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Autore: dreamlikeview    24/02/2013    85 recensioni
Harry Styles, il giovanissimo cantante si confessa: Per lui l'amore è Louis Tomlinson.
E racconta a tutti la bellissima storia d'amore avuta con il bel ragazzo dagli occhi azzurri, che per lui è un angelo .
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Se Harry fosse stato l'unico a diventare famoso, come sarebbe stato il loro amore?
[Attenzione, Larry.]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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From this day on
Now and forever more
You'll be in my heart
No matter what they say
You'll be here in my heart, always
(You’ll be in my heart – Phil Collins)

 


 
“Salve, cari telespettatori, oggi siamo qui con Harry Styles, che finalmente ci dà l’opportunità di rilasciare un’intervista. Ricordiamo, che per la sua giovane età è un cantante molto noto, specialmente nel pubblico giovanile, ed è amato soprattutto dalle ragazze.” – annuncia l’intervistatrice, mentre un ragazzo riccio dagli occhi smeraldo spenti e tristi si tortura le mani cercando di contenere l’ansia, la preoccupazione: è la prima volta che ritorna sulle scene dopo essere scomparso da esse per due anni.
Rimpiange la fama. Rimpiange di essere stato il vincitore da solista di X- Factor. Magari se avesse vinto il ragazzo dal ciuffo alla Justin Bieber, Liam, oppure il biondino irlandese di nome Niall, o ancora il ragazzo di origini pakistane dalla voce incredibile, Zayn, di sicuro non si troverebbe in quella situazione.
E poi freme, cerca di trattenersi, perché direbbe a tutti cosa prova in realtà. Si lascia scappare un risolino quando gli dicono che è apprezzato dalle ragazzine. Peccato che lui non ami le donne, ma gli uomini, e per questo, i suoi manager hanno cercato di sopprimere questa sua natura, perché non è consono per la tua celebrità Harry, non puoi dire di essere omosessuale e da ciò è nato uno dei suoi innumerevoli tatuaggi I can’t change.
Non può, non vuole cambiare.
Lo hanno costretto a frequentare celebrità femminili, ma lui si è sempre opposto. Non poteva fare questo a lui.
Al ragazzo che ama, al ragazzo che gli ha conquistato il cuore. Non può farlo e non vuole.
E semplicemente, manda all’aria ogni singolo contratto.
Non gli interessa, lui vuole cantare, non vuole fama. Lui vuole dare un messaggio agli altri, non vuole essere un prodotto commerciale.
“Salve” – balbetta il giovane appena è interpellato.
Un urlo di giubilo si alza dal pubblico. Le ragazzine in visibilio, la cameraman gli fa gli occhi dolci, l’intervistatrice lo fissa come se volesse scoparselo.
E Harry si sente in gabbia, circondato da donne che lo vogliono solo per il suo corpo.
E prega mentalmente che lui sia al suo fianco ad aiutarlo in quel dannato momento.
“L’argomento di oggi è l’amore!” – esclama maliziosa la donna.
Già, Harry ha la fama del puttaniere, per sua sfortuna. Ma non lo è, non lo è mai stato. Ha avuto solo un flirt con una donna, prima di incontrare lui.
Lui con la sua solarità.
Lui con la sua voglia di vivere.
Lui con la sua bellezza interiore ed esteriore.
Lui, semplicemente lui.
Il suo più grande amore.
E gli scappa un sorriso immaginandolo nella sua testa, i suoi occhi azzurri piovuti dal cielo, i suoi capelli castani sempre perennemente spettinati, la sua pelle liscia al tatto, le sue labbra morbide, le sue dita affusolate, il suo sorriso, le sue labbra da baciare, i suoi tocchi...
Deglutisce quando sente nella sua testa l’eco della sua risata, o della sua voce che lo chiama insistentemente.
E vorrebbe dire a tutti che lui sa amare, che lui ha amato e per sempre amerà qualcuno.
Cosa ne sa la gente di lui? Di loro?
Cosa ne sa del vero amore?
Cosa sa di nascondersi agli occhi degli altri?
Cosa ne sa del suo ragazzo?
Niente, non ne sa niente. Eppure giudicano, sono sempre pronti a giudicare. Per qualsiasi cosa, per qualsiasi stupidaggine, loro sono lì e giudicano.
E Harry l’ha promesso.
Ha promesso che non si sarebbe fatto ingannare dal giudizio altrui.
Ha promesso che avrebbe rivelato la verità.
Ha promesso troppe cose che forse non sa di poter portare avanti.
Ma l’ha promesso, deve mantenere le sue dannatissime promesse.
Ma Harry è timoroso, lui ha paura del giudizio altrui. Ne ha sempre avuto paura.
Lui è sempre riuscito a distoglierlo da tutto, lui gli ha sempre fatto apprezzare tutto della sua vita, sia i lati positivi che quelli negativi, e un altro sorriso spunta sulle labbra del giovane cantante che fissa la giornalista senza emettere un singolo fiato, attendendo la sua domanda sull’amore. E sa che deve rispondere sinceramente.
Lo deve a se stesso, lo deve ai suoi fan e lo deve a lui.
Sorride al suo ricordo. Lui è sempre lì nella sua mente. Non se ne va, è come un chiodo fisso.
È presente quando Harry canta, è presente quando Harry va a dormire, è presente durante l’incisione di un disco, è presente quando Harry si chiude in camera sua a piangere dopo un litigio, è presente quando Harry scrive, è presente. Sempre e comunque lui è lì, accanto a lui, con lui, per lui.
Sempre.
E sorride ancora al ricordo della loro canzone, quella che gli ha dedicato dopo il primo litigio.
Always dei Bon Jovi.
La canticchia in mente, aspettando quelle maledettissime domande. E finalmente arrivano. Dirette, immediate.
La prima lo colpisce, è quella che aspetta. Quella che vuole che gli facciano, perché lui vuole rispondere.
“Come spiegheresti, Harry, l’amore con una sola parola?” – chiede la giornalista.
E Harry sorride come un ebete, l’aria di tristezza sempre negli occhi. Risponde, ed è sincero.
Non fa giri di parole. Ne usa una sola, che colpisce tutti.
Presenti e non, telespettatori, giornalisti, manager.
“Louis.”
 

*

 
Il sole splendeva alto fuori dagli studi di X-Factor la mattina del 19 giugno 2010.
Il cortile era gremito di persone, chi doveva partecipare ai provini, chi accompagnava i partecipanti, chi era lì solo per assistere. Un ragazzino di sedici anni si torturava le mani. Era incredibilmente teso. Era tra i più giovani lì presenti, e non sapeva come comportarsi. Era troppo agitato. Le mani tremavano, gli sembrava che la voce fosse sparita, risucchiata all’interno del suo diaframma, che misteriosamente chiuso non la faceva uscire.
Harry Styles scrutava tutto con i suoi occhioni verde smeraldo e si scuoteva i suoi scurissimi capelli ricci, per calmarsi, ma nulla lo calmava.
Era accanto a sua madre, quando lo vide per la prima volta.
Gli passò davanti di sfuggita, Harry non fece nemmeno caso a lui. Era intento ad entrare negli studi. Era nel primo gruppo di ragazzi che tentavano di entrare a far parte di quel rinomatissimo programma musicale.
Tra non molto sarebbe toccato a lui, e la sua paura era palpabile nell’aria.
Attese, attese istanti infiniti, prima di essere chiamato.
Quando sentì il suo nome, le gambe divennero gelatina, le mani tremarono più forte, il respiro gli si mozzò in gola, tutto iniziò a sfumare davanti a lui, e timoroso dopo un paio di spinte di sua madre riuscì a salire sul palco, trovandosi di fronte ai tre giudici. Deglutì, stringendo il microfono.
I ragazzi che erano saliti prima di lui erano bravissimi, e alcuni erano stati eliminati. Temeva di perdere, di ricevere quei maledetti no, di deludere tutti. Lui non voleva deludere nessuno.
“Qual è il tuo nome?” – chiese uno dei giudici.
“Harry Styles” – rispose il riccio.
“Quanti anni hai?”
“Sedici”
Vide i tre annuire, e poi gli chiesero quale canzone portasse.
Harry si rilassò decisamente. Cantare era l’unica cosa che non lo preoccupava.
Isn’t she lovely?” – disse. I giudici annuirono e gli diedero il via.
La voce di Harry si estese per lo studio. Tutti lo guardavano sorpresi. Per essere un ragazzino di sedici anni era piuttosto bravo. La sua voce era roca, e il timbro era abbastanza particolare. Le orecchie di tutti i presenti furono accarezzate da quella voce, soprattutto quelle di un ragazzo che assisteva ai provini di nascosto. Guardava da fuori tutto, avrebbe avuto la sua occasione solo quel pomeriggio, ma per lui sentire la voce di quell’Harry era stato un incoraggiamento. Era più piccolo di lui, aveva la voce sicuramente migliore della sua, ma almeno ci aveva provato.
Quando smise di cantare, i giudici lo guardarono e lo elogiarono decretando la sua ammissione al programma con ben tre sì, su tre. Harry non ci credeva. Sorrise e ringraziò i giudici, e velocemente corse nel bagno, l’emozione gli giocava un brutto scherzo. Sudava sempre, troppo forse.
Il microfono gli era quasi scivolato dalle mani, la fronte gocciolava quasi.
Aveva bisogno di sciacquarsi le mani, di rinfrescarsi.
Faceva anche parecchio caldo quel giorno, era impossibile non soffrirlo.
Arrivò correndo e non si accorse che un ragazzo era proprio dietro la porta, e si accingeva ad uscire da quello sporchissimo bagno squallido degli studi di X-Factor.
Spalancò la porta, e si trovò il ragazzo davanti, senza preavviso.
Gli finì contro, e si ritrovarono a terra, l’uno sopra l’altro.
“Ehm.. Oops!” – esclamò Harry, in leggero imbarazzo, piantando le mani ai lati della testa del ragazzo sul quale era caduto. Lo studiò per un attimo. Capelli castani leggermente gonfi, che vagamente ricordavano un uovo di pasqua, ma poi alzò lo sguardo sui suoi occhi. Si trovò proiettato in quei due occhi bellissimi, di un azzurro particolare. Due iridi azzurre con sfumature verdastre e grigie, i due occhi più belli che avesse mai visto. Harry giurò a se stesso che non avesse mai visto due occhi più belli di quelli che aveva di fronte ora.
Il ragazzo a terra sorrise sinceramente, il sorriso più raggiante di sempre. Quello era un vero sorriso, ed Harry non potette credere a tale bellezza.
“Ciao!” – esclamò quello da terra, proiettando i suoi occhi in quelli del riccio, rimanendo profondamente colpito da quelli. Due smeraldi incastonati nei bulbi oculari del ragazzo che era sopra di lui.
Entrambi leggermente arrossiti, entrambi stralunati dall’incontro.
Il giovane dagli occhi azzurri fece per tirarsi su. Lo aveva riconosciuto, il ragazzo che gli aveva dato l’input a continuare, l’input a non arrendersi. Harry capì il disagio dell’altro e si tirò su, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. L’altro l’afferrò immediatamente e si fece aiutare a tirarsi su. Si tirò su da terra, si scontrò con il petto dell’altro ragazzo, quasi cadde a terra se non fosse stato per il riccio che lo mantenne per i fianchi, vincolandolo a sé, e il castano arrossì sorridendo sincero.
“Io sono Louis” – si presentò dopo aver ripreso facoltà di se stesso, stringendogli la mano.
“Io sono Harry, tanto piacere!” – lo seguì l’altro.
Louis esitò un attimo.
Prese un pezzo di carta da una tasca e una penna dall’altra porgendolo a lui.
“Mi faresti un autografo? Ti ho sentito cantare, mi piace la tua voce, e sono sicuro che diventerai famoso, posso avere il tuo primo autografo?” – disse. Lo disse con una sincerità strabiliante, tanto che lasciò basito il giovane Styles, che afferrò la penna e firmò il piccolo pezzo di carta, ignaro che quella firma avrebbe avuto due significati.
Il suo primo autografo di tanti, e il suo appartenere allo splendido ragazzo incontrato nel bagno.
Le loro strade, dopo quel giorno, si sarebbero incontrate ancora.
 
