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Autore: namary    26/02/2013    3 recensioni
I pensieri e il futuro di Mercedes, dopo essere stata lasciata sola con i suoi ricordi nella casa dei viali di Meillan... In questa fic si rivolge principalmente a Edmond, ma anche a sé stessa e riflette sulle scelte che ha fatto nella vita.
Alberto era rimasto attonito, perplesso di fronte alla sua ostinazione, ma poi aveva letto gli occhi della madre e aveva compreso.
Mercedes era morta da tempo. Il suo sguardo vagava lontano, nella nebbia, e non udiva che echi della sua mente. Lei non era più sua madre, non era più la contessa di Morcerf, ma solo Mercedes la catalana, che aspettava invano il ritorno in porto del Faraone.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
 




 
 
Seduta davanti alla finestra, Mercedes guardava il mare.
Non aveva che questo conforto, quando le pene della vita cominciavano ad aggrovigliarle il cuore e nemmeno la preghiera riusciva ad alleviare il suo dolore.
La domestica che aveva preso con sé tollerava le sue stranezze senza fare domande. Le prime volte, quando ancora non sapeva nulla di quelle crisi improvvise, aveva tentato in ogni modo di aiutarla e compiacerla.
Poi, col passare del tempo aveva capito. Non c’era rimedio per quella malattia dell’animo.
Così, tutte le mattine le portava dei fiori freschi da mettere sul tavolo, vicino alla finestra che le piaceva tanto. Era il suo modo per dimostrarle affetto.
Alberto era da poco rientrato in Francia, portando con sé una discreta quantità di denaro, oltre che qualche ferita superficiale. Aveva mantenuto fede al suo giuramento, e presto sarebbe stato insignito della medaglia d’onore, essendosi distinto per valore e coraggio su numerosi campi di battaglia.
Dal suo volto il dolore se n’era già andato, sostituito dalla fierezza della gioventù e dalla splendida luce della rinascita. Sì, la vita di Alberto non era che un fiore in boccio, di cui lui aveva appena iniziato a cogliere il nettare. In quei giorni infatti, era stato contattato dal generale De Bouillet per un incarico importante presso Parigi, che prometteva di far entrare nelle sue tasche altra gloria e denaro con cui ricostruire la posizione che avevano perduto.
Alberto si sentiva tanto più fiero quanto più realizzava che tutto ciò gli derivava soltanto dalla sua condotta. Non esisteva più nessun conte di Morcerf ad aver accumulato tesori per lui, sporcandosi le mani di sangue. Nessun altro segreto sepolto nel tempo macchiava il suo onore.
Mercedes si sentiva sollevata almeno di questo: Dio aveva avuto pietà di lei e aveva risparmiato il suo unico figlio, la sua ultima gioia. Ora finalmente era libera di soffrire e pregare, e scontare la sua pena. 
Alberto però aveva insistito: entusiasta, le aveva nuovamente parlato di Parigi. Nei suoi piani vi sarebbero dovuti ritornare insieme, dove avrebbero condotto una vita più piacevole e forse meno tormentata.
Lei però aveva opposto un deciso rifiuto: la casa dei viali di Meillan era diventata la dimora a lei più cara, e non l’avrebbe lasciata che da morta.
Di fronte a quell'ostinazione Alberto non aveva saputo trattenere il nervosismo, ma poi aveva letto negli occhi della madre e aveva compreso.
Mercedes era morta da tempo. Il suo sguardo vagava lontano, nella nebbia oltre il mare, e non udiva che echi nella sua mente. Lei non era più sua madre, non era più la contessa di Morcerf, ma solo Mercedes la catalana, che aspettava invano il ritorno in porto del Faraone.
Così aveva deciso di andarsene, promettendole che sarebbe venuto a trovarla appena possibile. Ogni mese lui le inviava del denaro, abbastanza perché potesse vivere una vecchiaia serena e onorabile, ma lei non sapeva che farsene. Per la vita modesta e ritirata che faceva, gliene bastava una minima parte.
Mercedes trascorreva le giornate pregando, passeggiando nel giardino sotto i gelsomini della Virginia, sospirando e piangendo, aspettando che il Faraone rientrasse in porto. 
