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Autore: Colpa delle stelle    27/02/2013    5 recensioni
Dicono che l'amore sia come un fuoco d'artificio...Come primo impatto è perfetto e ti sbalordisce, ma solo un secondo dopo, tutto è scomparso e il cielo è spento. Io non so come possa essere questo “amore”. Non mi sono mai spinta più in là di alcune semplici cotte. Ero, quindi, ancora in attesa del cosiddetto “principe azzurro”. D'altronde, quale bambina da piccola non ha mai sognato uno splendido principe, in sella ad un maestoso castello bianco, che ti porta nel suo castello e ti sposa? Beh, io ero una di quelle.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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COME TE NESSUNO

 

Dicono che l'amore sia come un fuoco d'artificio...Come primo impatto è perfetto e ti sbalordisce, ma solo un secondo dopo, tutto è scomparso e il cielo è spento. Io non so come possa essere questo “amore”. Non mi sono mai spinta più in là di alcune semplici cotte. Ero, quindi, ancora in attesa del cosiddetto “principe azzurro”. D'altronde, quale bambina da piccola non ha mai sognato uno splendido principe, in sella ad un maestoso castello bianco, che ti porta nel suo castello e ti sposa? Beh, io ero una di quelle. Fra Biancaneve, Cenerentola e La Bella Addormentata non posso certo dire di non avere passato un'infanzia felice e serena. Ma la vita non è tutta rose e fiori. Perlomeno, era quello che credevo io fino a pochi mesi fa...

                                                                                      ***

-Mammaaaa! Hai visto i gabbiani?-
L'urlo del mio fratellino Omar mi trapanò i timpani e fece voltare mezza spiaggia.
-Certo che ha visto i gabbiani, ma cosa credi? Il cielo al mare ne è pieno!-
Mio fratello Riccardo, il sapientone della casa. Proprio non capiva quello che passava nella testa di un undicenne. Ho la vaga impressione che non sia mai stato bambino.
-Sentilo, mister “ma sul serio il surf è uno sport”!-
1 a 0, colpito e affondato.
Scoppio a ridere. -Riccardo, il mio fratellone grande e grosso, che si lascia mettere i piedi in testa da un marmocchio? Ma come sei caduto in bassooooooo!-
-Ah, sfotti eh! Che ne dici di un bagno Ledya?-
-No Ricky, ti prego no! Scherzavo, scherzavo!-
Ecco il primo pregio di mio fratello: l'irremovibilità. O forse era testardaggine...
Mi sistemai meglio il costume bagnato e strizzai i capelli. Niente da fare per i miei ricci. Avevo passato tutta la mattina a cercare di renderli presentabili per la festa e avevo cercato di stare il più lontano possibile dall'acqua. Il risultato? Un barboncino in testa.
Sospirai e mi misi le cuffie nelle orecchie. Già, la festa...e chi aveva voglia di andare alla festa inaugurale dell'albergo? Non certo io. Già la voglia di partire era inesistente, ma vai a convincere mia mamma.
Ledya, amore, è sicuramente l'ultima vacanza che facciamo tutti insieme. L'anno prossimo compirai sedici anni e andrai in vacanza da sola con le tue amiche. In più, Riccardo avrà il ritiro con la sua squadra. Fallo per me, tesoro. E per Omar, ci tiene così tanto ad andare al mare con te!” e bla bla bla. Mia madre era sempre stata brava con le parole ma per quanto riguardava i fatti concreti, niente di niente.
Smisi di pensare e mi concentrai sulla musica. Forse sarei riuscita a combinare qualcosa prima di cena.

