Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: _Luthien_    26/02/2013    1 recensioni
"O forse ho ragione io a pensare che non si possa conoscere davvero una persona in pochi giorni. Ho sempre pensato che per conoscere qualcuno bisognasse passarci molto tempo insieme.
Quanto tempo abbiamo passato insieme noi due? Anni. Eppure non conosco l’uomo che sei ora. E, probabilmente, tu non riusciresti a riconoscere me."
Quarta classificata al contest "Writers are coming" di MedusaNoir e vincitrice del "Premio Giuria"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robb Stark, Theon Greyjoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Robb Stark sospirò. Era una cosa che faceva spesso ormai, più di quanto non volesse. Appena finiva una riunione importante, una discussione pesante con sua madre o altro, Robb sospirava.
Come se l’emissione di quell’aria che sentiva essere in eccesso nei suoi polmoni si portasse via anche tutta la pesantezza della giornata, della responsabilità che gravava sulle sue spalle a soli diciassette anni.
“Quasi diciotto” pensò “Non più un ragazzo, ma un uomo.”
Voltò leggermente il capo alla sua sinistra, osservando la figura distesa accanto a lui.
Gli dava le spalle, girata sul lato destro del corpo, un braccio abbandonato vicino alla pancia mentre l’altro era appoggiato in prossimità del viso, i lunghi capelli castani che si distribuivano in parte oltre la spalla sinistra e in parte lungo la schiena.
Era indubbiamente bellissima. Ed era sua moglie. L’aveva incontrata qualche tempo prima, sul campo di battaglia. Si era innamorato di lei, del suo coraggio, della sua schiettezza e, contro il volere di tutti, infrangendo la promessa fatta ai Frey, l’aveva sposata appena qualche ora prima.
Robb Stark poteva definirsi felice, anche se spaventato.
Era davvero consapevole delle conseguenze di quello che aveva fatto? O aveva semplicemente agito d’impulso, senza pensare, senza considerare, comportandosi come un ragazzino, invece che come un uomo?
“Mio padre non l’avrebbe mai fatto. Anzi, probabilmente se fosse qui sarebbe deluso da me.” Ma Eddar Stark non era lì. Era stato ucciso dai Lannister.
A pensarci bene, era stata proprio la sua cattura e la conseguente esecuzione la causa e l’inizio di quell’impresa.  
“Impresa? O forse è il caso di iniziare a chiamarla follia?” si chiese Robb.
Certo, stava vincendo la guerra contro l’esercito dei Lannister. Ma cosa aveva perso nel frattempo? La fiducia che aveva in sua madre, prima di tutto.
Lei, la donna in cui più confidava, aveva liberato lo Sterminatore di Re, unica merce di scambio; poteva capire le sue ragioni, poteva davvero capirla. Voleva salvare le sue figlie. Ma forse Catelyn Stark aveva dimenticato che Sansa e Arya erano anche le sue sorelle.
Robb aveva un piano: scambiare Jamie Lannister con le due ragazze; ma ora quell’idea era sfumata per colpa di sua madre.
Ma non era questa la cosa che gli faceva più male; ciò che feriva, che feriva davvero, in profondità come avrebbero potuto fare solo gli artigli di Vento Grigio era l’invitabile pensiero che Catelyn avesse agito in quel modo per mancanza di fiducia nei suoi confronti.
Talisa si mosse leggermente al suo fianco, rabbrividendo per la bassa temperatura. Ora era lei la donna più importante nella vita del giovane Re; doveva essere lei.
Robb si agitò nel letto, non riuscendo a trovare riposo. La sua mente, indipendente dalla sua volontà, andò a vagare lontano, oltre le terre che aveva attraversato, oltre le perdite che aveva subito; superò i cancelli di Grande Inverno, la torre da cui era caduto Bran, fino ad arrivare nelle cripte sottostanti l’enorme edificio.
Le statue imponenti che raffiguravano i suoi antenati lo guardavano, gli occhi penetranti; quanto tempo aveva passato lì sotto, quando era bambino e quel luogo era un nascondiglio perfetto per scappare dalle noiose lezioni di Maestro Luwin? Lo ricordava benissimo. Ma improvvisamente quelle enorme raffigurazioni non erano più un nascondiglio sicuro; al contrario, rappresentavano tutti i dubbi e le paure che aveva. Una sopra a tutte: quella di deludere suo padre, la sua famiglia, o quello che ne era rimasto.
Robb si riscosse di scatto, il respiro affannato, il cuore che batteva impazzito nel suo petto. Si era appisolato per qualche minuto e il sonno non aveva fatto altro che amplificare l’ansia che provava quando era sveglio.
