Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Lelusc    24/02/2013    0 recensioni
1791, dopo una decisione difficile che la porterà ad una nuova vita, Dafne va incontro a un travolgente cambiamento e non solo di paese,ma anche nello di stile di vita e nel comportamento e in altro, tutto dipende da... non lo dico,dovrete scoprirlo voi. Cosa accadrà mai?
Scopritelo e vi spronerei a farmi delle recensioni, qualunque esse siano,anche di due righe, per chi normalmente non le fa, o non piace farle. grazie per le vostre future recensioni Lelusc.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve, sono sempre io l'autrice e ho già scritto molte storie romantiche e sopranturali, spero le legiate e ditemi cosa ne pensate,ma ora vorrei chiedervi un parere solo su questa storia,sopratutto sprono chi di solito odia fare recensioni o non le fa, ha farle,perchè ogni recensione, sia positiva che negativa mi aiuterà ad andare avanti con la storia e a scrivere sempre meglio,grazie per le future recensioni,un bacio e un abbraccio,Lelusc. 

“Salve, io sono Dafne”

“Daf per gli amici”

“vivo nella a Parigi, del 2012”.

“e ho diciotto anni dal 1791”

“com’è possibile?” “Vi chiederete voi ”

“Beh se me lo avessero detto a me avrei posto la vostra stessa domanda”

“ ora, vi racconto com’è successo”

Ero una delle figlie di Theodor Termobi un agricoltore e di Dora Termobi ex fornaia faceva i dolci e il pane più buoni del paese, o almeno a parer mio, sono nata dopo mia sorella Denise e dopo la differenza di tre anni è nata mia sorella Katerina,abitavo in un paesino dell’America, dove ora c’è S. Louis, con tutta la mia famiglia.
Dopo tanti anni e tanti sforzi mio padre riuscì a diventare ricco, grazie alle sue vaste e fruttuose piantagioni di cotone e ai grandi frutteti e senza dimenticare anche tutti i derivati del nostro ottimo latte.
Io a quel tempo ero spensierata e allegra soprattutto in un preciso giorno il 21 marzo del 1791 il giorno del mio diciottesimo compleanno ero a dir poco euforica, ed è da lì che cominciò tutto.

“Signorina Dafne, signorina Dafne, dove siete?” “Sono qui signora Cresi” bene la signora Cresi iniziamo da lei.
Lei era la mia governante, una donna molto dolce e comprensiva forse fin troppo, certe volte e mi s’incollava come fosse miele.
 “Ah eccola signorina Dafne, è qui, che state facendo?” “stavo finendo di leggere il mio libro mi mancano poche pagine “ah giusto per la cronaca, quel libro non riuscii a finirlo” “Capisco signorina ma lasciatelo un attimo in sospeso e ritornato, vostro padre”.

Mio padre allora era stato via un’intera settimana per vendere la merce da noi prodotta e aveva fatto di tutto per arrivare in tempo per il giorno del mio compleanno, così mi alzai dal divano rosso rubino della mia stanza e corsi contenta verso il portone della villa, impaziente di riabbracciare mio padre.
Fuori c’erano già le mie sorelle Denise e Katerina ad attendere, arrivai appena in tempo per scorgere da lontano la carrozza di mio padre passare, in mezzo a verdi e rigogliosi alberi, su di una stradina di terriccio.

Quando arrivò in cima alla collina dove sorgeva la nostra villa, la carrozza si fermò davanti al grande portone, il valletto aprì lo sportello  e un grosso omone scese, era vestito con una camicia beige di cotone, dei pantaloni marrone scuro che gli fasciavano il robusto e abbronzato corpo statuario, anche perché quell’uomo non era uno sciocco e scialbo ricco che faceva lavorare solo la servitù.
Lavorava anche lui nelle piantagioni, ecco perché era così abbronzato. Aveva i capelli corti color cioccolato con qualche striatura d’argento e lo stesso nella barba e nei baffi meticolosamente curati.

