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Autore: Larrystattoos    23/02/2013    3 recensioni
Caro Louis,
è già passato un mese da quando te ne sei andato, lasciandomi solo con i miei incubi. Perché l’hai fatto, Lou? Ora so i motivi, ma non riesco a farmene una ragione..
LARRY, what else?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Louis,
è già passato un mese da quando te ne sei andato, lasciandomi solo con i miei incubi. Perché l’hai fatto, Lou? Ora so i motivi, ma non riesco a farmene una ragione. Tu sei sempre stato quello forte tra noi due, quello che riusciva a sopportare meglio questa situazione. Non posso credere che hai deciso di mettere fine alla tua vita, e con essa hai messo fine a quella della tua famiglia, a quella di Liam, Zayn e Niall, alla band.. Alla mia vita. Soprattutto alla mia. Eri tu la mia vita, e lo sai. Io non sono forte, non più, non senza te. E mi hai lasciato qui, da solo, con il ricordo di te bianco, freddo e immobile, e i sensi di colpa per non essere riuscito a salvarti.
 
Ricordo tutto di quel giorno, come potrei dimenticarlo? Mi dicesti che Niall aveva bisogno di te e dovevi andare. Mi hai salutato con un bacio e mi hai detto: “ti amo e ti amerò sempre, non dimenticarlo mai.” Dopo ore che non ti vedevo tornare, ti ho chiamato. Ti ho chiamato tante volte, ma non hai mai risposto. Così, ho chiamato Niall. E sai lui cosa mi ha detto? Di non averti mai chiamato e che tu non eri passato da lì. Non sapeva nulla. Ho iniziato a preoccuparmi. Perché mi avevi mentito? Perché usare una scusa per andartene, e poi non farti più sentire? Ma soprattutto, perché non rispondevi al telefono? Decisi di uscire, di venirti a cercare. Fuori c’era la tua macchina. Sei andato a piedi? O hai preso un taxi? Le chiavi della macchina erano inserite nel quadro, e sul sedile c’era un biglietto: “vieni al nostro posto. Ti amo tanto riccio. xx Lou”. Sapevo a cosa ti riferivi. Il bungalow. Quello del nostro bacio, della nostra prima volta, il posto dove ci rifugiavamo quando volevamo stare da soli. Così, sono venuto lì, carico di aspettative. Magari volevi farmi una sorpresa. Mi sbagliavo. Appena arrivato al bungalow ti ho chiamato, ma mi ha risposto soltanto l’eco della mia voce nelle stanze quasi vuote. Ho iniziato a preoccuparmi sul serio. Ti chiamavo, ti cercavo nelle stanze, continuavo ad urlare che non era un bello scherzo. Quando poi ti ho trovato in bagno, seduto sul pavimento, eri ancora vivo. Eri in stato di semincoscienza, ma mi hai salutato con un sorriso, anche se si vedeva che ti costava molto. Non capivo. Solo quando ho visto il flacone vuoto vicino a te ho compreso appieno il tuo gesto. Non so come, ma ho chiamato subito un’ambulanza. Mi sono stupito della mia freddezza. Poi mi sono avvicinato e cautamente ti ho preso in braccio. Tremavi. Mentre ti portavo sul letto, ho iniziato a piangere e a chiederti ripetutamente: “Perché?”. Tu non rispondevi, eri troppo debole per farlo. Ma quando ti ho appoggiato sul letto hai parlato. O meglio, hai sussurrato. Udivo appena ciò che dicevi. Ricordo tutto quello che mi hai detto: “Harry.. Scusa. Sii.. Forte.. Fallo per me.” Nel frattempo è arrivata l’ambulaza. Tu mi hai detto “Abbracciami”, e io l’ho fatto, ti ho tenuto stretto a me, tremando, piangendo e sperando. I soccorsi erano arrivati, qualche speranza c’era.. Speranza vana. Mentre urlavo ai medici per fargli capire dov’eravamo, tu, con le poche forze che avevi, mi hai stretto, mi hai guardato negli occhi, e, con un ultimo sorriso, mi hai detto: “Scusami. Addio, Harry. Ti amo.”. I tuoi occhi si sono fatti vitrei, il tuo corpo si è accasciato contro il mio, e le tue mani, prima appoggiate sui miei fianchi, hanno lasciato la presa. Il tuo cuore aveva smesso di battere. Ed io avevo smesso di vivere.