                                                                                              ***
-Leeeeedya! É oooooraaaaa!-
Sussultai e l'eyeliner sbavò leggermente. -Omar! Quante volte te lo devo dire che non devi urlare? Guarda che pasticcio mi hai fatto fare!-
-Ma guarda che non è mica una festa in maschera! E perchè ti sei vestita da panda?-
-Ah, ah ah, non sei divertente...-
-Allora perchè ridi?-
Mi trattenni dal mandarlo al quel paese e lo spinsi fuori dalla camera. -Di' a mamma che fra cinque minuti scendo-
-Agli ordini!-
Sospirai e finì di prepararmi.
Accidenti, Ledya. Hai dato il meglio di te stessa stasera!” pensai soddisfatta tra me e me, guardandomi allo specchio. I ricci mi scendevano liberi sulle spalle, l'abito blu mi fasciava sapientemente i fianchi e le scarpe mi alzavano quel che bastava per non sembrare un sacco di patate fatto e finito. Si, mi piacevo.
Armata di tutto il coraggio e della buona volontà di cui disponevo, scesi lo scalone che portava nella sala da pranzo. Individuai il tavolo giusto e mi ci fiondai immediatamente.
-Alla buon'ora! Ti ci son volute due ore per metterti un vestito e arricciarti un po' i capelli?- Riccardo, caro Riccardo. Simpatico come un pugno sui denti.
-Ma tu non taci mai è?-
-Ledya, Riccardo. Per cortesia! Mi sembrava di avervi insegnato le buone maniere... O forse era in un'altra vita!-
Stavo per ribattere, quando un cameriere ci interruppe. Ma non era un cameriere qualsiasi, era IL cameriere.
-Signori e signore, posso servirvi?- Alzai lentamente lo sguardo e incrociai i suoi occhi. Fessure profonde, magnetiche e misteriose. I suoi occhi mi catturarono e mi affascinarono allo stesso tempo. Un formicolio mi salì allo stomaco e il cuore prese a battermi forte. Abbassai la testa appena prima che le mie guance si imporporassero, traendomi in inganno. Sentivo ancora il suo sguardo su di me e l'intensità era tale che sembrava volesse perforarmi la schiena.
Mia madre mi guardò e sorrise beffarda. Eh, il potere delle madri. Più potente di qualsiasi barriera. -Si grazie. Per me una tagliata con dell'insalata scondita. Poi due piatti piccoli di fritto misto e tu Ledya?-
-Prendo anch'io la tagliata.- sibilai fra i denti, fissandomi i piedi.
-Perfetto, vi porto subito da bere. Per quanto riguarda il dolce, potrete gustarlo durante la festa.-
La sua voce... La sua voce era musica per le mie orecchie. Lo guardai allontanarsi, rapido e preciso e, senza rendermene conto, sorrisi. Sorrisi così, senza sapere neanche io il perchè. Mi andava e basta.
La cena passò veloce ma non me ne accorsi. I miei occhi avevano ormai fatto chilometri, su e giù, a destra e a sinistra della sala, a seguire quella schiena, a cercare quegli occhi, a cercare quello sguardo. Non conoscevo quel ragazzo, non l'avevo mia visto prima d'ora, ma sembrava già che non potessi più fare a meno di lui.
Senza ulteriori indugi, l'orchestra attaccò e un lento valzer si diffuse elegantemente per la stanza.
Alcune coppie avevano già preso il largo e volteggiavano lievi per la stanza.
Di lui neanche l'ombra. “Se ha finito il turno, magari riesco a raggiungerlo!” penso, scattando in piedi “Si, ma quando lo raggiungo che gli dico?” mi risiedo.
Alla fine, scendo in spiaggia. Con solo il rumore del mare e la musica in sottofondo, mi sentivo finalmente bene.
Scalcio via le scarpe e mi sdraio sulla sabbia a osservare il cielo. Mi sto quasi addormentando quando sento un rumore in lontananza. Sembrano dei passi, qualcuno che corre...
Sollevai lo sguardo e quasi mi prese un colpo: lui era lì, sopra di me, che mi sorrideva.
Mi alzai di scatto. -Ehm, ciao.-
-Ciao! Ti ho trovato alla fine!-
-Mi stavi cercando?-
-In un certo senso...Comunque mi chiamo Christian, piacere!-
-Io sono Ledya, piacere mio.-
-Ledya...Che nome fantastico.-
Arrossì. -Anche a me è sempre piaciuto...-
Lui mi guardò a lungo, in silenzio, e quando stavo per dire qualcosa, mi prese per mano e si incamminò lungo la battigia.