 Era mio padre, appena scese si ritrovò tutte e tre noi figlie davanti alla porta e ci sorrise. “ecco le mie dolci ragazze, ho dei regali per voi, ma ne ho due per la mia festeggiata che oggi compie gli anni” si girò verso la carrozza e da dentro tirò fuori un pacco bianco di media grandezza legato con un bel fiocco rosso e me lo porse, felice lo presi e lo strinsi al petto “questo è un regalo, ed ecco il secondo” “vieni Fabian, puoi scendere”

Rimasi paralizzata quando vidi un giovane alto e slanciato uscire dalla carrozza, era un figo da paura, come si suon dire in quest’era, ma io in quel tempo pensai fosse davvero bello, ma non mi sfuggì l’intento di mio padre e davanti a quel giovane sbiancai.

Sentii dietro di me le mie sorelle ridacchiare e sussurrare fra loro, ma io non le ascoltai e decisi di fare la mia parte nel teatrino e mentre il giovane mi si avvicinava mi girai verso mio padre e lo fulminai con lo sguardo, poi riportai l’attenzione al giovane, che ormai era a pochi passi davanti a  me.
 “Siete davvero bellissima signorina Dafne” mi disse con la sua voce melensa e prese qualche punto per a suo favore via del suo complimento, ma tranquilli perché poi li perse tutti “per me è un piacere conoscervi signor Fabian” “oh signorina datemi del tu” poi fece ciò che prima non aveva fatto mi prese la mano e me la baciò, una cosa che normalmente non passa per la mente a nessun gentiluomo, se sa che prima eri una semplice contadina.

 Notai con piacere che le mie sorelle erano rimaste a bocca aperta e trattenni un sorriso di soddisfazione, perché in quel momento poteva essere interpretato male “Bene dopo le dovute presentazioni vorrei che entraste in casa per il pranzo” disse mio padre “come desiderate signor Theodor ” disse il ragazzo “oh per carità chiamatemi solo Theodor” il ragazzo annuì ed entrammo in casa, io volevo solo sparire, invece di fingere di fare quel gioco, ma aimè non potei.

Entrati, mio padre ordinò alla cuoca Anna di preparare il suo famoso pranzo per i momenti importanti e con riluttanza Anna eseguì, anche lei aveva capito cosa stava succedendo, infatti prima di andare nelle cucine mi lanciò uno sguardo di comprensione.
 Anna era la mia cuoca, anche lei era molto dolce e mi conosceva più di tutti gli altri,da piccola quando andava a fare la spesa mi comprava sempre qualche caramella che poi mi dava di nascosto, così che potessi mangiarle solo io senza dividerle con le mie sorelle, non sono molto sicura che a quel tempo Denis non lo sapesse, o forse faceva finta di niente, comunque dopo che Anna andò in cucina mio padre fece accomodare Fabian sul divano e gli offrì del whisky, poi si sedette a sua volta e anche io rassegnata mi sedetti su di una poltrona, distante da entrambi,invece le mie sorelle erano già sparite di sopra, traditrici!

Potevano almeno darmi una mano, ma adesso indubbiamente,non me ne frega niente, questo è il passato ora sono al presente, non so nemmeno che fine abbiano fatto.
Dopo aver parlato un po’ e dopo che mio padre ebbe spifferato tutti i fatti miei a Fabian, Anna venne a chiamarci per il pranzo così andammo a sederci, mio padre sedeva sempre a capo tavola e accanto a me per mia disgrazia avevo proprio Fabian e mia sorella Denis che a cena non parla quasi mai, parla solo per chiedere “mi passi il sale o mi passi l’insalata”sempre le stesse cose e ancora adesso a distanza di anni non capisco perché, non era timida allora cosa?

 Comunque, da quando Anna servì a tavola, mi ritrovai con accanto, una muta e un ragazzo che non faceva altro che parlare anzi pavoneggiarsi e mio padre che non faceva altro che reggergli il gioco, invece io quella che secondo loro doveva sentire tutte le spacconate e tutte le cose che sapeva fare, stavo con un martellante mal di testa e con una grande nausea per l’individuo che avevo accanto, tanto che non mangiai che un pezzetto di pane bianco e del uva, invece notai che anche le mie sorelle non avevano toccato poi tanto, forse per le troppe chiacchiere o forse perché disgustate anche loro.