Ma a quel punto nulla, nemmeno il corpo caldo di Talisa accanto a lui, poteva fermare il flusso di pensieri; fu come la rottura di una diga. Il maggiore degli Stark si era tenuto dentro tutto, ogni pensiero, ogni paura, ogni dolore dal giorno della morte di suo padre. Così facendo aveva chiuso in un cassetto anche tutti i ricordi che potevano arrecargli sofferenza.
E ultimamente la parola sofferenza non poteva fare altro che ricollegarsi a lui: Theon Greyjoy, Il Traditore, come lo chiamavano lì al campo.
Era lui la motivazione principale per cui non dormiva la notte,  per cui era sempre teso e arrabbiato. Theon.
Theon, che l’aveva tradito. Theon, che aveva attaccato Grande Inverno e probabilmente ucciso i suoi fratelli.
Theon, che era il suo migliore amico.
Ormai consapevole che non sarebbe riuscito a dormire, il Giovane Lupo abbandonò il letto; si vestì in fretta, pantaloni, stivali, una camicia leggera e, gettandosi il mantello sulle spalle, uscì dalla tenda per andare in quella dove solitamente si tenevano le riunioni del suo Consiglio.
Accese una candela, si versò un bicchiere di vino e si sedette a capotavola, il posto riservato ai comandanti dell’esercito o al Re. Ovvero quello che lui era ora; quello che non aveva mai voluto essere ma che era sembrato sopportabile finché Theon era stato con lui.
Fissò intensamente il tavolo di legno sotto di lui. Mappe dei vari territori erano sparse ovunque; piccoli pezzi di carta con disegnati gli stemmi di alleati e rivali erano ammassati in un angolo, pronti a rappresentare un manipolo di uomini o un esercito da affrontare e persino quelli lo spaventavano in un momento del genere. Nei rari spazi liberi della grande tavolata stavano messaggi portati dai corvi provenienti dai vari regni alleati con lui.
Quella superficie piena di oggetti lasciati nel disordine rispecchiava perfettamente la sua mente.
E di nuovo i ricordi riaffiorarono nella mente del Re ma questa volta lui non li fermò; li lasciò scorrere, si preparò ad affrontarli. Aveva finalmente capito che non serviva fuggire.

9 anni prima
Robb corse fuori più veloce possibile; appena aveva sentito le trombe suonare aveva abbandonato la lezione del Maestro e, incurante delle sue proteste, era scattato per poterlo vedere con i suoi occhi.
Suo padre stava tornando. Il grande Eddar Stark, Lord di Grande Inverno e Protettore del Nord.
Stava tornando vittorioso dopo la battaglia che lo avevo visto sedare la rivolta messa in atto da Baylon Greyjoy.
Robb salì velocemente la scala che lo avrebbe portato alla torre più alta del castello per poter vedere l’arrivo del padre con il suo seguito.
Ed eccolo apparire all’orizzonte. Eddar Stark, il Lord. Robb gonfiò il petto pieno di orgoglio, immaginando il giorno in cui lui sarebbe tornato vincitore, in cui avrebbe abbracciato i suoi figli dopo mesi di assenza, in cui avrebbe sentito le grida della gente che urlava il suo nome.
Dopo qualche minuto passato in contemplazione, il ragazzo scese velocemente dalla torre per poter andare ad accogliere Ned non appena avesse varcato l’enorme cancello che portava all’interno del vero e proprio castello.
Sua madre era già là, tenendo vicino a sè la piccola Sansa, di tre anni; Robb continuava ad avere uno strano rapporto con la sorella minore: non le piaceva molto, aveva tutte le attenzioni della madre solo per il fatto che era una femmina. “Odio le femmine; non mi piacciono proprio.” pensò tra sè Robb.
Erano tutti schierati in attesa di Ned: la madre, la sorella, gli attendenti, il Maestro; almeno centocinquanta persone, tutte ad aspettare il ritorno dell’eroe. E in un angolo, quasi nascosto da una lunga trave piantata nel terreno, c’era Jon Snow, il bastardo.
Robb sapeva perchè tutti lo chiamavano così; era figlio di Ned ma non di Catelyn. Suo padre aveva avuto un figlio da un’altra donna, unica pecca nella sua vita piena di onore e gloria.
Nessuno prendeva in considerazione Snow quando suo padre non c’era. Certo, seguiva le lezioni di scherma e vedeva spesso Maestro Luwin per imparare a leggere e scrivere, ma nessuno se ne curava davvero. Robb era troppo piccolo per capire; per lui quel ragazzino, che somigliava così tanto a suo padre, era semplicemente suo fratello. Avevano la stessa età, giocavano insieme e si divertivano ma lo facevano di nascosto alla Lady. Robb sapeva che, se lo avesse saputo, avrebbe sofferto; non capiva le dinamiche che c’erano tra lei, suo padre e Snow ma persino per lui, così giovane, era evidente la smorfia di delusione e rabbia che compariva sul viso di Catelyn ogni volta che vedeva Jon.