 
Non appena i medici sono entrati, ti hanno strappato dalle mie braccia ed hanno constatato che eri morto. E io ho urlato, ho urlato fino a non avere più voce, fino a sentirmi male. Poi, sono svenuto. Quando mi sono svegliato ero in ospedale. Erano tutti lì, con le lacrime agli occhi: la mia famiglia, la tua, i ragazzi. Mancavi solo tu. Ed io, forse stordito dai farmaci, ho chiesto dove fossi. Nessuna risposta, Jay è uscita di corsa dalla camera, piangendo, Gemma era abbracciata a Lottie e mia madre mi ha guardato con le  lacrime agli occhi. Poi ho ricordato. Tu non c’eri più, ci avevi lasciato, avevi mollato la presa, mi avevi abbandonato da solo e senza un appiglio. Ho ricominciato a piangere e ho chiesto a tutti di lasciarmi solo. Quando si sono decisi a lasciare la mia camera mi sono sfogato. Ho pianto come non avevo mai fatto in vita mia, poi ho staccato i fili delle flebo e dei macchinari e ho incominciato a prendere a pugni e calci tutto quello che trovavo davanti, urlando. Alcuni medici sono entrati a calmarmi, ma non ce n’è stato bisogno. Sono svenuto di nuovo. Mi sono risvegliato solo a notte fonda, con il desiderio di rivederti per un’ultima volta. C’era mia madre in camera con me, le ho chiesto dove fosse il tuo corpo. Lei inizialmente non voleva dirmelo, poi ha ceduto. Sa che quando mi metto una cosa in testa non cedo facilmente. Soprattutto se si tratta di te. Così, il mattino seguente, mi sono ritrovato di fronte la nostra casa, impaziente e timoroso di entrare. Perché lì ti avrei rivisto per l’ultima volta, proprio nel luogo in cui ci siamo amati, coccolati, abbiamo litigato tante volte e poi fatto subito pace, in cui abbiamo vissuto tutto. Nel mio cuore e nella mia mente regnavano mille sentimenti contrastanti: la voglia e la paura di vederti, il terrore di ricordare, di ferirmi ancora di più, eppure quel malsano desiderio di soffrire, perché sapevo di meritarmelo.
Rimasi fermo davanti la porta per un po’, indeciso sul da farsi. Poi, mi feci coraggio ed entrai. Subito un’onta di ricordi mi invasero la mente. Quel luogo era pregno di noi, tutto urlava il nostro amore. Era rimasto tutto come l’avevo lasciato. I vestiti sparsi sul pavimento. I piatti sporchi. La coperta sul divano. Il dvd che dovevamo guardare, quel giorno che te ne sei andato. Cioè, il giorno prima. Era passato soltanto un giorno, ma mi sembrava di aver vissuto mille volte.
Dopo aver girato tutto il piano terra, decisi di salire al piano di sopra, dove c’erano il bagno e la camera da letto. La nostra camera. Quella dove sei ora. Entrai prima in bagno. Anche lì era rimasto tutto invariato. Il box doccia aperto, il  pavimento pieno di macchie di acqua ormai asciutta, lo specchio schizzato e  sporco, i ripiani del bagno in disordine. Non sei mai stato granchè ordinato. Presi in mano il tuo profumo e lo annusai. Era bello, molto bello, ma era l’odore della tua pelle che lo rendeva davvero speciale. Senza, è un profumo qualsiasi. Mentre ci pensavo, una lacrima scese sul mio viso. Mi guardai allo specchio: un ragazzo con una massa disordinata di quelli che dovrebbero essere capelli, gli occhi lucidi, gonfi e rossi, le guance chiazzate e scavate e le labbra screpolate. Questa fu l’immagine che mi restituì lo specchio. Questo ero io, questo sono io, senza te.
Mi sciacquai la faccia, presi un bel respiro, ed entrai in camera. C’era puzza di chiuso e di morte, eppure mi sembrava di sentire il tuo profumo. Le persiane erano chiuse ed entrava solo un filo di luce. Chiusi la porta e mi avvicinai al letto. Ti avevano chiuso gli occhi e ti avevano rivestito. Indossavi uno smoking nero, e da sotto avevi una delle tue solite maglie a righe. Sul tuo volto pallido c’era ancora l’ombra di quel sorriso che mi avevi rivolto poco prima di morire. Il pensiero che quel sorriso fosse per me mi fece sorridere mestamente e scendere una lacrima. Presi una sedia e l’avvicinai al letto. Ti presi la mano. Era fredda e inerte, come te. Come il tuo cuore. E come il mio, da quel giorno. Ti guardai a lungo. La morte non aveva scalfito la tua bellezza, anzi, ti aveva reso ancora più perfetto. Osservai ogni piccolo particolare del tuo volto, per imprimerlo nella mia mente, perché volevo ricordarti perfettamente, per sempre. Rimasi così per un tempo infinito, stringendo la tua mano e vagando con gli occhi su di te. Poi, iniziai a cantare. Cantai la mia canzone preferita, la nostra canzone: Moments. Era incredibile come fosse perfetta per quella situazione.