Alla fine del pranzo io non avevo toccato niente e avevo, un mal di testa terribile, mettemmo una carrozza a disposizione di Fabian che sene andò e subito ascoltai la bellissima tranquillità e feci un sospiro di sollievo, ma per poco, perché dovevo ancora discutere con papà di quel ragazzo.

Così mi diressi all’ufficio di mio padre e bussai alla porta “papà sono io, posso entrare?” “si tesoro entra pure” appena entrata lo trovai con in mano dei fogli che evidentemente prima stava leggendo e con un calice di vino nel altra “padre vorrei parlare con voi di una cosa importante” “si tratta di Fabian vero? Non mi è sfuggita la tua occhiata stamani, davanti alla carrozza” “si padre proprio di lui si tratta, ho capito cosa volevate fare ma io non intendo sposarmi ancora” “e perché mai?” “perché non voglio e non sono pronta” allora mio padre si alzò e bevve un sorso di vino “ma figliola, è un conte e già tanto che la sua famiglia abbia accettato che diventasse tuo marito, sai bene che eri una semplice contadina prima”

“Si padre, ma” mi fece cenno con la mano per fammi tacere e continuò “ e poi  con la sua famiglia possiamo allargare la nostra e vivere meglio, essere più ricchi” “no padre, non voglio sposarmi solo per soldi, ho per in titolo nobiliare o per estendere le piantagioni o Dio sa solo cos’altro, non voglio, non lo accetto” mi guardò arrabbiato e mi disse trattenendo la rabbia a stento “io lo faccio per te, per voi, siete le mie figlie dovete vivere meglio di quanto ho vissuto io, spaccandomi la schiena nei campi, quindi la discussione è chiusa, tu sposerai il Conte Fabian e basta, è tutto deciso per la prossima settimana, quindi ti consigliò di conoscerlo meglio in tutto il tempo che ti rimane” poi bevve tutto in un fiato il vino e mi diede le spalle e si risedette a leggere i suoi stramaledetti fogli, in collera con lui e disperata corsi via sbattendo la porta e andai dalla sola persona che mi potesse consolare, chi?
 Vi chiederete voi, le mie sorelle? No, andai da Poll un semplice stalliere, ma la cosa poteva anche essere tralasciata, la cosa importante è che era un mio amico, che mi aveva sempre aiutato, fin da quando si era trasferito da noi per occuparsi dei cavalli.

Era un ragazzo dolcissimo e gentile, io stavo benissimo con lui e mi teneva su il morale come nessun altro sapeva fare, durante la mia adolescenza era sempre stato con me, mi aveva insegnato a cavalcare a trovare le piante medicinali a coltivare, tutte le piccole cose che io non avrei dovuto sapere, ma che imparai con piacere e in allegria insieme a lui, invece di stare con le mie sorelle che non facevano altro che  spendere i soldi per abiti, cappellini, ombrellini para sole, scarpe e altro.

Poll come all’solito stava nella stalla intento a strigliare i cavalli, la porta della stalla era socchiusa, quindi entrai, Poll mi vide e lasciò cadere per terra la spazzola e mi prese tra le braccia quando i ci buttai “che cosa è successo?”in quel momento non riuscii a rispondergli tra i singhiozzi “dai calmati Daf ti prego” e cominciò ad  accarezzarmi i capelli, Poll aveva due anni più di me e oltre ad essere un amico era anche un fratello per me, anche se non ero sicura che lui pensasse la stessa cosa di me, mio padre quando aveva saputo che stavo molto con lui e che era diventato mio amico mi aveva vietato di stare con lui, anche se non aveva problemi, perchè  anche noi eravamo poveri prima, ma da quando eravamo diventati ricchi dovevamo comportarci come tali, non stare ne parlare con la servitù più del necessario, ma io non gli diedi retta e alla fine si rassegnò,la figlia aveva un amico stalliere.