 
Harry era ormai dentro.
Aveva passato anche il bootcamp. Aveva conosciuto dei magnifici ragazzi lì dentro.
Liam Payne, Zayn Malik e Niall Horan, i quali purtroppo non erano passati. E un po’ gli dispiaceva, ma soprattutto gli dispiaceva che quel bellissimo ragazzo incontrato nel bagno, Louis – aveva scoperto successivamente che Tomlinson fosse il cognome – avesse ricevuto tre no, su tre e quindi non avesse passato nemmeno le audizioni.
E si chiedeva se mai lo avesse rivisto. Insomma, non che gli piacesse ovvio, a lui non piacevano i ragazzi, ma voleva vederlo. Avrebbe pagato pur di vederlo almeno una volta. E non riusciva a spiegarsi nemmeno il motivo.
Era anche agitato.
Era la prima serata ad X-Factor, era la prima volta che si esibiva davanti ad un pubblico così vasto, se escludeva il pubblico del teatro della scuola un anno prima, di fronte al quale si era esibito.
Era agitato. Ovvio che era agitato. Come avrebbe potuto non esserlo?
Le gambe gli tremavano, le mani sudavano, la tensione era alle stelle.
Ricordava alla perfezione la canzone che doveva cantare quella sera. Sapeva che la madre fosse nel pubblico, e forse c’era anche la sorella, almeno sperava di avere il loro supporto. Erano la sua famiglia.
Sorrise tra sé e sé, quando fu annunciato il suo nome.
Impacciato, nemmeno un po’ spavaldo, fece il suo ingresso sulle note di Better Days, dei Goo Goo Dolls, e sicuro di sé, come mai era stato in tutta la sua vita, cantò deliziando tutti i presenti in sala, sorprendendo i giudici, guadagnandosi applausi su applausi, e sorrise genuinamente al pubblico, inchinandosi portandosi una mano dietro la schiena, in stile cavaliere del Duecento. Sorrise a tutti. Dopo qualche istante, i giudici si complimentarono con lui, dandogli alcune dritte su come portare avanti le sue performance. Harry era stato bravissimo con la voce, ma nei movimenti era stato fermo, rigido. Aveva retto il microfono con entrambe le mani ed aveva cantato. Nonostante ciò, era stato insuperabile. Bravissimo, ma secondo i giudici con dei movimenti ben assestati, sarebbe stato ancora più bravo.
Harry ringraziò ancora e tornò nel backstage, aspettando l’esito della serata.
Le mani erano di nuovo sudate, dannata la sua emotività.
Dopo tutte le esibizioni, il verdetto eliminò il primo concorrente, e non fu Harry. Il ragazzo esultò internamente. Aveva passato la prima serata, il pubblico allora lo apprezzava davvero. Per lui era una cosa nuova, incredibile. Poco prima di rientrare, un uomo dal backstage lo chiamò, dicendogli che qualcuno voleva vederlo.
Lui raggiunse questo “qualcuno” in una sala del back, e lo vide.
I capelli raccolti in un alto ciuffo gelatinato, le sue iridi azzurre puntate su di lui, uno smoking blu spezzato da una camicia bianca della quale almeno quattro bottoni erano sbottonati e la cravatta blu intonata allargata, in mano un fascio di fiori profumati.
Ad Harry mancò il fiato per un attimo, e potette giurare che anche a Louis fosse mancato nel vederlo con il suo smoking nero con il quale aveva fatto la performance. Harry aveva davanti a sé.. un angelo.
“Ci-ciao Ha-Harry..” – balbettò Louis, imbarazzato, porgendogli il fascio di fiori. Harry notò che fossero fiori vari. Probabilmente Louis non conosceva i gusti di Harry e aveva optato per un mazzo vario, quando li intravide. Piccoli fiori viola, raggruppati cinque a cinque con i petali spiegati all’esterno.
Non ti scordar di me..” – sussurrò Harry, sorridendo.
“Cosa? Non ti ricordi di me?” – chiese l’altro giovane leggermente deluso.
“No, no, mi ricordo di te, Louis”- sorrise sinceramente –“intendevo i fiori, i non ti scordar di me, sono i miei preferiti, li adoro.” – sorrise ancora –“grazie per il pensiero”
“Sei il più bravo, devi vincere. E complimenti per la canzone, l’ho adorata.” – sorrise lasciandogli un delicato bacio sulla guancia paffuta con quelle sue labbra sottili, rosee, bellissime.
Lui era bellissimo.
“Vincerò, o almeno mi impegnerò per vincere.” – promise, quindi il giovane riccio.
“Ad ogni tua vittoria sarò qui a portarti i fiori o qualsiasi cosa tu voglia, sono il tuo primo fan, Harry Styles”
 
Le settimane passavano, Harry si esibiva sempre tutte le sere. E passava ogni serata.
Aveva proposto diverse canzoni, tutte che facevano parte della sua playlist personale, tutte che per lui in quel momento potevano significare qualcosa.
Durante la seconda serata, si era esibito con Lullaby dei Nickelback, era passato ancora alla serata successiva, e Louis gli aveva potato dei cioccolatini; durante la terza serata si era esibito con Let It Be dei Beatles, ed ancora era passato, Louis stavolta gli aveva portato un portachiavi con un cuore rosso; durante la quarta serata Broken Strings di James Morrison, aveva rischiato l’eliminazione, ma per un voto era rimasto dentro. Un solo, singolo voto, per fortuna, e Louis non gli aveva portato niente, fingendosi offeso, ed Harry si era innamorato della sua espressione da cucciolo indifeso; durante la quinta serata Stay degli Hurts, ed era ancora passato senza problemi, e Louis era tornato a sorridergli. Ad Harry tanto bastava, un suo dannato sorriso. Durante la sesta serata, aveva proposto uno dei brani preferiti del suo nuovo migliore amico, A Message dei Coldplay, non solo era passato, ma Louis gli aveva fatto le feste abbracciandolo e regalandogli baci casti sulle guance tutto il tempo, perché aveva pensato a lui, ed Harry si era innamorato del suo sorriso sincero e spontaneo; durante la settima serata la tensione era palpabile, si avvicinavano alla fine, rimanevano in pochi ed Harry non voleva deludere le aspettative di Louis, non quella sera, sentiva che qualcosa dentro di lui stava cambiando, e si esibì con Somebody To Love dei Queen, perché sì, lui voleva qualcuno da amare, lo voleva disperatamente, e forse l’aveva addirittura trovata, ma non era ancora sicuro, ma nel backstage, Louis si era sporto troppo verso di lui e aveva incollato le labbra alle sue, facendolo sussultare, e facendogli capire cos’era davvero l’amore. Poteva parlare già di amore, dopo sei settimane? Ma Louis era scappato via, dopo un attimo. La settimana dopo, l’ottava, si era esibito in Accidentally In Love dei Counting Crows perché sì, accidentalmente si era ritrovato in questo circolo vizioso chiamato amore. Se n’era accorto quando Louis gli era mancato come l’aria che respirava durante quelle serate spoglie, se n’era accorto durate quei giorni che non aveva fatto altro che pensare a lui. Quella sera però Louis non si era presentato nel backstage. Ed Harry c’era rimasto visibilmente male. Era stato... illuso?
Ma Harry non si era arreso, la settimana successiva, la nona, aveva cantato e suonato lui stesso con la chitarra una versione acustica di All About Lovin’ You dei Bon Jovi, cercandolo tra il pubblico, non l’aveva visto, ma l’aveva rivisto nel backstage con l’aria stanca, un mazzo di non ti scordar di me e i capelli leggermente spettinati.
Harry non si trattenne, con un balzo gli saltò al collo e lo baciò con tutta la passione che aveva nascosto in quelle due settimane che non si erano visti per nulla. E Louis, sorpreso e felice, aveva fatto cadere il mazzo di fiori a terra, cingendogli le spalle con le sue braccia e ricambiando con passione il bacio che Harry gli stava regalando.
“Sei il mio angelo” – sussurrò Harry, dopo quel bacio lungo, coinvolgente e passionale, prima che Louis lo salutasse andando via.
L’ultima serata era arrivata veloce, tra prove ed esercizi vocali asfissianti, quasi odiava la sua voce, ora.
Ma ce l’avrebbe fatta, per lui. Avrebbe cantato una canzone che gli frullava in mente da parecchio, aveva chiesto il permesso, era stato accordato. E la sera della finale, lo fece.
Prima che la base partisse, entrò in scena posizionandosi al centro del palco, prese il microfono e si schiarì la voce.
“Questa la dedico ad una persona speciale” – iniziò scrutando il pubblico sperando che si facesse vedere –“una persona che mi ha rapito il cuore in queste dieci settimane e che mi è stato davvero accanto. Ti amo, Sweetcakes”
La base partì e tutto il pubblico intuì di che canzone si trattasse.
Angel degli Aerosmith.
 
