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Autore: MimiRyuugu    26/02/2013    3 recensioni
"Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi."
Sono arrivate le vacanze estive, la nostra Giulia è tornata a casa, ma non riesce a smettere di pensare al suo pozionista preferito. Riuscirà a convincere il vecchio gufo ad incontrarsi prima dell'inizio della scuola?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonaseeeeeera *^*
lo so, ho aggiornato nemmeno una settimana fa e sono già qui. Però sapete quanto scodinzolo ad aggiornare çwç innanzitutto ringrazio Giorgy89, altee, Skelanimal e mistery_sev per le loro recensioni al primo capitolo :) *lancia cioccolatini e coriandoli* ringrazio anche chi ha solo letto di passaggio e magari vuole continuare a farci compagnia nella lettura in modo silenzioso :3
volevo anche precisare che sono scema, perchè nell'intro alla ff (che ora ho corretto), ho scritto che questa ff è ambientata nell'estate fra il quarto e il quinto anno, mentre è fra il quinto e il sesto :) mi scuso per avervi confuso le idee xD riguardo al futuro di Giulia e Sev...bhe, non vi resta che leggere questa ff e quelle che verranno (si, sembra una minaccia che io continui con le ff. me ne rendo conto xD) >//<
In questo capitolo troviamo Pieces of Me di Ashley Simpson (si vede proprio che l'ho scritta anni orsooooono xD) e Splendi di Marta Rossi.

Avvertenze: occtudine, diabetanza ed attesa. mi scuso se questo aggiornamento vi annoierà ><

Ora vi lascio al capitolo,
Buona lettura <3



Capitolo 2

Un raggio di sole si posò impertinente sui miei occhi. Mi voltai dall’altra parte. Strinsi il cuscino. Sentii un peso improvviso sul braccio. Aprii gli occhi e mi trovai davanti il musetto di Billy Joe. Miagolò, poi mi diede un colpetto sul braccio con una zampa. Si avvicinò e mi leccò il naso. Sorrisi e lo tirai a me. Lui protestò, ma non lo lasciai andare. Pian piano, si arrese, e chiuse gli occhi. Il problema era che io oramai mi ero svegliata. Lo presi in braccio e lui si lamentò. Aprii la finestra e il gatto saltò sul cornicione interno. Continuando a strusciarsi e fare le fusa. Mi stiracchiai. Vidi la signora Holmes della casa vicino passare l’annaffiatoio sui fiori del giardino. “Buongiorno Giulia! Allora, come stai?” mi urlò, alzando la testa. “Abbastanza bene signora Holmes! E lei?” le chiesi. “Anche io non mi posso lamentare…piuttosto, di ad Alvis che non ci si deve arrampicare ed entrare dalle finestre!! È pericoloso!” mi raccomandò. “Certo! Appena vedo Anna glielo dico!” sorrisi. la salutai con la mano e ripresi Billy Joe. Lo misi sul letto. Iniziò a rotolarsi sul materasso, finché non cadde. Risi e lo tirai su. Il gatto mi guardò offeso, poi, si buttò letteralmente sul cuscino. Si raggomitolò e chiuse gli occhi. “Sei davvero un gatto permaloso!” sbottai, arruffandogli il pelo sulla testa. Billy cacciò fuori la lingua per risposta. Mi cambiai ed andai in bagno. Lavai il viso, spazzolai i capelli e sistemai la mia solita forcina. Scesi trotterellando le scale ed andai in cucina. Un buonissimo odore di frittelle mi guidò. Guardai l’ora. Erano le undici passate. Vidi un piatto di frittelle fumanti accanto al forno. Allungai una mano ma, appena toccai il piatto, mi scottai. Mi scappò un urletto di dolore. “Sempre la solita, Giulia…” sospirò divertita mia madre, entrando. Puntò la bacchetta sul piatto, poi me lo porse. “Volevo tenerti in caldo le frittelle finché non ti fossi svegliata…” spiegò, porgendomi anche la bottiglietta di