Tanto alla gente del paese non interessava, sapevano com’era Poll e quanto aiutasse e conoscevano anche me e i ricchi non stavano in paese a guardare proprio noi quando passavamo, evitavano di andare in mezzo alla plebaglia. 

Poll mi cinse la vita con un braccio e mi accompagno in casa sua e di Anna, sua madre e mi fece sedere al tavolo, dove nel bel mezzo c’era un vaso di rose bianche, che emanavano un dolcissimo profumo.

“Lo vuoi un tè? E poi mi racconti cosa è successo, sai ho dei tè nuovi” annuii mentre ancora piangevo e singhiozzavo.
Andò sul retro, dove c’era un pozzo e quando ritornò avevo ancora il volto rigato di lacrime, ma avevo smesso di piangere e cominciai a guardarlo.
Mi piaceva come si muoveva, così sicuro ,calmo,posato, mi dava serenità.

 Quando Poll si accorse che non piangevo più,si girò e mi fece un dolce sorriso,poi mise il pentolino con l’acqua  sul fuoco e posò sul tavolo tre vasetti con dentro ognuno dei piccoli fiorellini e petali secchi,tutti colorati “sono dei tè, scegli i fiorellini che ti piacciono di più” detto questo aspettò la mia risposta, guardai ogni vasetto uno li conteneva rosa, un altro gialli e l’ultimo bianchi “quelli rosa” gli dissi con voce bassa, quasi in un sospiro, come se faticassi anche a dire solo un parola.

“Bene sentirai che buon tè ti preparo” e si rigirò verso i fornelli e mentre aspettava che l’acqua si riscaldasse prese delle tazze con decori floreali disegnati sopra e si sedette al tavolo di fronte a me.
 “Dimmi cosa è successo, chi è stato a farti piangere così?” “è stato mio padre, è ritornato qualche ora fa, giusto in tempo per il mio compleanno” Poll vedendo che non parlavo più mi spronò “e allora?” “ mi a portato due regali” “e quindi?  Fino a qui non mi sembra ci siano brutte cose” “si, il primo regalo lo apprezzo molto, davvero, sono certa sia un abito, ma il secondo lo disprezzo immensamente” e ricomincia a piangere, certo che allora ero proprio debole e piangevo in continuazione, invece di questi tempi basta rispondere con parole taglienti  e colorite, ma sempre scelte con intelligenza e  hai tutti ai tuoi piedi.

 Invece allora eri sottomessa,non avevi molta parola, come cambia il mondo,comunque Poll in quel momento fece una cosa che se ci ripenso mi fa ancora sciogliere, anche se adesso sembrerebbe una sciocchezza, mi porse un fazzoletto per asciugarmi le lacrime,poi con  timore e cautamente mi strinse a se in un delicato abbraccio, in quel momento mi ci voleva proprio e a quel gesto scoppia a piangere più forte e con voce rotta dai singhiozzi e soffocata dalla sua robusta spalla comincia a spiegargli.

 “è che mio padre a deciso che devo sposarmi, con un uomo pieno di sé e presuntuoso, per il bene della famiglia, ma io non voglio,non sono pronta, ma non vuole sentire ragioni, pensa che sia una grande occasione, perché io sposi un aristocratico, più ricco di noi per allargare le terre, ma io non voglio sposarmi”
 Gli ripetei questa ultima frase scuotendo la testa con decisione, Poll intensifico la stretta facendomi sentire molto meglio,protetta e amata come non lo ero mai stata, quando ci lasciammo notai che era leggermente diverso e se non lo conoscessi bene e a quanto pare non lo conoscevo affatto bene, avrei detto che fosse arrossito, ma allora ero giovane e ingenua e anche se fosse stato vero non me ne sarei accorta.