Lo seguì senza dire niente, senza ribattere. Era strana come sensazione e abbastanza spaventosa, eppure dentro di me sentivo che con lui sarei andata anche in capo al mondo.
Camminammo all'incirca per dieci minuti, a metà tra spiaggia e mare, e alla fine raggiungemmo una capanna.
-Ma qui non è dove si noleggiano le tavole da surf?- chiesi dubbiosa.
-Esatto! Cara Ledya, ti presento il mio mondo!- esclamò lui orgoglioso, tirando la porta verso di sé.
Entrai lentamente e mi guardai intorno, ma non vedevo altro che tavole e tavole colorare.
-Non è che questa tavole prendono vita vero? Magari a mezzanotte, l'ora delle streghe, sai com'è...-
-Ah ah ah, ma secondo te! Ho la vaga impressione che tu abbia visto un po' troppi film d'orrore ultimamente...-
-Giusto un po'! Ah ah ah.-
I suoi occhi si illuminavano quando rideva. Era uno spettacolo guardarlo e la tentazione di passare una mano nei suoi ricci era sempre più forte.
Chiusi i pugni e guardai altrove, dominandomi. In quel momento, suonò il cellulare. La voce dei Doors riempì la stanza e mi fece sbuffare.
Uno squillo, due e tutto tace.
-É mia madre! Fa sempre due squilli quando sono fuori, per farmi capire che devo tornare...- spiegai, raccogliendo la borsa dal pavimento.
-Beh, non puoi certo dire di non avere una madre comprensiva!-
-Già, hai ragione.-
Passeggiammo per un po' in silenzio e davanti all'albergo lui si fermò.
-Sono arrivata.- Riuscivo a scorgere le sagome dei miei fratelli dalla finestra della nostra camera.
-Allora io presumo che andrò a casa. Non ho più niente da fare qui...- disse lui, sorridendomi.
Il cuore prese a battermi forte e le tentazioni che fino a poco prima ero riuscita a bloccare, premevano per uscire libere. Morivo dalla voglia di toccarlo, di baciare quelle sue labbra così perfette, eppure sapevo che non sarebbe stato il caso anche solo di sfiorarlo. Ci conoscevamo da troppo poco.
-Okay, allora ciao.- Salii lentamente le scale senza voltarmi, ma qualcosa mi prese il polso. Mi voltai di scatto e mi trovai a cinque centimetri dal bel viso di Christian.
-Ma come, non mi dai il tuo numero? Altrimenti come ci ritroviamo domani?- ammiccò lui.
Scoppiai a ridere: -E se io non ti volessi più vedere?-
-Guarda, non ci credo proprio! Nessuna mi resiste.-
Lo squadrai da capo a piedi. -Invece penso proprio di no. Io sono una di quelle!-
-Perfetto! Allora domani, alle undici, in spiaggia. Per quell'ora dovrei essere in mare, ci sono sempre delle onde da paura, ma credo che, per questa volta, farò un'eccezione!-
-Che onore! Quasi quasi mi viene da piangere per la gioia!- Roteai gli occhi al cielo.
-Mi sembra di sentire una punta di sarcasmo nella tua voce...ma sicuramente mi sto sbagliando. Allora ci vediamo domani, ciao!- Rapido com'era arrivato, scomparve. Lo seguì con lo sguardo, finché non voltò all'angolo della strada.
Andai in camera mia, sorridendo beata. Mio fratello Omar mi guardò di sottecchi. -Non è che hai bevuto? Cammini come uno zombie e hai uno sguardo da citrulla!-
Ero talmente presa dai miei pensieri che quasi non lo ascoltai. Fosse stato in un altro momento, la sua bella faccia si sarebbe trovata spiaccicata al muro.
-No, scemo di un Omar. Non ho bevuto. Sono solo felice!-
-Per via di quel cameriere?-
Mi voltai di scatto. -E tu come fai a saperlo?-
-Non lo sapevo infatti...fino a quando tu non me l'hai confermato! 'Notte sorella- Omar mi stampò un bacio sulla guancia e uscì trotterellando in corridoio.
Scossi la testa. -E io che prendevo in giro Riccardo. Questo qua è anche più furbo di me!-
Mi spogliai velocemente e mi infilai sotto il lenzuolo.
Non vedevo l'ora che fosse il giorno dopo. Certo, ero già uscita con altri ragazzi, ma sentivo che con lui sarebbe stato diverso.
Mi rannicchiai su un fianco e chiusi gli occhi. Come avevo sperato, il sonno mi catturò subito e mi addormentai.