Mercedes piangeva, come non aveva mai osato fare davanti a Fernando, come non aveva osato fare in più di vent'anni: piangeva per Edmond, per suo padre che lei aveva abbandonato a morire di fame, per essersi convinta che Edmond fosse morto, piangeva per aver sperato di poterlo avere di nuovo per sé, piangeva per le sue colpe e anche più.
Ogni giorno per lei era uguale a sé stesso, e non c’era modo in cui potesse lenire la sofferenza, la disperazione della solitudine a cui lei stessa s’era condannata.
A volte, nel buio della notte, quando il dolore e i singhiozzi minacciavano di soffocarla, urlava di rabbia, chiamando Edmond.
“Dimmi, Edmond, che cosa avrei dovuto fare? Spiegamelo, ti prego… Ero sola, nessuno sapeva dove fossi finito, tutti erano pronti a giurare sulla tua morte, dimmelo, che dovevo fare? Che cosa sarebbe stato di me, se non avessi sposato Fernando? Chi mi avrebbe protetto? Ero sola, Edmond... Dove avrei trovato rifugio? Che avrei fatto? Sarei dovuta morire di fame anch'io per placare il tuo odio? Solo Fernando mi è stato vicino, solo lui ha potuto lenire il mio dolore… mio fratello, il mio amico... sposarlo era l'unica via d'uscita, visto che non avevo nessun altro con cui poter dividere la mia triste vita, triste perché sono stata privata di te, Edmond! Dimmi, Edmond, tu mi avresti aspettata? Anche dopo quattordici anni, ti saresti ricordato della tua Mercedes, delle lunghe notti sulla spiaggia, dei nostri dolci sospiri, e di tutti quei momenti che rendono l’animo leggero? Dimmelo, Edmond, dimmi se mi avresti aspettato, o se invece non avresti preferito dimenticare il dolore che ti straziava la carne?”
Le lacrime le rigavano le guance, inzaccherando i cuscini, riempiendo la notte di lamenti spettrali. Essi si placavano soltanto al mattino quando, spossata, crollava addormentata.
Per Mercedes ormai nulla rimaneva al di fuori di quella casa. 
Fingeva allora di essere giovane e bella, di intrecciare reti e vendere il pesce come faceva una volta, fingeva di aspettare Edmond tornare dalle Indie, di essergli ancora promessa. Sognava un futuro in coppia, nella casa che sarebbe stata il loro regalo di nozze, un nido dove avrebbero trascorso tutta la vita insieme, ad amarsi e aspettarsi.
Ma quel letto era troppo freddo e grande per Mercedes, che iniziava a sentire il peso della solitudine e degli anni.
Lentamente, la memoria le si offuscò: non sapeva più chi era Fernando, né chi era Alberto. Aspettava solo il ritorno dell’unico uomo che aveva mai amato.
Qualche volta in cui si sentiva più coraggiosa e ottimista delle altre, camminava fino alla casa di Morrel e di suo figlio, chiedeva notizie, si informava. 
Massimiliano e Valentina, che non avevano voluto abbandonare Marsiglia nonostante l’immensa ricchezza di cui ora erano eredi, l’accoglievano con pietà e gentilezza, vedendo i suoi occhi oscurati dal dolore.
Non potevano fare altro che ripeterle la stessa cosa, ogni volta: il Faraone non era ancora rientrato, ma l’aspettavano tutti con ansia.
Così Mercedes rientrava a casa, là sui viali di Meillan all’ombra dei tigli, e riposava seduta alla finestra, guardando il mare e il Castello d’If.
Incurante della presenza della domestica, Mercedes parlava ad alta voce, con sé stessa e con lui, come se qualcuno potesse risponderle.
“Dimmi Edmond, dimmi… prigioniero nell'oscurità, hai invocato la morte come io l'invoco ora? Quando verrai da me, oh caro amore? Che cosa sarebbe stato di noi se ti avessi aspettato, Edmond? Avresti fatto di me la tua contessa? Dimmi, avremmo girato il mondo insieme? Mi avresti amato ancora, o il desiderio di vendetta ti avrebbe già indurito il cuore a tal punto? Che cosa valeva il mio amore ai tuoi occhi, mio Edmond, se ti sei lasciato vincere dall’odio? Ti avrebbe fatto star meglio sapere che mi ero gettata tra gli scogli per il dolore? Torna presto Edmond, ti prego, non farmi aspettare ancora… ancora…”
Gli anni scivolarono via sulla sua pelle, inesorabili, tracciando rughe sotto i suoi occhi e accentuando il lieve tremolio delle mani. I capelli bianchi le incorniciavano il volto spento, le labbra perennemente contratte in una smorfia di tristezza.
