p.s. Rose Tyler nei personaggi l’ho inserita più come linea guida visto che sua presenza aleggia più che esserci fisicamente!
Il Dottore fermò il suo
maneggiare tra i cavi e
gli ingranaggi del TARDIS, soffermando il suo sguardo su Rory.
“Stai bene?” gli
chiese.
“No. L’ho
guardata morire. Non dovrei lasciarmi
toccare da questo, ma mi accade ancora. Sono un infermiere.”
“Lasciarti
toccare…sai come si chiama? Essere
vivi. E’ la cosa migliore che ci sia.” Anche
se non siete insieme. Anche se non vi potete toccare. Essere
vivi…sapere che si
sta vivendo la vita al meglio delle proprie possibilità. Non
è tutto, ma è il
meglio che si possa chiedere. “Essere vivi ora,
è tutto ciò che conta.” E
forse un giorno arriverà anche la
felicità. “Quasi finito: ancora due
minuti e partiamo. L’occhio di Orione è
tranquillo, se amate la tranquillità. Io non riesco mai a
capire davvero come
si fa, a stare tranquilli. Cosa ne pensi, cara? Dove portiamo i bambini
questa
volta?”
“Ma guardali, quei due.
Siete sempre tu e lei,
vero? Anche dopo che noialtri non ci saremo più. Un ragazzo
e la sua cabina, in
giro a vedere l’universo “ rise Amy guardandolo
trafficare con una serie di
cavi sotto la console del TARDIS.
“Beh, lo dici come se
fosse una cosa brutta.” Se non ci
fosse lei sarei davvero,
completamente solo. Perché tutti se ne vanno, prima o poi.
Chi viene lasciato
indietro, chi deve andarsene, chi mi dimentica. “Ma
francamente è la cosa
migliore che ci sia.”
Un’altra scintilla eruppe
dai cavi. Per fortuna
aveva gli occhialetti protettivi.
“Casa ha eliminato tutte
le camere da letto.
Dovrei farne una nuova per voi due. Vi piacerebbe, vero?”
Rory si chinò in avanti
per sussurrare qualcosa
all’orecchio di Amy che un momento dopo si fece avanti per
tutti e due. “Ok”
disse con determinazione. “Dottore, potremmo lasciar perdere
i letti a castello
questa volta?”
“No…i letti a
castello sono forti!” si lamentò
il Dottore continuando a dondolare sull’altalena di cavi.
“Un letto…con una
scala!” esclamò incredulo cercando di farli
rinsavire. “Non c’è niente di
meglio!”
Amy non rispose, si
limitò a fissarlo con
sguardo implorante. Rory abbandonò la testa su una mano,
girandosi poi per
guardarlo con un’espressione esasperata.
“E’ la vostra
camera da letto” si arrese allora
il Dottore. Fece un gesto, indicando la porta che portava alle stanze
da letto.
“Su per quelle scale, continuate a camminare
finché non la trovate. Via!”
I due ragazzi si tirarono su in
piedi e
cominciarono a salire le scale. Rory rallentò un secondo
prima di fermarsi. Si
chinò in avanti, appoggiandosi alla balaustra con i gomiti.
“Dottore, ma tu ce
l’hai una stanza?” domandò curioso,
corrucciando la fronte, ma Amy lo afferrò
per un braccio e lo portò via prima che potesse ricevere una
risposta.
Il Dottore si rimise gli
occhialetti protettivi.
Sospirò. Certo che ce l’aveva una stanza. Non che
ci andasse spesso. Era così
fredda. E solitaria. Collegò un altro cavo, questa volta con
successo, e
cominciò a salire le scale per tornare alla console.
Naah, perché avrebbe
dovuto stare nella sua
stanza? Non aveva bisogno di dormire, non come i suoi compagni umani.
Gli
bastava sonnecchiare quelle due orette sul sedile del pilota per stare
bene.
L’unica stanza in cui
aveva usato passare del
tempo era…si immobilizzò a meta del movimento.
Era la stanza di Rose.
Realizzarlo gli provocò
una fitta al cuore.