sciroppo al cioccolato. Mi sedetti ed iniziai ad annegare la mia colazione nello sciroppo. Lei mi versò un po’ di latte in un bicchiere e si sedette sulla sedia alla mia destra. “Billy Joe è che dorme sul letto…” l’avvertii. Mia madre sbuffò, pensando già alla quantità di peli di gatto da togliere dal copriletto. “Allora, spedita la tua lettera?” chiese poi. Annuii rossa in viso. Lei sospirò. “Ah, che bei tempi, quelli di Hogwarts…” sorrise. La guardai curiosa. “Le care vecchie serate davanti al fuoco, in Sala Comune, a chiacchierare con Felicia…” iniziò a raccontare. Annuii, mangiando un boccone di frittella con tre strati di sciroppo sopra. “Anche se, a dire il vero, io guardavo sempre Remus…” ridacchiò. Sorrisi. “E Felicia? Aveva un debole per qualcuno?” chiesi, curiosa. Mia madre aggrottò la fronte. “Ovvio…tutti cel’avevamo…lei era innamorata pazza di Lucius…ma ovviamente, essendo lui più grande e già fidanzato con Narcissa, si era arresa a una vita di sospiri…” raccontò ancora. “E papà? Non vi parlavate?” chiesi. Lei alzò le spalle. “No…se ne stava con i suoi due amici in croce…più evitava di stare nello stesso posto dei Malandrini, meglio era…e, siccome erano sempre attorno a me e Felicia, era un po’ difficile parlarsi…” spiegò. La guardai dubbiosa. “James faceva corte serrata a Lily, come anche tuo padre…io sbavavo dietro a Remus, mentre Sirius ci provava ogni singolo minuto con me…mentre Peter Minus ha cercato più volte di uscire con Felicia…” precisò. Ci guardammo, e rabbrividimmo. “Infatti, quando tuo padre mi si avvicinò e mi chiese di uscire, verso la fine del quinto anno, pensavo fosse un diversivo per fargli conoscere Lily…poi notai che lei stava sempre con James, così capii che il caro vecchio Sebastian Wyspet si era innamorato di me!” concluse. Sorrisi intenerita. Ma perché ogni uomo della mia vita doveva avere una simpatia per Lily Evans?! “Però Lily era tua amica, giusto?” le chiesi, finendo la penultima frittella. “Mah…amiche…non proprio…diciamo che io e Felicia eravamo, e siamo tutt’ora, buone amiche…ma con lei…diciamo che era una ragazza che aveva una certa popolarità, per carità, era davvero bella!” iniziò a dire mia madre. Se fossimo state in un cartone giapponese un masso con la scritta “davvero bella” mi avrebbe spiaccicato contro il pavimento. “Però tendeva ad arrabbiarsi troppo…con James poi! Più lei si arrabbiava, più lui continuava con le sue bravate…e chi ci finiva sempre in mezzo era il povero Severus…” precisò infastidita. A sentire quel nome, per poco sputai il sorso di latte che stavo bevendo. Mia madre vide che il mio viso era di un colorito tendente al rosso vivo, e sorrise maliziosa. “Che poi, si capiva lontano un miglio che a Severus piaceva Lily! Ma lei, che secondo me e Felicia era un po’ tocca, l’aveva inteso solo come un amico…” esordì poi. Risi. “Comunque, meglio così…almeno ha trovato una persona che potrà dargli vero amore…” mi sorrise lei. Poi mi fece l’occhiolino. Arrossii. Mi alzai e misi il bicchiere e il piatto nel lavandino. “Mi ha chiamato Ilary prima…” iniziò a dire mia madre. Sbadigliai ed annuii. “Oggi pomeriggio viene qui con Anna a prendere un tè…”  continuò. “Allora vado a chiamare Hermione! Così ci riuniamo tutte e tre!” proposi. Lei annuì. Chiamai a casa del prefetto. Mi rispose una voce femminile. Era la madre. Dopo qualche minuto ad aspettare che la figlia scendesse, finalmente lei mi annunciò del suo arrivo. Proposi il tè pomeridiano ad Hermione, che accettò volentieri. I suoi erano al