Il conte di Montecristo non venne mai più visto a Marsiglia, e da leggenda divenne mito. Alberto nel frattempo aveva ricoperto d’onore il cognome della madre, Herrera, tanto da recuperare buona parte del patrimonio perduto in gioventù, e diventando uno dei comandanti più rispettati dell’esercito francese. Si era sposato con una giovane borghese di nome Emilie Savarin, e ora i due avevano appena avuto un figlio, che avevano chiamato Edmond. 
La vita proseguiva felice, sia a Parigi che a Marsiglia; solo una vecchia signora abitava sola con i suoi fantasmi, in una casa nei viali di Meillan.
Mercedes non piangeva più. Aveva finito per esaurire tutte le sue lacrime: ora la sua esistenza era scandita soltanto dal rintocco di un orologio a pendolo e dalle visite sporadiche delle sue vicine, che cercavano di tenerle compagnia.
Aveva imparato a prendersi cura delle piante: non voleva più pensare, solo distrarsi dal dolore che ancora covava sotto le ceneri del cuore, e accudire i frutti e i teneri germogli del suo piccolo giardino era l’unico modo per tenersi in vita. 
Finché, un giorno, accadde qualcosa di impensabile. 
Come ogni mattino, Mercedes era seduta alla finestra a guardare assorta il mare: vide a quel punto una nave avvicinarsi di buona lena, sospinta da un allegro vento. Avrebbe saputo riconoscere quelle vele anche ad occhi chiusi: era il Faraone!
Sospirando di stupore, si lanciò correndo giù dalle scale, quanto più veloce glielo consentivano le sue gambe fiaccate dai dolori, e corse alla porta principale, da dove poteva vedere il porto. 
Il Faraone era appena rientrato, maestoso e imponente come ai tempi della sua giovinezza.
Un improvviso moto di gioia le illuminò tutto il volto, mentre si portava le mani agli occhi per la commozione.
Non osava mettere piede fuori di casa. Se lui non l'avesse trovata, che sarebbe successo? No, avrebbe aspettato Edmond lì, tra l’edera e il gelsomino. Finalmente era arrivato, era arrivato! Avrebbero potuto dare inizio ai preparativi per il matrimonio. Il ristorante era già stato prenotato: l’indomani avrebbero festeggiato alla Riserva, e poi si sarebbero sposati con una breve cerimonia privata. 
Vide un uomo allontanarsi dal porto e iniziare a percorrere i viali nel caldo pomeriggio di giugno. 
Aspettò, fremente di gioia, mentre il suo cuore tamburellava insistentemente nel petto.
Era lui, Edmond. Il suo Edmond!
Avrebbe riconosciuto il suo sguardo vivo tra mille, il suo portamento rilassato, il suo passo svelto e sicuro.
Non appena fu abbastanza vicino, lui le sorrise e aumentò l’andatura.
“Mercedes, amore mio. Sono qui, sono venuto a prenderti”
Suggellò la frase con un bacio casto, che ben presto accese in loro l'ardore sopito.
Lei non rispose, sopraffatta dalla felicità, soltanto l’abbracciò come se volesse entrargli sottopelle, continuando a sussurrare il suo nome tra i singhiozzi “Edmond! Edmond…”
Poi si fece coraggio e lo guardò negli occhi, che vibravano intensamente di una gioia trattenuta.
Le sue mani correvano sulle guance di Edmond, tracciando il profilo del suo naso, della sua bocca, come se non credesse di averlo finalmente davanti a sé.
“Sei venuto da me, finalmente… ti ho aspettato tanto, Edmond!”
Lui ricambiò le tenerezze, stringendola più forte a sé.
“Mercedes… non piangere ti prego, ora siamo insieme e non ti lascerò mai più, lo prometto”
“Giuramelo, Edmond! Non posso più sopportare di starti lontano”
“Te lo giuro sull’amore che ti porto, mia dolce Mercedes! E ti porto una bella notizia. Indovina? Sono stato nominato capitano!” disse lui, prendendola in braccio e facendola volteggiare come fosse una bambina.