                                                                               ***

Ero arrivata in spiaggia con mezz'ora di anticipo. Per la prima volta nella mia vita. Nemmeno a scuola riuscivo ad arrivare puntuale e non erano poche le volte che avevo dovuto portare una giustifica, solamente perchè avevo il passo lento.
Quella volta invece, mi preparai due ore prima e feci tutta la strada di corsa.
Corsa + pomeriggio di metà luglio = sudore.
Goccioline mi scendevano lungo la fronte mentre ero intenta a cercare di recuperare fiato.
Niente da fare. Qui ci vuole un bel bagno!” pensai fra me e me, togliendomi i vestiti “Christian non si offenderà di certo se mentre lo aspetto faccio una nuotata!”
Mi tuffai in mare e il sollievo fu immediato. Per i capelli non ci sarebbero stati problemi. Per evitare incidenti infatti, come ciocche sparate a destra e a manca, avevo avuto la saggia idea di legarli.
Due braccia mi avvolsero da dietro. Christian. -Ma brava! Neanche mi aspetti!-
-Lo so, lo so. Scusami, ma stavo morendo dal caldo e sicuramente, se non mi fossi tuffata, mi avresti trovata morta stecchita sulla sabbia!-
-Esagerata!- Le sue braccia non mi avevano ancora lasciato. La sua vicinanza mi faceva impazzire e ringraziai di essere in acqua al fresco.
-Te l'ho mai detto che sei proprio bellissima, Ledya?- La sua bocca sfiorò il mio orecchio, facendomi il solletico.
Deglutii un paio di volte. -Ehm, no. E se lo dicessi, sarebbe sicuramente una bugia...-
Mi prese per le spalle e mi voltò. -Non dirlo neanche per scherzo, hai capito? É dalla prima volta che ti ho visto che mi sento attratto da te, non so spiegarmelo. Ma se tu non provi lo stesso, allora non fa...-
Non lo feci finire. Abbandonando tutta la mia timidezza, tutta la mia ritrosia, gli misi le braccia al collo e lo baciai.
E che bacio! Forse un po' salato, ma sicuramente meglio di tutti quelli che ho visto fino ad adesso in televisione!
Ci staccammo per un attimo, in debito di ossigeno, ma subito le nostre bocche si unirono di nuove, incapaci di stare lontane.
Il tempo passò senza che io me ne accorgessi. Fu lui il primo a desistere.
-Accidenti, Ledya. Mi vuoi far morire soffocato?- ansimò lui.
Scoppiai a ridere. -Non era mia intenzione, sul serio!-
Sorrise anche lui, guardandomi negli occhi. -Pranziamo? Ho dei panini e due coche...-
Annuii soddisfatta. -Cominciavo a sentire un certo languorino!-
Ci sedemmo all'ombra di un platano e mangiammo in silenzio. Di tanto in tanto ci lanciavamo delle occhiate, ma subito uno dei due abbassava gli occhi.
Perlomeno, io gli abbassavo. Lui non aveva problemi a fissarmi, con il carattere sfacciato che si ritrovava.
Christian mi guardò per l'ennesima volta. -Ma allora ufficialmente stiamo insieme?-
Quasi mi strozzai con la coca. -Cosa??-
-Beh, insomma, ci siamo baciati. E poi, tu mi piaci un sacco! Ma se per te non è così, fai finta che io non abbia parlato.-
Lo squadrai, con le bollicine della coca.cola ancora nel naso. -Tu sei proprio scemo. Pensi che ti avrei baciato se non mi piacevi?-
Sorrise e mi abbracciò. -Quindi, cara fidanzata, per far capire agli altri che sei mia e che non ti devono toccare, ti devo dare una cosuccia...-
-Una cosuccia?-
-Girati e chiudi gli occhi.-
Feci come mi aveva detto, con il cuore che batteva all'impazzata. Sentii il suo tocco delicato sul collo, mentre mi spostava i capelli.
Abbassai lo sguardo e qualcosa luccicò alla luce del sole: un ciondolo a forma di tavola da surf.
Mi girai con le lacrime agli occhi. -Non ci credo, è bellissimo! Nessuno mi aveva mai regalato niente del genere. Grazie mille!-
Fece un sorriso sghembo, stile Edward Cullen. -Ne sono felice.-
Passammo il resto del pomeriggio a baciarci, sotto quello che poi sarebbe diventato il nostro albero.
Ma anche le cose belle sono destinate prima o poi a finire...