“Shut the door, turn the light off 
I wanna be with you, I wanna feel your love 
I wanna lay beside you, I cannot hide this 
Even though I try.”
Ero chiuso in quella stanza con te, desiderando di sentirti di nuovo dire che mi ami, e di sentirmi amato, completo. Mi alzai e mi sedetti sul letto, appoggiando la schiena alla testata, e ti presi tra le braccia, facendo in modo che la tua testa fosse appoggiata al mio petto, e iniziando ad accarezzarti i capelli; cosa che facevo sempre e che amavi, continuando a cantare.
“Heart beats harder, time escapes me, 
Trembling hands touch skin 
It makes this harder
And the tears stream down my face.”
Avevo iniziato a piangere, mentre ti stringevo forte al mio petto. Le mie mani tremavano e il mio cuore batteva forte, come se avesse voluto sfondare la mia cassa toracica ed entrare nella tua, per farti riprendere a vivere. Continuai ad accarezzarti i capelli, mentre proseguivo la canzone.
“If we could only have this life for one more day, 
If we could only turn back time..”
Se avessi potuto passare un giorno in più con te, se avessi potuto impedirtelo.. se potessi, morirei io al posto tuo, pur di farti tornare a vivere.. Eri troppo perfetto per morire, eri troppo puro, troppo dolce, non dovevi farlo!
“You know I'll be your life, your voice, your reason to be 
My love, my heart is breathing for this 
Moment, in time, I'll find the words to say 
Before you leave me today.”
Mi dicevi sempre che ero la tua vita, il tuo sorriso, il tuo amore; me l’hai dimostrato tante volte. Ma non è servito a tenerti qui, con me.. Forse è stata colpa mia che non ti ho dimostrato abbastanza quanto ti amassi, forse avrei dovuto fare qualcosa di più.. Se tu non mi avessi lasciato l’avrei fatto. Te lo giuro.
“Close the door, throw the key 
Don't wanna be reminded, don't wanna be seen 
Don't wanna be without you, my judgement's clouded 
Like tonight's sky.”
Mentre cantavo questo assolo, pensavo di volerti raggiungere, magari con lo stesso metodo, o in un modo più doloroso. Perché merito il dolore. Merito di soffrire. Poi però ho pensato alla reazione delle nostre famiglie e della tua. Dopo aver perso me, avrebbero subito perso anche te. Sarebbe stato un colpo troppo duro. Non potevo farlo. Non ancora.
Iniziai a tremare prima di iniziare a cantare il tuo assolo, e le lacrime, se possibile, scesero ancora più copiose.
“Undecided, voice is numb, 
Try to scream out my love 
And it makes this harder 
And the tears stream down my face..”
Ormai singhiozzavo, non riuscivo quasi a respirare, la mia voce si ruppe più volte e il tremore non accennava ad abbandonarmi. Nonostante ciò, continuai a stringerti forte e a cantare.
“If we could only have this life for one more day 
If we could only turn back time.. 
You know I’ll be your life, your voice, your reason to be 
My love, my heart is breathing for this 
Moment, in time, I'll find the words to say 
Before you leave me today.”
Alla fine del ritornello mi fermai, perchè non ce la facevo più, il dolore era così forte da impedirmi quasi di respirare. Attesi diversi minuti, poi, qunado i singhiozzi si fecero meno violenti, continuai a cantare.
“Flashes left in my mind 
Going back to the time, 
Playing games in the street,
Kicking balls with my feet.
Dancing on with my toes 
Standing close to the edge 
There's a pile of my clothes 
At the end of your bed.
As I feel myself fall 
Make a joke of it all.”