Ed ecco finalmente l’enorme cancello aprirsi per lasciar entrare suo padre.
Il suo cavallo non era lo stesso di quando era partito; questo era nero come la notte, enorme, quasi spaventoso. Robb, però, non si soffermò molto sull’animale, passando ad analizzare attentamente la figura al di sopra.
Eddar Stark era imponente. Non indossava  la sua armatura, era vestito in modo semplice ma suscitava comunque un reverenziale rispetto. Era invecchiato, il ragazzo lo notò subito; aveva degli strani segni intorno agli occhi, come incisioni nella pelle e sembrava molto stanco.
Ned scese da cavallo e si diresse verso la moglie; la strinse in un abbaccio veloce ma carico di sentimento e poi si chinò per prendere in braccio Sansa. La piccola sembrava a disagio tra le braccia di quell’uomo che probabilmente non riconosceva ma non piangeva, come se il suo intuito le dicesse che poteva fidarsi.
Robb si attaccò al mantello del padre e tirò, offeso per non essere stato considerato. L’uomo si girò verso di lui e sorridendogli gli disse:
“Il mio piccolo Robb!”
“Non sono più piccolo, padre! Ho già otto anni, quasi nove!”
Ned sorrire: “Hai ragione. Ed è per questo che ho portato una cosa per te.”
“Cosa? Cosa?” chiese curioso Robb. Pensò subito ad una spada, ma poi si disse che probabilmente suo padre avrebbe voluto vedere i suoi miglioramenti nel combattimento prima di dargliene una. Forse un arco? Sì, quello era possibile; il ragazzo se la cavava bene con il tiro, ma non era di certo la sua disciplina preferita.
“Eccolo.” E girandosi verso i soldati che erano arrivati con lui aggiunse: “Vieni avanti.”
Dal gruppo emerse un ragazzino.
Robb si girò verso il padre senza capire e Ned, notando la sua confusione, si affrettò a spiegare.
“Lui è Theon Greyjoy, figlio di Balon, Signore delle Isole di Ferro. È qui come mio protetto e resterà con noi per parecchi anni.”
Detto questo si rivolse verso Catelyn per spiegarle meglio la situazione ma Robb smise di ascoltare.
Scrutò attentamente la persona davanti a sè, senza paura di risultare irriverente o maleducato; doveva subito mettere in chiaro che era lui quello con più potere, nonostante questo Theon fosse il protetto di suo padre.
“Che poi, cosa vuol dire protteto?” si chiese.
Theon Greyjoy sembrava avere più o meno la sua età, al massimo un paio di anni in più. Era alto e molto magro, con la pelle chiara. O forse non era poi così chiara ma lo sembrava considerati i capelli castano-rossicci. Gli occhi, di un colore indefinito tra il marrone e il verde, ostentavano una sicurezza eccessiva per un ragazzo di quell’età.
“Quindi ecco cosa mi ha portato mio padre. Non una spada o un arco ma solo un’altra persona con la quale devo litigarmi il suo affetto, oltre a Sansa e Jon.”
 
 
Erano passati circa tre mesi dall’arrivo di Theon a Grande Inverno. I due ragazzi si erano evitati come la peste entrambi cercando di attirare l’attenzione di Eddar.
Robb aveva finalmente capito il significato della parola “protetto”; in sostanza, quel moccioso (era così che il maggiore degli Stark lo chiamava quando nessuno lo sentiva) sarebbe rimasto con loro per un tempo lungo e indefinito. Suo padre avrebbe dovuto occuparsi di lui come se fosse stato suo figlio ma Theon non avrebbe avuto nessun diritto su Grande Inverno o sul titolo di Lord.
“Un po’ come Jon” pensò Robb “ma Jon mi piace, non è come questo qui, che cerca sempre di farsi notare.”
Il ragazzo proprio non sopportava il comportamento dell’altro. Voleva sempre essere il primo in tutto, il più bravo, il più apprezzato, come se fosse lui il figlio maggiore. Ma lui non era uno Stark.
Robb si era impegnato per cercare di superarlo ma nessuno sembrava rendersi conto degli sforzi che faceva: così aveva ideato un suo piccolo metodo per avere una rivincita sull’altro.
Proprio in quel momento era infatti impegnato a preparare un magnifico scherzo; certo, era uno dei più banali in circolazione, ma il ragazzo ne era sicuro: avrebbe funzionato.