                                                                                   ***

Furono le due settimane più belle della mia vita. Non ci lasciammo un attimo.
L'ultimo giorno di luglio, Christian aveva un gara di surf.
All'inizio ero rimasta abbastanza interdetta. -Non mi avevi detto che eri così bravo!-
Sorrise. -Non sono bravo come pensi tu. Sono solo al livello dilettantistico! Però la squadra locale mi ha chiesto di gareggiare: c'era solo un posto libero e io ho accettato. Ti dispiace?-
-Certo che no! Ma come ti viene in mente? Verrò a fare il tifo!-
La gara iniziava alle tre in punto, nella spiaggia di fronte al mio albergo.
Mia madre aveva insistito che qualcuno mi accompagnasse, così Riccardo venne con me.
Le gradinate erano gremite di gente e l'aria era soffocante, ma per il momento non me ne importava niente.
Christian gareggiava subito, nella prima batteria, e le onde che si sollevavano dal mare mi lasciavano tutt'altro che rassicurata.
Ma d'altronde, lui me l'aveva promesso. Sarebbe tornato da me. E poi, non andava mica in guerra. Era solo una gara di surf.
Me lo ripetei più e più volte, cercando di calmarmi. Un presentimento si era fatto strada in me da questa mattina e proprio non mi dava tregua.
Un suono assordante squarciò l'aria e mi fece riportare l'attenzione sulla spiaggia. La gara era finalmente cominciata.
I concorrenti correvano in acqua e, anche se ero parecchio distante, riuscivo a vedere come i riccioli di Christian rimbalzassero sulla sua fronte.
Mi scappò un sorriso. Amavo i suoi riccioli, ma per un momento lo dimenticai: volevo concentrarmi su ogni suo singolo movimento.
Non ci capivo granché di surf, ma dai commenti che si levavano intorno me, capii che era veramente bravo.
L'ennesima onda si profilò all'orizzonte. Christian era rimasto in gara con un solo avversario, ma erano entrambi molto bravi ed ero certa che la competizione si sarebbe risolta con un pareggio.
Fu in quel momento, che tutto accadde.
Il più brutto, sconcertante e doloroso scherzo del destino mai subito.
Christian ebbe uno scarto, la tavola si spezzò in due e lui finì in acqua, risucchiato dall'onda che fino a un secondo prima stava cavalcando.
Calò il silenzio mentre io contai i secondi, aspettando di vederlo riemergere. Ma nulla accadde.
Un altro suono assordante squarciò l'aria e solo allora mi resi conto di quello che realmente stava succedendo.
Scattai in piedi e corsi giù dalle gradinate, spintonata dalle altre persone.
Due uomini portavano per le braccia il mio Christian e lo depositarono sulla sabbia.
Mi avvicinai lentamente. Gli facevano la respirazione bocca a bocca. Un altro gli premeva le mani sul cuore.
Passarono minuti infernali e poi l'uomo scosse la testa.
-É morto, non c'è più niente da fare-
Al mio cuore mancò un palpito. Davanti ai miei occhi passarono tutti i bei momenti trascorsi con Christian, a ridere, a scherzare, a baciarsi. Momenti che non si sarebbero più ripetuti. Lui non c'era più.
Caddi in ginocchio, accanto a lui. Gli accarezzai i capelli, con le lacrime che mi offuscavano la vista, lo toccai, lo chiamai, prima piano poi sempre più forte.
Riccardo accorse e mi tirò via di peso. -Ledya, è inutile. Mi dispiace, mi dispiace tanto!-
-No, non è inutile. É impossibile, non può essere morto, lui...lui ME L'AVEVA PROMESSO!- Urlai fuori di me, scalciando, cercando di liberarmi dalle braccia di mio fratello ma lui fu irremovibile.
-Ledya, lo so che provi dolore ma non puoi buttarti giù così. Io ti capisco, ma...-
-Cosa capisci? Tu non capisci un bel niente, niente! Tu non sai cosa vuol dire, tu non hai mai amato qualcuno. Non sai cosa vuol dire perdere la persona che ami, perchè io lo amavo, con tutta me stessa. E ora non c'è più, più. Lasciami in pace.- strattonai ancora e finalmente fui libera. Non mi importava di quanto potevo averlo ferito. Non mi importava di niente. I miei sentimenti, si erano spenti, offuscati dal dolore che provavo e che mi stringeva il petto in una morsa. Corsi, corsi veloce come non avevo mai fatto. Lontano dalla spiaggia, lontano dal mare che lo aveva ucciso, Che mi aveva privato di lui.
Raggiunsi il nostro albero e mi ci appoggiai esausta.
Passai una mano sulla corteccia, finché non lo trovai: riuscivo a sentire, con i polpastrelli, la scritta che solo ieri avevamo inciso “L+C INSIEME PER SEMPRE”.
Quel per sempre non era stato lungo come speravo.
Due settimane, solo due. E poi niente. Mi accasciai al tronco, priva di forze. Piangevo, piangevo disperata, per quel dolore che niente e nessuno, avrebbe mai più potuto spegnere.