lavoro, mentre lei stava leggendo. Ci accordammo per le tre e mezza a casa mia. Presi un libro e mi sistemai sul dondolo. Nel giardino sul retro. Ci dormivo interi pomeriggi quando ero piccola. Si stava benissimo. Avevo appena raggiunto il segnalibro, quando alzai lo sguardo al cielo. On a Monday, I am waiting. C’era un bel sole. Afoso. Esattamente come quello ad Hogsmerade il giorno che mi accompagnò Piton. Il giorno in cui mi comprò il bracciale per Eveline.Tuesday, I am fading. Era mezzogiorno passato, e mio padre era appena passato a salutarmi. Di solito, quando facevo colazione tardi la mattina, non pranzavo. And by Wednesday, I can't sleep. Continuai a guardare il cielo. La musica del mio mp3 che passava nelle mie orecchie. Poggiai a terra il libro. Tirai su le gambe e portai le ginocchia al petto. Le abbracciai. E sospirai. Then the phone rings, I hear you And the darkness is a clear view, cuz you've come to rescue me. Chissà se Severus aveva ricevuto la mia lettera. Se l’aveva buttata nel cestino e mi aveva risposto con un altro rifiuto. Oppure. Lo avevo torturato così tanto che aveva accettato. Fall...with you, I fall so fast, I can hardly catch my breath, I hope it lasts. Però c’era ancora un’opzione. Che avesse deciso di accettare perchè gli mancavo. Perché anche lui pensava costantemente a me. Ai miei occhi. Alla mia voce. Ohhhhh, it seems like I can finally rest my head on something real, I like the way that feels. Ai suoi occhi. Meravigliosi. Quei tunnel neri che mi hanno salvata più e più volte. Alla sua voce. Sensuale. Quella melodia profonda e carezzevole. Che mi toccava nel cuore. Anche solo se pronunciava il mio cognome.  Ohhhhh, it's as if you've known me better than I ever knew myself, I love how you can tell. Il dondolo si muoveva piano. Ogni tanto un venticello leggero faceva traballare le foglie degli alberi. All the pieces, pieces, pieces of me. Avrei tanto voluto che lui fosse con me. Sorrisi, al pensiero di Severus in giardino vicino a me. Lui che odiava il sole. All the pieces, pieces, pieces of me. Poi però un’immagine prese forma nella mia mente. Io e lui. In un giardino tutto nostro. Con violette ed edera. Seduti placidamente sul dondolo. Ed una bambina seduta sulle sue ginocchia. Che sgambetta contenta. E si tiene con una mano alla giacca del suo papà per paura di cadere. On a Monday, I am waiting, and by Tuesday, I am fading into your arms...so I can breathe. Un rumore improvviso mi fece tornare alla realtà. Senza che me ne accorgessi avevo chiuso gli occhi. Mi tolsi una cuffia. “Proprio una bella giornata eh?” sorrise mio padre, sedendosi accanto a me. Annuii. “Qualcosa non va bambina?” chiese, facendomi una carezza sulla testa. “Tutto bene…stavo…pensando…” spiegai, imbarazzata. “Da quando sei tornata non fai che pensare…stai ore e ore nella tua camera ad ascoltare musica…” osservò, preoccupato. Alzai le spalle. “Mi piace ascoltare musica…” sorrisi. Lui mi guardò accennando ad un sorriso. “Sicura che va tutto bene? Qualcosa che non va a scuola? Sei in pena per i G.U.F.O.?” chiese. In effetti qualcosa c’era. Però come potevo dirgli che mi mancava il mio professore di Pozioni? Sospirai. “No…è che…stavo pensando a quest’anno…a quello che succederà i prossimi anni…” buttai li. Il che in effetti era vero. “Che figlia responsabile ho! Ti preoccupi troppo bambina…vedrai che andrà tutto bene…” sorrise. Poi si alzò. “È ora di tornare tra le scartoffie! Che fatica!” sbottò. Gli diedi un bacio sulla guancia e tornò in casa a prendere