I'm alone
 
Yeah, I don't know if I can face the night
 
I'm in tears and the cryin' that I do is for you
 
I want your love, let's break the walls between us
Don't make it tough, I'll put away my pride
Enough's enough I've suffered and I've seen the light
 
Cantò scrutando il pubblico sperando di vederlo. Sperando di incontrare i suoi occhi.
Per tutta la prima strofa restò fermo, guardandosi intorno.
Durante il ritornello, spuntarono i ballerini intorno a lui e sorridendo facendo comparire le sue adorabili fossette, continuò a cantare lasciandosi trasportare dalla canzone.
 
Baby
 
You're my angel
Come and save me tonight
 
You're my angel
Come and make it all right
 
E durante il ritornello li incrociò. Quei due dannati occhi azzurri che l’avevano rapito.
Sorrise, aumentando il tono della voce, senza però stonare. Era troppo preso dalla canzone, quella canzone che parlava di lui, il suo angelo.
 
Don't know what I'm gonna do
About this feeling inside
Yes it's true, loneliness took me for a ride
 
Incurvò le labbra verso il basso, guardando gli occhi che finalmente aveva incontrato. Era pazzamente innamorato, se ne era reso conto. Gli importava davvero che fosse un ragazzo?
 
Without your love , I'm nothing but a bagger
Without your love, a dog without a bone
What can I do I'm sleeping in this bed alone
 
La sincerità di quelle parole lasciò spiazzato anche il riccio. Non credeva di riuscire a provare qualcosa del genere verso una persona.
 
Baby
 
You're my angel
Come and save me tonight
 
You're my angel
Come and make it all right
 
E riprese con il ritornello, con tutta la sincerità che aveva in corpo, con tutto l’amore che provava, perché quel ragazzo era il suo angelo, il suo angelo che era arrivato per proteggerlo, per insegnargli cos’era l’amore, quello vero.
 
You're the reason I live
You're the reason I die
You're the reason I give
When I break down and cry
Don't need no reason why
 
Lo sguardo di Harry si intensificò in quello di Louis. Nonostante fossero lontani tra i loro sguardi si era instaurata complicità, e il castano sorrideva felice, capendo che il riccio era davvero sincero con lui, non poteva far altro che sorridere con quelle dichiarazioni, no?
 
Baby , Baby
 
Harry chiuse per un attimo gli occhi, concentrandosi in quelle note alte finale, non poteva permettersi di sbagliare una singola nota.
 
You're my angel
Come and save me tonight
 
You're my angel
Come and take me all right
 
You’re my angel
Come and save me tonight,
You’re my angel
 
Come and save me tonight, Come and save me tonight,
Come and save me tonight, Come and save me tonight
 
Tra note alte e basse Harry concluse la canzone con l’affanno, per la fatica, per l’emozione, per tutto quello che stava provando in quel momento. Ci furono attimi di silenzio, ed esattamente trenta secondi dopo l’ultima nota suonata, prima Louis, poi tutto il pubblico si alzarono in visibilio, persino i giudici erano stupidi della performance. Harry li aveva davvero sorpresi. Non aveva mai cantato così bene durante le prove. I suoi movimenti che avevano accompagno il tutto, quello sguardo perso, quella voce potente, aveva risvegliato tutti, aveva accarezzato le orecchie di tutti.
E mentre tutti erano in piedi ad applaudirgli, l’attenzione di Harry fu rapita dalle labbra di Louis, che in lontananza gli dicevano un “Ti amo anche io, Babycake”
Andò davanti ai giudici, che lo acclamarono, dicendogli che era stato formidabile, che non potevano sbilanciarsi troppo, ma non avevano mai visto un ragazzo padroneggiare una canzone del genere, non avevano mai visto qualcuno metterci tutta quella passione e gli augurarono la vittoria.
Dopo le altre due esibizioni, e l’attesa di qualche minuto, fu interrotto il televoto.
Era la resa dei conti.
Chi aveva vinto?
Chi aveva conquistato il pubblico?
Harry deglutiva, le mani continuavano a sudargli in una maniera schifosa, le gambe erano diventate di gelatina, il suo respiro affaticato, i suoi occhi cercavano ancora quelli di Louis nel pubblico, per puro supporto psicologico.
“E il vincitore di questa settima edizione di X-Factor, con il” – lesse sul foglio spalancando gli occhi –“non è mai successa una cosa del genere, signori e signore, il vincitore di quest’edizione con l’ottanta percento dei voti, è..”
Ottanta percento? Così tanta gente aveva votato quel vincitore?
Ma perché non lo diceva subito? Perché doveva farli morire d’ansia?
“E’ Harry Styles!” – urlò quello.
Harry sgranò gli occhi, indicandosi il petto, ancora stralunato. E poi dalle labbra gli uscì un urlo di gioia, saltò sul posto abbracciando chiunque si trovasse davanti. Aveva vinto, aveva vinto lui, aveva avuto l’ottanta percento dei voti, aveva vinto. Aveva reso felice Louis.
Louis! Dopo tutti i complimenti, tutto quello che gli avevano detto, fece un’unica corsa nel backstage, saltando al collo del ragazzo di Doncaster e baciandolo ancora, e ancora, e ancora.
“Sei stato fantastico, bravissimo, cazzo, Harry sei perfetto, perfetto” – sussurrava contro le sue labbra l’altro –“e ti amo, ti amo anche io, grazie per la canzone, per la dedica, grazie, grazie!” – e continuava a baciarlo tra una parola e l’altra. Harry non era mai stato più felice di quel momento.
Non lo sarebbe stato mai.
 
La carriera di Styles fu segnata.
La sua fama si estese in tutto il mondo.
Interviste, tour, fan, amore, regali, premi, concerti. Il suo sogno era reale.
Ebbe tutto.
Ma perse la cosa più importante della sua vita.
Prima i manager gli impedivano di vederlo regolarmente, gli impedivano di dichiarare a tutti la sua natura, gli impedivano di vivere l’amore, ma il colpo di grazia arrivò una sera, mentre era a Dublino per un concerto, ed aveva ricevuto un messaggio da una famosa cantante, aveva accettato l’invito di presentarsi nella sua stanza per “chiacchierare”. Parlando con Louis al telefono, perché loro si sentivano ogni sera dopo un concerto, il ragazzo l’aveva supplicato di non andare parlandogli della sua insicurezza, della sua gelosia, di non chiudere la conversazione, che voleva continuare ad ascoltare la sua voce, Harry non l’aveva ascoltato ed aveva chiuso raggiungendo la tipa. Non ci aveva fatto niente, non avrebbe mai tradito Louis, ma la stupidità di un ragazzo di appena diciotto anni si faceva sentire. Dopo diversi mesi di lontananza, aveva lasciato Louis, dicendogli di non essere più sicuro di amarlo. Era stato preso troppo dalla fama.
Non se ne rendeva conto. Aveva spezzato il cuore dell’unica persona che fosse sempre stata dalla sua parte, che l’avesse supportato in tutte le scelte – anche sbagliate – che aveva fatto. Tra queste c’era il non divulgare la loro storia, l’accettare ogni cosa che i manager volessero pubblicizzare con la sua faccia. Harry si era venduto, e Louis era stato accanto a lui, e lui stupidamente gli aveva spezzato il cuore, lasciandolo per... nulla.
Ma se ne era reso conto, e aveva deciso di andarci piano, specialmente quando Louis, che sentiva di essere lui quello sbagliato nella coppia, lo aveva chiamato in lacrime, supplicandolo di non lasciarlo, pregandolo, cantandogli Always dei Bon Jovi, chiedendogli cosa non gli avesse dato nel periodo in cui erano insieme. E Harry aveva capito di aver fatto un erroraccio. Aveva perso Louis per cosa?
La sua fama? Era davvero più importante di lui?
Era fottutamente incompleto senza di lui.
Per questo il giorno del compleanno di Louis, del suo Boo Bear era tornato da lui.
Era tornato nella notte, mentre il giovane dormiva beato nel letto, stringendo il cuscino tra le braccia. Il riccio sorrise spontaneamente e si fece spazio accanto a lui, sfiorò delicatamente le sue labbra, sussurrandogli a fior di labbra:
“Sono tornato, amore mio”
Louis aveva sorriso nel sonno, e si era lasciato stringere da quelle braccia che tanto amava.
Quello, forse, fu uno degli ultimi compleanni che trascorsero insieme, uno degli ultimi compleanni di Louis, la tragedia era vicina.
 