I due giovani risero, risero di cuore, ebbri della loro sospirata vicinanza.
Parlarono a lungo sotto i gelsomini in fiore, baciandosi teneramente, finché non si fece sera.
Allora Edmond le spiegò tutto: non aveva intenzione di rimanere a Marsiglia, e se lei avesse voluto seguirlo, l’avrebbe accompagnata in una terra lontana e pacifica, dove avrebbero potuto vivere sereni e felici per il resto dei loro giorni.
Mercedes aveva accettato, entusiasta. “Dove vai tu vado anch’io, lo sai” aveva detto, stringendogli forte le mani.
Dormirono insieme quella notte, abbandonandosi l’uno nell’abbraccio dell’altro, riprendendosi tutto l’amore perduto in quegli anni, tutto l’affetto rubato dal dolore, finché l’alba non li sorprese, ancora vicini.
Allora si diressero al porto senza più indugiare e, presa una piccola imbarcazione, si allontanarono definitivamente da Marsiglia, veleggiando verso il sole nascente.
La casa dei viali di Meillan ora era vuota.
 
 
 * * *
 
 
Al funerale avevano presenziato poche persone, a parte Alberto, la moglie e loro figlio Edmond. Il prete aveva pronunciato un discorso breve e di circostanza, così che la messa era finita presto, senza grandi solennità.
Avevano poi trasportato la bara al cimitero di Marsiglia, e dopo aver eseguito la tumulazione, la famiglia fu lasciata sola a pregare sulla tomba della defunta.
Esaurite le preghiere, Alberto fece per andare via, quando si accorse di un uomo in attesa a poca distanza da loro con un mazzo di fiori in mano, che piangeva in silenzio.
Gli si avvicinò e con gentilezza lo salutò.
“Buon uomo, conoscevate forse anche voi mia madre?”
Asciugandosi le lacrime, quello si inchinò e gli rispose:
“In fede mia no, signore. Solo… la sua vicenda mi ha molto commosso. Non so se gliel'hanno detto, ma l’altra mattina sono passato per casa sua, per consegnare la posta e lei, lei... sembrava che mi stesse aspettando, che mi conoscesse. Mi ha chiamato Edmond e... mi ha abbracciato…”
Alberto si era sentito stringere il cuore: una tristezza senza confini l'aveva di nuovo afferrato, per quella madre che non aveva mai smesso di soffrire e pensare al suo primo amore.
“E lei, che le ha detto?”
“Non sapevo cosa fare, così l’ho abbracciata e le ho detto che stava andando tutto bene… poi, l’ho sentita piangere, ed è spirata mentre la stavo ancora sostenendo. Perdonatemi”
L’uomo si portò la mano destra al viso, per trattenere il pianto.
“A quel punto ho chiamato il parroco e le autorità, che mi hanno assicurato che si sarebbero occupate loro del corpo… ma quello che è successo mi ha colpito molto, per questo sono venuto qui, a portarle i miei saluti. Che vostra madre possa riposare in pace” disse, tendendo la mano ad Alberto.
“Lo spero anch’io” rispose lui, ricambiando e lasciando il cimitero con la sua famiglia.
L’uomo invece si avvicinò alla tomba, poggiando delicatamente i fiori sulla lapide, e restò qualche tempo a pregare per quella povera signora, che l’aveva scambiato per chissà chi.
Chi era quell’Edmond? E perché lei lo stava aspettando? L’uomo sentiva che dietro quelle domande si nascondeva una triste storia che forse nemmeno avrebbe voluto conoscere.
L’unica cosa che sapeva però, era che non avrebbe mai dimenticato il sorriso di quella donna morente, le sue lacrime di gioia che l’avevano resa bellissima e serena nell’ultimo istante della sua vita.











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Note dell'autrice: Era da tempo che volevo scrivere una storia come questa, perché secondo me Mercedes è la più sfortunata.... viene letteralmente crocifissa da Edmond, quando in realtà lei non aveva possibilità di scelta. Mentre Edmond quindi rinasce con Haydee, a lei non rimane nulla... è un destino davvero triste, per una donna che l'ha sempre amato.
   
 
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