la valigetta. Mi sdraiai sul dondolo. Iniziai a giocare con qualche filo d’erba. Alla fine, annoiata, chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dalla musica. Cosa che, in effetti, facevo molto spesso. Mi immaginai come potesse essere la casa di Piton. Una piccola casetta con massimo due piani. Una mini cucina, sobria ed elegante. I muri del salotto nascosti da alte librerie. Una scala con il corrimano intarsiato che portava al piano superiore. Un bagno con una vasca spaziosa. Le boccette souvenir di Silente a far da soprammobile su qualche ripiano. Gli asciugamani verdi riposti con ordine. Poi una piccola stanza adibita a studio. Comunicante con la camera. Un letto a baldacchino nel centro. Lenzuola di seta verde scuro. Sospirai. Non mi importava quanto fosse piccola, malmessa, o strana la casa di Severus. Per me sarebbe stata comunque bella. Avevo sempre vissuto in una casa in cui serviva una mappa per orientarsi. La mia camera non per nulla era piccola. Adoravo stare in spazi sobri e non molto grandi. Ma soprattutto, non avrei cambiato opinione su di lui solo vedendo la sua casa. Mi crogiolai sul dondolo fino a che suonò il campanello. La prima ad arrivare fu Hermione. Andammo in camera mia e l’aggiornai sulle ultime lettere. Quando arrivò anche Anna, raccontai di quella che avevo spedito la sera prima. mia madre ci portò il tè con dei biscotti, poi tornò dalla madre di Anna. “Allora Herm, quanto ti sei già avvantaggiata per il prossimo anno?” le chiese la castana. Il prefetto tossì. “Herm…non mentire…ti conosciamo benissimo…” rimbeccai, scettica. “Ho solo visto qualche incantesimo…e…qualcosa sulla Smaterializzazione…” rispose. “Secchiona…” tossicchiò Anna. Hermione le tirò un cuscino. “Ragazze…voglio tornare a scuola…” sbuffai. Il prefetto mi guardò attonita. “Tradotto, vuol dire che le vuole vedere Piton…” precisò Anna. Passarono alcuni minuti di silenzio. “Vediamo un film? Vi va?” proposi. Le due alzarono le spalle. “Tu non sei in punizione?” chiese Herm ad Anna. Quest’ultima scosse la testa. “Basta che non lasci la città…probabilmente mia madre mi ha inserito un cip nel cervello mentre dormivo per segnalare i miei spostamenti…” sbuffò irritata. “Oramai di questi tempi anche mettere i panni a stendere fuori è pericoloso…” predicò Hermione. Anna la guardò scettica. “Avanti…cosa ci vediamo?” chiesi. La castana si guardò intorno. “Arancia Meccanica?” propose. Hermione scosse convinta la testa. “Saw, l’Enigmista?” disse ancora. Il prefetto rabbrividì solo al nome. “Maratona di Sex and the City?” disse infine. “Ma anche no…” sbottò Herm. “Allora proponi tu!” rimbeccò la castana. Il prefetto ci pensò su. “Un Principe Tutto Mio…” sorrise. Anna fece finta di impiccarsi. “Ho capito…meglio che lo scelgo io…” decisi, divertita. “Ragazze…siamo proprio annoiate eh?” osservò Anna. Io ed Hermione annuimmo. “Voglio andare da Draco…” si lagnò poi la castana. “Non ricominciare!” esclamò subito esasperata il prefetto. Risi. “Non potete vedervi in centro? Sai, un normale appuntamento…cinema, pranzo…” ipotizzai. Anna mi guardò scettica. “Ce lo vedi Draco tra i babbani?” disse divertita Hermione. “Negli stati in cui è ora accetterebbe...nelle lettere sembra che la vacanza con la madre a metà luglio sia più un campo di prigionia…” spiegò la castana, mangiando un biscotto. “Narcissa è una donna forte…però lontana da Lucius…io non so come farei!” continuò. “Sel’è meritato! Doveva pensarci prima di attaccar briga con i suoi amici Mangiamorte…” rimbeccò acida