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Autore: giugiboo    24/02/2013    0 recensioni
Una storia semplice, senza un lieto fine ma nemmeno drastico. L'unico protagonista è il pensiero di un uomo, senza grandi ambizioni, che riflette in un bar.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel solito bar, con la solita colazione, nel solito tavolo con la solita vista sulla solita città con le solite persone. L'unica cosa diversa era il giornale dinnanzi a me ma, diciamoci la verità, le notizie erano sempre le solite, non sarebbero mai cambiate. Sempre più disoccupati, la borsa che calava e i soliti crimini con i soliti rapimenti. La giornata era la solita, cielo nuvoloso con il sole che cercava di farsi largo tra le nuvole grigiastre, ma come al solito, non c'era mai segno di pioggia. Peccato, il mio giardino ne aveva bisogno. -Il solito?- Alzai lo sguardo sulla solita cameriera e anuii. -Arriva subito signore.- Nel frattempo che aspettavo la mia solita colazione con il mio solito caffé e il mio solito cornetto, contavo i minuti che mancavano per entrare in ufficio. Molti potranno pensare le solite cose "perché la gente che lavora in ufficio si lamenta, potessi lavoraci io. Loro non sanno cos'è la vera fatica". Molta gente può credere che le persone in ufficio non facciano niente, che non sollevino pedane pesanti e niente del genere, ma c'è una cosa che non hanno preso in considerazione; la fatica psicologica, che a parer mio, è la peggiore. Certo, di questi tempi, è ovunque questa fatica psicologica, ma credo che in ufficio si subisca di più. Ovviamente, chi ha il posto assicurato perché è figlio di qualcuno importante, non la subisce, ma chi ha faticato e fatica ancora per avere quel posto la subbisce eccome, perché non è nessuno. Purtroppo la società d'oggi e di ieri è ed era questa. Forse farei a cambio con qualcuno che lavora in un cantiere o un lavavetri, per scariare la rabbia su qualcosa di reale e non su dei tasti di un computer troppo consumati. Ma tengo troppo al mio lavoro per scambiarlo con qualcuno anche se, appena metto piede in quell'edificio, comincio ad essere maltrattato e criticato. -Buongiorno, è pronto per una nuova giornata di lavoro o come tutti i giorni fa il finto tonto su quella scrivania?- e come ogni volta mi dirigo nel mio piccolo ufficio ma decente a svolgere il mio lavoro tranquillamente ma con una certa pressione. 
-Ecco il suo caffé macchiato e il cornetto integrale.- Comincio a spezzare il cornetto e a gustarmelo tranquillamente, come al solito. Guardando attraverso la solita finestra osservo la gente che cammina o si ferma di fronte a vetrine piene di sciocchezze. Molte volte immagino come possa essere la loro vita e quanto sia differente dalla mia. Come ogni mattina, entra una coppia formata da due uomini, i quali si siedono, come al solito, davanti a me. -Dovremmo andarcene di qui. Non c'è niente che ci possa interessare in questa città.- dice uno. -Non sono d'accordo, è magnifico qui, e voglio farci crescere i nostri figli, come ho fatto io.- dice l'altro. L'uomo che ha parlato per primo alza gli occhi al cielo e sbuffa rumorosamente. -E per quale motivo dovrebbero diventare come te? Così vuoto e senza sogni? Perché dovrebbero limitarsi a stare in questa città che non ha niente di speciale rispetto alle altre?- L'altro girò lo sguardo verso la finestra cercando di trattenere i visibili pugni sul tavolo. -Devi sempre criticare ciò che penso facendomi apparire come una persona senz'anima, non è vero? Se pensi che io sia così vuoto, non capisco il motivo per il quale ti ostini a stare in mia compagnia.- In fine si alzò e uscì con le braccia lungo i fianchi senza mai girarsi. -Tesoro aspetta, mi dispiace!- E lo seguì. Dopo quella conversazione ripresi a mangiare il mio solito cornetto integrale con il mio solito caffé. Quella coppia litigava ogni giorno e mi sono sempre chiesto se era così il vero amore, forse no.
Quando finii la mia solita colazione nel mio solito posto ficino alla solita finestra del mio solito bar, mi alzai lentamente con la tazzina in mano e decisi che, almeno in quella giornata, ci dovevaessere qualcosa di diverso, ed ero pronto a farlo notare a tutti.
Diedi alla solita cameriera i soliti cinque dollari di mancia ed uscii da quel solito bar. Come al solito, mancavano meno di dieci minuti al mio turno in ufficio, nel mio solito ufficio, così decisi di sedermi in una panchina lì vicino ad osservare, come sempre, le persone che passeggiavano davanti a me. Anche se furono solo pochi minuti, essi mi bastarono per capire come la vita, di chiunque, sia monotona. Anche quella di una superstar internazionale era la solita, forse più stressata della vita di tutti i giorni, ma la solita. Nella vita, non ci sono molte sorprese, e le uniche che ci potrebbero essere, ce le sentiamo, anche se facciamo finta di niente, ognuno di noi sa cosa sta per accadere, che sia bello o brutto non ha importanza. E' inutile, non esistono le sorprese. Questo è ciò che penso, e credo sia la verità.
Mi alzai, distesi le gambe, e mi diressi nel solito ufficio, a fare le solite cose, ad esser trattano nel solito modo e a pensare le stesse cose, forse tranne che per un attimo, quando pensavo che potessi sfuggire alla mia solita monotonia, la quale non mi abbandonerà mai come non abbandonerà nessun'altro.
  
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