  Poll riandò a vedere l’acqua del pentolino e la verso nelle tazze, poi ci butto dentro una manciata si fiorellini rosa poi uno spicchio di limone e due zollette di zucchero, sapeva benissimo come mi piaceva il te e io sapevo bene come piaceva a lui quindi.
Infine  portò le tazze a tavola “bene e il dolce che accompagna il tè ” e mi fece un cenno  verso la tazzina “alle rose” dissi dopo averlo assaggiato “bene il dolce che accompagna il tè alle rose è la torta alle fragole e prese un piatto da  sopra il piano cucina,chissà perché non me n’ ero accorta prima,la torta era bellissima le due fette di pandispagna erano divise da un denso strato di crema e fragole tagliate a pezzettini, sopra al ultimo c’era una montagna di panna e due grosse fragole messe così che sembrassero un fiore.

 “è una cosa spettacolare!” esclamai, infatti non appena la vidi mi s’illuminarono gli occhi “ma chi la fatta? Anna?” “si pochi minuti fa, non aveva niente da fare dopo aver fatto il vostro pranzo, quindi è venuta a casa e a fatto questa torta “bene, buon appetito” e cominciò a mangiarla, eravamo sempre soliti mangiare i dolci insieme, dallo stesso piatto e poco dopo avevamo già finito le nostre fette.
 Mancava solo una fragola, quella di Poll e mentre lui ancora mangiava lento come all’solito, io sorseggiavo quel delicato e dolce tè, mentre lo guardavo.

 Poll se ne accorse e mi sorrise, aveva sempre un sorriso per me, ed era sempre dolce. Poll era un ragazzo  gentile, dolce, educato, sempre pronto ad aiutare tutti e in tutti i modi possibili e io lo ammiravo per questo, poi era davvero un bel ragazzo, non che lo pensassi in senso romantico, però era vero, era del tutto puro, aveva quel sorriso così dolce che gli illuminava il viso sempre abbronzato, nonostante lui normalmente fosse chiaro, color latte per la precisione.

 Aveva gli occhi color rame sempre gentili, un colore caldo e ogni volta che lo guardavo m’infondeva la sensazione di essere abbracciata da una calda e soffice coperta e cullata e calmata, poi aveva i capelli castani ramati, ricci con riflessi biondi, lunghi fino al collo, ogni volta che lo vedevo mi veniva voglia di posargli la mano sul capo e lasciarla sprofondare nei perfetti ricci,per sentire se erano soffici come sembravano.
In effetti devo dire che era sempre stato stramaledettamente bello, anche se a quel tempo non pensavo a lui in quel modo, tutto in lui sembrava calore e conforto, forse era per quello che ci stavo tanto bene.

 Comunque ritornando a quella benedetta fragola ero rimasta lì, impalata a cercare di non fissarla, bevendo il te come se fosse stata una cosa normalissima, come respirare o camminare, poi gli sentii dire la domanda che tanto aspettavo “Daf vuoi la fragola?” e senza pensare e senza tanti complimenti annuii, spinse il piatto verso di me e  felice come una bambina di due anni a cui hanno fatto un regalo, invece che una semplice gentilezza, la infilzai  e la portai alla bocca e Poll contento come se avesse fatto una buona azione prese la tazza e cominciò a bere a sua volta.

Quando avemmo finito entrambi di mangiare sparecchiò e mi guardò  “ora che si fa? Non piangi più, missione compiuta” “a quanto pare, grazie” gli dissi“e di cosa ci sarò sempre per te, siamo amici no?”
Annuii “bene, allora che si fa” “ti ripeti Poll” gli dissi sorridendo “non lo so, che devi fare?” “Bè avrei dovuto strigliare i cavalli ma poi è arrivata una certa persona” “non so a chi ti riferisci” mi fece un sorriso che io ricambiai a mia volta “e dopo dei cavalli che devi fare?” “sono libero a meno che il padrone, tuo padre, non voglia uscire, allora dovrò montare la carrozza”
 “Si, si, ma credo non voglia più uscire, dopo avermi dato il regalo e aver pranzato si è rinchiuso nel suo ufficio e si è immerso nelle carte, credo non uscirà da li fino a tardo dì, quindi sei libero” “quindi ora vado a vedere il regalo di papà e intanto tu strigli i cavalli, poi vengo” e dicendo questo mi diressi alla porta. 

 

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Lelusc