Hermione. Anna abbassò lo sguardo. Ed il prefetto si sentì subito in colpa per quello che aveva detto. Normalmente la castana le avrebbe rimbeccato peste e corna. “Voglio andare da Draco…con o senza il permesso dei miei…” sbottò la castana. Io ed Herm ci guardammo. “Ho paura che commetta qualche sciocchezza…Voldemort può promettergli grandi cose…come far tornare suo padre a casa…una protezione per me…” spiegò affranta. “Una protezione?” le chiese il prefetto. Anna annuì. “Dopo la faccenda al Ministero Draco ha paura che io possa fare qualcos’altro…e poi, sono una Mezzosangue…quelli come me Voldemort li vuole eliminare…” continuò a dire poi. “Questo mondo fa davvero schifo…se solo le persone non volessero più potere di quello che hanno già… l’importante dopotutto è avere la salute, una famiglia con cui stare e delle persone che ti vogliano bene…” ragionai. “Purché non si prenda il mio Draco, sarei disposta a far diventare uno di famiglia Voldemort…anche se con mia madre non penso resisterebbe…” scherzò. Risi. “Avanti! Vedrai che tra tre anni sarai servita e riverita in una castello con il tuo Draco vicino…” la consolai. “E Scorpius ed Elizabeth che sgambettano per i corridoi…” completò Hermione. Anna prese un respiro profondo. “Come fai a sapere che Piton non è più un Mangiamorte? Magari sta lavorando in incognito come spia per loro…” mi chiese. Scossi la testa. “No…Piton non potrebbe mai tradire Silente! Che Bellatrix Lestrange mi possa cruciare di nuovo!” giurai. Hermione trasalì. Parlammo fino a finire il tè ed i biscotti. Del futuro. Dei Malfoy. Di Piton. presi il vassoio con le tazze ed il piattino e scesi per portarlo in cucina. Trovai Ilary, la madre di Anna, seduta a sorseggiare del tè. “Giorno signora Haliwell…” la salutai, mettendo dell’acqua nelle tazze. Lei mi sorrise. “Sei davvero una brava figlia…scommetto che avrai dei G.U.F.O. ottimi…” mi lodò. Alzai le spalle poco interessata. “Anche Anna non è affatto male…io non studio per nulla…” confessai. Lei mi guardò scettica. “Se solo Anna fosse meno problematica…ho accettato il suo stile di vita, la sua musica, ma il suo brutto carattere proprio no…è uguale a quello della nonna paterna…” sospirò, esasperata. Finii di lavare le tazze e le poggiai accanto al lavandino. “Anna è una brava ragazza…può essere impulsiva a volte, ma è davvero un’ottima amica…” la difesi, iniziando a lavare il piattino. “È testarda…in questo mese non è passato giorno in cui non ci fosse stato litigio…” esclamò ancora Ilary, dispiaciuta. Le sorrisi. “Lucius è stato arrestato…Narcissa è sola… sconvolta…Draco vede la madre stare male e vorrebbe avere vicino la sua Anna…è normale…” spiegai. “Sono pur sempre una famiglia di Mangiamorte…come posso mandare la mia piccola in un posto così pericoloso?” sbottò ancora lei. Scossi la testa. “Ha sedici anni…e ha visto che il suo ragazzo sta soffrendo…è logico che vorrebbe aiutarlo…dopotutto non gliela porterà via tutta l’estate…solo qualche giorno…” la corressi. Poggiai il piattino vicino alle tazze e sistemai il vassoio nella credenza. Poi tornai di sopra. Parlai ancora con le ragazze, senza riferire della conversazione avuta con la madre di Anna. All’ora di cena c’eravamo ancora solo mia madre ed io. Poco dopo, arrivò mio padre. L’ennesima cena in famiglia, poi televisione. Tornai in camera decisa di leggere, anche se alla fine rimasi seduta alla finestra senza andare minimamente avanti con la lettura. Guardavo fuori dalla finestra. Il cielo limpido. Di Sweeney nemmeno l’ombra.