                                                                                    ***

Qui giace Christian Moffi, la cui anima è venuta

a mancare in seguito ad un tragico incidente in mare.

 

Stronzate. Tutte stronzate.
Ormai erano passati dieci anni, dieci anni da quel giorno.
Dieci anni dall'ultima volta in cui ho visto Christian vivo e pieno di vita. Vita che gli è stata negata a soli sedici anni. Le ingiustizie del mondo.
Non mi era mai morto qualcuno a me caro. I nonni ce li ho ancora, fortunatamente, e i genitori anche. Eppure, sento che manca qualcosa alla mia vita. Un minuscolo tassello di puzzle può far la differenza? Per me si.
A ventisei anni, ho una visione completamente diversa del mondo.
All'inizio non volevo più vivere, non con il dolore che mi martellava nel petto. Non vedevo altro che un passato felice. E un futuro nero e vuoto.
Ora cosa vedo? Vedo una donna, consapevole di quello che la vita ancora le può riservare. Una giovane donna, madre di una splendida bambina. E moglie di un uomo fantastico. Guardo la fede sull'anulare sinistro e stringo la catenina di Christian nella tasca. Amo mio marito ma con nessuno al mondo, potrò mai provare gli stessi sentimenti che ho provato con lui. Il vero amore è solo uno, ma se quest'ultimo viene a mancare, niente mi impedisce di ricostruirmi una nuova vita con un'altra persona. Nemmeno lui si sarebbe opposto, ne sono sicura.
Sollevai lo sguardo al cielo. Ne ero certa, ovunque fosse, era felice. E chissà, un giorno l'avrei potuto raggiungere anch'io...

Storia interamente dedicata ad una mia amica, Cammille Es Del Mar, con la speranza che realizzi presto la sua storia d'amore! :) Lasciate una recensione, grazie!
   
 
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