Il tutto era in realtà molto semplice: secchio pieno d’acqua ghiacciata in bilico sulla porta, leggero filo alla base di quest’ultima in modo che appena Theon fosse entrato avrebbe ricevuto un gelido benvenuto. Semplicemente geniale.
“Robb, che stai facendo?”
Il giovane di paralizzò sul posto; lentamente si voltò verso il suo interlocutore temendo di essere nei guai ma si accorse con sollievo che era Snow.
“Jon, meno male! Dai, vieni a darmi una mano a mettere bene il filo.”
Ma il fratellastro non si mosse
“Dai, che aspetti? Potrebbe arrivare qualcuno!”
“Senti, Robb, non credo sia una bella cosa da fare. Insomma, Theon non ci ha fatto niente di male. Dovremmo solo lasciarlo stare.”
“Non ci ha fatto niente? Ma non vedi che si prende le attenzioni di tutti? Non è giusto, lui non è come noi, non è uno Stark!”
“Tua madre dice che non lo sono nemmeno io.”
“Mia madre non capisce. Tu sei mio fratello, quindi sei uno Stark. Theon no, fine. Ora, mi vuoi dare una mano, per favore?”
“No. Robb, sul serio. So cosa vuol dire sentirsi fuori posto. E anche se ho solo nove anni e sono piccolo, lo so. E non è bello, per niente. Almeno io ho te, che non mi tratti come se fossi malato, ma Theon non ha nessuno tranne nostro padre. Quindi no, non ti aiuterò con lo scherzo perchè quello che fai non è giusto.”
Detto questo Jon Snow si affrettò ad allontanarsi.
“Strano - pensò Robb - non si è mai arrabbiato prima. Vorrà dire che dopo andrò a scusarmi, anche se non ho ben capito cosa ho fatto.”
In pochi minuti, senza più pensare a quello che il fratellastro gli aveva detto finì di posizionare la sua trappola e si nascose nella sua stanza, che si trovava di fianco a quella dell’altro, lasciando la porta socchiusa per godersi appieno la scena.
Poco un po’ di tempo sentì dei passi leggeri avvicinarsi; era decisamente arrivato il momento.
Theon gli passò vicino senza vederlo e con passo deciso arrivò davanti alla sua camera e, senza sospattare nulla, aprì la porta. L’acqua gelida lo bagnò interamente lasciandolo bloccato per lo spavento e il freddo. Il ragazzo restò immobile qualche secondo poi, senza che l’espressione sul suo viso mutasse minimamente, entrò nella sua camera chiudendosi la porta alle spalle.
Robb ci rimase un po’ male; si aspettava che Theon urlasse o si arrabbiasse o iniziasse a frignare come una stupida bambina, ma non aveva fatto nulla di tutto ciò.
Il ragazzo vide che il sole stava per tramontare e si rese conto che aveva completamente dimenticato la lezione con il Maestro, quindi accantonò i suoi pensieri e corse a scusarsi.
Durante la cena Robb non si preoccupò minimamente di Theon, il quale non proferì parola al contrario del solito. Ciò che lo infastidì davvero fu Jon, che si rifiutava di parlargli.
“È tutta colpa del moccioso. È sempre colpa del moccioso!”
Più tardi quando giunse l’ora di andare a letto, Robb decise di ideare un nuovo scherzo ma questa volta doveva essere perfetto. Doveva far arrabbiare così tanto l’altro ragazzo da fargli desiderare di lasciare per sempre Grande Inverno e tornarsene alle sue Isole di Ferro.
E mentre pensava a come fare, il giovane sentì uno strano rumore proveniente dal corridoio. Sembrava lo stesso che faceva sua sorella Sansa quando lui le tirava i capelli o le rubava qualcosa...qualcuno piangeva.
E quel qualcuno era Theon. Robb si immobilizzò nel letto. Non aveva mai sentito piangere un maschio; i soldati di suo padre dicevano che un uomo che piange vale meno di una puttana e, anche se lui non sapeva cosa fosse una puttana, immaginava che non fosse una bella cosa.
Il pianto si fece più intenso e allo stesso tempo si sentiva meno, come se il suo vicino di stanza stesse cercando di soffocare le lacrime nel cuscino.
Robb fu pervaso da una strana sensazione che non gli piaceva affatto.
“E se fosse colpa mia? E se fosse per quello che ha detto Jon oggi, per il fatto che Theon si sente fuori posto? Volevo solo che se ne andasse, non che piangesse.”
Prima di rendersene conto Robb era scivolato fuori dal letto ed era uscito dalla sua stanza per fermarsi davanti alla porta accanto.