Harry era ripartito per un minitour di sole cinque date, e Louis era rimasto a casa, quando al riccio arrivò una chiamata disperata di una donna, la mamma di Louis. Diceva frasi senza senso, scoordinate. Ma Harry aveva capito si riferissero a lui, al suo Louis. Non c’aveva pensato due volte, aveva preso il primo aereo ed era tornato a Doncaster.
Louis si era rinchiuso in camera sua ed Harry non aveva idea di cosa fare, la madre piangeva solo, senza spiegare nulla.
Corse da lui, nella sua stanza, trovandolo seduto sul letto, con le ginocchia tirate al petto, e la testa affondata tra di esse. Sul braccio che avvolgeva le gambe, vide il braccialetto ospedaliero.
Deglutì diverse volte. Si avvicinò e gli sfiorò il braccio.
“Amore..?” – sussurrò.
Louis lo sentì e si slanciò tra le sue braccia, continuando a piangere a singhiozzi.
Harry non riusciva a capire. Non capiva perché improvvisamente tutti piangessero, perché improvvisamente sembrava che il suo mondo perfetto gli stesse crollando addosso.
“Ha-Harry..” – sussurrò –“ti amo, l-lo sai, v-vero?” – balbettò.
“Sì, Louis, lo so che mi ami, ed io amo te...”
“N-non mi lascerai?”
“Mai, Louis, mai.”
Il ragazzo prese un profondo respiro. Alzò il suo viso bellissimo rigato dalle lacrime verso quello di Harry e premette le labbra contro le sue, baciandolo lentamente, con amore, con pazienza. Ed Harry ricambiò mettendoci un pizzico di passione in più.
“Harry... io... ho il cancro.”
Harry sbarrò gli occhi, sentì come se il mondo fosse crollato sulle sue spalle, si sentì vuoto, ucciso. Il suo Louis era malato, e lui non poteva far niente per lui. Era ingiusto totalmente ingiusto.
“Lou...? E-e che po-possiamo fare...?” – chiese il riccio, ad un passo dalle lacrime, cercando gli occhi dell’amato.
Louis non rispose, affondò di nuovo il viso sul petto di Harry, piangendo, indicando con un dito la scrivania su cui giacevano delle carte, probabilmente su quelle c’era la diagnosi. Ma Harry non lasciò Louis, anzi lo strinse più forte, cullandolo tra le sue braccia, cercando di rassicurarlo.
“Ehi, amore, lo supereremo insieme, te lo prometto, ce la farai, non ti lascio morire.” – sussurrò. Louis volle credergli, e annuì tra le braccia dell’amato, sopprimendo i singhiozzi contro la maglietta del riccio.
Promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto pur di salvare il ragazzo che amava. Non avrebbe permesso a nessuna stupidissima malattia di portarglielo via, era una promessa.
Ma quello, fu l’unico crollo psicologico che Louis ebbe per la sua malattia.
 
 
“Ti prego, torna, domani mi operano.. ho paura, amore..”
Così recitava il messaggio che Louis gli aveva inviato. Harry era tornato ad Holmes Chapel dalla madre per spiegarle la situazione. Qualche giorno prima, aveva parlato con i manager, che gli avevano fatto mille problemi, ma il ragazzo era stato irremovibile. Non avrebbe lasciato Louis da solo in quel momento, e fino a che lui non fosse guarito, avrebbe lasciato la carriera, standogli accanto. In fondo, quell’anno era stato proficuo per il riccio, e poteva prendersi un anno di pausa per stare con la persona da lui amata, Louis doveva essere operato, e se durante l’operazione fosse andato tutto per il verso giusto, avrebbe avuto qualche speranza in più per sopravvivere, per guarire.
“Stasera sono da te, promesso. E domani mattina ti reggerò la mano mentre ti opereranno, aspettami.”
Harry aveva racconto tutte le sue cose, e si accingeva a salutare la madre, quando qualcuno bussò alla porta di casa Styles, irrompendo in casa. Era uno dei manager di Harry, che lo guardava torvo.
“Styles, dobbiamo parlare.” – asserì, entrando in casa e portando il ragazzo nella cucina, lontano dalla madre.
“Non ho niente da dire. Rompete il contratto quello che volete, io non lascio Louis da solo.”
“Hai vinto X-Factor, signorino, hai degli obblighi.”
“No. Io sono una persona libera, posso fare delle scelte e ho parlato con Simon, che ha detto che per una giusta causa come questa, posso ritirarmi per il tempo necessario. Non ho bisogno di altro. Devo andare da Louis, e basta. E’ tutta la mia fottuta vita, chiaro?”- fece, sicuro di sé come non lo era mai stato.
L’uomo di fronte a lui trattenne un urlo isterico e batté un pugno sul tavolo, in maniera violenta, e con due potenti falcate andò via. Ad Harry non importò minimamente quella cosa, non gli importava di quel tipo, lui doveva andare da Louis.
La madre lo raggiunse abbracciandolo.
“Sono così fiera di te, Harry, abbandoni tutto per la persona che ami...” – sorrise lei. Il giovane annuì, abbracciandola. Trattenne un singhiozzo quando si rese conto a cosa stava rinunciando. Non si pentì di aver scelto Louis al posto della fama, non si pentì di aver dato a lui il suo amore, non si pentì di niente. Ebbe solo paura che lui lo lasciasse da solo.
Ma prese una decisione. Louis avrebbe dovuto vivere al meglio quel tempo, non avrebbe dovuto sentire il peso della malattia. Ed Harry sapeva come fare.
“Mamma, posso chiederti una cosa?”
“Certo, tesoro, dimmi.”
“Papà ha ancora quell’agenzia di viaggio?” – chiese guardando la madre. Lei lo guardò negli occhi, facendo un sorriso triste, ed annuì.
“Sì, perché?”
Harry con disinvoltura alzò le spalle, guardandola serio. Non era mai stato così serio in tutta la sua vita, Louis era davvero un pezzo importante della sua vita.
“Malauguratamente domani dovesse andare male,e-e... a Louis rimasse poco tempo, vo-voglio fargli vedere tutti i po-posti che desidera visitare... e...” – Harry trattenne un singhiozzo. La sola idea di perderlo, lo uccideva.
La sicurezza di poco prima lo stava abbandonando lentamente. Sperava che Louis ce la facesse, ma in realtà, temeva di perderlo per sempre.
La madre gli accarezzò la guancia, avvicinandolo al proprio petto.
Lui si strinse a lei, scoppiando - finalmente - in un pianto liberatorio.
“N-non potrei vi-vivere s-senza di-di lui, ma-mamma...” – singhiozzò. La donna, inerme, non poteva far altro che accarezzare i capelli con fare protettivo e materno. Non sapeva cosa provasse il figlio in quel momento, poteva solo immaginarlo, ma il dolore di Harry era palese, era forte, doloroso. Harry si sentiva un macigno all’altezza del cuore, che respingeva ogni volta che era con lui, perché lui aveva bisogno di qualcuno che lo abbracciasse, che gli dicesse che tutto andava bene. Lui aveva bisogno di vivere.
Harry si calmò, lentamente, ma ci riuscì, anche se non del tutto, gli occhi arrossati, le labbra gonfie, le guance bagnate.. e guardò la madre.
“Puoi contattarlo? Intendo papà, gli dici che ne ho bisogno, ma non dirgli della malattia di Louis, l’ultima cosa di cui ha bisogno è la pietà che potrebbe provare quello lì nei suoi confronti.”
La donna annuì e sorrise fiera al figlio. Come poteva non essere orgogliosa del suo ragazzo?
Gli appoggiò una mano sulla guancia.
“Harry, voglio che tu sappia che sono fiera di te, sei stato maturo a scegliere l’amore invece della carriera, altri non l’avrebbero fatto.”
“Mamma, me l’hai insegnato tu, si vive una volta sola, e... se la mia unica volta è fare qualcosa per Louis, voglio viverlo fino in fondo.”
Lei sorrise di nuovo al figlio, e lo attirò a sé abbracciandolo di nuovo.
“Anche se sei maturo, sarai sempre il mio bambino” – gli sussurrò –“ti voglio bene, piccolo”
Harry le sorrise riconoscente e ricambiò la stretta con le sue forti braccia.
“Ti voglio bene anch’io, mamma, grazie di tutto” – le sussurrò, baciandole la guancia, prima di prendere la sua valigia ed andare incontro al suo destino. Per tornare da Louis, e assisterlo in quel lungo percorso che avrebbe vissuto insieme a lui, perché non l’avrebbe mai lasciato da solo. Non lo avrebbe abbandonato mai.
Si chiuse la porta di casa alle sue spalle, e si diresse alla sua auto.
“Stai venendo? Mi manchi, Harry... ho bisogno di te..”
Nuovo messaggio di Louis.
Harry sospirò, leggendo. Gli faceva male sapere che lui stesse male e che non fosse al suo fianco. Si affrettò a rispondergli con tutta la sincerità che poteva avere in corpo in quel momento.
Sto arrivando, sono in macchina, due ore e sono da te, troppo tempo?”
“Troppo, troppo, muoviti non resisto!”
Harry ridacchiò riponendo il telefono nei pantaloni, e mise in moto. Mentre guidava la sua mente fu assalita da mille pensieri, da mille dubbi, da mille cose.
E se Louis non fosse sopravvissuto nemmeno all’intervento?
Nel giro di qualche ora, era arrivato a Doncaster, dove, dopo pochi istanti che aveva parcheggiato l’auto fuori dalla casa di Louis, come se avesse previsto il suo arrivo, il ragazzo uscì di casa e gli corse incontro, saltandogli al collo, non appena il riccio ebbe messo piede fuori dalla macchina.
Harry lo prese per i fianchi, ricambiando la stretta.
“Ehi amore, sono qui, sono tornato...” – sussurrò, stringendolo forte. Louis abbassò il viso nel collo di Harry, respirandone il profumo. Amava quel profumo che somigliava a quello dei bambini piccoli, era delicato e non fastidioso. Si aggrappò al suo collo, cingendolo con entrambe le braccia, ed Harry, intenerito, lo prese in braccio facendogli allacciare le gambe attorno ai propri fianchi. Rientrò in casa tenendolo stretto, e si sedette sul divano con lui. Louis non aveva spostato il viso dal collo del ragazzo nemmeno per un minuto, ed ora respirava piano tra le sue braccia, lasciandosi cullare da Harry.
“Ho pensato una cosa, Boo” – sussurrò il ragazzo.
“Uhm?” – mugugnò Louis, tenendo la testa affondata nel collo del suo ragazzo, lasciandogli piccoli e casti baci.
“Pensavo, se domani va tutto bene... ce ne andiamo solo io e te, dovunque tu voglia.” – sfregò il naso contro i suoi capelli, annusandone il profumo. Gli sarebbe mancato, un giorno, ma non voleva ancora pensarci.
“Parigi”- biascicò alzando il viso e proiettando i suoi occhi in quelli di Harry – “voglio andare a Parigi, e urlare a tutto il mondo che ti amo dalla Torre Eiffel, e poi voglio mangiare le lumache e dire che fanno schifo, e poi voglio andare sulla Senna e vedere i pittori e...” – il riccio gli appoggiò un dito sulle labbra, fermando il fiume di parole del suo ragazzo.
“Andremo a Parigi. E poi dove?”
“Uhm... Mosca!” – esclamò. Harry trattenne una risata, e passarono tutta la notte prima dell’operazione di Louis a fantasticare sui magici posti dove sarebbero stati una volta che tutto fosse finito.
 