Mentre cantavo questa parte i ricordi invasero la mia mente. Il giorno in cui ci siamo conosciuti. Il bootcamp. Il giorno in cui ci hanno unito come band, insieme e Liam, Zayn e Niall. Le settimane a X-Factor. Il nostro primo, timido, perfetto bacio. Le prime settimane come fidanzati. La nostra prima volta. Eravamo entrambi timorosi e incerti, ma è stata perfetta. Il giorno in cui ti portai al mare. Ci divertimmo come bambini. Ogni singolo giorno con te. Poi ricordai quando iniziarono i problemi: la Modest che voleva separarci, Eleanor come “fidanzata” per te, e la fama da puttaniere per me. Ricordo che quel contratto, che io non volevo accettare per nulla al mondo, fu la ragione dell’unica “vera” litigata del nostro rapporto. Quando accettasti non ti parlai per giorni, poi capii che era per il nostro bene, così, misi da parte l’orgoglio e ti perdonai. Poi ancora ricordai tutti i giorni passati a casa, soli io e te, a rotolarci nelle coperte, a baciarci, coccolarci e fare i cretini. Amavo quelle giornate, perchè eravamo semplicemente noi, non l’Harry e il Louis dei One Direction, quelli che si mostrano davanti alle telecamere, ma l’Harry e il Louis i ragazzi idioti, pazzi e follemente innamorati. Quei due ragazzi che non conosce nessun altro. La consapevolezza che non avrei potuto passare un’altra giornata del genere mi fece rabbrividire, e piangere ancora. Ricordai il giorno in cui decidemmo di fare il coming-out, ma non ce lo permisero. Quello stesso giorno andammo dal tatuatore, insieme, e io mi feci tatuare “won’t stop till we surrender..”. Il nostro piccolo coming-out. A quello seguirono altri tatuaggi, uno più esplicito dell’altro, e, dopo un po’, iniziasti a fartene anche tu, ad incidere sulla pelle il nostro amore, pur odiandoli. Ricordai gli scherzi e le frecciatine, tutti i baci rubati, le parole sussurrate, i gesti per alcuni insignificanti, ma che per noi valevano tutto.
Poi ricordai anche il periodo da cui la nostra vita è cambiata. In peggio. Davanti alle telecamere non potevamo più guardarci, né sederci vicini, i nostri account Twitter erano controllati, le fan che avevano capito qualcosa bloccate. Ricordo ancora la tua reazione al tweet in cui i manager scrissero che la nostra relazione era un grosso carico di stronzate: ti arrabbiasti, prendesti a calci tutto, urlasti.. Ma non piangesti. Tu eri troppo forte per piangere. O almeno, lo sembravi. Perché altrimenti saresti ancora qui, con me.
Tutti questi pensieri ronzavano nella mia mente, mentre finivo la canzone. Poi, mi abbandonai al pianto. Dopo un tempo indefinito, bussarono alla porta. Non risposi e non mi mossi. Bussarono una seconda volta. Con la voce arrochita dal pianto dissi di entrare. Era tua madre, che quando ci vide così, con me che ti stringevo forte, sorrise abbandonandosi alle lacrime. Mi disse di scendere, che ero stato tutto il giorno chiuso qui dentro con te e che avevo bisogno di mangiare e di riposare. Non mi ero accorto che fuori era fatto buio. Il nostro ultimo giorno insieme era finito. Jay mi disse che domani si sarebbe svolto il funerale. Queste parole mi fecero sussultare. Non volevo lasciarti andare, non ancora, non ero pronto. Ma sapevo che era necessario.
Dissi a tua madre di voler dormire con te per l’ultima notte. Lei non era d’accordo, ma io ero deciso a farlo. Perciò lasciai la stanza per permetterle di stare ancora un po’ con te, da sola. Scesi in salotto, dove trovai mia madre. Era preoccupata per me, si vedeva. Cercò di farmi mangiare, ma mi rifiutai. Non ce la facevo proprio. L’angoscia e la tristezza che avevo dentro mi riempivano come e più del cibo. Quando scese tua madre, tornai a chiudermi in camera con te. Mi stesi vicino al tuo corpo, con la testa poggiata sul tuo petto e le braccia a cingerti i fianchi. Feci passare un tuo braccio dietro la mia schiena, come se mi abbracciassi, come facevi sempre. Sembrava un po’ come tutte le notti passate insieme, tranne per un tutt’altro che piccolo e insignificante particolare: il tuo petto freddo e immobile, e la mancanza del battito regolare del tuo cuore. Era la mia ninnananna. Ora non ho più neanche quella.