Prese un respirò profondo ed entrò.
Era tutto buio, mentre lui era abituato a dormire con una candela accesa, ma la luna creava un chiarore sufficiente a distenguere Theon sotto le coperte. E sì, stava piangendo.
Una volta Robb aveva visto sua madre piangere; anche allora non aveva saputo cosa fare ma poi era arrivato suo padre e l’aveva abbracciata.
Quindi decise di fare lo stesso. Si arrampicò sul letto e si ficcò sotto le coperte.
Il respiro di Theon si fermò e il ragazzino si voltò verso di lui; aveva gli occhi lucidi, rossi e gonfi e Robb si sentì immensamente colpevole.
“Scusa per prima. Non lo farò più, promesso.”
Theon fece un cenno del capo e il più piccolo decise che era un buon segno.
Così si sistemò meglio sul letto e si addormentò sapendo che non avrebbe più fatto piangere Theon.
 
 
Un rumore proveniente dall’esterno della tenda distrasse il Re dai suoi pensieri, strappandolo da Grande Inverno e dai ricordi. Si accorse che le sue labbra si erano piegate spontaneamente fino a formare un sorriso; quelle vecchie memorie erano piacevoli e avevano portato un po’ di calore in una notte fredda.
Ma ora era tutto scomparso. L’amicizia, la lealtà, la fiducia. Scomparse, nel modo peggiore. Era doloroso, si rese conto Robb. Non era lo stesso dolore che aveva provato quando Jon era partito con i Guardiani della Notte o quando aveva saputo che suo padre era morto.
Theon non l’aveva abbandonato per seguire la sua strada e non era nemmeno morto. L’aveva tradito. E nonostante facesse così male, come un pugno che si diverte a stringere il cuore in una morsa sempre più forte, il giovane Stark non poteva e non voleva smettere di ricordare.
 
5 anni prima
“Giovani uomini ancora innocenti, ripetete con me: “Theon, sei il migliore e la nostra vita sarebbe orribile e inutile senza di te.””
Così esordì quella mattina il protetto di Ned Stark quando scese nella sala per fare colazione.
Robb e Jon si scambiarono un’occhiata perplessa e il secondo disse:
“Lo farei Theon, davvero, ma mi hanno insegnato ad essere sempre onesto.”
“Oh oh sentitelo il piccolo bastardo del Nord. Dopo questa affermazione dovrei lasciarti fuori dal mio meraviglioso progetto ma dato che sono buono e generoso ti darò un’altra occasione.” rispose il giovane sedendosi di fronte ai due fratelli.
Robb era decisamente divertito dalla cosa e voleva vedere dove l’altro ragazzo andava a parare.
“Dai Theon, poche cerimonie. Cosa hai in mente?”
“Niente da fare, Giovane Lupacchiotto. Prima ripetete la frase.”
Robb e Jon sospirarono e, sapendo che l’amico non avrebbe mai lasciato perdere, si decisero a ripetere:
“Theon, sei il migliore e la nostra vita sarebbe orribile e inutile senza di te”.
“Ora - proseguì Robb - cosa hai in mente? Un nuovo scherzo per Maestro Luwid? O sei riuscito a rubare una vera spada dall’armeria?”
“Io non rubo, io prendo in prestito. E comunque no, questa è inifinitamente meglio.”
“Avanti Theon, muoviti. Dicci cosa hai in mente, devo andare ad allenarmi con la spada.” disse Snow alzandosi
“Oh, ma non temere! Il mio piano serve proprio per questo: usare la spada. Anche se non quella propriamente tradizionale.” rispose sogghignando il giovane.
Gli altri due si guardarono; avevano ormai un vago sospetto di cosa avesse in mente l’amico, o, perlomeno, quale fosse l’obbiettivo di quello che, a detta sua, era un magnifico piano. Ed erano decisamente preoccupati.
“Theo, no. Ne abbiamo già parlato, tu e la tua fissa per le donne. Non andremo in un bordello. Anche ipotizzando di riuscire a nascondere il tutto a Lord Stark, che ti ricordo, ci ha vietato questa cosa, anche posto di arrivare al bordello e di riuscire a rubare i soldi necessari per pagare una... donna, noi non andremo. Non siamo quel tipo di uomini. Vero, Robb?”
Robb passò lo sguardo da uno all’altro. Da un lato Jon aveva ragione e lui era d’accordo. Non che credesse alle ballate romantiche che Sansa amava tanto, certo, ma una parte di lui voleva l’amore. Come quello che avevano sua madre e suo padre. Non era stupido, sapeva che quando avrebbe avuto l’età giusta il suo matrimonio sarebbe stato combinato, ma era sicuro che i suoi genitori avrebbero scelto per lui una brava ragazza, bella, onesta e gentile e che lui l’avrebbe amata.