Harry era nel corridoio a torturarsi le mani.
Seduto su quella scomoda sedia della sala d’aspetto. E... pregava?
Da quando? Lui non pregava mai, non era da lui farlo.
Teneva la testa tra le mani, cercava di calmarsi.
Louis non aveva voluto dirgli dove avesse il cancro, e non gli aveva nemmeno voluto far leggere le carte ospedaliere. Ed Harry aveva dovuto accettare la sua volontà, era maggiorenne non poteva forzarlo a dirgli cos’avesse, e in quel momento aveva quest’ansia addosso di sapere come stesse, cosa gli stessero facendo.
Louis aveva fatto rimanere a casa la madre, dicendole che con lui bastava ci fosse Harry, era tutto ciò che gli bastava: la sola presenza di Harry. Ed Harry? Cosa voleva?
In un attimo di lucidità, corse dalla prima infermiera libera e chiese lei informazioni su Louis.
“Tomlinson? Oh, povero ragazzo, non le hanno detto niente?” – chiese. Harry temette che gli dicessero che Louis non ce l’avesse fatta, che l’intervento fosse stato inutile, che...
“Purtroppo il tumore è inoperabile, dovrà sottoporsi alle chemio, e se con quelle non guarisce...”
Harry deglutì, prima di concludere la frase –“... morirà.” – emise in un sussurro.
L’infermiera annuì, e voltò le spalle andando via. Harry rimase fermo, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi, la testa abbassata. Nella sua testa si ripetevano le parole: Tumore, inoperabile, chemio, morte.
Raggiunse nuovamente l’infermiera, e le chiese il numero della stanza in cui avessero portato Louis.
E lo trovò steso sul letto ospedaliero, una fascia sulla testa, le lenzuola a coprire il suo candido corpo e l’espressione beata sul viso. Se non fosse stato che per il petto che si alzava ed abbassava nell’atto di respirare l’avrebbe preso per morto. La benda sulla testa gli fece intendere dove fosse situato questo tumore.
Si avvicinò a lui e gli prese la mano, adagiata sul lenzuolo bianco. Gli strinse la mano energicamente, e attese che si riprendesse. Dovevano parlare. Perché non gliel’aveva detto? Perché gli aveva fatto scoprire tutto all’ultimo minuto? Stupido Louis. Lo sapeva, ecco perché non aveva voluto la madre lì con lui, o perché non aveva voluto dire nulla ad Harry.
“Sei uno stupido, Louis, uno stupido” – sussurrò baciandogli la guancia leggermente fredda.
Il ragazzo disteso sul letto aprì leggermente gli occhi, e con grande sorpresa di Harry, sorrise.
Sorrise perché davanti aveva il ragazzo che amava, sorrise perché era inutile essere tristi.
Sorrise perché lui era uno che non abbandonava mai il sorriso. Lui non si sarebbe arreso, mai.
 
I mesi passavano, Harry era sempre al suo fianco. Ogni due settimane lo accompagnava per un ciclo di chemioterapie, e attendeva ogni volta che lui finisse fuori da quella saletta spoglia. Harry stava iniziando ad odiare gli ospedali, la loro puzza, le loro pareti sterili senza colore. Odiava quel posto sterile, bianco latte.
Odiava quella puzza di medicinale, di malato, di morto.
Odiava doverci portare la ragione dei suoi sorrisi, il suo amato Louis.
Odiava semplicemente quel posto.
Improvvisamente, gli venne in mente che a Louis avevano iniziato a cadere i capelli, prima o poi si sarebbe vergognato di andare in giro in quelle condizioni. Si alzò dalla scomodissima sedia, e guardò l’orologio.
Aveva ancora cinque minuti prima che la seduta finisse.
Uscì di corsa dall’ospedale, respirando aria pulita, aria profumata, aria di vita.
Arrivò in un batter d’occhio ad una bancarella che vendeva cappellini. L’aveva vista quando era arrivato nell’ospedale.
Li scrutò uno ad uno.
“Quanto cosa questo?” – indicò un cappellino bianco, adorabile, dalla forma di un panda, che richiamava la sua attenzione. Lo immaginava su Louis, con quella sua aria da bambino, e quel cappello sarebbe stato perfetto.
“Cinque sterline” – rispose un’anziana donna, sorridendogli con il suo sorriso leggermente sdentato. –“ma tu, giovanotto, sei Harry Styles?” – chiese.
Il riccio annuì, facendo sorridere la donna.
“Non è che mi faresti un autografo? La mia nipotina ne sarebbe felice, ci è rimasta male quando sei sparito dalle scene”
Il riccio fece un sorriso amaro, acconsentì all’autografo e poi acquistò il cappello, dirigendosi di nuovo verso l’ospedale.
“Harry Styles, spero che i tuoi problemi finiscano!” – esclamò la donna. Harry voltò il viso e dopo averla ringraziata ed averle sorriso sinceramente, si dileguò con il cappellino appena acquistato.
Ritornò all’ospedale, in tempo per vedere il suo ragazzo, con il classico sorriso sulle labbra, e tutto il corpo disabilitato da quelle medicine che erano troppo per il suo esile corpo e si avvicinò con la busta.
“Un regalo per il malato più sexy” – sorrise, sinceramente lasciandogli un bacio a fior di labbra.
Louis aprì la bustina estraendo il cappello.
“Lo indosserò sempre, promesso.”
Harry sorrise spontaneamente vedendo il suo ragazzo sorridere per un dono che lui gli aveva fatto e lo abbracciò di slancio avvolgendolo tra le sue forti braccia. Louis affondò il viso nell’incavo del collo del riccio inspirando il suo profumo.
Adorava tutto del suo Harry, soprattutto il fatto che avesse lasciato la carriera per lui. Nessuno l’avrebbe mai fatto, nessuno tranne Harry, ed era questo uno dei motivi che lo spingeva sempre a vedere il lato positivo in tutto, anche nella sua malattia, lui riusciva sempre a sorridere. E doveva farlo, per tutti, anche per Harry, che era sempre più abbattuto.
Harry gli lasciò un delicato bacio sul collo, e gli accarezzò la schiena delicatamente.
“Come ti senti, Boo?”
“Drogato, direi.” – fece con un risolino sommesso, facendo ridere anche il suo ragazzo, che si stupì ancora una volta, del fatto che il castano riuscisse a fare battute pur essendo ammalato.
“Sei incredibile, Lou.”
 