Quando aveva smesso? Era passato così tanto tempo
dall’ultima volta in cui era
andato nella stanza di Rose. L’ultima volta…era
stata subito dopo aver
incontrato Vincent Van Gogh. Perché aveva smesso?
Gemette, reggendosi alla console.
Perché ogni
volta che riusciva a non pensare a lei in continuazione saltava fuori
qualcosa
che gliela ricordava? Lei era felice. Nell’altro universo,
con l’altro se
stesso. Ricordava ancora così bene l’ultima volta
che l’aveva vista…mentre
baciava l’altro se stesso.
Nel corso degli anni aveva
cominciato a passare
sempre più tempo nella sua stanza, trattandola quasi come un
santuario. Stando
lì, se si concentrava abbastanza forte, riusciva quasi a
convincersi che
sarebbe entrata da quella porta da un momento all’altro. A
convincersi che non
se ne era mai andata.
Dopo essersi rigenerato si era
imposto un
allontanamento. Non poteva continuare per il resto della sua vita, lo
sapeva,
ma non aveva mai veramente smesso…fino alla Pandorica.
Più o meno. Non era stata
veramente una decisione cosciente. Aveva
semplicemente…smesso.
E ora non avrebbe potuto tornarci
mai più.
Perché la stanza di Rose aveva smesso di esistere.
Si passò una mano sugli
occhi, cercando di
contenere le emozioni. L’ultimo legame che aveva con lei che
se ne andava.
Sospirò. “Oh,
sono solo un vecchio nostalgico.
Bene! L’Occhio di Orione…o dovunque dobbiamo
andare!”
Le luci sopra la console
lampeggiarono due
volte. Il Dottore si bloccò, guardandole con sospetto.
“Sei
lì?” domandò esitante. Forse il TARDIS
non
se n’era andata del tutto.
Le luci lampeggiarono di nuovo, un
poco più
lontano, verso le cabine dove erano spariti Amy e Rory. Il Dottore fece
alcuni
passi in quella direzione, seguendo il lampeggiare delle luci e il
TARDIS emise
un ronzio di approvazione.
Il Dottore salì le scale
e camminò attraverso
gli infiniti corridoi del TARDIS, seguendo la sua guida. Si
trovò davanti a una
porta. Una porta molto, molto familiare.
Tese la mano verso la maniglia, gli
tremava un
po’. Com’è
possibile? pensò.
Spalancò la porta ed
entrò. La stanza di Rose
era intatta, come l’aveva lasciata, non era cambiato niente.
Tutta rosa, come
piaceva a lei. Un poco disordinato: i trucchi ancora aperti sul
comodino, dei
vestiti usati buttati su una sedia.
Il Dottore inspirò
duramente con qualcosa di
molto simile ad un rantolo. Gli bruciavano gli occhi. “Ma
com’è possibile?”
bisbigliò esitante, incredulo. Era un miracolo.
Oh, non
so… gli
sembrò di sentire una voce riecheggiare nella sua mente. Forse perché è una di quelle
poche stanze di cui ho fatto un triplo
backup. Tanto per sicurezza. Non è certo una stanza che
possiamo permetterci di
perdere, mio splendido idiota. Era la mia figlia dorata dopotutto. Ciao
ladro.
Ciao Dottore.
Il Signore del Tempo si
coprì il volto con una
mano, lasciò l’altra, tremante, accarezzare i
piedi del letto di Rose. La sua
stanza era ancora qui: il TARDIS l’aveva salvata. Per lui.
L’ultimo legame con
lei. L’ultimo legame con Rose Tyler, che continuava a vivere
la più bella delle
vite in un altro universo. Perché essere vivi, anche se
distanti, è la cosa
migliore che ci sia. Soprattutto se sei felice.
Uscì dalla camera e si chiuse la porta alle spalle. Trattenne le dita sulla maniglia della porta per qualche secondo, dando l’ennesimo addio. Quante volte avrebbe ancora dovuto dirle addio? E, quietamente, tornò verso la cabina di pilotaggio.