Dall’altro lato però era un ragazzino di tredici anni, sentiva che le cose stavano cambiando ed era parecchio curioso nei confronti delle donne, come era normale che fosse. E Theon di certo non aiutava. Lui era già stato nel bordello del posto e non faceva altro che parlare di quanto fosse straodinario, di quando Ros fosse disponibile.
Robb era dannatamente tentato.
“Robb?” lo richiamò Snow con un tono che non prometteva nulla di buono
“Robb?” a sua volta anche Theon pronunciò il suo nome, e questa volta l’inclinazione della voce era amichevole e divertita
“Non lo so. Come hai detto tu, Jon, sarà difficile non farci beccare, quindi facciamo così: Theon, se riesci a prendere i soldi, trovare un modo per non farci vedere mentre andiamo al bordello e sopratutto a non farci scoprire da papà, allora veniamo.”
“Cosa?” esclamò sorpreso e quasi disperato Snow
“Così si fa! Snow, non fare quella faccia, andrà tutto bene e poi mi ringrazierai per sempre.” concluse l’altro uscendo dal salone
Robb guardò il fratello un ultima volta prima di uscire, alzando leggermente le spalle; sapevano entranbi che, quando Theon decideva di fare una cosa, nessuno l’avrebbe fermato.
 
Il Giovane Lupo ridacchiò; ancora, anche a distanza di anni e in una notte difficile come quella, il ricordo di quell’idea lo divertiva. Erano andati davvero alla fine; Theon non era mai stato così fiero di sè stesso. Lui era così: divertente, sarcastico, amava il rischio, litigava con niente, orgoglioso. Probabilmente era per questo che erano diventati così amici negli anni; erano completamente diversi. Robb era stato cresciuto per essere il futuro Lord di Grande Inverno e questo aveva reso la sua gioventù molto difficile e pesante. Certo, sapeva che era stata dura anche per Theon, sapeva che era invidioso. Questa era probabilmente la ragione per cui c’erano dei momenti in cui il giovane Stark percepiva che l’amico aveva molta più affinità con suo fratello che con lui.
Jon poteva capire alcuni aspetti di Theon che Robb non poteva; non perchè non volesse o perchè non ci provasse, ma semplicemente perchè non aveva vissuto determinate cose. Era sempre stato geloso di questo loro legame; voleva bene ad entrambi ma quando li vedeva insieme, intenti a parlare fitto, o confidarsi, come facevano gli adulti, sentiva una morsa allo stomaco: gelosia. Si sentiva escluso e non poteva non arrabbiarsi con se stesso per questo; la sua vita era stata migliore di quella dei suoi amici e probabilmente lo sarebbe stata sempre, quindi non aveva il diritto di arrabbiarsi con loro.
Ma adesso? Quella gelosia, quell’invidia, quel legame avevano ancora un senso?
“No.” si disse ad alta voce il Re del Nord “Nulla del passato ha più importanza ormai. Devo semplicemente dimenticare ed affrontare ciò che ho di fronte.”
Ma dentro di lui stava nascendo un idea che forse avrebbe potuto rimettere le cose a posto.
“Potrei chiamare Jon. Potrei mandare un corvo alla Barriera, spiegargli cosa è successo e chiedergli di andare a Grande Inverno a parlare con Theon. Lui è sempre riuscito a capirlo meglio di me, lui riuscirebbe a farsi ascoltare.”
Ma anche mentre lo pensava, Robb sapeva che non avrebbe funzionato. Jon non avrebbe lasciato la Barriera e lui non aveva il diritto di chiederglielo. Theon si era ormai spinto troppo oltre e non avrebbe ascoltato nessuno. Ma allora, cosa doveva fare?
Un fruscio dietro la tenda rivelò un figura che sembrava stare in attesa fuori da quell’improvvisata sala riunioni.
Qualcuno aveva visto la luce tremolante emessa dalla fiamma e probabilmente si stava chiedendo che cosa ci facesse il Re sveglio a quell’ora.
“Come se fosse possibile dormire.” pensò tra sè.
“Chi è?” chiese ad alta voce. Forse un po’ di compagnia gli sarebbe stata utile per scacciare quei ricordi che lo facevano sorridere ma, allo stesso tempo, gli procuravano un dolore sordo e pesante.
La tenda si scostò rivelando la presenza di sua moglie.
“Mi sono svegliata e non c’eri. Ma ho capito subito dove eri, ti conosco.”
Robb le sorrise di rimando. Abbandonare il letto la notte delle nozze non era di certo un buon inizio.
