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Autore: maraechelon    24/02/2013    1 recensioni
E io che mi ero promessa di non amare nessuno da quel giorno.
Ora, quando mi allontano da Frank mi sento quasi male.
E' come se, dal momento in cui ci siamo incontrati, la mia vita abbia iniziato ad avere senso.
D'altronde chi può resistere al suo sorriso?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 1: End of the Beginning

 

I miei occhi non vedevano altro che luminose stelle che brillavano nel cielo.

«Cos'hai?» mi disse Deb.

Le feci vedere il polso. Una sottile linea bianca interrompeva l'abbronzatura.

La mia migliore amica mi disse «Te lo avevo detto che i biondi sono stronzi». Mi strappò un sorriso tra le lacrime.

Josh. Capelli biondi, occhi azzurri, fisico statuario. Quando, in una notte calda di fine giugno, mi aveva detto di amarmi glielo avevo fatto ripetere, pensavo di sognare.

E invece no, dopo il solito pizzicotto sul braccio (per accertarmi che non fosse un semplice sogno ad occhi aperti) me lo aveva ripetuto. Quella notte tornai a casa trionfante, con il suo numero in tasca e il sapore delle sue labbra sulle mie.

Il giorno dopo incontrai Deb e le raccontai ogni secondo della notte prima.

Lei mi disse «Sono felice per te... ma lo sai quello quante ragazze ha avuto? Tra qualche giorno sarai solo una tra tante.»

Non la ascoltai. Una settimana dopo eravamo ancora insieme e io mi convinsi che non sarebbe finita mai.

Mi regalò un braccialetto in cuoio nero con una piccola gemma come pendente e mi disse di non toglierlo mai perchè quello era il simbolo del nostro amore.

Quando raccontai cosa era successo alla mia migliore amica, mi disse incredula «Forse si è rimesso la testa a posto».

Si trovò un lavoro part-time per aiutare un po' i suoi genitori. Ci vedevamo ogni giorno e passeggiavamo, mano nella mano, fino a che il sole tramontava all' orizzonte. Mi faceva ridere come nessun'altra persona aveva mai fatto. Nel pomeriggio, poi, andò a lavorare in un piccolo ristorante.

Improvvisamente il lavoro prese più tempo fino a che ci vedevamo una mezz'ora soltanto. Non sapevo più di cosa parlare con lui, ormai mi sembrava solo un estraneo con cui passavo il tempo ad ascoltare musica. Questa aveva sostituito le nostre parole. Neanche ci baciavamo più, lui doveva scappare.

Un giorno decisi di andare dove mi aveva detto di lavorare. Chiesi di lui alla barista ma mi disse che aveva lavorato lì solo due giorni.

Lui mi chiamò, penso che intuì che sapevo tutto e mi bombardava di telefonate ogni giorno.

Ma io mi sentivo vuota e quel maledetto braccialetto sembrava dirmi "lui è la fuori che continua a chiamarti e per una stronzata cosa fai? Non lo vedi più?".

Rendendomi conto che non potevo continuare così per tutta la vita, accettai la sua richiesta di vederci a cena. Chiamai Deb e dopo un pomeriggio passato in camera mia a tirare fuori valanghe di vestiti dall' armadio, scelsi un vestito marrone chiaro che metteva in risalto moltissimo i miei occhi color ambra.

Mi venne a prendere a casa e mi aprii la portiera della macchina.

Mise in moto e la radio si accese.

"Was it a dream? Was it a dream? This is the only evidence that proves it, a photograph of you and I in love..."

Sbloccai il cellulare. Sullo sfondo c'eravamo noi due che ci baciavamo e io tenevo stretto il suo viso al mio, mettendo in mostra il braccialetto che mi aveva appena regalato.

Una lacrima bagnò lo schermo e io la asciugai in fretta per non farla vedere nè a Josh, nè a me stessa.

 

Pochi minuti dopo eravamo in un piccolo ristorante italiano alle porte di LA.

Il cibo era veramente buono. Chiaccherammo facendo finta di niente, non parlammo neanche un secondo di noi due.

«Scusa vado un attimo in bagno» mi disse sorridendo ma i suoi occhi erano incredibilmente seri.

Lo vidi camminare e poi sparire dietro una porta di legno. Pochi secondi dopo gli squillò il cellulare. Lo girai verso di me. Sarah. Il mio cuore iniziò a battare sempre più forte. Schiacciai il tasto "Rispondi" e portai il cellulare all' orecchio lentamente, come se fossi la protagonista di un film horror. «Ciao amore, come stai?». Una voce flebile e stridula mi arrivò all'orecchio. Sussultai, o forse era il mio cuore che si stava rompendo piano piano. «Chi sei?» dissi con una voce strana, non sembrava neppure la mia. «Io sono la sua fidanzata, TU chi sei scusa??». Dopo un silenzio interminabile dissi «Nessuno.» e interruppi la chiamata. In effetti chi ero io per lui? Nessuno, o forse tutto ciò che quello stronzo non meritava.

«Emily, scusa ma tra noi non può funzionare. Mi sono innamorato di un'altra.»

Lui con il volto paonazzo aveva finalmente avuto il coraggio di piantarla con il fottuto teatrino.

Intanto si era accorto delle mie lacrime, dei miei occhi pieni di rabbia, del suo cellulare tra le mie mani.

Lui, da persona matura, si nascose sotto il tavolo.

Mi misi a ridere, ma la mia risata era carica d'odio verso di lui e contemporaneamente ridevo di me stessa, per la mia ingenuità, per non essermene accorta prima, per avergli permesso di continuare a fare l'attore di uno strano film ormai finito.

Tutti i clienti ci guardavano. Gli dissi di sedersi e anch'io, a fatica, feci lo stesso.

«Da quanto?» dissi. Lui guardava altrove. Mi alzai e lo presi per la giacca «QUANTO??» gli urlai in faccia. «Il giorno dopo averti regalato quello» disse indicando il braccialetto «ci siamo conosciuti». Aveva paura di me.

Mi alzai dalla sedia sicura che in quel posto non ci avrei più rimesso piede. Non riuscivo a parlare, sembrava che tutti gli insulti che un secondo prima gli avrei voluto dire erano semplicemente... scomparsi, come il sole improvvisamente in una limpida giornata d'estate sparisce dietro la linea dell'orizzonte.

«Addio» sussurrai più per me che per lui. Mi chiusi la porta alle spalle e iniziai a correre mentre le lacrime mi offuscavano la vista. Volevo solo correre il più lontano possibile da lì, volevo piangere fino a che sarei caduta sfinita sulla spiaggia. Mi fermai, con il fiatone, e guardai ancora una volta il braccialetto. Lo tolsi con rabbia, lo schiacciai sotto le scarpe come fosse una sigaretta e poi lo gettai in mare.

Le gambe cedettero. Chiamai Deb. In pochi minuti arrivò.

Qualche giorno dopo mi raccontò che aveva avuto una paura assurda: avevo i capelli scompigliati, le guancie rosse per la corsa e lo stesso gli occhi. Ma quello che la spaventò di più fu il mio sguardo: era vuoto, senza vita e fissavo il mare. Lì dentro avevo lasciato una parte di me.

Le lacrime scesero fino a che non mi addormentai, esausta.

Quella notte promisi a me stessa che non avrei mai più amato nessuno. 

   
 
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