Passai l’ultima notte con te così: abbracciato a te, mentre ti guardavo, ti sfioravo, ti baciavo. Ti baciavo le mani, la fronte, i capelli, le guance.. Ma non le labbra. Non chiusi occhio e non piansi, mi limitai a sentirti mio un’ultima volta. E ogni tanto cantavo. Ho cantato tutte le nostre canzoni, e tutte le tue canzoni preferite. Sai, ogni tanto mi sembrava di sentirti cantare con me, e la tua voce era ancora più bella, dolce.. Era angelica. Te lo dicevo sempre che il tuo posto era tra gli angeli, e tu sorridevi e mi dicevi che il tuo posto era accanto a me, poi mi baciavi. Ma se il tuo posto era con me, allora perché hai deciso di suicidarti e di lasciarmi solo? Perché, Lou?
La mattina arrivò presto, troppo presto. Mia madre mi disse di uscire e di prepararmi e che tra poco il tuo corpo sarebbe stato deposto nella bara. Fu allora che decisi che dovevi avere qualcosa di mio e qualcosa di nostro, con te, per l’eternità. Mi slacciai la collana, quella con l’aeroplanino di carta che amavi tanto, e te l’allacciai al collo. Poi recuperai una nostra foto dal comodino. Quella che ci fece Niall quel giorno a casa sua, mentre giocavamo, quando tu mi saltasti addosso baciandomi. Ricordi? Ecco, ora quella foto è nel taschino della tua giacca, esattamente sul cuore. Spero tu sia felice di averla con te. Poi ti baciai sulle labbra fredde e ti dissi: “Addio amore mio.”, ti guardai un’ultima volta e lasciai la stanza.
 
Quel giorno riuscii a rimanere forte per tutta la funzione, ma quando la tua bara scivolò nella buca, Liam dovette trattenermi per impedire che corressi verso di te.
Piansi, mentre cantavamo per te, un’ultima volta. I One Direction senza Louis Tomlinson non sono più i One Direction. So che vorresti che continuassimo, che non sprecassimo così i nostri talenti, ma non ne abbiamo la forza. Scusaci.
 
Da quel giorno non sono più lo stesso. Se gli altri cercano di riprendersi e andare avanti, io non ce la faccio. Tutto è peggiorato quando ho trovato la tua lettera. Davvero mi hai lasciato perché non ce la facevi più con tutta la pressione che ti mettevano addosso i manager, perché non riuscivi più a stare in silenzio, non volevi mentire più a nessuno, e perché avresti voluto che la nostra carriera, la nostra vita andasse diversamente? Potevi parlarmene, lo sai. Avremmo risolto tutto insieme come sempre. Ma no, tu sei (eri) troppo orgoglioso per parlare e per chiedermi aiuto! Ti ho odiato, tantissimo, dopo aver letto quella lettera, ma allo stesso tempo non ho smesso neanche un secondo di amarti. Non posso farlo. Ho iniziato a sentirti, a sentire la dolcezza della tua voce, il calore del tuo corpo, la tua bellissima risata; quando nella lettera continuavi a ripetermi che mi amavi, che ti dispiaceva lasciarmi così ma non ce la facevi più, che avresti voluto andassi avanti anche senza di te. Non ce l’ho fatta, Lou, scusa.
Dopo quella volta mangiai pochissimo, non lasciavo il letto se non per venire alla tua tomba, non volevo vedere nessuno. Mi chiusi in me stesso. Fino al giorno in cui capii che dovevo raggiungerti, che con i miei gesti ferivo le persone a me più care più di quanto volessi, che la mia morte avrebbe risolto le cose. Dopo aver preso questa decisione mi sentii subito meglio, e decisi di passare gli ultimi giorni della mia vita con la mia famiglia e i ragazzi. Sembravano tutti felici, pensavano mi stessi riprendendo. Non sapevano cosa avessi in mente, e non lo sanno neanche ora. Mi sento un egoista e un pezzo di merda ad illuderli così, ma volevo un briciolo di “normalità” prima di unirmi di nuovo a te.
 
Il “gran giorno” è arrivato. Sono seduto accanto alla tua tomba, mentre scrivo questa lettera. Te la lascio qui, tra le milioni che hai ricevuto. Se mai qualcuno la leggerà, capirà quanto forte era il legame che ci univa. Prima di venire qui sono passato a prendere le pillole. Alla fine, ho deciso di morire nel tuo stesso modo. Quando andrò a casa indosserò i tuoi vestiti, per sentirti ancora più vicino.
Sono passati 30 giorni da quando sei morto, ma sono sembrati un’eternità. Tra poco ti raggiungerò e staremo insieme, per sempre. Ho lasciato il mio cuore in questa lettera, te lo affido. E’ sempre stato tuo e lo sarà per sempre. Ora vado, ci vediamo presto.
Ti amo, a dopo.
Harry xx
  
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