Harry era accasciato sul petto di Louis. Il maggiore gli accarezzava i capelli cercando di calmarlo.
Harry piangeva, piangeva a singhiozzi. Aveva preso malissimo la notizia appena comunicatagli.
Dopo mesi di terapie, dopo mesi di sofferenza, quel dannato tumore non era scomparso. Era ancora lì a rompere le scatole ai due ragazzi, ed Harry al solo sentire “circa un anno di vita” era scoppiato. Non aveva retto.
Louis non aveva realizzato subito la cosa, ma aveva provato a prenderla nel verso giusto, con ironia, come da quando si era ammalato prendeva qualcosa nella sua vita. Non aveva paura di morire, non aveva paura di non vivere completamente la sua vita. L’unica paura che aveva era quella di distruggere Harry, di fargli del male, di farlo soffrire. Era tutto ciò di bello che la vita gli aveva donato, e non voleva affatto che quel bellissimo ragazzo soffrisse a causa sua.
E per questo lo stringeva, mentre singhiozzava contro il suo petto, mentre si disperava per l’imminente perdita del ragazzo che amava, e Louis, inerme, poteva solo accarezzargli i capelli, rassicurarlo, per fargli capire che era ancora lì, accanto a lui, che ancora non l’aveva abbandonato. Eppure Harry, in quel momento, non voleva accettare la realtà, e piangeva. Non voleva rimanere senza il suo amato Louis, non voleva che la sua vita fosse spezzata, non voleva rimanere di nuovo solo. Aveva paura. Paura che Louis lo abbandonasse, paura che tutto quello che avevano costruito, nonostante la malattia del più grande, crollasse come un castello di sabbia con l’alta marea.
“Su, piccolo, non fare così, abbiamo un anno davanti a noi...”- sussurrò Louis.
“Perché? Perché a noi, Lou? Perché tu? Non potevo essere io?” – singhiozzò contro la maglietta del più grande.
“Non dirlo nemmeno per scherzo, Harreh. Meglio io che tu, io non sarei sopravvissuto senza di te, ed io ho solo te. Tu dopo di me avrai ancora la tua fama, i tuoi fan... Harry, devi promettermi che dopo che me ne sarò andato, tu continuerai a vivere. Promettilo.”
Harry annuì. Tra i singhiozzi annuì, promettendogli l’impossibile.
Sapeva già da ora che senza di Louis non sarebbe stato niente.
Senza Louis sarebbe stato come Lilo senza Stitch, come Scrat senza la sua ghianda, come... come un baratto di Nutella senza Nutella. Sarebbe stato vuoto.
Senza Louis la sua vita non avrebbe avuto più senso.
Era un anno che il suo scopo era rendere la vita di Louis migliore.
Così era stato quando una mattina, mentre il giovane era in quella stanza asettica senza colori, era arrivato con le mascherine e i tubetti di tempera, e aveva scritto sui muri, strappando al compagno un sorriso; così era stato quando Louis gli era svenuto tra le braccia e lui l’aveva sorretto; così era stato quando Louis aveva perso i capelli e lui aveva cercato di tagliare via tutti i suoi ricci, ma Louis lo aveva bloccato dicendogli “e io come mi addormento, senza i tuoi ricci?”; così era stato quando Louis aveva iniziato a non poter mangiare alcuni alimenti e lui gli aveva fatto compagnia, privandosi di tutto; così era stato quando i manager l’avevano chiamato e lui aveva semplicemente spento il cellulare, nonostante il suo ragazzo gli ripetesse che almeno un concerto ogni tanto poteva farlo; così sarebbe stato ora.
In un attimo di lucidità, Harry alzò la testa dal petto del suo ragazzo, puntando i suoi smeraldi, ora arrossati, nelle gemme di cielo dell’altro, dalle quali guizzavano ancora vitalità e gioia.
Come diavolo faceva?
“Tira fuori il nostro itinerario, quest’anno non lo passeremo a casa a deprimerci. Ti farò fare tutto quello che vuoi. Ogni cosa.” – tentò di sorridere il minore, mentre Louis si calava sulle sue labbra, baciandolo delicatamente.
“E’ questo l’Harry che piace a me...” – sussurrò, suggellando le labbra dell’altro con le sue.
Harry si promise che quell’anno nessuno dei due sarebbe stato triste, quell’anno avrebbero vissuto tutto, insieme, senza eccezioni.
 
E l’avevano fatto. Due giorni dopo, Harry era andato dal padre all’agenzia di viaggi e aveva prenotato tutte le tappe che Louis aveva deciso: Italia, Francia, Australia, America, Russia, e chi più ne aveva ne metteva. Il padre di Harry non aveva fatto obiezioni, avrebbe fatto di tutto per il figlio che aveva abbandonato anni prima, e aveva pagato di tasca propria tutte le spese per i viaggi, senza che Harry gli spiegasse la situazione di Louis, tanto non c’era persona vicina ad Harry che non sapesse cosa stesse passando.
Ed una settimana dopo, circa, erano partiti.
La prima tappa era stata l’Italia. Avevano visitato una o più città sia del nord che del centro che del sud. Si erano divertiti tantissimo, non avevano neppure avuto troppe difficoltà a farsi capire, fortunatamente. Erano stati a Verona e avevano visto con i loro occhi il famoso “Balcone di Giulietta” sul quale era basata l’altrettanto famosa scena del balcone tratta dalla tragedia shakespeariana “Romeo e Giulietta”, e l’avevano riprodotta ridendo come due idioti, Louis aveva interpretato Giulietta ed Harry Romeo, sotto insistenza del maggiore, che vedeva Harry come colui che l’amava come Romeo aveva amato Giulietta. E dall’alto del balcone lo guardava sognante ed adorante.
In tutto quel tempo, Louis non si era separato dal cappello che Harry gli aveva regalato qualche mese prima, quel buffo cappello a forma di panda. Non l’avrebbe mai lasciato. Era uno dei regali più belli che Harry gli avesse mai fatto, era semplice, ed era per questo che Louis l’aveva apprezzato molto di più, rispetto a qualsiasi altro regalo.
Dopo Verona, nella quale si erano fermati per più tempo, erano stati in tantissime altre città italiane, come Firenze, dove avevano scoperto la bellezza dell’arte rinascimentale, Napoli, dove avevano scoperto la vera pizza italiana, e poi avevano girato le isole Eolie, e quasi avevano dimenticato tutta la sofferenza che stavano affrontando. Certo, Louis non aveva potuto prendere il sole o esporsi troppo, ma alla fine si erano adattati, e si erano goduti quel tempo insieme.
Subito dopo l’Italia, si erano imbarcati in un altro aereo, e avevano raggiunto la Francia, arrivando nella città di Parigi, la città dell’amore per eccellenza.
E Harry non seppe spiegarsi la felicità negli occhi di Louis in quel momento. Le due scaglie di cielo che aveva al posto degli occhi brillavano in un modo che Harry non avrebbe mai più rivisto in vita sua.
Era davvero felice in quel momento.
“Potrei rimanere qui per sempre” – sussurrò Louis appoggiando una mano contro la finestra della camera d’hotel in cui alloggiavano. Harry si avvicinò a lui abbracciandolo da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla, e lasciando un bacio casto e dolce sul suo collo.
“Possiamo restarci quanto tempo desideri, amore.” – sussurrò il più piccolo, stringendogli gli esili fianchi tra le sue mani forti. Louis era dimagrito tantissimo da quando si era ammalato. Le sue guance morbide avevano lasciato posto a due solchi spigolosi, i suoi fianchi morbidi accompagnati dalla sua pancetta erano diventati anch’essi spigolosi e magri, ma Harry continuava ad amarlo. L’avrebbe amato in qualsiasi modo.
“Davvero? E domani mi porti sulla Torre?” – fece girandosi tra le sue braccia, allungando le braccia attorno al suo collo, avvicinandolo a sé.
“Promesso, domani la Torre.”
“E faremo l’amore qui?”
“Qui e dove vorrai, piccolo mio.” – fece appoggiando una mano sul cappellino, come a volergli scompigliare i capelli che purtroppo non c’erano più.
Louis si protese verso di lui, baciandogli le labbra con dolcezza, chiudendo gli occhi per assaporare meglio il bacio, ed Harry ricambiò. I cuori di entrambi presero a battere alla velocità della luce, mentre si lasciavano andare alle loro effusioni.
“Ti amo così tanto, Harry..” – sussurrò Louis.
Ogni volta gli sembrava di non ringraziarlo abbastanza per tutto ciò che faceva lui, di non essergli abbastanza grato. Emise uno sbuffo contro le sue labbra, ed Harry gli accarezzò prontamente la schiena, per rilassarlo. Louis adagiò delicatamente la testa nell’incavo del collo dell’altro, sorridendo.
Nessuno l’avrebbe mai amato come lo amava Harry, questo era poco ma sicuro.
 
