giorni di fila, in ogni momento. Neanche fosse l’ultima hit del momento” scherza, e la voglia di leggere gli passa immediatamente.
Jenny distende le gambe sul divano: “Ho trovato una soluzione: l’ho copiata per dieci volte di fila su questa cassetta, così posso ascoltarla senza doverla mandare indietro. Non è un’idea geniale?”
Morgan ride: “Geniale davvero! Che non ti venga in mente di metterla nello stereo!”
Jenny arriccia il labbro: “Ah no? Altrimenti?”
La sua domanda è come lo sparo di via ai cento metri: Morgan chiude il libro e lo abbandona lì sulla poltrona.
“Ehi, ehi!” ride lei, “fa’ piano! Così strappi le cuffie!”
Lottando invano contro di lui che le bacia con prepotenza il collo, riesce a sfilarsele e mentre si gira per metterle da parte, a terra oltre il divano, lui comincia ad alzarle la maglietta.
“Non deve tornare Bob, fra poco?”
“No” risponde lui, anche se sa che non è vero.
Fuori piove, il rumore delle gocce che cadono contro il vetro è assordante e si mescola al mormorio lontano che ancora esce dalle cuffie. Stretti sul divano nuotano in un mare di pelle e sudore, come se al mondo non vi sia nessun’altra anima.


“Dobbiamo dirti una cosa!”
Bob alza gli occhi dalle carte in cui è perso: “Proprio ora? Sto cercando di far quadrare questi conti, non capisco come abbiamo fatto a spendere così tanto di elettricità…”
Jenny ride con le dita davanti alla bocca. Morgan le sorride, poi torna a guardare l’amico: “Credo che fra qualche mese dovrai trovarti un altro coinquilino.”
Bob fa una smorfia, posa i fogli e li guarda storto: “Lo sapevo. Tu, Jenny, sei una calamità: da quando sei arrivata il mio amico qui si è completamente rincojonito.”
Sanno che non lo pensa davvero, quindi i due continuano a ridere ed a lanciarsi strane occhiate.
“Non vi sembra un po’ presto per abbandonarmi? Quant’è passato? Neanche un anno…”
“Lo so” annuisce Morgan, passando un braccio attorno alla vita di lei. Bob si sente come un genitore, con quei due lì davanti che sicuramente gli stanno nascondendo qualcosa. “Anche io avevo pensato di farlo un po’ più in là, ma sai come diceva mia nonna… I bambini arrivano quando decidono loro, non quando tu sei pronto.”
La notizia attraversa il cervello di Bob senza lasciare traccia, ma è solo un attimo: alza gli occhi su quei due a bocca aperta, e trova Jenny che sorride annuendo come se avesse visto la Madonna, e Morgan con quell’espressione da pesce lesso che da qualche mese lo caratterizza.
“Ma siete stupidi? Come vi viene in mente di…”
Lascia perdere: inutile controbattere, quei due sono troppo felici, glielo si legge in faccia.
“Almeno lo chiamerete Bob, se è maschio?”
“Non credo proprio!”


Il giorno in cui nasce Duane c’è un sole che spacca le pietre e Morgan pensa di essere sul punto di esplodere. Ogni urlo che scuote Jenny lo attraversa un coltello piantato in profondità nel suo corpo, si chiede perché mai le abbia permesso di tenere questo affare che la sta facendo soffrire tanto ed arriva ad un passo dal prendere a pugno un’inutile dottorino di vent’anni che la incita a non arrendersi.
Quando Duane compare tra le cosce di sua madre, tutto rosso e ricoperto di gelatina, la testa gli gira tanto che deve appoggiarsi per non cadere. Chiude gli occhi per un attimo, ma un pianto disperato lo costringe a riaprirli: ed osserva con immenso stupore quell’esserino che urla come se lo avessero appena privato del suo tesoro più grande.
“Sta piangendo!” dice Jenny tra le lacrime. È esausta ma sorride ed accoglie il bambino tra le braccia come se non avesse mai fatto altro. Morgan accanto a lei ancora non riesce a proferire parola: non ha mia visto nulla di più bello, in vita sua, della madre di suo figlio e suo figlio insieme.


Wiiiish… I wish you were heeeere…
“Non mi sembra una canzone adatta ad una ninnananna.”
“Shhh… si è quasi addormentato.”
Jenny depone il fagotto con attenzione nella culla e rimane in piedi a guardarlo.
“Non credevo sarebbe stato così difficile” mormora.
“Difficile? Ma se sei così brava: in braccio a te dorme istantaneamente. Per non parlare dei pannolini e tutte quelle altre cose che tu sai già fare, e non capisco perché io invece…”
“Non intendevo questo” lo interrompe lei. “Volevo dire… Prima non ci pensavo mai, ma ora che c’è, ho il terrore che possa succedergli qualcosa. Penso a tutto quello che diventerà, quello che farà in futuro, e mi viene una paura enorme che possa non farcela.”
“Ce la farà. Noi faremo in modo che…”
“È così piccolo…”
Morgan le prende il viso tra le mani e la fissa: “Ehi. È normale sentirsi così – almeno credo. Anche noi siamo stati piccoli allo stesso modo, no? Ed ora siamo due adulti alle prese con un bambino! Duane sarà un bambino forte. E farà qualsiasi cosa vorrà. Te lo prometto.”
Jenny annuisce, poi sorride debolmente.
“Dovremmo fargli un fratello o due, così si aiuteranno a vicenda” scherza Morgan.
“Eh? Magari fra qualche anno! Non l’hai certo fatto uscire tu da…”
Per impedire ogni ulteriore riferimento a quello strazio, Morgan si china a baciarla.