“Scusami ma i pensieri a volte sono così tanti che davvero non riesco ad ignorarli. Sedere qui, in questo posto, senza nessuno che mi faccia domande o metta pressione, aiuta.”
“Vuoi che me ne vada?”
“No. A meno che tu non sia venuta qui per fare domande o mettere pressione.” cercò di scherzare il giovane Re.
Talisa sorrise.
“Come ho detto poco fa: ti conosco. So che preferisci restare solo e non intendo essere invadente o altro. Volevo solo assicurarmi che stessi bene. E voglio che tu sappia che io sono qui. Per parlare o discutere, ci sono. Puoi anche farmi domande o mettermi pressione se vuoi.” gli disse andandosene.
Robb si considerò davvero fortunato. Poche donne avrebbero accettato il suo comportamento, ma lei era diversa, l’aveva capito subito.
Ma quale diavolo era davvero il problema che l’aveva spinto a lasciare sua moglie sola quella notte? Di nuovo lui.
Theon.
Era lontano, non poteva parlargli, o litigare, o fare a pugni, come avevano sempre fatto ogni volta che c’era un problema tra loro.
Quasi senza rendersene conto, il giovane Stark frugò tra gli infiniti fogli e pezzi di carta presenti sul tavolo, alla disperata ricerca di uno pulito su cui poter scrivere.
Il suo inconscio aveva deciso per lui: gli avrebbe scritto, si sarebbe scusato per tutte le volte in cui l’aveva fatto sentire diverso o escluso, gli avrebbe chiesto di tornare, lo avrebbe perfino supplicato. Aveva bisogno di Theon, era lampante.
“Mi sono sposato. Stanotte. Contro le regole, gli accordi, il buonsenso, mi sono sposato.
Lei è magnifica. Bellissima, intelligente, fedele. Ti piacerebbe. Probabilmente ti piacerebbe così tanto che cercheresti di portarmela via e ci ritroveremmo a fare a botte, come quella volta, a quindici anni, per la figlia dell’attendente. Ma ora io sono Re, quindi non penso di poter fare a pugni liberamente come una volta.
Mi manca. Non il fare a pungi, ovviamente, non solo. Mi manca essere uno qualunque. Mi manca il vecchio Robb. Nessuno mi chiama più per nome ormai. Sono il “Re del Nord” o “Il Giovane Lupo” o “Il figlio di Lord Stark” ma non sono più Robb.
Tornando al mio matrimonio, so che se fossi stato qui, mi avresti sostenuto. Sei tu l’impulsivo fra noi dopotutto.
Lei mi conosce. O almeno crede. Forse ha ragione. O forse ho ragione io a pensare che non si possa conoscere davvero una persona in pochi giorni. Ho sempre pensato che per conoscere qualcuno bisognasse passarci molto tempo insieme.
Quanto tempo abbiamo passato insieme noi due? Anni. Eppure non conosco l’uomo che sei ora. E, probabilmente, tu non riusciresti a riconoscere me.
Quando ci è arrivata la notizia che avevi attaccato Grande Inverno non ci ho creduto. Non mi importava che fosse scritto su carta, che ci fossero le prove, che le massime autorità presenti in questo esercito lo sostenessero. Io non ci credevo.
Mia madre, quella donna che per anni ha fatto da madre anche a te, ha passato giorni a chiedersi il perchè. Bran e Rickon erano parte della tua famiglia, erano la tua famiglia.
Quindi ora sono io a chiedertelo, Theon.
Perchè?
È stato per quelle volte in cui ti sentito messo da parte?
È stato per quelle volte in cui mia madre ti ha ricordato che non sei uno Stark e che non lo sei mai stato?
È stato per il fatto che Jon è partito con i Guardiani della Notte e ci ha lasciati?
O per il fatto che papà non ha voluto portarti con sè ad Approdo del Re?
Magari invece, semplicemente, la tua famiglia ti ha accolto a braccia aperte e tu vuoi restare con loro. Magari loro sono migliori di noi.
Ti chiedo tutte queste cose, faccio tutte queste ipotesi continuamente ma in realtà so perchè. È causa di quel giorno, vero? Quando quei bruti che venivano dalla Barriera hanno quasi ucciso Bran. Tu l’hai salvato, nonostante qualche minuto prima io ti avessi detto che gli Stark non sono la tua famiglia. Non dicevo sul serio, Theon.
Ero arrabbiato perchè papà era nei guai e tutti si aspettavano che io sapessi cosa fare mentre invece non ne avevo idea. E tu eri lì, così sicuro di te, ed io avrei voluto assomigliarti un po’ di più. Per questo ti ho detto quelle cose. Perchè se tu fossi stato davvero mio fratello, davvero il figlio di Ned, davvero uno Stark, saresti stato sicuramente migliore di me.