 
Il giorno dopo, i due ragazzi passeggiavano lungo la Senna, stringendosi la mano.
Harry indossava un paio di occhialoni neri, per paura di essere riconosciuto, e Louis si stringeva al suo braccio, tremando leggermente. Anche se si ostinava a sembrare forte, le sue forze spesso venivano a mancare.
Quando improvvisamente, uno di quei pittori di strada, che dipingevano sulle rive del fiume francese li fermò.
“Siete una coppia bellissima!” – aveva esordito guardandoli commosso.
Non sapeva perché, forse per gli sguardi che si erano lanciati di tanto in tanto, oppure per come si stringevano, ognuno bisognoso dell’altro, o forse perché si capiva che soffrissero dai loro visi, anche se quello di Louis era sempre sorridente, celando così tutta la sofferenza che dentro di sé nascondeva.
“Grazie” – aveva sussurrato, appunto, Louis guardando il pittore.
“Posso ritrarvi? Non vi farò pagare nulla!” – e aveva sorriso raggiante. Louis emozionato si era voltato verso Harry e lo aveva supplicato con lo sguardo. Il riccio gli aveva promesso che qualsiasi fosse stato il suo desiderio, lui l’avrebbe realizzato. Per questo aveva acconsentito, sedendosi con l’amato sulle ginocchia sullo sgabello di fronte al pittore, cingendogli i fianchi con le sue braccia, mentre l’altro sorrideva imbarazzato ed intenerito.
Harry si era tolto gli occhiali e aveva rivolto lo sguardo all’amato, che teneva le sue piccole e delicate mani su quelle decisamente più grandi del riccio. Il pittore colse lo sguardo di Harry, e come un bravo impressionista, cogliendo l’attimo fuggente, aveva raffigurato i due amanti. Una volta finito il ritratto, l’uomo porse loro il ritratto con un sorriso stampato sul volto.
“Si vede che vi amate, si vede da come vi guardate. Vi auguro ogni bene” – sorrise dolcemente, arrotolando la tela e infilandola in un tubo con il quale avrebbero potuto trasportarlo. Louis rispose al sorriso, mentre Harry si rabbuiò.
“Grazie mille!”- esclamò il castano, prendendo di nuovo la mano di Harry e mettendosi sotto braccio il disegno. Salutò l’uomo e insieme all’amato si allontanò.
In mente gli erano venute tante di quelle parole, che avrebbe voluto scrivere tutto e subito.
Intanto, il sole tramontava su Parigi, e i due innamorati cercavano un luogo in cui passare la serata, quando l’attenzione di Louis fu catturata da una cosa. Una cosa che avrebbe voluto fare prima di morire, una cosa che l’avrebbe reso ancora più felice di come non lo era mai stato con Harry.
“Harry, amore, perché non vai a vedere se quel ristorante va bene?” – fece indicando un ristorante, vicino al quale c’era una piccola gioielleria.
“Uhm... va bene, mi aspetti qui?”
“Sì, mi guarderò intorno per vedere se c’è qualcosa che mi piace, e poi da qui si vede la Torre, e dopo cena ci andiamo.”
“Agli ordini, capo!” – ridacchiò, andando verso il localino rustico che gli aveva indicando Louis, mentre il castano si dirigeva in quella piccola gioielleria per comprare qualcosa di molto importante.
 
 
Dopo la cena, i due ragazzi salirono sulla Torre Eiffel.
Il panorama da lassù era mozzafiato. Si vedeva tutta Parigi, ed era una delle cose più romantiche che entrambi avessero mai fatto. A Louis tremavano le mani, quello che stava per fare era importante, forse troppo, ma voleva prendere tempo.
Afferrò il cellulare dalla tasca e mise una traccia romantica, alzò il volume al massimo e lo appoggiò per terra avvicinandosi al suo ragazzo e abbracciandolo da dietro.
Dannazione, quanto gli piacevano i suoi fianchi morbidi e la sua pancetta. Portò la schiena del riccio contro il proprio petto, e lo strinse per quei fianchi morbidi al tatto.
“Balliamo?” – sussurrò alludendo alla lenta musica che il lettore del cellulare produceva in quel momento. Harry annuì, lasciandosi andare tra le braccia di Louis, ma non troppo altrimenti il maggiore non sarebbe riuscito a sostenerlo.
Oscillarono per un po’, con lentezza, con leggiadria, fino a che Louis non lasciò un bacio nell’incavo del collo di Harry, sussurrandogli qualcosa che il riccio non capì. Era troppo scosso. Quel momento era perfetto. Dannatamente perfetto.
Appoggiò la testa sulla spalla di Louis, all’indietro, e sorrise lasciandogli un bacio dolce sul mento.
“Harry, ricordi quello che abbiamo detto a casa mia?” – chiese con un sorrisino divertito sulle labbra.
“Uhm... sì?”
Louis gli lasciò i fianchi, e si avvicinò alla ringhiera della terrazza della Torre e guardò Parigi.
“Ti amo, Harry Styles!” – urlò –“mi vuoi sposare?” – chiese, abbassando la voce e voltandosi verso Harry che era di fronte a lui incredulo. Un sorriso dolce si dipinse sulle labbra di Harry, e si avvicinò al castano, facendogli l’occhiolino.
“Ti amo, Louis Tomlinson!” – urlò anche lui –“sì, voglio sposarti.” – rispose, incrociando gli occhi dell’amato, che si sporse verso di lui e unì ancora le loro labbra in un bacio dolce e passionale, anche se lento, lentissimo, perché loro volevano godersi quegli ultimi istanti che avrebbero vissuto insieme, perché erano gli unici che avrebbero vissuto ancora.
Louis tirò fuori dalla tasca uno scatolino, e lo aprì, tirando fuori un semplicissimo anello d’argento, con al suo interno un’incisione: “Always in my heart, Harry Styles, yours sincerely, Louis.”
Harry quasi pianse leggendo quell’incisione e saltò al collo dell’amato, stringendolo possessivamente, baciandolo ripetutamente, facendogli sentire tutto il suo amore. Facendogli capire che valeva per lui la stessa identica cosa.
In quel momento, era così felice che non pensò alla malattia di Louis, non pensò che presto prima o poi lui se ne fosse andato, non pensò a niente. Continuò a baciarlo fino a che ebbe fiato in corpo, fino a che le loro labbra non si stancarono, fino a che Louis non si lamentò di essere stanco, e nonostante la stanchezza entrambi volevano continuare a baciarsi. Baciarsi come se non ci fosse stato un domani, perché sapevano che di lì a poco il grande addio sarebbe avvenuto.
 
 
Dopo il soggiorno parigino, i ragazzi continuarono a viaggiare, toccando posti sconosciuti, o conosciuti. Toccando posti romantici, arrivando in capo al mondo, perché insieme avrebbero potuto fare di tutto.
E ogni tanto, Louis si fermava, scriveva qualcosa e poi prestava ancora attenzione ad Harry, che era incuriosito, ma non parlava, non voleva invadere i suoi spazi, non voleva che Louis si sentisse obbligato a rivelargli qualcosa di importante come ciò che scriveva. E tra tutti i viaggi, baci, abbracci, momenti dolci, frasi scritte, l’anno passò quasi del tutto, ed Harry si accorse che iniziava a scadere il tempo.
Louis era sempre più affaticato, sempre più provato.
E si sentiva sempre più in colpa.
Poi il nulla.
Non ricordò come finirono in ospedale. Louis era svenuto tra le braccia di Harry, che preoccupato aveva chiamato l’ambulanza, e dopo una corsa immane in ospedale, lo avevano ricoverato. Avrebbe avuto qualche giorno di vita in più in questo modo.
E ora, Harry gli stringeva la mano, con fare premuroso, con le lacrime agli occhi, mentre il suo ragazzo gli sorrideva. Erano in ospedale da settimane ormai, e Louis era sempre più debole.
“Ehi, non devi essere triste” – disse – “io sarò sempre qui” – e gli indicò il cuore –“e qui”- indicò la testa –“non ti libererai di me facilmente, Styles” – e concluse la frase con una risata interrotta da alcuni colpi di tosse potenti.
Harry scosse la testa, cercando di scacciare le lacrime.
“Non sarai qui con me fisicamente.”
“Ricordati, Harry, sarò al tuo fianco in qualsiasi cosa farai, anche quando troverai qualcun altro, io sarò lì a vegliare su di te” – chiuse gli occhi, stanco. –“devi farmi una promessa, Harry.”
Il giovane annuì, guardandolo. Sentiva che da lì a poco sarebbe rimasto totalmente senza il suo Louis.
“Dimmi tutto, amore..”
“Promettimi che...”- tossì –“che farai qualcosa per curare i bambini con questa malattia... che con quello che guadagnerai, aiuterai le persone malate come me...” – supplicò con lo sguardo.
“L-Louis, vo-vorrei farlo con t-te...” – trattenne un singhiozzo –“n-non posso da-da solo...”
“Invece puoi, mi fido di te. Me lo prometti?”
“Promesso, finanzierò le ricerche, ma tu non lasciarmi ancora.” – riuscì per miracolo a trattenere i singhiozzi, mantenendo una voce più o meno ferma.
Louis scosse la testa, sorridendo.
“C’è un ultima cosa che voglio fare prima di andarmene.” – asserì sicuro.
“E cosa?”
“L’amore con te, per l’ultima volta.”
Harry deglutì.
Si sarebbe sforzato troppo in quel modo. Scosse la testa energicamente, dicendogli più e più volte che fosse debole, troppo debole per fare certe cose, ma furono tutte proteste vane, quando Louis gli ricordò che avesse promesso che avrebbe fatto di tutto per lui.
Harry sbuffò quasi divertito, e Louis gli sorrise innocente, attirandolo verso di sé e baciandolo.
Era il suo ultimo desiderio, appartenergli un’ultima volta, perché non doveva accontentarlo?
Semplice, perché sapeva che il corpo di Louis non avrebbe retto.
Ma Harry lo baciò, lo baciò con tutto l’amore che aveva in corpo, Louis staccò le flebo che aveva nel braccio e attirò il riccio contro di sé, privandolo della maglietta, percorrendo il suo collo con le labbra, la lingua e i denti, mentre il riccio, delicatamente gli percorreva il petto ancora coperto dal camice con una mano. Louis sorrise alle premure che il suo ragazzo ancora gli riservava, e lo baciò con trasporto, prima di privarlo anche dei pantaloni, e incitarlo a spogliarlo. Harry era ancora restio, non voleva essere la causa di un suo collasso, ma gli occhi di Louis lo supplicavano, gli dicevano che non c’era più tempo, che era l’ultima volta. Ed Harry capì, cercò di scacciare il pensiero di Louis morto, gli sfilò il camice e i boxer, e lo baciò ancora e ancora, e ancora, prima di entrare con lui con dolcezza e con amore, senza violenza, senza impeto, cercando di far godere sia il suo ragazzo che se stesso di quell’ultima volta insieme.
“Ti amo, Harry, da sempre, per sempre...” – ansimò Louis venendo contro il petto dell’amato, che dopo un po’ si svuotò dentro di lui.
“Per sempre tuo, solo tuo, non amerò mai nessuno come amo te, Louis, te lo prometto, mai, mai, mai.”
Louis sorrise, con gli occhi socchiusi e gli diede un bacio sulle labbra.
“Ci conto.” – sorrise, mentre Harry scendeva dal suo corpo e si rivestiva, aiutandolo a rimettere il camice.
Harry tirò un sospiro di sollievo, vedendo che Louis fosse ancora vivo, anche se molto affaticato e provato.
Dopo qualche istante, il castano si ricordò di una cosa. Allungò una mano verso il mobiletto che aveva accanto al letto ospedaliero e aprì un cassetto. Tirò fuori una manciata di fiorellini violacei , e un pezzo di carta,  porgendo poi tutto al ragazzo.
“Non si sa mai”- biascicò –“conservali sempre, insieme a questa”
Harry annuì, stringendo tra le mani sia il pezzo di carta, che non ebbe il coraggio di leggere sia i fiori delicati. I non ti scordar di me. Ma come avrebbe potuto, Harry, dimenticarsi di lui?
“Harry?”
“Sì?”
“Mi canti Angel? E’ tanto che non la canti..”
Harry deglutì. Era stata la prima canzone che gli aveva dedicato.
Era stato il suo primo pensiero quando lo aveva visto.
Quella canzone rappresentava lui, in tutto e per tutto.
Il suo angelo.
Si schiarì la voce, prima di iniziare a cantare. Ma quando arrivò verso la fine, il cuore gli batteva forte, così come gli era battuto durante la finale di X-Factor, ma stavolta tutto era accompagnato dalle lacrime.
 