Morgan apre la porta con un calcio.
Si guarda circospetto intorno.
“Papà…” sussurra Duane. Alle loro spalle, in lontananza sulla strada, qualcosa cammina strascicando i piedi. “Shhh” intima. Jenny stringe il figlio.
Morgan fa un passo, poi due, nella stanza.
“Sembra libero” mormora. “Aspettate qui, vado a vedere di là. Chiudete la porta.”
In poco tempo, con il cuore che gli batte furioso nelle orecchie – e se, mentre lui controlla, ce ne fosse qualcuno di là e riuscisse a raggiungere Jenny e Duane?, fa il giro della casa e decide che è vuota. Si premura di chiudere bene ogni porta e finestra.
“Tutto ok?” chiede tornando a passi veloci nell’ingresso. I due annuiscono, mentre si tengono ancora stretti.
“State qui, vado a prendere qualcosa in macchina. Duane, mi raccomando tua madre.”
Il bambino annuisce: da quando quell’inferno è cominciato, suo figlio ha smesso di essere un infante per crescere ad una velocità sorprendente: ha uno sguardo serio.
Ma mentre si carica delle scatole di foto – foto, dio santo! Ma cosa passava per la testa di Jenny? – un urlo lo paralizza. In un attimo corre in casa, spalanca la porta e senza neanche riflettere cala il calcio della pistola sulla testa di un morto che cammina. Le ossa già semi decomposte cedono con facilità e la sua mano affonda nel cervello come se fosse burro, con solo un leggero scricchiolio.
“Mamma, mamma!” urla Duane.
“Da dove veniva?”
Jenny si rialza in piedi spostando di lato il corpo finalmente senza vita. “È uscito all’improvviso dallo sgabuzzino” dice, ed ha le lacrime agli occhi. Quasi con riluttanza mostra il braccio: una lunga ferita gocciola sangue a terra, e lei se la stringe convulsivamente. Lo stesso sangue imbratta la bocca ed i vestiti dello zombie.
“Mi spiace” mormora Jenny, ed ora piange senza ritegno: “Stava per attaccare Duane, ho dovuto mettermi in mezzo…”
Morgan si sente morire.


Come vorrei che tu fossi qui, piccola.
Tu sapresti farlo. Sapresti spararmi, o spararti, me l’avevi pure chiesto. Ma come faccio io? Sei la mia donna, sei la madre del mio Duane. Come faccio a dirgli poi che ho sparato a sua madre?
Come vorrei che tu fossi qui. Cosa devo fare? Dimmelo, Jenny, tu lo sapresti!
Ormai non ci siamo altri che lui ed io. Cosa faremo, dopo che anche l’ultimo legame con questa gabbia se ne sarà andato via con te? Dove andremo?
Tutto quello che volevamo per lui. Tutto quello che sognavamo…
Se c’è anche solo una piccola possibilità, ad Atlanta, devo provarci. Tu lo vorresti, non possiamo rimanere qui in eterno. Cosa farà Duane nella sua vita?
Sono pieno solo di domande, e non ho risposte.
Vorrei che tu fossi qui.


Ce ne stiamo andando.
Lasciamo la cava. Se ieri mi hai sentito forse stai venendo qui, ma quando arriverai noi non ci saremo più. Lascerò qui un messaggio per te, e anche una mappa, attaccati a un’auto rossa, così potrai raggiungerci.
Ci dirigiamo al CCM, se c’è rimasto qualcosa dovrebbe essere lì, non credi?
Morgan, spero che tu abbia avuto ragione su quel posto, dev’essere così, ne ho bisogno.



Morgan depone il ricevitore.
Al piano di sotto Duane ancora dorme, è solo l’alba.
Lei è là fuori, come almeno altri dieci di quei morti che camminano.
Morgan accarezza ancora una volta la foto, quel sorriso che gli ha stregato l’anima.
“So distinguere perfettamente” dice a mezza voce. Appoggia il fucile alla sedia, aspetta che lei si volti, prende la mira con esattezza.
Spara.



***
Prima volta, molto sofferta, in questo fandom che mi sta mangiando il cervello neanche fosse uno walker. La mia grande passione per i Secondary Chara ha preso il sopravvento anche questa volta, ma devo dire che sono soddisfatta del tutto. Sto cercando di affinare il mio stile lavorando tantissimo su descrizioni e dialoghi, spero che i miei sforzi servano a qualcosa. Probabilmente scriverò qualche altra storia in questo fandom, nel frattempo se volete ho aperto un contest: Almost what you want to write about them!, tutto dedicato a The Walking Dead: partecipate numerosi :)
  
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