Il giorno dopo, mi svegliai trepidante. L’ennesimo giorno di sole. Però la lettera che tanto aspettavo non era ancora arrivata. Feci colazione, e andai a rilassarmi sul solito dondolo in giardino. Finii per addormentarmi placidamente. Fu un uragano castano a svegliarmi. Mi stiracchiai. “Sempre a dormire!! Stai prendendo le abitudini di Billy Joe!” mi prese in giro Anna. Le feci spazio sul dondolo. Sembrava al settimo cielo. “Come mai quest’aria sognante?” le chiesi. Lei sorrise, poi mi abbracciò. “Grazie, grazie, grazie! Ti adoro!!” esclamò. Avevo capito. Le scompigliai i capelli. “Avanti, racconta…” le chiesi. “Stamattina sono andata a fare colazione, e mia madre mi ha detto che potevo andare da Draco…parto domani mattina…e rimango da lui per quattro giorni…” spiegò. Annuii. “Mia madre mi ha detto che le hai parlato…sei davvero un angelo Giulia!” esclamò ancora, abbracciandomi di nuovo. “Dobbiamo festeggiare allora…” sorrisi. Anna annuì. “L’ho già detto ad Herm! Sembrava felice per me…” mi disse. La guardai ovvia. “Certo che è felice! Ti vogliamo bene, ed è normale che se ti vediamo contenta lo siamo anche noi!” esordii. “Allora andiamo a prendere Herm e vi offro un gelato! Ti va?” propose. Annuii. Andai ad avvertire mia madre e mi misi le Converse. Uscimmo e ci dirigemmo verso la casa del prefetto. Anna trotterellava come una Vispa Teresa, cosa che non le si addiceva per nulla. Era un’immagine divertente. Arrivammo a casa di Hermione e bussammo. Era venerdì, per cui i sua madre aveva giornata libera dal lavoro. Ci aprì una donna alta, dai capelli simili a quelli della nostra amica. “Salve Anna, Giulia!” ci sorrise. “C’è Hermione?” le chiesi. “Certo, ora la chiamo…” rispose tranquilla. Poi si diresse alle scale e salì, sparendo alla nostra vista. Poco dopo una ragazza a noi famigliare, ci raggiunse. “Ciao ragazze! Potevate avvertirmi che venivate a trovarmi…” sorrise Hermione. “Ti va di venire a mangiare un gelato? Offre Anna!” le chiesi. Lei alzò le spalle. “Avevo appena iniziato il capitolo sugli incantesimi non verbali…però…si dai! Perché no!” sorrise. Scossi la testa. “Sempre la solita Herm…” risi. Il prefetto andò ad avvertire sua madre, poi uscimmo tutte assieme. Poco lontano, c’era un chiosco di gelati. Prendemmo il nostro gelato e ci sedemmo sul marciapiede. Chiacchierammo tranquille, come facevamo almeno tutte le estati dal primo anno. Appena finito, andammo a fare un giro nel quartiere, e ci separammo quando era oramai l’ora di cena. Arrivai giusto in tempo, per aiutare mia madre a preparare la tavola. “Non è tornato Sweeney?” chiesi, speranzosa. Lei scosse la testa. Sospirai delusa. “Vedrai che ti risponderà presto…” mi sorrise mia madre. Alzai le spalle sfiduciata. “Dove ti ha portato papà quando siete usciti la prima volta?” le chiesi. Lei sorrise. “Sulla riva del lago nero…era tutto perfetto…la luna…la piovra che faceva esercizi di aerobica con i tentacoli in superficie…” raccontò, sognante. Risi. “Piuttosto, ho visto l’ombrello da sole…tel’hanno regalato per il compleanno?” mi chiese. Sobbalzai e per poco feci cadere un piatto. “Capito…” sorrise, guardandomi complice. “Siamo andati ad Hogsmerade il sabato…” confessai. Mia madre battè le mani entusiasta. Non dissi nulla di più. anche perché mio padre irruppe in cucina. Era meglio non fargli sapere che mi piaceva un ragazzo. Anzi, un uomo. Diciamo, anche mio professore. Si sarebbe opposto. Mangiammo ascoltando la sua giornata al lavoro. Era un Auror provvisorio, ma per lo più impiegato al Ministero. Un Auror provvisorio, era quel cacciatore di maghi oscuri che chiamavano in servizio nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Non