You're the reason I live
You're the reason I die
You're the reason I give
When I break down and cry
Don't need no reason why
 
Baby, baby
 
You're my angel
Come and take me all right
You're my angel
Come and save me tonight
 
Quando Harry alzò lo sguardo verso Louis. I suoi occhi erano chiusi, aveva il sorriso sulle labbra e un’espressione beata da far invidia agli angeli del Paradiso. Si avvicinò a lui, tremante.
“L-Lou, d-dormi...?” – deglutì trattenendo i singhiozzi. –“L-Lou? B-Boo...?” – lo scosse piano –“L-Louis, t-ti p-prego a-avevi d-detto c-che s-stavi...”- non riuscì a finire la frase, gli strinse la mano, che ricadde pesantemente contro la sua, inerme. Si abbassò sul suo petto e pianse tutte le lacrime che aveva dentro di lui.
L’incubo si era avverato, il suo Louis non c’era più.
Gli sfiorò un’ultima volta le labbra, sussurrandogli di amarlo, prima di chiamare gli infermieri e dottori e comunicare loro quanto accaduto.

 

*

 
“… Louis è stato il mio primo, vero e unico amore. E oggi sono qui, per annunciare non solo che tornerò a cantare come una volta, ma anche che tutti i miei guadagni futuri, andranno in beneficenza alle associazioni contro il cancro.” – nel parlare gli tremano le mani, l’intervistatrice ha le lacrime agli occhi, i manager si guardano scuotendo la testa, il pubblico piange in silenzio, Harry si guarda intorno con il sorriso sulle labbra. E’ stato Louis ad insegnarglielo.
Dalla tasca prende l’anello infilandolo al dito, sigillando con quello il suo coming out.
“E-e cosa scriveva Louis?” – chiede l’intervistatrice. Harry sorride. Ha fatto di proposito a non dirlo durante il racconto, si aspetta quella domanda.
“Una canzone, che avevo intenzione di suonare oggi, qui con tutti voi. Posso?” – chiede alla donna che lo guarda ancora con gli occhi pieni di lacrime, mortificazione e forse... pietà?
Annuisce, ed Harry è più che felice di prendere la chitarra e suonare quella che è la canzone che Louis gli ha scritto, regalandogliela prima di morire.
Si posiziona al centro della saletta, con la sua chitarra, che ha imparato a suonare dopo la morte di Louis, perché in qualche modo doveva distrarsi, e inizia a suonare con il sorriso sulle labbra.
 
People say we shouldn’t be together
We're too young to know about forever
But I say they don’t know what they talk talk talkin’ about
'Cause this love is only getting stronger
So I don’t wanna wait any longer
I just wanna tell the world that your mine, boy
Oh.
 
Harry sorride cantando, sa quello è un vero e proprio coming out, ma non gli interessa.
Ed è come se lo vedesse, lì di fronte a lui, che gli sorride.
I capelli ricresciuti, la sua espressione dolce, da bambino, il suo sorriso divertito come al solito.
 
They don’t know about the things we do
They don’t know about the I love you
But I bet you if they only knew
They will just be jealous of us
They don’t know about the up all nights
They don’t know a thing of my life
Baby, they don’t know about
They don’t know about us
 
Harry si è perso, si è perso immaginando Louis di fronte a lui che gli sorride fiero ed orgoglioso di lui.
In fondo, sta mantenendo la sua promessa.
 
Just one touch and I was a believer
Every day it gets a little sweeter
It’s getting better
It’s getting better all the time, boy
 
Stringe le mani sulla chitarra, tocca le corde come se fossero tanto delicate da spezzarsi, così come lo era il suo Louis, delicato, intoccabile, adorabile.
 
They don’t know how special you are
They don’t know what you’ve done to my heart
They can say anything they want
Cause they don’t know about us
 
Punta lo sguardo di fronte a lui, sorride. Ora lo vede, è lì di fronte a lui.
In tutta la sua bellezza, gli sorride, canta con lui, si avvicina a lui, gli sorride.
Muove la bocca con lui, duettano insieme come non hanno mai fatto, e mai faranno.
 
They don’t know what we do best
That’s between me and you I’ll little secret
But I wanna tell em
I wanna tell the world that your mine, boy.
 
E lo sente, lo sente quando gli sfiora la guancia, lo sente quando fa scendere la mano sulla sua, stringendola. Lo sente quando poggia le labbra sulle sue. Lo sente quando lo abbraccia da dietro, aiutandolo a suonare.
 
They don’t know about the things we do
They don’t know about the I love you
But I bet you if they only knew
They will just be jealous of us
They don’t know about the up all nights
They don’t know a thing of my life
Baby, they don’t know about
They don’t know about us.
 
E lo sente, quando si unisce a lui nel ritornello.
Sente la sua voce, dolce, carezzevole, squillante.
E sente le lacrime bagnargli il viso, quando, smettendo di suonare, si accorge che è stata di nuovo la sua immaginazione, si accorge che Louis non è più con lui, è solo nella sua testa.
Stringe la chitarra, portando una mano su quella dove ha l’anello.
E gli suona in mente la sua voce che gli dice che sarà sempre nel suo cuore, nella sua testa, e sorride tra le lacrime, quando vede la sua immagine salutarlo con quel sorriso sempre sulle labbra.
Perché in fondo, Harry sa che non può dimenticarlo.
Harry sa che è lui è una traccia indelebile.
Harry sa che lui è vivo dentro di lui.
Harry sa che Louis è il suo angelo.





No, Jimmy Protested!

Allora questa era.... una credo shot.
No, chiariamoci. Io che faccio morire il mio amato Boo. Sono un'inutile senza cuore.
Inutile proprio.
Ma.. boh, sarà che sono triste in sti giorni, a me piace.
Non ho mai usato la tecnica del flashback cioè la uso ma per attimi insomma piccoli spezzoni non tutta una shot, questa è un enorme flashback del nostro Harreh. EEE ringraziamo - ma non mi dire - LUUUUUUUU! Che mi ha suggerito di cambiare font per far capire che non c'entrava niente con l'inizio. Oddio detto così.. sembra che sia una cosa campata in aria. Diciamo che ho fatto di proposito a mettere prima il presente e poi al passato, ma penso sia chiaro, suvvia! E ringraziamo sempre Lu anche per lo splendido banner. E' adorabile, io lo amo *-*
Poi.. poi.. le canzoni citate spero le conosciate, se non le conoscete andatevele a sentire, che son belle.
Allora io le linko.
Better Days, Goo Goo Dolls; 
Lullaby, Nickelback; 
Let it be, Beatles;
Broken Strings, James Morrison;
Stay, Hurts;
Somebody to Love, Queen;
Accidentally in Love, Counting Crows;
All about lovin' you; Bon Jovi;
Angel, Aerosmith;
They don't know about us, One Direction.
Dopo aver detto ciò, mi scuso con Louis per averlo fatto crepare. E per l'amor del cielo, è un'AU AU, AU, AU, Another Universe, Non rompetemi le palle che Harry non è l'unico famoso, per favore, ho cambiato la storia di proposito, non sono stupida, damn. Dopo un po' certi messaggi rompono le scatole.
Comunque.. spero di non aver detto troppe scemenze, è so che uno dei due che muore è uno dei cliché più stupidi, ma avevo quasi la necessità di scrivere una cosa così triste per essere felice lol
Come al solito, io vi ringrazio per tutte le recensioni, ho visto che anche Lost vi è piaciuta! E spero apprezziate anche questa :3 io mi dileguo! Spero non ci siano errori, ma io ho riletto, non si sa mai u.u
E ci vediamo domani o martedì con il capitolo del Booooy!
Ciao belle, Chiara loves ya <3
*woooooosh*

P.s mi scuso per l'enorme lunghezza. Ma proprio non ci riesco a scrivere cose brevi.

Desclaimer. I personaggi non mi appartengono e non intendo in alcun modo offendere i Oned. Niente è scritto a scopo di lucro. 


   
 
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