Mi dispiace. Sai, da quando sono Re non mi sono più scusato. “Un Re non si scusa”, così mi hanno detto. Ma non mi interessa.
Mi dispiace, ti chiedo scusa.
Tu fai parte della famiglia. Ora come ora, sei l’unica famiglia che ho, l’unica che voglio. Quindi per favore, ti prego, torna. Vieni qui, dimmi che hai sbagliato, che è un errore, che sei stato accecato dall’ambizione. Dimmi che non hai davvero ucciso i miei fratelli, che non  mi hai davvero tradito. Dimmi che sei ancora, più di chiunque altro, la persona su cui posso contare, ora che ne ho più bisogno che mai.
Ti prego.”
Robb si fermò. Aveva scritto quel fiume di parole senza nemmeno rendersene conto. La diga era crollata, un cumolo di macerie che non aveva retto il peso dei suoi sentimenti.
Riguardò il foglio. La calligrafia non era certo quella che Maestro Luwin gli aveva insegnato. Era scritto in modo affrettato, sbadato; l’inchiostro era sbavato in più punti perchè Robb non aveva aspettato che asciugasse prima di iniziare a scrivere una nuova riga; o forse le sbavature erano dovute a quelle lacrime che involontariamente avevano corso sulle sue guance.
Non lo sapeva e non voleva saperlo.
Rimase immobile, fissando la sua lettera. Aveva sempre odiato scrivere ma questa volta l’aveva trovato confortante.
Non seppe quanto tempo restò fermo, seduto, a guardare nel nulla mentre la candela posta alla sua sinistra si consumava lentamente.
Non si accorse che l’accampamento si stava lentamente svegliando, uomini che issavano le bandiere, altri che cercavano qualcosa da mettere sotto i denti, altri che discutevano su cosa avrebbero fatto quando sarebbero tornati a casa. Una piccola e allo stesso tempo enorme massa di persone che il giovane Stark non si sentiva in grado di giudare.
Qualcuno lo chiamò dall’esterno e Robb si riscosse.
Uno dei suoi alleati entrò, riferendogli che sua madre voleva vederlo. Fece un cenno con il capo e gli ordinò di dirle che sarebbe andato a parlarle in giornata.
Una volta rimasto nuovamente solo, il ragazzo guardò ancora la lettera.
Poi prese la candela, o quel poco che ne rimaneva e lasciò che la carta prendesse fuoco.
La guardò consumarsi a causa della fiamma, seguì con gli occhi la scia lasciata dal fumo, annusò l’odore fastidioso di bruciato.
Robb Stark aveva scritto quella lettera e Robb Stark avrebbe potuto mandarla.
Ma lui non era Robb Stark.
Era il Re del Nord e non poteva farlo.
Risoluto, si alzò ed uscì dalla tenda, pronto a fingere di essere qualcuno che non era.
Non sapeva che qualche tempo prima, in una delle fredde stanze del castello di Balon, Theon Greyjoy aveva fatto la stessa identica cosa.
 
 
 
 
 
Angolo di Luhtien
La prima cosa che mi sono chiesta quando ho riletto ciò che avevo scritto è stata: perchè? Perchè ho fatto apparire Theon, decisamente insopportabile, in modo così umano? Perchè ho dato una giusficazione convincente (almeno per me) delle sue azioni? Non è stato facile rispondermi ma poi ho realizzato che effettivamente Theon è umano, anche se spesso ci dimentichiamo di questo fatto in favore di insulti ed epiteti decisamente peggiori (meritati, almeno per la maggior parte del tempo). La bravura di Martin ci fa apparire Theon come un ospite a casa Stark. Ma lui ha trascorso lì gran parte della sua vita; non merita quindi di essere più di una “comparsa” in questa famiglia? E allora mi sono chiesta in che rapporti era con gli altri, specialmente con Robb, vista la vicinanza di età.
Ed ecco da dove è nato tutto questo. Dall’idea di due bambini che vivono in un mondo in cui si cresce troppo in fretta, e che quindi hanno trovato conforto e sostegno l’uno nell’altro.
Spero di essere riuscita in questo intento senza essere caduta nel banale o essere stata troppo sentimentale.
 
In ogni caso, dedico la storia ad _Eterea_, che mi ha come sempre sostenuto più di chiunque, e a Teresa, che mi ha dato il feedback migliore del mondo. Infatti non aveva mai visto o letto nulla di Game of Thrones ma dove aver letto questo ha detto: “Ma ora voglio leggere tutto per sapere come vanno a finire questi due.”
 
  
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