era un lavoro a tempo pieno come quello di Kingsley oppure Tonks. Dopo cena andai subito in camera. Non avevo voglia di vedere la televisione. Allo stesso tempo, però, non volevo nemmeno stare seduta a guardare fuori dalla finestra. In attesa di Sweeney. Di una piccola traccia. Ero riuscita ad aiutare Anna. E questo mi dava felicità. Però volevo sue notizie. Mi sedetti sul davanzale della finestra. Quando ero piccola, e fuori nevicava, mi mettevo sempre li sopra, ad osservare i fiocchi. Nell’attesa di poter uscire a giocare. La neve. La magia della neve. Sorrisi. Una brezza mi accarezzò il viso. Chiusi gli occhi e sospirai. Alzai le gambe e le poggiai le punte delle Converse al muro. Allungai una mano verso la luna. “Sai non ci speravo che…io con te…è indescrivibile, quello che io sento dentro e la forza che mi dà…” iniziai a cantare. Se mi avesse vista Hermione mi avrebbe rimproverata e fatta scendere subito. Secondo lei era pericoloso. L’avevo vista trasalire più volte, alla vista di Anna che si arrampicava sugli alberi, al primo anno, oppure sulla nostre finestre, d’estate. Ed io, che mi sedevo sullo stretto davanzale della finestra della nostra camera, ad Hogwarts. “Per me tu sei come un principe, però io non credo alle favole…spero che, che tu sia sincero, già mi fido un po’ di te…” continuai. Eh già. Hogwarts. La nostra stanza, con i poster, e la confusione sempre presente. La finestra, da cui riuscivo a vedere il lago. Il mio letto, in cui avevo dormito pensando a lui. Era la mia casa. Le aule. Ed i suoi sotterranei. Il suo ufficio. Quello del mio professore. Con la scrivania, sempre coperta da una miriade di compiti. Che lui correggeva. Ed io lo aiutavo felice. Di poter anche solo stargli vicino. In quel momento, in cui cercavo di toccare la luna, avrei voluto essere in quell’ufficio. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…” sospirai. Quel giorno in cui avevo toccato il sole. Il sole dell’alba che abbiamo visto assieme. Lanciai uno sguardo verso Flower, sulla scrivania accanto alla carta da lettere. Incrociai le braccia al petto, chiudendo gli occhi. Avrei voluto un suo abbraccio. Un suo sguardo. Vedere quei suoi occhi. Così profondi e sinceri. “Tu…tu sei dolcissimo…stesa qui, sul tuo petto morbido…io vorrei, una promessa, che non giocherai con me…” proseguii. Sarei perfino voluta tornare a quella notte. Interrotta dalle fitte della Cruciatus. Pur di stare tra le sue braccia. Non avevo mai provato un tale sentimento per nessuno prima di Severus. Forse perché, fin da quel giorno del primo anno, era stato lui l’unico a colpirmi così tanto da meritarselo. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…ti prego per sempre…” sussurrai. Chissà se stava guardando lo stesso cielo che guardavo io. Le stelle e la luna che vegliavano su di me. Se stava provando lo stesso senso di tristezza. Se si sentiva come incompleto. Perso. In quel buio notturno. “Tu…non grido non mi senti, mi cambi il mondo come nessun altro prima, e soltanto ora so cos’è…l’amore…” continuai. Allungai ancora una mano verso la luna. Sembrava che la potessi toccare. Sentivo ancora le sue parole. L’ultimo giorno di scuola. Quando mi aveva detto di volermi bene. E io piangevo. Perché non volevo andarmene. Avrei voluto rimanere li con lui. Anche solo a fare da soprammobile. Pur di stargli vicino. di poterlo vedere. Una lacrima mi scese sulla guancia. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…ti prego per sempre…” sorrisi malinconica. Cantavo. Perché lui mi sentisse. Perché volevo che sentisse che lo stavo chiamando. Strinsi il ciondolo in una mano. quante volte mi aveva salvato. Da Josh. Dal mondo. Il mio principe dall’armatura verde e argento. Dal sorriso raro e bellissimo. “Splendi e illumina il mio cielo…e brilla come una stella…la stella più luminosa più di qualsiasi cosa…” dissi, piano. Spostai la gamba sinistra e la feci dondolare. Non toccavo il pavimento. Nemmeno con la punta. Solo i lacci bianchi ricadevano appena sul parquet. Mi voltai verso il cassetto. Dove c’era il bracciale. Avrei tanto voluto che Piton avesse il telefono. Almeno l’avrei potuto chiamare. Almeno sentire la sua voce. Ed invece riuscivo solo a piangere. Se mi avesse visto avrebbe detto che non c’era nessun motivo per farlo. Gli avrei sorriso e sarei corsa tra le sue braccia. Se gli fosse successo qualcosa, non so cosa avrei potuto fare. “Splendi…splendi…per me risplendi…” sussurrai, infine. Mi asciugai le lacrime. E guardai l’ora. Era ancora presto per andare a dormire. Eppure non sapevo che altro fare. Leggere. No. Avrei riletto la stessa riga per una decina di volte. Forse la musica era quello che ci voleva. Collegai le casse al mio mp3. Poggiai tutto sul mio comodino. E mi buttai sul letto. Sospirai. Sentivo le voci dalla televisione, in salotto. Lasciai la finestra aperta. Nell’attesa di qualche segno. Di qualcosa. Di una sagoma che si avvicinava. Chiusi gli occhi. Triste. Stanca. Sola. Ed iniziai a cantare. Ogni canzone. Per farmi uscire la malinconia. Le lacrime. Perché lui mi sentisse. Lo chiamai. Stringendo il ciondolo. Come una bambina capricciosa. Il suo nome era impresso nei miei pensieri. Ad ogni parola. Ad ogni gesto. Pensavo a lui. Al mio adorato professore di Pozioni. Quello che sbottava. Quello che aveva un apparente cipiglio severo. Un rumore mi fece sobbalzare. Mi voltai. Mio padre mi guardava dalla porta. Pensavo fosse venuto a dirmi di abbassare il volume della musica. “Scusa…abbasso subito…” dissi, girando la manopola sulla cassa più vicina. Lui scosse la testa e si sedette sul letto. “Giulia…sei sicura che va tutto bene? Da qualche giorno sembri così…triste…e non è da te…è perché Anna va via e per qualche giorno non la vedrai?” mi chiese. Scossi la testa. Mi prese un fazzoletto dalla scatola a teschi sul comodino e mi asciugò dolce le lacrime. Stavo ancora piangendo. Senza che me ne accorgessi. “Allora cosa c’è? Avanti bambina…non sono un veggente come tua madre…sono preoccupato…” mi pregò. Mi tirai su a sedere. “Qualcuno ti ha fatto qualcosa?” ipotizzò. Non sapevo cosa dirgli. Mi dispiaceva che fosse preoccupato per me. “No…sono solo...cose di cuore…” sorrisi, poco convincente. Mio padre mi guardò dubbioso. “Avanti Giulia…hai solo sedici anni, non serve darsi pena per i ragazzi così presto…” mi rimproverò, sorridendo. “Però mi manca…tu come facevi d’estate, quando non potevi vedere la mamma?” gli chiesi. “Le scrivevo una montagna di lettere…anche se ci vedevamo almeno una volta al mese…” spiegò. Mi accarezzò la testa. “Vieni a vedere la televisione con noi?” mi propose. Scossi la testa. “Ascolto ancora qualche canzone e vado a dormire…” sorrisi. Lui annuì e ricambiò il sorriso. Uscì dalla mia camera chiudendo poi la porta. Mi cambiai, poi mi ributtai con la testa sul cuscino. Ricominciai a cantare. Piano. Per non disturbare i miei. Non volevo che si preoccupassero. Ero solo una ragazzina capricciosa. Battevo i piedi per avere quello che volevo. Senza nemmeno pensare che magari Piton se ne stava tranquillo a casa sua. E che viveva benissimo senza di me. chiusi piano gli occhi. Strinsi il cuscino. “Buonanotte Severus…” sussurrai. Così, mi addormentai. Con la mente rivolta a lui. Senza nemmeno accorgermi della sorpresa appena atterrata sul mio davanzale.
  
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